31 maggio 2009

Aston Villa-Newcastle, ennesima lezione al calcio italiano


Un'altra lezione, l'ennesima. E a questo punto (anche molto prima in realtà) dico: impariamo da loro. Ancora una volta, cerchiamo di imparare da loro, di elevare una cultura sportiva che non abbiamo e forse non abbiamo mai avuto. Speranza che rischia di restare tale: il DNA è quasi impossibile da modificare, e lo è ancor di più in questo caso.

A tutti gli Urbano Cairo della situazione si consiglia di riflettere su quanto è successo domenica scorsa nell'ultima di campionato a Birmingham, dove si è giocato Aston Villa-Newcastle. Il Newcastle di Shearer retrocede perchè battuto da un Aston Villa senza alcuna motivazione di classifica. Dopo 16 anni, i Magpies abbandonano la Premiership, nonostante una rosa che avrebbe certamente potuto ambire a ben altre posizioni. Pensiamo a ex campioni d'Europa come Butt, a calciatori che hanno calcato palcoscenici importanti come Duff, Martins, Coloccini, e ad un ex pallone d'oro come Owen. Retrocessi, perchè quando l'annata è storta, è storta, e nessuno è riuscito a salvare la barca che affondava.

In Italia, se una squadra così retrocedesse, partirebbe la contestazione più efferata. Al Villa Park, non si è andati oltre la faccia scura di Alan Shearer e le lacrime dei tifosi: nè isterismi, nè tentativi di giustizia fai da te. Il campo ha parlato, e ha detto che il Newcastle meritava la retrocessione. Agli inglesi, tanto basta per accettare il verdetto, senza accusare altre squadre di essersi impegnate troppo o troppo poco.

E così, al fischio finale, i giocatori rimangono a lungo in mezzo al campo, disperati ma confortati da un tifo straordinario. Uno striscione recitava, tradotto letteralmente: "Orgogliosi di essere Magpies..vi seguiremo ovunque". Roba da far venire i brividi, e di una bellezza assoluta.

E noi, un anno luce indietro, stiamo qui a guardare ammirati quella che in altri Paesi è semplicemente la quotidianità. Stiamo qui a pensare che il Genoa forse si è sbattuto troppo in una partita che contava poco, mentre Bologna e Chievo mettevano in forno quello che sarebbe stato il biscotto più stupido della storia del calcio (come ho spiegato altrove). E lungi da noi l'idea di guardare in casa nostra: sarebbe un peccato mortale che ci costringerebbe a fare i conti coi nostri errori, e a queste cose non siamo abituati.

Impariamo da loro. Non solo a vincere una Champions, ma anche ad accettare che nello sport la vittoria e la sconfitta sono due facce della stessa medaglia, ed entrambe vanno accettate con stile.

27 maggio 2009

A Cairo il tapiro della settimana!

Il personaggio mi è simpatico, ma stavolta un simbolico tapiro d'oro in pieno stile Striscia la Notizia non glielo leva proprio nessuno. A Urbano Cairo, presidente del Torino, non sono andate giù diverse cose dell'ultima giornata di campionato, ma anzichè puntare il dito contro la condotta della sua squadra fatta a pezzi da un Genoa sprecone, o contro la schifosa rissa a fine partita, ha preferito scagliarsi contro quanto successo in Chievo-Bologna e sugli spalti del Bentegodi subito dopo il fischio finale.

Caro Cairo, mi dispiace, ma i tuoi discorsi non stanno davvero in piedi. Ma andiamo per ordine, partendo dalle dichiarazioni del patron granata:

“Non mi è piaciuto sentire alcuni commenti della Menarini o di Di Vaio, mi riferisco a quando il presidente del Bologna dice che non si sono pestati i piedi col Chievo, e quando Di Vaio ha detto che i suoi ex amici del Genoa gli avrebbero dato una mano. Non ho visto una parata di un portiere, nemmeno un tiro in porta. Se questa è una partita vera...Abbiamo ancora la piccola speranza che domenica siano tutte partite vere, non solo le nostre. Il campionato non è ancora chiuso. Speriamo che il Catania giochi contro il Bologna come il Genoa ha fatto con noi".

Chievo-Bologna non è stata una partita vera? Bè, forse il presidente granata ignora un piccolo particolare: se lo 0-0 salvava aritmeticamente il Chievo, una concomitante vittoria del Torino avrebbe praticamente retrocesso il Bologna, visto che ai piemontesi sarebbe bastato solo un punto domenica contro una Roma ormai qualificata per l'Europa League. E il gol di Milito che ha chiuso la partita del Delle Alpi è arrivato solo allo scadere, quando teoricamente ancora sul 2-2 tutto sarebbe potuto succedere. Come si fa allora a dire che a Verona si fossero messi d'accordo per il pareggio? In quel caso sarebbero stati troppo furbi i veronesi, o troppo stupidi gli emiliani, ed escluderei entrambe le possibilità.

L'esultanza dei Menarini e dei giocatori tutti? Non vedo cosa ci sia di strano. Il Bologna era nel baratro, dopo aver perso punti pesantissimi in casa con Cagliari, Siena e soprattutto Reggina, e dopo la vittoria del Toro a Napoli (di quella ne vogliamo parlare, Cairo?) le speranze di salvezza erano ridotte al lumicino. Ora invece gli eventi hanno messo i rossoblù nella condizione di potersi giocare la salvezza davanti al proprio pubblico e senza pensare ai risultati di nessun'altro campo, ospitando tra l'altro una squadra che ha già chiuso il suo straordinario campionato e quindi sarà quantomeno "tranquilla". Certo è uno scenario diametralmente opposto a quello che si presentava a tifosi e giocatori domenica scorsa, un attimo prima del gol di Volpi a tempo scaduto: la serie B era dietro l'angolo, 7 giorni dopo sei con un piede e mezzo in A. Vale la pena esultare, anche se mancano 90 minuti.

Cairo, rosicare è lecito, ma stavolta hai proprio esagerato, sempre per quel maledetto costume italiano di guardare sempre oltre le proprie colpe e i propri errori, andando a pensare a quale pazzesco complotto o gioco di potere abbia portato al fallimento sportivo della propria squadra.

Paolo Maldini, una festa rovinata

Non poteva immaginare una cosa del genere, Paolo Maldini. Dopo 25 anni di carriera rossonera, dopo aver alzato decine di trofei, quegli striscioni che Ancelotti definisce "una goccia nell'oceano" gli hanno fatto davvero male.

Non si aspettava un colpo basso del genere, non credeva possibile che davvero qualcuno dei suoi tifosi volesse fargli andare la festa di traverso.

"Grazie capitano: sul campo un campione infinito ma hai mancato di rispetto a chi ti ha arricchito" si leggeva in curva sud. E durante il giro d'onore finale, ne è comparso un altro: "Per i tuoi 25 anni di gloriosa carriera sentiti ringraziamenti da chi hai definito mercenari e pezzenti". La scritta era accompagnata da una maglia di Franco Baresi e dal coro "C'è solo un capitano". E Paolo non ha gradito: "Sono orgoglioso di non essere uno di loro".

Però gli ha fatto male, leggere un attacco così diretto e così meditato nei suoi confronti, sferrato non in una domenica come tante, ma proprio in quella del suo addio al calcio. Pochi striscioni, di fronte all'affetto smisurato di San Siro, è vero: ma come sempre succede nella vita, la cattiveria ha un peso specifico maggiore rispetto al resto. E anche se di puntura di spillo si tratta, è una puntura che ha colpito nel profondo un professionista e un uomo al cospetto del quale ogni singolo sportivo (non solo tifoso) avrebbe dovuto con molta naturalezza rendere omaggio.

Omaggio che è stato reso dalla curva degli eterni rivali nerazzurri, con uno striscione che recitava: "Maldini: da 20 anni nostro rivale, ma nella vita sempre leale".


Dietro la "protesta", secondo quanto scritto da gazzetta.it è probabile ci sia ancora il ricordo della trattativa tra il difensore e la società nel giugno scorso, che fu segnata da frizioni sull'ingaggio (definito poi in un milione e mezzo di euro): di qui l'accusa di "mancanza di rispetto". Ma forse qualcuno non ha nemmeno dimenticato un'intervista di qualche mese prima apparsa sulla Gazzetta dello Sport, in cui Maldini dava giudizi piuttosto severi sul comportamento della curva. Ecco il passaggio chiave. "Sono molto arrabbiato, come i miei compagni. Dopo tutto quello che abbiamo dato, fatto e vinto, meritiamo un trattamento diverso. Quest’atteggiamento è iniziato nel derby di ritorno dell’anno scorso. Con un aiuto da parte della nostra curva, non avremmo perso quella partita. I motivi? Ci sono motivazioni economiche, giochi di potere. Ma se sono queste le ragioni per andare allo stadio, non so più che cosa pensare. Comunque non è solo la curva a non sostenerci: anche i tifosi degli altri settori se ne stanno zitti. Io credo che quando si canta 'Abbiamo il Milan nel cuore', poi bisogna dimostrarlo. Ormai noi giochiamo in trasferta o in campo neutro: mai davvero in casa. Non mi sembra logico, e la squadra non ci sta più. I fischi a Dida e Gilardino? Non li comprendo. I fischi ci sono sempre stati, ma qui si sta andando oltre. A San Siro si sentono applausi ironici per Dida quando blocca una palla facile. Ma quello è il portiere della finale di Manchester, è un campione d’Europa come Gilardino. San Siro è sempre stato magico: adesso stiamo perdendo questa magia".

Il capitano rossonero è rimasto comunque deluso anche dalla mancata presa di posizione della società, da parte della quale non c'è stato "neanche un commento: dal presidente in giù, nessun dirigente ha detto una parola", anche se Galliani in una lettera aperta indirizzata proprio alla bandiera milanista ha voluto chiudere la questione.

"Ho letto la tua intervista e capisco la tua amarezza: sono sotto scorta, come sai, da due anni proprio a causa dei comportamenti di quelle persone che ti hanno contestato. Sono stato io a prendere la decisione di tacere: non solo perché mi è stato consigliato, ma soprattutto perché ho ritenuto, e tuttora ritengo, che il silenzio sia l’arma più efficace per non dare ulteriore spazio a condotte quali quelle di domenica".

Semplicemente patetico l'intervento in diretta tv del rappresentante della curva milanista, avvenuto domenica a Controcampo. Giustificazioni e appunti campati in aria, senza lo straccio di un filo logico.

In uno sport che perde sempre più concetti col passare del tempo, anche quello di riconoscenza vacilla sempre più: e Maldini, una "goccia" di veleno del genere non la meritava.

25 maggio 2009

Mourinho rinnova, toto-percentuali chiuso

Quasi una settimana passata a chiedersi se improvvisamente le leggi della matematica fossero state stravolte, se per un qualche assurdo teorema 0.1% e 0.01% valessero più di 99.9% e 99.99%.

Fiumi di inchiostro rovesciati per argomentare la nuova astrazione algebrica, rovesciare frasi e concetti e dire che in fondo, Mourinho aveva preso la strada di Madrid.

Il tira e molla con il Real è curioso e assimilabile al flirt nascosto di un bel giovane che va dietro ad una ragazza, salvo poi dire che è lei ad andar dietro a lui. Perchè questo è successo, e allora qualcuno deve aver ragione, e qualcun altro necessariamente torto. La matematica può essere un'opinione, di questi tempi, la logica no.

E allora se Mourinho dice che "ha informato Moratti del fatto che Perez lo ha contattato", e il neo-presidente blancos controbatte dicendo che "non ha mai cercato Mourinho, semmai è il suo procuratore a offrircelo di continuo", allora qui c'è qualcuno che bluffa. E Moratti non ha gradito, per niente.

E quando il botto sembrava dietro l'angolo, ecco che arriva la fumata bianca. "Habemus Mourinho": contratto allungato di un anno, e tanti saluti a Real, Perez e compagnia bella. Questo il comunicato della società nerazzurra: "Rispondendo alla volontà dell'allenatore di proseguire nel progetto avviato insieme un anno fa, volontà accolta con piacere dalla società come segnale di attaccamento e spirito sempre vincente, F.C. Internazionale rende noto il prolungamento del contratto di José Mourinho fino al 30 giugno 2012".

I dettagli del contratto non sono noti, ma sembrerebbe che sia stata tolta la clausola di rescissione che permetteva al tecnico di liberarsi previa pagamento di 7 milioni di euro, con l'introduzione di premi per eventuali successi (scudetto o Champions League). La clausola di rescissione costituiva una spada di Damocle sia per l'Inter, ma intendiamoci, anche per il tecnico portoghese. Perchè se da un lato è vero che qualcuno avrebbe potuto portarlo via pagandola (e con il benestare del tecnico), è anche vero che in caso di crollo l'Inter avrebbe potuto esonerarlo pagando "semplicemente" la penale imposta dalla clausola. Mica male come "uscita di servizio", considerato il faraonico ingaggio del tecnico.

Ad ogni modo, sembra che il tira e molla sia finito. Novantanove è più di uno, non ci sono più dubbi.

Wolfsburg spettacolo, è campione di Germania!

Poteva diventare campione con un semplice pareggino, e invece il roboante 5-1 sul Werder laurea con 110 e lode il Wolfsburg come nuovo campione di Germania. La prima volta dei Lupi di Sassonia, che vincono il Meisterschale grazie ad un gioco offensivo e ad un girone di ritorno a dir poco straordinario, nel quale hanno colto 43 dei 51 punti a disposizione.

La squadra che in autunno le prendeva dal Bayern (4-2) e dal poi retrocesso Karlsruhe, è diventata col tempo una fenomenale fabbrica di concretezza, celebrata, nel giorno della prima volta in vetta, con uno storico 5-1 ai bavaresi: era il 4 aprile, e la cavalcata era appena cominciata. E con il 5-1 di sabato, il cerchio si è chiuso. Il Werder, a onor del vero, non ha fatto molta resistenza, e dopo un quarto d'ora era già sotto di 3 gol. Una magia di Diego non poteva fermare la storia, e il Wolfsburg dilaga con la devastante coppia Grafite-Dzeko, rispettivamente capocannoniere e vicecapocannoniere con 54 reti (28 a 26 per il brasiliano). Battuto il record della coppia del Bayern Muller-Hoeness, due volte in grado di realizzare 53 reti nel '71 e nel '72.

Wofsburg che, manco a dirlo, chiude con il miglior attacco (80 reti), ma solo la terza miglior difesa (41 i gol subiti). Difesa il cui perno è quell'Andrea Barzagli, campione del mondo inseguito da tanti club italiani, ma poi emigrato in Germania insieme all'amico Zaccardo. Per Barzagli 34 presenze su 34, meno fortunato l'altro ex palermitano che ha patito molto i metodi di Magath: prima guai fisici, poi schierato fuori ruolo fino all'isolamento in panchina. Adesso è comunque tempo di festeggiare, e l'anno prossimo potrà sperare di conquistare il nuovo allenatore, visto che già da tempo si sa che Magath andrà allo Schalke e ai neo-campioni arriverà Veh. Cose che in Germania sono all'ordine del giorno, ma in Italia scatenerebbero ire e polemiche in un amen.

Sette le sconfitte dei campioni di Germania, che per un campionato a 18 squadre non sono certo poche, ma in un torneo così equilibrato 69 punti sono bastati. E' stata una Bundesliga senza un vero padrone: sei capoliste diverse, e curiosamente tra di esse non c'è mai stato il Bayern, prima proiettato verso l'Europa dopo anni di dominio interno, poi bastonato dal Barcellona e spossato dalla gestione Klinsmann. I bavaresi sono arrivati secondi battendo 2-1 lo Stoccarda, e hanno almeno salvato l'accesso diretto alla prossima Champions League.

I nuovi campioni sono loro: complimenti, Wolfsburg.

Totti e la curva rovinano la festa a Maldini. Buona la prima di Ferrara, il Genoa manda il Torino nel baratro della B

Doveva essere una giornata di festa, per il saluto al calcio di uno dei più grandi difensori italiani di sempre e soprattutto di una bandiera che ha sempre vestito i colori rossoneri e che per 25 anni li ha portati addosso, tra trionfi (tanti) e delusioni (poche). E invece, vuoi per una Roma ritrovata, che è riuscita a sbancare San Siro, vuoi per gli striscioni esposti da una piccola frangia della curva sud, al capitano rossonero qualcosa è andata di traverso. Ma su questo argomento scriverò a parte.

La Roma, dicevamo, sbanca San Siro e inguaia il Milan. I giallorossi, in vantaggio con un siluro di Riise prima, e con un gol di Menez poi, vengono raggiunti due volte da Ambrosini, prima che Totti ancora su punizione fissi il punteggio sul 3-2. Roma cinica e spietata, Milan che al di là delle recriminazioni per l'operato dell'arbitro ha nuovamente fatto i conti con una difesa impresentabile. E adesso i rossoneri tremano, perchè domenica a Firenze uno 0-2 li manderebbe in ritiro a giugno, per preparare un preliminare di Champions che sembrava definitivamente scongiurato.

E tutto sommato, al Milan va di lusso, considerato che la Fiorentina non riesce a cogliere i 3 punti al Via del Mare, riuscendo solo al 90' a cogliere il pareggio con Jorgensen dopo che Tiribocchi aveva portato in vantaggio i salentini.

Lecce che per effetto dell'ennesimo gol preso nei minuti finali lascia la serie A, dopo esserci rimasto comunque aggrappato fino all'ultimo con orgoglio e tanta sfortuna.

Altra notizia di giornata è il ritorno alla vittoria della Juventus, che con un netto 3-0 liquida un Siena ormai in vacanza con una doppietta di un ritrovato Del Piero e un gol di Marchisio. Dopo 7 turni senza vittorie, e l'esonero di Ranieri, la cura Ferrara sembra dare esiti confortanti. Juventus che aggancia il Milan al secondo posto, e che conquista l'aritmetica certezza dell'accesso diretto alla prossima Champions League. Oggi il neo-acquisto Diego sosterrà le visite mediche, poi sarà ufficialmente bianconero a tutti gli effetti.

La vittoria della Roma chiude la corsa all'Europa league, che invece calendario alla mano sembrava in procinto di regalarci un finale incerto e scoppiettante. I giallorossi con la vittoria di San Siro tagliano il traguardo con una giornata di anticipo, complici i pareggi delle dirette rivali Palermo e Udinese. Il doppio 2-2 elimina siciliani e liguri dalla contesa: a Bergamo una doppietta di Plasmati rimonta il vantaggio rosanero di Succi, ma una papera colossale di Consigli su tiro di Miccoli dà l'inutile pari agli uomini di Ballardini; copione simile a Genova, dove una doppietta di Cassano rende vano il vantaggio friulano maturato dagli undici metri con il solito implacabile D'Agostino, prima che Floro Flores segni il gol che vale l'X in schedina.

La quasi maturata certezza della serie B fa vedere rosso al Toro, e al Delle Alpi a fine gara scoppia la rissa. Rissa per cosa? Anche questo merita un articolo a parte. Un gemellaggio rotto, perchè il Genoa a differenza del Napoli si è giocato la partita. Inciviltà e concetto di sport messi sotto i piedi. Per la cronaca, il Torino era andato sotto due volte, al cospetto di un Genoa che ancora qualche piccola speranza di Champions poteva nutrirla, con la Fiorentina sotto a Lecce. I gol di Milito su rigore e Olivera erano stati subito pareggiati prima da Franceschini, poi da Bianchi. Ma il Genoa è nettamente superiore, e costruendo palle gol a raffica trova l'inzuccata di Milito che chiude la porta della serie A in faccia ai granata. Che non ci stanno, e scatenano tutta la loro frustrazione nel finale vergognoso da far west. Roba che sarebbe meglio non commentare, e che deve farci riflettere su quanto piccoli siamo culturalmente nei confronti degli altri paesi d'Europa.

A Verona, lo 0-0 tra Chievo e Bologna dà la salvezza ai gialloblù, e il miracolo di Di Carlo è completo. Una squadra presa dall'abisso, e tirata su col gioco e con la grinta dell'ex giocatore del Vicenza, che merita un grande applauso. Simpatica la maglietta celebrativa sfoggiata dai calciatori veronesi: su c'è scritto "A..chi non ci credeva". Altro applauso.

E se il Chievo conquista la salvezza, il Bologna ne conquista tre quarti, o forse più. A giudicare dall'esultanza dei Menarini e di tutta la curva ospiti dello stadio Bentegodi, la permanenza in A sembrerebbe davvero cosa fatta. Al fischio finale di Farina, tutti sintonizzati (Osvaldo in testa) sul Delle Alpi, e quando arriva anche lì la conclusione esplode la felicità dei rossoblù. E' aggancio ai granata, e domenica contro il Catania (vittorioso ieri 3-1 contro il Napoli) il Bologna vincendo rimarrà in serie A a prescindere da quanto accadrà a Roma tra Roma e Torino, in virtù degli scontri diretti favorevoli. Salvezza che se arriverà, saprà davvero di miracolo.

L'Inter scudettata cade a Cagliari, rimontata da Cossu e Acquafresca dopo l'ennesimo sigillo firmato Ibrahimovic. Polemica l'esultanza del bomber italiano, che non ha preso bene la cessione al Genoa nell'affare Motta-Milito, solo comunicata dai vertici nerazzurri a cose fatta. Una caduta che non fa rumore, a differenza delle dichiarazioni di Mourinho che invece qualche fastidio a Moratti iniziano a darlo.

24 maggio 2009

Tragedia a Parma: morto il tifoso vicentino

Non ce l'ha fatta Eugenio Bortolon, il tifoso 19enne precipitato ieri dal settore ospiti dello stadio Tardini di Parma. Le sue condizioni, già gravissime ieri, sono andata peggiorando fino alla morte per arresto cardiaco, dopo che era stato ricoverato all'Ospedale maggiore di Parma.

A nulla è servito l'intervento chirurgico all'addome, a cui era stato sottoposto il ragazzo. Durante l'operazione le condizioni del paziente si sono aggravate, "a causa di una gravissima emorragia e per il concomitante gravissimo trauma cranio-facciale". Nonostante le terapie adottate - conclude la note - la funzione cardio-circolatoria si è deteriorata fino all'arresto cardiaco".

Testimonianze e interrogatori di queste ore stanno intanto cercando di ricostruire con esattezza quanto accaduto. Bortolon, che da poco tempo seguiva in trasferta la compagine vicentina, si sarebbe semplicemente sporto dalla balaustra che chiude sui due lati la curva che ospita i tifosi ospiti, e avrebbe perso l'equilibrio, precipitando per alcuni metri. Contrariamente a quanto dichiarato in un primo momento, la gravità di quanto accaduto sarebbe stata immediatamente percepita da tutto lo stadio. Circostanza che riaccende le inevitabili polemiche sulla decisione di continuare la partita, dopo la sospensione voluta dai giocatori in campo, con Leon che spedisce il pallone in tribuna e le due squadre che si raccolgono in mezzo al campo ad aspettare notizie sulel condizioni del giovane. Poi, dopo 20 minuti, l'annuncio dello speaker del Tardini che parla di "condizioni critiche ma stabilizzate", e la decisione di portare a termine i 90 minuti. Le condizioni di Bortolon, in realtà, erano già gravissime.

Doveva essere un giorno di festa per la città di Parma, dopo che la squadra era riuscita ad ottenere la certezza del ritorno in serie A. E invece si è consumata la tragedia. Una assurda tragedia.

Stadi ancora una volta teatro di morte. E anche se stavolta non c'entrano scontri tra tifosi nè violenze sugli spalti, rimane la tristezza per eventi che con lo sport non dovrebbero mai avere nulla a che fare. Oggi sui campi si osserverà un minuto di silenzio.

Serie A, penultima puntata: cosa può accadere

Se escludiamo lo scudetto dell'Inter e la retrocessione della Reggina, è un campionato che ancora deve emettere diversi verdetti. A 180' dal rompete le righe, tante le squadre che ancora lottano per perseguire il proprio obiettivo, e tanto può ancora accadere.

Nella volata per l'accesso diretto alla Champions League, Milan in netto vantaggio su Juve e Fiorentina. I rossoneri, a quota 71, ospitano una Roma a caccia di punti per l'Europa League, e vincendo avrebbero la matematica certezza dell'ingresso nell'Europa che conta. Più interessante il duello tra bianconeri e viola, divisi da un solo punto e impegnati rispettivamente a Siena e Lecce. I toscani sono ormai tranquilli, mentre i salentini attendono solo la matematica per sancire la retrocessione in B. Facile prevedere che il distacco possa rimanere lo stesso, e che il responso definitivo si avrà solo all'ultima giornata, nella quale la valenza dello scontro Fiorentina-Milan dipenderà molto dal risultato dei rossoneri. Se la squadra di Ancelotti dovesse perdere a San Siro contro Totti e compagni, e contemporaneamente Juve e Fiorentina faranno bottino pieno, la gara di domenica prossima del Franchi diventerebbe un vero e proprio spareggio dai contorni drammatici.

La lotta all'Europa League, per cui è già qualificato il Genoa, vedrà impegnate Roma, Palermo e Udinese. I giallorossi hanno 2 punti di vantaggio sui siciliani e 3 sui friulani, ma a Milano, nel giorno del saluto a Maldini, non avranno vita facile. Rosanero di scena a Bergamo contro l'Atalanta, mentre i bianconeri di Marino saranno ospiti della Sampdoria. Campi difficili, ma orobici e blucerchiati non hanno certamente le motivazioni delle loro avversarie: la sensazione è che se riuscirà loro il colpaccio, la Roma dovrà giocarsi tutto domenica prossima all'Olimpico.

La lotta salvezza è a un bivio, che passa da Verona. Con la Reggina retrocessa mercoledì e il Lecce già al passo d'addio, sono rimaste a giocarsi l'ultima piazza Bologna, Torino e Chievo. Al Bentegodi si gioca Chievo-Bologna, con i veneti che hanno in mano il match-point: se battono i felsinei si tirano fuori definitivamente dalla bagarre, ma una sconfitta rivoluzionerebbe clamorosamente gli scenari. Il Torino ospita il Genoa, e non è un azzardo prevedere che possa riuscire a cogliere i 3 punti contro una squadra che a questo campionato non ha più nulla da chiedere. Dovessero vincere granata e gialloblù, il Bologna sarebbe retrocesso; se invece alla squadra di Papadopulo riuscirà l'impresa andrà a quota 36, col Chievo a 37 e il Torino che da 34 punti potrebbe passare a 35 o 37, rendendo comunque l'incertezza totale.

Tanti calcoli, ma come sempre parlerà il campo. Non resta che aspettare le 17, e poi il quadro sarà più chiaro.

21 maggio 2009

Inter: presi Milito e Motta, Arnautovic quasi

L'Inter va di fretta, e dopo aver chiuso il campionato, scatta per prima anche sul mercato. E' notizia di ieri l'ufficialità dell'acquisto da parte dell'Inter di Diego Milito e Thiago Motta dal Genoa. A scrivere la parola fine alla lunga trattativa che ha portato i due giocatori alla corte di Moratti, ci ha pensato il presidente rossoblù Preziosi: "Ho incontrato oggi (ieri, ndr) il presidente Moratti ed abbiamo raggiunto l'accordo per la cessione a fine stagione di Milito e Motta, che ringrazio per tutto quello che hanno dato".

Al club ligure vanno 18 milioni più il cartellino di Acquafresca, attaccante del Cagliari di proprietà dell'Inter, oltre ai prestiti dei giovani Bonucci e Viviano. Inoltre, sempre il presidente Preziosi dichiara di aver preso Floccari dall'Atalanta per 11 milioni, rimpolpando praticamente subito il parco attaccanti rimasto sguarnito dalla prossima partenza del Principe.

L'Inter ha fatto sicuramente un gran colpo, assicurandosi un attaccante di valore assoluto e un centrocampista universale che riesce ad abbinare qualità e quantità, oltre ad avere un gran senso del gol. Mi lascia perplesso il sacrificio di Acquafresca, senza il quale però l'affare non si sarebbe mai sbloccato. L'attaccante di origini polacche è un giovane promettente e con ampi margini di miglioramento: ha movenze che mi ricordano il primo Inzaghi, ma è più tecnico del bomber milanista. E poi fa gol. Insomma, per l'immediato va bene così, ma non è detto che tra un paio d'anni i nerazzurri non si pentano del sacrificio.

I campioni d'Italia però non si fermano a Milito e Motta, e sembra in dirittura d'arrivo un altro colpo, orientato in proiezione futura: si tratta di Marko Arnautovic, attaccante austro-serbo di 19 anni del Twente, autore quest'anno di 12 reti. Per l'acquisto dell'attaccante, indicato come "il nuovo Ibrahimovic", mancano ormai solo le firme, come ripete l'avvocato Peter Baars, socio dell'agente Robert Groener: "Abbiamo parlato con l'Inter già nei giorni scorsi e nell'ultima settimana: Arnautovic firmerà un contratto di cinque anni". Anche i termini dell'operazione per acquistare l'attaccante del Twente sono ormai definiti: "È una cifra vicina agli otto-nove milioni di euro".

Insomma, mentre le rivali storiche sono ancora alle prese con scelte importanti legate alla prossima guida tecnica, l'Inter ha già piazzato tre colpi: il rinnovamento della squadra di Mourinho (tentato dal Real Madrid, ma che afferma di restare al 99,99%) prosegue, e certamente non finirà qui. Anche perchè tra non molto si entrerà nel vivo della questione-Ibrahimovic, e c'è da scommettere che per i vertici nerazzurri sarà un'estate molto calda..

Shakthar, la coppa Uefa è tua!

Trionfa lo Shakthar. Al termine di 120' tiratissimi, è la la formazione di Lucescu a portare a casa l'ultima coppa Uefa (dall'anno prossimo Europa League). E' il primo successo di una squadra ucraina nella competizione.

Il Werder non riesce a sopperire in alcun modo alle assenze di Diego, Hugo Almeida e dell'infortunato Mertesacker, e nel primo tempo è messo sotto da uno Shakthar imbottito di brasiliani.

La squadra di Lucescu passa poco prima della mezz'ora: Luiz Adriano è eccellente nel tocco sotto dà l'1-0 agli ucraini, ma spreca un altro paio di buone occasioni. E Willian, Jadson e Ilsinho creano tanto, ma non raccolgono in proporzione. Così, al Werder basta un tremendo errore di Pyatov per arrivare all'intervallo sull'1-1: al minuto 35, il portiere dello Shakhtar si fa sfuggire dalle mani una punizione non irresistibile di Naldo e combina la frittata.

Nel secondo tempo la supremazia degli ucraini è meno schiacciante, ma il Werder è davvero poca cosa. I tedeschi comunque sono sempre molto temibili sui calci piazzati, e Pyatov allo scadere si riscatta compiendo un miracolo su colpo di testa di Pizarro. Sarebbe stata una beffa.

I tempi supplementari vedono uno Shakthar ancora più in palla dell'avversario, e al 7' Jadson con un diagonale (complice un errore di Wiese) regala il trofeo ai suoi, con pieno merito. Inutili le proteste del Werder per un gol annullato a Pizarro. La coppa è dello Shakthar.

Zarate manda la Reggina in serie B

Vince la Lazio, la Reggina retrocede in serie B dopo 7 anni consecutivi disputati nel massimo campionato. Questo il verdetto emesso all'Olimpico, in cui si è giocato l'anticipo della 37° giornata di serie A (la prossima settimana si giocherà la finale di Champions League, e l'Uefa aveva richiesto di avere lo stadio a disposizione una settimana prima).

Ai calabresi serviva solo vincere, e sperare in un ko del Torino domenica in casa contro il Genoa. La Lazio, reduce dalla vittoria in coppa Italia, ma anche da 4 sconfitte consecutive in campionato, ci teneva a rompere il trend negativo davanti al proprio pubblico.

L'inizio è piuttosto bloccato. Da una parte ci sono i ritmi "soft" dei padroni di casa, dall'altra la tensione della posta in palio della Reggina, che si fa vedere nei primi minuti dalle parti del rientrante Carrizo con Brienza e Carmona, ma il portiere argentino si fa trovare attento. Al 25' però ci pensa il solito Mauro Zarate a dare uno scossone ai 40mila dell'Olimpico, accorsi per salutare la loro squadra e soprattutto ormai sul piede di partenza. L'argentino riceve da Dabo, brucia tutti sullo scatto e batte Puggioni in uscita con un preciso esterno destro. Una mazzata improvvisa, dalla quale gli uomini di Orlandi non si riprenderanno praticamente più.

Anche nella ripresa la Reggina appare slegata, senza risorse, e subisce a larghi tratti il gioco della Lazio, che gestisce così il vantaggio senza nessun problema. Orlandi si gioca il tutto per tutto inserendo Ceravolo e Corradi, lasciati in panchina per non si sa quale tipo di scelta tecnica, ma ormai è troppo tardi.

Alla Reggina stavolta non è riuscita l'impresa, che forse sarebbe stata anche più clamorosa di quella compiuta con Mazzarri due anni fa (salvezza ottenuta partendo da -11). Quella squadra aveva un'identità ben precisa e calciatori di categoria, mentre a questa Reggina manca sicuramente qualcosa in tutti i reparti. L'anno prossimo, ricomincerà la corsa alla serie A dei calabresi, e c'è da scommettere che il presidente Foti cercherà di allestire una squadra subito competitiva per tornare subito nella massima serie.

20 maggio 2009

Coppa Uefa: a Istanbul l'ultimo atto

Va in scena questa sera allo stadio Şükrü Saraçoğlu di Istanbul l'atto finale della coppa Uefa, che l'anno prossimo lascerà il posto alla nuova Europa League dopo 39 edizioni. A contendersi il trofeo saranno gli ucraini dello Shakhtar Donetsk e i tedeschi del Werder Brema, già giustizieri di Milan e Udinese nel cammino verso la finale.

Lo stadio sarà gremito da 55.000 spettatori, come ha reso noto la federcalcio turcha (TFF). Il Werder potrà contare sul tifo di 5000 sostenitori arrivati dalla Germania. Almeno 10000, invece, sono partiti dall'Ucraina per seguire lo Shakhtar.

La gara si presenta molto equilibrata, ma peserà moltissimo sull'economia della stessa l'assenza nelle fila tedesche del brasiliano Diego, vero trascinatore degli uomini di Schaaf e autore di gol assolutamente decisivi. L'altro squalificato per il Werder sarà Hugo Almeida, rimpiazzato da Rosenberg, che giocherà accanto a Pizarro.

Nelle fila dello Shakhtar Lucescu recupera il centrale difensivo Aleksandr Kucher dopo la squalifica, ma perde per un cartellino di troppo il ceco Tomáš Hübschmann è costretto a saltare la finale per un'ammonizione ricevuta nella semifinale di ritorno. Per il resto, squadra al gran completo: Lucescu ha portato ad Istanbul ben 29 giocatori.

Si parte alle 21.45 locali (20.45 italiane): l'augurio, come sempre, è di vedere un bello spettacolo, e che vinca il migliore, anche se non sempre è così.

SHAKHTAR DONETSK (4-2-3-1): 30 Pyatov; 33 Srna, 5 Kucher, 27 Chygrynskyy, 26 Rat; 4 Duljaj, 19 Gai; 11 Ilsinho, 7 Fernandinho, 22 Willian; 17 Luiz Adriano. A disp. 1 Shust,3 Hubschman, 13 Shevchuk, 18 Lewandowski, 28 Polyanskyy, 9 Castillo, 24 Formin. All. Lucescu.

WERDER BREMA (4-4-2): 1 Wiese; 8 Fritz, 15 Prodl, 4 Naldo, 2 Boenisch; 16 Tziolis, 6 Baumann, 22 Frings, 11 Ozil; 9 Rosenberg, 24 Pizarro. A disp. 33 Vander, 3 Pasanen, 5 Tosic, 7 Vranjes, 14 Hunt, 25 Niemeyer, 34 Harnik. All. Schaaf

Calcio estero: Wolfsburg e Bordeaux a un passo dal titolo

La corsa al Meisterschale è ad una svolta decisiva. In quello che è stato il più incerto e appassionante tra i maggiori campionati nazionali del vecchio continente, il Wolfsburg sembra aver compiuto il passo decisivo alla penultima giornata. Domenica si chiude, e alla formazione di Magath è sufficiente un punto nella gara interna contro il Werder per alzare al cielo il prestigioso "piatto dei campioni".

I biancoverdi, trascinati dalla strepitosa coppia Dzeko-Grafite (51 gol in due, 25 il bosniaco, 26 il brasiliano) vincono 5-0 sul campo dell'Hannover, mentre il Bayern di Toni si fa raggiungere dalla sorpresa del campionato Hoffenheim e precipita a -2. Lo Stoccarda aggancia così i bavaresi al secondo posto, a quota 64. Il Wolfsburg adesso per perdere il campionato dovrebbe combinarla davvero grossa: anche in caso di pareggio interno contro un Werder ormai senza alcuna motivazione (sconfitto 3-1 in casa dal retrocesso Karlsruhe), i Lupi di Sassonia sarebbero comunque campioni grazie alla migliore differenza reti rispetto alle due rivali.

In Francia si è ormai conclusa l'egemonia totale del Lione, vincitore degli ultimi 7 campionati. I campioni in carica non potranno vincere l'ottavo campionato consecutivo ma, ancora una volta, si permettono di dire la loro nella lotta per il titolo. La squadra di Puel va infatti a vincere 2-1 al Velodrome, fermando la corsa dell'Olympique Marsiglia, a caccia del Bordeaux capolista. Benzema, Toulalan e Juninho firmano il colpaccio, e adesso la classifica a due giornate dal termine recita: Bordeaux 74, Marsiglia 71, Lione 67.

A 180' dal termine, la squadra di Gourcouff ha più di mezzo titolo in tasca.

18 maggio 2009

Juve shock: esonerato Ranieri, squadra a Ferrara

La Juve cambia l'avvocato. E' successo ciò che era nell'aria, ma non nei tempi e nei modi immaginati. Il summit pomeridiano tra Blanc e Secco, che inizialmente sembrava portare "solo" ad un ritiro della squadra in vista della gara di domenica a Siena, è culminato con il ribaltone: Claudio Ranieri viene esonerato, e sarà Ciro Ferrara a traghettare i bianconeri nelle due rimanenti giornate.

Una decisione che, a detta di Blanc, è stata presa ieri sera dopo il pareggio interno contro l'Atalanta che allunga a 7 la serie di partite senza vittoria della Juventus, con il secondo posto perso a beneficio del Milan, e il terzo sempre più traballante visto lo stato di forma della Fiorentina. "Abbiamo maturato la decisione di esonerare Ranieri ieri sera, dopo aver informato la proprietà della nostra scelta abbiamo ufficializzato l'arrivo di Ferrara. Sappiamo che mandare via un allenatore non rientra nello stile Juve, l'ultimo esonero a stagione in corso risale al 1969. Ma da 3 anni siamo in una situazione diversa dal passato. Non è nemmeno stile Juve giocare i preliminari di Champions e finire le stagioni in questo modo".

Proprio vero. La Juventus non esonerava un allenatore a stagione in corso da 40 anni, considerato che nel recente passato Lippi e Deschamps diedero le dimissioni, e ad Ancelotti non fu rinnovata la fiducia solo dopo la fine del campionato. Fino a ieri Ranieri si diceva convinto di restare alla Juventus anche l'anno prossimo, e che non vedeva l'ora di allenare Diego. Invece, sempre per usare una battuta del tecnico romano, "l'allenatore è sempre l'ultimo a sapere le cose, come il marito".

La testa del tecnico infatti era stata tagliata già da qualche settimana. Paga lui per tutti, nonostante sia riuscito a tirar fuori qualcosa di buono, molto buono, da una rosa mediocre e falcidiata dagli infortuni. E alla favola secondo la quale il tecnico in sede di mercato abbia preferito Poulsen a Xabi Alonso, bè, non ci ho mai creduto e non ci dovrebbe credere chiunque possieda un minimo di intelligenza calcistica. Paga per gli errori di una dirigenza ai limiti dell'incompetenza, che se fosse possibile dovrebbe per prima essere esonerata.

Ho sempre ritenuto Ranieri un non-vincente, ma è anche vero che questa Juve non aveva e non ha i crismi della squadra attrezzata a vincere. E quindi, aver lottato fin quando possibile per lo scudetto e aver disputato una discreta Champions League, prima di sciogliersi in primavera (considerato che la Juve aveva iniziato la sua preparazione a giugno), avrebbe potuto costituire un bilancio quantomeno dignitoso.

Evidentemente, qualcosa nello spogliatoio si era andata incrinando, e chi di dovere ha pensato che esonerare il tecnico fosse la soluzione migliore. Sbagliando, a mio avviso, e alimentando ancora di più la convinzione che questa dirigenza non abbia le credenziali per rendere la Juvenus una società nuovamente vincente. Non credo che Ferrara possa conseguire risultati troppo diversi da quelli che avrebbe conseguito Ranieri, e una scelta del genere sembra volta più a soddisfare quei tifosi che non volevano più il tecnico e a provare a ricompattare un ambiente ridotto allo scatafascio.

Dello stile-Juve, ancora una volta, nessuna traccia.

Inter, continua la festa! Juve bloccata dall'Atalanta, si avvicina la Fiorentina. Colpo esterno del Torino, Bologna all'ultimo respiro

Incoronata già sabato sera senza giocare, l'Inter campione d'Italia batte 3-0 il Siena e continua i festeggiamenti per il 17imo tricolore. Di Cambiasso, Balotelli e Ibrahimovic le reti con cui i nerazzurri si riportano a +10 sul Milan, sconfitto sabato.

Ruba la scena ancora una volta Zlatan Ibrahimovic, autore di una scenata nei confronti di Mario Balotelli in occasione del gol dell'attaccante di colore, 'reo' di non aver giocato per il compagno, in lizza per il titolo di capocannoniere. Nessuna garanzia sulla sua permanenza all'Inter: "Mancano ancora due partite e faccio di tutto per vincere ma nel calcio non c'è garanzia. Nel futuro non so dove sarò, non sono certo un uomo che rimane nello stesso club tutta la vita". Insomma, Moratti dice che lui rimane, i dubbi però rimangono eccome.

In una cornice irreale, la Juventus non riesce ad approfittare della sconfitta del Milan, e viene fermata in casa dall'Atalanta. Al vantaggio di Cigarini risponde Iaquinta, poi Cristiano Zanetti trova un gol incredibile con un tiro al volo da fuori area. Il definitivo pari arriva grazie a Pellegrino, su azione di corner. Atalanta che nel secondo tempo mette alle corde una Juve senza più mordente, e solo la traversa salva Buffon in più di un'occasione.

E' in corso un incontro nella sede della Juventus, in via Galileo Ferraris, fra l'a.d. Jean Claude Blanc e il d.s. Alessio Secco: si valuta l'opzione-ritiro, ma anche la soluzione drastica di un esonero di Ranieri, con la squadra affidata ad un traghettatore.

E per una Juve che arranca e non vince ormai da 8 partite, c'è una Fiorentina che va a mille, e coglie anche ieri un importante successo contro la Sampdoria. L'1-0 porta la firma di Gilardino, lesto a ribattere in rete un tiro-cross di Vargas. Occasioni da ambo le parti, alla fine vince il caldo. Viola a un solo punto dalla Juventus.

Il Genoa viene bloccato in casa dal Chievo, ma festeggia comunque la certezza matematica del ritorno in Europa. Rossoblù che dominano, ma vengono puniti da un Chievo cinico e spietato. Pinzi porta i gialloblù in vantaggio nel primo tempo, nel secondo il forcing dei liguri si traduce nella rimonta firmata da Milito (su rigore) e Olivera (splendido calcio di punizione), poi arriva la doccia fredda firmata Pellissier.

Per l'ultimo posto utile nella prossima Uefa-Europa League, è corsa a tre tra Roma, Palermo e Udinese. Sabato giallorossi e bianconeri hanno portato a casa tre punti importanti battendo Catania e Milan, ieri gli ha fatto eco il Palermo che ha avuto ragione di una Lazio sgonfiata dalla grande vittoria di mercoledì in coppa Italia, ma che recrimina per un gol fantasma di Zarate. Di Miccoli e Migliaccio le reti rosanero, una per tempo.

In chiave salvezza, colpaccio del Torino a Napoli. Al San Paolo Pià porta in vantaggio gli azzurri e mette nei guai Camolese. Bianchi segna il gol del pari, scherzando Cannavaro, poi nel secondo tempo il dominio degli uomini di Donadoni si scontra contro un grande Sereni, e Rosina con uno splendido calcio di punizione regala i 3 punti ai granata.

Torino virtualmente salvo fino al 94', quando Volpi segna il rocambolesco gol del vantaggio per il Bologna sul Lecce. Un Bologna brutto, macchinoso, privo di idee, ma che riesce a rimontare un buon Lecce, passato in vantaggio con Tiribocchi e raggiunto dal gol in netto fuorigioco di Di Vaio (100 gol in serie A). Il gol del centrocampista rossoblù arriva quando ormai nessuno ci sperava più, e tiene in vita una squadra che comunque presenta dei problemi di gioco imbarazzanti.

Domenica Chievo-Bologna e Torino-Genoa: penultimo, pericoloso incrocio salvezza. Salvezza a cui il Lecce ha smesso di credere, per bocca del suo stesso presidente Semeraro, e a cui la Reggina crede ancora dopo il successo sul Cagliari, conseguito con l'ennesima rimonta di giornata. Al gol di Lazzari per i sardi, rispondono Ceravolo e Cozza.

Giusto crederci fino all'ultimo, ma servirebbe davvero un miracolo ai calabresi, distanti 4 punti dalla quota salvezza a due giornate dalla fine. C'è un solo posto nella prossima serie A, e se lo giocheranno Torino e Bologna, con il Chievo che non può dirsi ancora del tutto fuori e che domenica sarà arbitro del proprio destino (e non solo): se i veronesi dovessero perdere in casa contro il Bologna, rimetterebbero tutto in discussione.

17 maggio 2009

Milan battuto a Udine, per l'Inter è scudetto!

Il regalo che non ti aspetti. O che forse sotto sotto ti aspetti, ma non pensi che davvero arriverà. E invece è arrivato il pacco dono da Udine, su un campo che generalmente ai tifosi nerazzurri di gioie ne ha date ben poche. Il Milan firma la resa definitiva e senza condizioni, cedendo 2-1 con merito all'Udinese, e ad Appiano scoppia il finimondo. E' lo scudetto numero 17, quello che come diceva Mourinho "sembrava non arrivare mai", ed invece arriva senza giocare. L'attesa è finita, l'Inter è campione d'Italia per il quarto anno consecutivo.

Inter che vince ancora con pieno merito un campionato condotto praticamente dall'inizio alla fine, e che mai è stato davvero in discussione. I pareggi con Juve e Palermo, la successiva sconfitta di Napoli e la serie positiva del Milan hanno solo allungato la sentenza, che è arrivata questa sera ben prima del posticipo serale di San Siro contro il Siena. La matematica è impietosa, e se qualche tifoso avrebbe preferito festeggiare sul campo dovrà accontentarsi. I campioni d'Italia sono ancora loro, nella giornata che dà il titolo anche a Manchester e Barcellona.

Tantissimi i tifosi che si sono riversati in piazza Duomo a inneggiare cori e sfottò all'indirizzo dei rivali storici, mentre altri hanno raggiunto il quartier generale della squadra, dove i giocatori sono usciti a festeggiare insieme a loro. Scatenatissimi Crespo, Materazzi, Figo e Cambiasso, felicissimo e su di giri ovviamente il presidente Moratti, che già festeggiava il suo 64imo compleanno. "Un regalo esagerato", definisce il patron nerazzurro lo scivolone del Milan.

La squadra ha poi deciso di prendere un pullman ed andare fino a Milano a festeggiare, nonostante Mourinho non fosse proprio d'accordo. "Sono un po' arrabbiato perché la squadra, che secondo me doveva andare a letto, ha deciso invece di prendere il pullman e andare fino a Milano. Ma capisco questa loro voglia di festeggiare. Io da parte mia non mi sento ancora un simbolo dell'interismo, per questo c'è ancora tanto da lavorare. Vedremo di farlo l'anno prossimo". Insomma, dopo lo scudetto un pò di trasgressione è concessa anche dal sergente lusitano.

Tanti i protagonisti di questa straordinaria cavalcata: da Julio Cesar, che si è consacrato come l'attuale miglior portiere del mondo, a capitan Zanetti, stakanovista ed emblema nerazzurro; da Maicon, strepitoso fino all'infortunio, a Cambiasso, autentico fenomeno del centrocampo. E' tuttavia forte, fortissimo, indelebile, il marchio di Zlatan Ibrahimovic su questo scudetto. Lo svedese, capocannoniere e autentico trascinatore dei nerazzurri, nella festa si lascia andare ad una dichiarazione importante: "L'anno prossimo vinciamo tutto". Anche se nel ritiro dell'Inter, al fischio finale di Rizzoli, l'unico che ho visto rimanere a braccia conserte un pò più defilato rispetto alla mandria festante è stato proprio lui. Staremo a vedere, nel frattempo continua la festa nerazzurra. Anche Prisco e Facchetti sarebbero stati orgogliosi di questa Inter.

16 maggio 2009

Milan a Udine: l'Inter oggi può far festa

Giornata decisiva per l'assegnazione del titolo di campione d'Italia: il Milan, di scena sul difficile campo di Udine nell'anticipo serale della 36° giornata, può consegnare lo scudetto ai nerazzurri in caso di sconfitta. Scudetto che comunque potrà arrivare domani per la squadra di Mourinho, a cui basterà battere il tranquillo Siena a San Siro, evitando di ripetere lo psicodramma della scorsa stagione, in cui Materazzi e compagni misero a repentaglio uno scudetto già vinto pareggiando proprio contro il Siena già salvo, in una gara incredibile e con uno stadio già vestito a festa.

L'Udinese, reduce da 5 vittorie di fila e tornata al rendimento alto di inizio stagione, renderà sicuramente la vita difficile ai rossoneri. A Milano, sponda nerazzurra, lo champagne verrà comunque stappato per festeggiare il compleanno del patron Massimo Moratti: dovesse arrivare una buona notizia dal Friuli, il festeggiamento sarà raddoppiato.

Nell'anticipo del pomeriggio, la Roma bisognosa di punti per consolidare il suo posto Uefa ospita il Catania di Zenga. Tre punti possono far respirare i giallorossi, alle prese con il caos societario e con il malcontento di una tifoseria delusa da una stagione orribile.

14 maggio 2009

Lazio di rigore, la coppa Italia resta a Roma


Non sono bastati i novanta minuti regolamentari, sono serviti a nulla i tempi supplementari nella notte di passione dell'Olimpico. La drammatica lotteria dei calci di rigore premia la Lazio di Delio Rossi, dopo 14 tiri dal dischetto. Dagli undici metri, Campagnaro sbaglia, Dabo no. E così inizia la festa biancoceleste, doppia se consideriamo che oltre al conseguimento dell'ambito trofeo, vincendo ieri i capitolini si sono anche garantiti l'accesso alla prossima coppa Uefa e a quell'Europa che sembrava impensabile fino a qualche mese fa.

Numericamente, sul piano del tifo non c'è stata partita: quasi 70mila i supporters di casa, tre volte meno i blucerchiati. Ma la tifoseria della Samp ha tenuto botta. Il suo settore, diviso con precisione millimetrica in spicchi con i colori della squadra: bianco, azzurro, rosso e nero, è un bel vedere. Dall'altra parte il popolo laziale, con la Nord che addirittura si trasforma in un bandierone biancoceleste a scacchi sopra a uno striscione dedicato alla memoria di Gabriele Sandri.

Lazio che fa la partita, mentre la Sampdoria attende sorniona spiragli per le ripartenze dettate dal genio di Cassano. Al 4', però, è già vantaggio biancoceleste: Zarate, in forma strepitosa, bissa il capolavoro siglato nel derby con un folgorante destro a giro da fuori area. Pazzini è a terra, ma Rosetti lascia correre, e considerato il balzo che fa l'attaccante blucerchiato per rialzarsi, è stato giusto così.

La Samp rischia di capitolare al 27', quando un gran tiro di Kolarov viene respinto da Castellazzi sui piedi di Zarate che calcia a botta sicura ma si vede deviare in angolo la sua conclusione dal miracoloso intervento del portiere blucerchiato. E come è tradizione nel calcio, a gol sbagliato corrisponde gol subito: Cassano si accende al minuto 31, porta a spasso un paio di avversari e imbecca Stankevicius, il cui colpo di testa viene catturato da Pazzini che incorna alle spalle di Muslera. L'1-1 accende definitivamente la partita, l'incertezza torna a regnare sovrana.

La Samp potrebbe segnare ancora con Sammarco, mentre l'indemoniato Foggia crea pericoli in serie. Rocchi sostituisce Pandev, e su servizio di Zarate potrebbe far crollare l'Olimpico, ma non arriva al tap-in per un soffio. Col passare dei minuti le squadre iniziano a perdere lucidità e freschezza, come è normale, e subentra la paura. I supplementari scivolano via senza particolari emozioni, poi dagli undici metri sbagliano Cassano e Rocchi nella prima serie. Si va ad oltranza, e al quattordicesimo rigore, Campagnaro si fa ipnotizzare da Muslera, mentre Dabo è impeccabile. L'Olimpico esplode, Rocchi e Ledesma alzano insieme il trofeo tanto ambito. Delio Rossi scoppia in lacrime: resti o no a Roma, la sua Lazio ha un futuro.

Quasi certo, invece, l'addio di Mazzarri: la conferma non data all'allenatore da Garrone nel dopopartita sa di addio.

Umori diametralmente opposti, per Yashal e Andrea, tifosi e blogger rispettivamente di Lazio e Sampdoria: comunque sia andata, stringetevi la mano, le vostre squadre hanno davvero dato tutto.

12 maggio 2009

Berlusconi: "Scudetto perso? Colpa di Ancelotti"

La mia speranza che Silvio Berlusconi dica una sola cosa sensata, speranza che da inguaribile ottimista continuo a nutrire, va affievolendosi sempre più. In visita a Sharm el Sheik, il premier nonchè presidente del Milan alla faccia di conflitti di interessi vari (siamo pur sempre in Italia), se ne è uscito con un attacco a mio parere assolutamente gratuito all'indirizzo del tecnico rossonero.

"Se il Milan ha perso lo scudetto, la colpa è tutta di Ancelotti". Questo il succo dell'articolo pubblicato oggi dal quotidiano La Repubblica.

"Con gli uomini che ha il Milan, noi potevamo tranquillamente tenere testa all'Inter", secondo Berlusconi, che poi va più sullo specifico (cosa a cui peraltro ci ha più volte abituato): "molte volte abbiamo davvero sbagliato la tattica. Noi abbiamo tanti calciatori bravissimo nel palleggio, sono dei gran palleggiatori e allora dovevamo puntare su questo. E invece abbiamo fatto il contrario".

Non è un mistero che a Berlusconi non vadano giù le esclusioni di Ronaldinho, comprato in estate proprio per far sognare i tifosi del Milan, ma di fatto lontano parente del calciatore che ha vinto il pallone d'oro col Barcellona. Una decina di partite da fuoriclasse, poi alti e bassi fino al calo che lo ha portato a sedersi spesso in panchina accanto ad Ancelotti. E non è un mistero che Ancelotti non vedesse di buon occhio l'acquisto del brasiliano (e neanche il ritorno di Sheva, a dire il vero), preferendogli una punta come Adebayor e magari qualche ritocco ad una difesa da museo, in cui l'acquisto di Senderos non ha di certo aumentato la cifra tecnica.

Personalmente, non stravedo per Ancelotti (come ho scritto in un commento sul blog di Alessandro Ascione). E' il tecnico che ha perso lo scudetto già vinto nell'acquitrino di Perugia, che è naufragato a Istanbul e che è caduto rovinosamente a La Coruna dilapidando il 4-1 maturato a San Siro. Sono del parere che con un Milan stellare come quello di un paio d'anni fa, avrebbe potuto vincere molto di più e che è quantomeno assurdo che una squadra come il Milan non lotti seriamente per lo scudetto ormai da 4 anni, ma imputare a lui tutte le colpe di uno scudetto perso oggi mi pare assolutamente fuori luogo.

Gli anni passano, i calciatori invecchiano, i cicli finiscono. Il Milan fino all'anno scorso aveva in rosa Costacurta, Cafù e Serginho, oggi la coppia centrale del Milan è Maldini-Favalli (che fanno quasi 80 anni in due). Kaladze e Nesta sono perennemente rotti, Bonera idem e comunque non è certo un difensore di spessore, adatto a giocare ad alti livelli, così come Senderos (che sarà rispedito al mittente a fine stagione). La differenza tra il reparto arretrato del Milan e quello dell'Inter, ad oggi, è abissale. Più in generale, proprio in termini di "uomini", questo Milan non ha lo strapotere fisico che ha portato l'Inter a potersi permettere qualche passo falso in questo finale di stagione. E su questo Ancelotti non poteva far molto.

Il Milan andava rinnovato, già all'inizio della scorsa stagione. La politica da "raccolta di figurine", messa in atto da Berlusconi e Galliani (ma su quest'ultimo non ci giurerei) rischia di ridurre la formazione rossonera, massima rappresentate del calcio italiano in Europa, alla stregua del Real Madrid. Colpi dal ritorno mediatico e pubblicitario immensi, seguiti da scarsi risultati pratici.

Troppo facile fare campagne acquisti scellerate, e poi dare tutte le colpe al tecnico.

Ancelotti intanto starà rispolverando il suo inglese: male che vada, c'è sempre Abramovich coi suoi 5 milioncini annui alla finestra. Bisogna pur accontentarsi nella vita, no?

10 maggio 2009

Pari a San Siro, gode l'Inter. Scatto Champions della Fiorentina, Di Vaio salva il Bologna a Torino

Finisce 1-1 il posticipo di lusso della 35° giornata tra Milan e Juventus. A San Siro Iaquinta risponde a Seedorf, e a fare festa al fischio finale di Orsato è solo l'Inter, che mantiene il +7 sui rossoneri e domenica battendo il Siena può definitivamente laurearsi campione d'Italia.

Il Milan si presenta al grande appuntamento con Kalac tra i pali (Dida out per il mal di schiena), Favalli centrale difensivo accanto a Maldini (quasi 80 anni in due), Pato e Ronaldinho in panchina, con Kakà e Seedorf ad agire alle spalle di Inzaghi. La Juve risponde con il classico 4-4-2, con De Ceglie terzino sinistro, Poulsen in mezzo al campo accanto a Zanetti, e Marchionni esterno alto al posto dello squalificato Nedved. Amauri e Iaquinta tandem offensivo, con Del Piero e Trezeguet in panchina (il francese ci rimarrà per tutti i 90 minuti).

Dopo un primo tempo per nulla spettacolare, in cui le palle gol sono state quasi tutte di marca bianconera (clamoroso un errore di Poulsen a tu per tu con Kalac), nella ripresa le due squadre decidono di affrontarsi a viso aperto, e la partita ne guadagna. Milan in vantaggio al 12': Legrottaglie sbaglia un passaggio, innescando il contropiede rossonero guidato da Inzaghi. Il bomber piacentino serve in mezzo Ambrosini, la cui svirgolata diventa uno strepitoso assist per l'accorrente Seedorf, lesto a scaraventare in rete. L'olandese, fischiatissimo, esulta, ma è una felicità effimera. Tre minuti dopo, infatti, la Juve trova il meritato gol del pareggio, grazie ad uno scatenato Iaquinta, che incorna in tuffo un bellissimo cross di Camoranesi.

Ancelotti butta dentro Pato e Ronaldinho, la Juventus risponde con Del Piero al posto di uno stanchissimo Amauri, ma il punteggio non cambia. Pari giustissimo, ma che non serve a nessuna delle due squadre.

Serve sicuramente all'Inter, che dopo il pari del pomeriggio sul campo del coriaceo Chievo di Di Carlo vedeva la possibilità di un ulteriore avvicinamento dei cugini rossoneri a -5. I nerazzurri, in vantaggio dopo 2' con Crespo, si sono fatti raggiungere da un gol di Marcolini, a segno con un missile da fuori area. Nella ripresa, il gol capolavoro di Balotelli sembra chiudere ogni discorso, ma la beffa per Mourinho arriva proprio da un ex interista, mai rimpianto: il brasiliano Luciano, che sfrutta un cross di Mantovani e una errata lettura difensiva di Maxwell. Il pari juventino dà comunque un nuovo match point alla capolista, a cui basterà battere domenica a San Siro il Siena già salvo.

Battendo il Catania al Massimino, la Fiorentina consolida la sua posizione in zona Champions League, e adesso guarda anche alla terza piazza (che dà l'accesso diretto alla fase a gironi), visto che la Juventus adesso dista solo 2 punti. Di Jovetic e Zauri le reti che lanciano i viola, privi di Mutu ma in grandissima forma.


Un gol di Criscito al 90' regala il pari al Genoa di Gasperini, che a Bergamo rischia il tracollo più volte, dopo il gol di Valdes. Il Grifone adesso è a -3 dalla Fiorentina, ma non perde di vista il quarto posto, con la certezza che l'Europa l'anno prossimo è assicurata.

La Roma riacciuffa il 2-2 a Cagliari, dopo che la galleria degli orrori della sua difesa aveva spianato la strada alle reti di Matri e Acquafresca. La reazione giallorossa però è importante, e i gol di Totti e Perrotta permettono ai capitolini di rafforzare il sesto posto a quota 54 punti, mentre il Cagliari, che per quasi un tempo è stato a un solo punto dalla zona Uefa, resta nono con 50 punti.

Il Palermo naufraga a Siena, perdendo una bella occasione per avvicinare la Roma. Un gol di Calaiò premia la sorprendente formazione di Giampaolo, che adesso è ufficialmente salva con tre giornate di anticipo. Un capolavoro di un allenatore tra i più capaci e promettenti in circolazione.

Pari di rigore, nel drammatico spareggio-salvezza tra Torino e Bologna. Al Delle Alpi il Toro domina per un'ora, va in vantaggio con un rigore di Rosina e fallisce diverse palle gol, ma è Di Vaio, sempre dagli 11 metri, a fissare il punteggio sull'1-1 che accontenta sicuramente di più la formazione emiliana, salvata nel finale dalla traversa su un colpo di testa di Colombo. Non approfitta di questo risultato il Lecce, che al Via del mare le prova tutte per portare a casa tre punti fondamentali, ma non va oltre l'1-1 contro il Napoli. Al vantaggio partenopeo di Pià risponde Zanchetta su calcio di rigore, poi l'assedio dei salentini non dà l'esito sperato. Domenica Bologna-Lecce e Napoli-Torino: da questo incrocio, può passare la permanenza in A di una delle tre formazioni.

Anticipi: Udinese di lusso a Roma, ciclone Samp sulla Reggina

Negli anticipi della 35° giornata, Lazio e Sampdoria hanno colto risultati diametralmente opposti, in attesa di affrontarsi nella finale di coppa Italia di mercoledì a Roma.

I biancocelesti, in vantaggio con Rocchi dopo 10' nella ripresa, si distraggono e si fanno rimontare dall'Udinese, che coglie così la sua quinta vittoria consecutiva e si rilancia in chiave Uefa. Di Floro Flores, D'Agostino (grandissima punizione) e Quagliarella (su calcio di rigore) le reti dei friulani.

Al Ferraris i blucerchiati invece non si sono distratti per l'impegno che vale una stagione, e hanno letteralmente fatto a pezzi le ultime, fievoli speranze della Reggina di rimanere in serie A. I calabresi sbagliano completamente l'approccio alla gara, e finiscono travolti: dopo 50 secondi la Samp, che tiene Cassano in panchina, passa in vantaggio con Dessena, che fulmina Puggioni con un siluro di destro da fuori area. Al 15' episodio chiave: punizione di Delvecchio, Pazzini supera Valdez in velocità che lo stende al limite dell'area. Rosso per il difensore, Reggina in 10. Arrivano così il raddoppio di Dessena, ancora con un tiro da fuori, e il 3-0 di Delvecchio. Nella ripresa, il risultato si fa decisamente mortificante per la squadra di Orlandi, che subisce anche le reti di Marilungo e Pazzini.

C'è da scommettere comunque che non saranno queste due partite a dare indicazioni in vista della finale di mercoledì.

08 maggio 2009

UEFA: la finale è Werder-Shaktar

Saranno Werder Brema e Shakthar Donetsk a disputare l'ultimo atto della coppa Uefa 2008-09, che si terrà a Istanbul il prossimo 20 maggio.

I tedeschi, sconfitti 1-0 nella gara d'andata dall'Amburgo a Brema, sono riusciti nella clamorosa rimonta, imponendosi col punteggio di 3-2. Per l'Amburgo sembra tutto facile, dopo il gol di Olic al 13' servito alla perfezione da Mathijsen. Il Werder, che a questo punto deve segnare almeno due gol per colmare lo svantaggio, si affida alle giocate del suo giocatore più rappresentativo, il brasiliano Diego (fresco juventino), che non tradisce.

Al 29' il numero dieci duetta con Pizarro e supera con un bel tocco sotto il portiere Rost in uscita. Sette minuti più tardi ci riprova con un gran tiro dai 25 metri che però si stampa sulla traversa.

Nella ripresa il ritmo si mantiene alto per entrambe le squadre. Viene annullato un goal a Pizarro per fuorigioco, dall’altra parte prima Jansen e poi Trochowski sfiorano il nuovo vantaggio per l’Amburgo. Al 66' arriva il 2-1 per i biancoverdi:Pizarro scocca dal limite dell'area un tiro violento ma non irresistibile, che si infila alle spalle di un incerto Rost. Werder che completa il capolavoro segnando il gol della tranquillità con Hugo Almeida a pochi minuti dal termine. Il gol finale di Olic, a 3' dalla fine, serve solo a tenere alta la tensione, ma nulla più. In finale ci va il Werder, che però dovrà fare a meno degli squalificati Diego e Hugo Almeida: una brutta tegola per Schaff, una buona notizia per Lucescu.

E' lo Shakthar dell'ex tecnico di Brescia e Inter a uscire vincitore dal derby ucraino con la Dinamo Kiev. Dopo l'1-1 maturato nella capitale, che già metteva lo Shakthar in posizione di leggero vantaggio, gli arancioni si sono imposti per 2-1. Jadson porta i suoi in vantaggio al 13' del primo tempo, ma in apertura di ripresa Bangoura ristabilisce il punteggio di parità azzerando ogni vantaggio dei rivali. Quando i supplementari sembrano inevitabili, all'88' arriva la meritata rete di Ilsinho, che con un bel diagonale manda gli arancioni in paradiso.