Il calcio è uno sport meraviglioso. Partite come quella di ieri sera rafforzano questa mia convinzione, al di là dei veleni, delle illazioni da decerebrati in stile "se squalificano X, questo calcio è truccato", e di ogni problematica che esce dal giocato.
Inter-Palermo, posticipo della decima giornata di serie A, è stato come un thriller di cui pensi di aver capito tutto dopo mezz'ora, ma poi gli eventi successivi ti portano a pensare che magari ti stai sbagliando, e di grosso. E poco importa che poi il finale sia davvero come inizialmente credevi, rimane la soddisfazione di aver gustato appieno lo spettacolo visto, senza pensare mai neanche lontanamente di alzarti dalla poltrona.
L'Inter del primo tempo è parente diretta di quella capace di rifilare a domicilio cinque sberle al Genoa. Non c'è Sneijder, ma c'è Eto'o, e c'è soprattutto il Balotelli migliore visto sin qui con la maglia nerazzurra. Semplicemente devastante: procura il rigore dell'1-0, (che lui stesso avrebbe voluto battere, ma poi ha lasciato perplesso ad Eto'o che non ha sprecato), segna personalmente prima di testa, su angolo di Maicon, poi approfittando di un pasticcio di Sirigu e Kjaer, e 40 secondi dopo il 3-0 serve un comodo pallone ancora ad Eto'o, che fa poker.
Inter troppo superiore, dice il risultato, ed in parte anche il gioco mostrato in campo. Il risultato però trae in inganno, perchè quello visto nel primo tempo, pur inferiore tecnicamente, è stato un Palermo vivo, che ha avuto le sue occasioni e ha pagato carissime alcune sbavature in momenti chiave, come nell'errore che ha portato al 3-0.
E la sensazione di un Palermo presente è confermata in avvio di secondo tempo, quando Miccoli approfitta di una disattenzione di Cordoba e accorcia le distanze. Quando si segna così presto, tutto può accadere, magari trovando un altro gol.. E il gol arriva, con Hernandez che trova terreno facile contro un Cordoba più stralunato che mai. 4-2, e con 35 minuti da giocare, non si può certo parlare di partita chiusa, perchè l'Inter quando vuole sa tornare la "Pazza Inter" che tutti conosciamo.
Il Palermo, che ha anima e orgoglio figlie del suo allenatore, va all'assalto con un 4-2-4 d'arrembaggio, e quando Miccoli si infila nel corridoio aperto dal passaggio "no look" di Cassani, e beffa Julio Cesar con un tocco sotto, a San Siro cala il gelo. 4-3, come in un Inter-Chievo di qualche anno fa, con la differenza che adesso ci sono ancora più di 20 minuti da giocare.
Mourinho, dopo la forzata sostituzione di Balotelli con Milito, e con in campo un Santon (entrato per Chivu) che sembra con la testa completamente da un'altra parte, perde anche Eto'o (botta al piede, nulla di grave), e mette dentro Motta (al rientro). Questi avvicendamenti forzati, sommati all'errore millimetrico di Milito sul 4-2, che ha aperto la strada al beffardo 4-3, sembrano segnali infausti. Ma l'Inter con l'ingresso del centrocampista brasiliano si riequilibra, e di fatto non rischia più nulla.
Maicon poi al 37' si prende gioco di Pastore sull'out di destra e mette dentro una fucilata che Milito spinge in rete, scacciando ogni incubo di rimonta. Finisce 5-3, e alla faccia di chi sostiene che la partita perfetta è quella che termina 0-0, ieri è stato uno spettacolo. Gol, giocate, follia sportiva, cuore e orgoglio: questo è quel che resta sul prato di San Siro.
L'Inter tiene il +4 sulla Juve, e allunga su Samp e Milan, il Palermo, pur sconfitto, dimostra a tutti che questa è una squadra che vale, allenata da un tecnico preparatissimo, e dal futuro luminoso.
Al sondaggio di Sky, che chiedeva se Mourinho debba essere più fiducioso o preoccupato, rispondo che una prestazione come quella di ieri può solo dar fiducia ad un ambiente che sente già l'avvicinarsi del primo grande spartiacque della stagione (Kiev): credo che una quasi rimonta come quella subita ieri potrà solo servire da lezione ai nerazzurri. In gare da dentro o fuori, la disattenzione può segnare il confine tra un'eliminazione e un turno superato.
Per una sera, non guardiamo in casa d'altri: lo spettacolo sappiamo regalarlo anche in Italia.
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