30 gennaio 2010

Coppa d'Africa, la finale è Ghana-Egitto! E intanto, continua la vergogna-Togo

Si giocherà domani a Luanda l'ultimo atto della coppa d'Africa 2010, in corso in Angola. Le semifinali hanno detto che a disputarsi il massimo trofeo continentale saranno il Ghana e l'Egitto: se la qualificazione dei Faraoni non sorprende nessuno, quella delle Black Star invece sorprende eccome.

Senza più di metà squadra (Essien, Muntari, Appiah, Paintsil, Mensah), la formazione ghanese è riuscita a sfoderare una grande prestazione al cospetto di un colosso come la Nigeria, imponendosi 1-0 grazie ad un gol dell'ex Udinese Gyan Asamoah (ha giocato anche l'altro Asamoah, che nei friulani invece milita ancora).

Ordinaria amministrazione invece per il favoritissimo Egitto, che ha passeggiato sulla comunque sorprendente Algeria: il 4-0 finale è l'ennesima dimostrazione di come la squadra nordafricana sia la più attrezzata per la vittoria finale. Le Volpi del deserto, che chiudono in 8 per via di tre espulsioni comminate dal direttore di gara (assolutamente insufficiente), subiscono così la vendetta dei Faraoni, eliminati dal mondiale proprio dall'Algeria e che persero l'ultima gara in Coppa d'Africa 6 anni fa sempre contro gli algerini.

Ed in attesa della gara che decreterà i campioni d'Africa, nelle ultime ore è trapelata una notizia che se confermata avrebbe dell'assurdo: il Togo, che ha lasciato la competizione dopo la strage di Cabinda, sarebbe stato squalificato dalla federazione africana per le prossime due edizioni della coppa d'Africa. Di fronte a certi fatti così tragici, il regolamento potrebbe essere messo da parte, almeno per una volta.

29 gennaio 2010

Toh, chi si rivede: Zac!

La barzelletta è finita, anche perchè ormai non faceva più ridere nessuno: la Juventus ha esonerato il già esonerato Ciro Ferrara, affidando la guida della prima squadra ad Alberto Zaccheroni. Il tutto con la consueta eleganza che contraddistingue quella manica di dilettanti allo sbaraglio che è il direttivo dell'odierna Juventus.

Un anno fa, Ranieri fu scaricato a due giornate dalla fine lasciando il posto proprio a Ferrara, che vincendo le due gare restanti riuscì nella non difficilissima impresa (diciamocelo) di portare la squadra torinese in Champions League. Oggi si è compiuto anche il destino del tecnico napoletano, che nella distribuzione di colpe per la disastrosa annata bianconera è colui che forse ne porta meno sulle proprie spalle.

Inadeguato, questo sì. E allora perchè tenerlo lì tutto questo tempo, di sconfitta in sconfitta, logorandolo l'uomo prima che il professionista in una lunga agonia? Perchè non cacciarlo prima, e infliggergli anche l'umiliazione di sedersi sulla panchina anche ieri contro l'Inter, sapendo già di essere stato licenziato? Ferrara non aveva più la squadra in pugno da almeno un mese e mezzo, e agire (come avrebbe fatto una dirigenza competente) dopo il naufragio contro il Bayern avrebbe potuto rendere ancora salvabile la stagione.

Così, invece, è un pianto greco. La Juventus, dopo la sconfitta di San Siro in coppa Italia, è ufficialmente fuori da tutti gli obiettivi stagionali: l'anno scorso, con una rosa addirittura inferiore, era ancora tecnicamente in lizza per tutti gli obiettivi.

La più grande illusione alla base del fallimento della gestione Ferrara è stata quella di credere che dalle due vittorie salva-Champions della scorsa stagione alla gestione di un progetto che si dichiarava ambizioso e vincente il passo potesse essere breve.

Anche perchè, semmai fosse servito un consiglio a geni del calibro di Blanc e Secco, avrebbero sempre potuto fare affidamento su Marcello Lippi. Quello che quando gli fu chiesto un parere sugli acquisti eventuali di Cannavaro e Grosso rispose che ne pensava "tutto il bene possibile", e che su Ferrara disse "può diventare un ottimo tecnico, è predisposto, ha carisma e concretezza, dunque possiede tutte le qualità che servono a un giovane che vuole allenare ad alti livelli".

Non capendoci molto, gli stessi che sono riusciti nell'impresa di dilapidare 250 milioni di euro in tre anni si saranno guardati in faccia e avranno detto "bè, se lo dice Lippi, ct dell'Italia campione del mondo..". Ed è stato l'inizio della fine. Certo che se Vito Corleone avesse avuto un consigliere del genere, altro che trilogia del Padrino, la famiglia sarebbe stata eliminata già a metà del primo atto..

Via Ferrara, la patata bollente passa adesso nelle mani del traghettatore Zaccheroni, che rimarrà solo 4 mesi ma che almeno così potrà vantare il record di aver allenato le tre grandi d'Italia: Milan, Inter e adesso Juventus. Il tecnico romagnolo ha battuto allo sprint Claudio Gentile, vecchia gloria bianconera e azzurra, poi scartato perchè a quanto pare "non aveva esperienza in squadre di club", avendo allenato solo l'Under 21. Ferrara invece non aveva neanche quella, di esperienza, pensa un pò. Fenomeni.

Già ce lo vedo Zac all'opera: insofferente da sempre a qualsiasi modulo diverso dal 3-4-3 (3-4-1-2 al massimo), è probabile che applichi la sua filosofia di gioco anche a Torino. Certo, non che dalla sua abbia chissà quale grande conforto dei risultati: fatto salvo lo scudetto vinto col Milan grazie soprattutto al suicidio della Lazio e a qualche regalo della buona sorte, la carriera del tecnico romagnolo ha avuto poche luci e tante ombre.

Sfumati tutti gli obiettivi, l'imperativo per Zaccheroni sarà conquistare un posto in Champions, affare che con l'inserimento di Napoli e Roma si è complicato parecchio. Poi sarà Benitez, probabilmente, ma la sensazione è che finchè resteranno al proprio posto quei tre, l'allenatore non sarà mai il male maggiore di questa squadra.

26 gennaio 2010

Cristiano Ruiu, il profeta rossonero: quando l'esoterismo supera l'umana concezione..


Indipendentemente dalla propria fede calcistica, è sempre importante dare visibilità a certi personaggi. E' importante perchè quando per settimane una persona fa di tutto per coprirsi di ridicolo è giusto riconoscergli il giusto tributo per l'impegno profuso.

Il mito in questione è Cristiano Ruiu, giovane giornalista di Telelombardia e tifosissimo rossonero, ormai celeberrimo per le sue "tabelle" nelle quali, guarda un pò, alla fine il Milan è sempre in testa al campionato.

Ho iniziato a seguire i deliri del giovane milanese un anno fa, quando lanciò il suo piano strategico di rimonta scudetto: chiaramente, ciò prevedeva un crollo verticale dell'Inter e una sfilza di vittorie rossonere. Ve lo riporto, con accanto quello che è poi realmente successo:

Milan-Palermo 1 (3-0)
Napoli-Inter 1 (1-0)

Catania-Milan 2 (0-2)
Inter-Lazio X (2-0)

Milan-Juve 1 (1-1)
Chievo-Inter X (2-2)

Udinese-Milan 2 (2-1)
Inter-Siena 1 (3-0)


e già qui lo scudetto era andato..ma continuiamo:

Milan-Roma 1 (2-3)
Cagliari-Inter 1 (2-1)

Fiorentina-Milan 2 (0-2)
Inter-Atalanta 1 (4-3)


il piano-Ruiu prevedeva un arrivo di entrambe le squadre a 82 punti, con scudetto poi ai rossoneri per gli scontri diretti. La realtà però è stata impietosa: Inter 84 punti, Milan 74. Almeno sui punti dell'Inter ci aveva quasi preso..

Quest'anno, dopo il balbettante inizio della squadra di Leonardo, di tabelle non se ne vedeva neanche l'ombra, fino a quando i rossoneri non hanno iniziato a infilare risultati utili in serie.

E allora l'occasione per Ruiu era troppo ghiotta per una nuova tabella, partita puntuale tra le ravanate dei milanisti di tutto il mondo: a poco sono serviti i tentativi di fermarlo, e così è partito il nuovo piano per un aggancio natalizio a quota 34:

Milan-Cagliari 1
Bologna-Inter 2

Catania-Milan 2
Inter-Fiorentina X

Milan-Sampdoria 1
Juventus-Inter 1

Milan-Palermo 1
Atalanta-Inter X


Non ci vuole buona memoria per ricordare che alla sosta natalizia l'Inter fosse ancora saldamente in testa al campionato, col Milan comunque secondo.

Inizia il 2010, e il derby in programma il 24 gennaio si avvicina: l'Inter accusa un calo, il Milan invece rifila gol a raffica e per Ruiu l'aggancio è di nuovo vicino, vicinissimo. Le esaltanti prestazioni contro Genoa, Juventus e Siena fanno uscire definitivamente allo scoperto il giornalista, che ormai è certo: il suo Milan vincerà lo scudetto.



"Andiamo a prenderli!", urla Ruiu dopo la prodezza di Ronaldinho. E dopo il roboante 4-0 al Siena comincia la settimana che porta al derby del virtuale aggancio, al derby della vendetta, al derby del definitivo passaggio di consegne. Ruiu non ha dubbi, sarà un bagno di sangue per i nerazzurri, e la sua settimana di proclami è perfettamente sintetizzata nel video seguente (da non perdere)


Lo scontro con la dura realtà è stato una sorta di psicodramma per il povero Cristiano, che ha visto ritorcersi come un boomerang tutte le dichiarazioni rilasciate nei giorni addietro. La maschera post-derby è quella di un uomo sportivamente distrutto.



Ma Ruiu è forte, e non demorde: giusto il tempo di rimettere insieme i pezzi, ed ha già stilato la nuova tabella. Stavolta però non ha reso pubbliche le modalità della rimonta, fornendo solo una copia a Ravezzani. Il conduttore si è però lasciato scappare la sintesi del manoscritto: "SORPASSO A PASQUA!".


In studio intanto le mani dei tifosi milanisti (e c'è da scommetterci, anche dei telespettatori a casa di fede rossonera) sono misteriosamente finite in zone che per questioni di eleganza non specifichiamo..

Un mito. Davvero un mito. Comunque vada, Ruiu, grazie, grazie di esistere.

Angola 2010, siamo alla stretta finale


Dopo l'iniziale sconvolgimento portato dalla strage subita dai calciatori del Togo, la Coppa d'Africa 2010 è arrivata alla stretta finale. A contendersi il massimo trofeo africano sono rimaste Nigeria, Ghana, Egitto e Algeria, impegnate tra due giorni nelle semifinali.

Il ritiro del Togo, stravolto dalla tragedia che ha colpito Adebayor e compagni, non ha modificato la formula del torneo, modificando soltanto il numero di squadre presenti nel gruppo B (da quattro a tre). Il triangolare è stato vinto dalla Costa d'Avorio, mentre il secondo posto utile per i quarti è andato al Ghana (eliminato il Burkina Faso).

La competizione si è subito aperta col botto, grazie al pirotecnico 4-4 nel girone A tra l'Angola e il Mali: dopo un primo tempo chiuso sul 4-0 per i padroni di casa, il secondo tempo ha visto il clamoroso ritorno della formazione maliana, capace di rimontare il pesante svantaggio nei 15' finali. L'harakiri non ha comunque pregiudicato la qualificazione della squadra del Paese organizzatore, che ha chiuso il gruppo in testa, seguito dall'Algeria.

Nel girone C, svoltosi nella zona di Benguela, i Faraoni egiziani hanno fatto capire a tutti le loro intenzioni chiudendo a punteggio pieno il raggruppamento, seguiti a ruota dalla Nigeria, l'altra favorita del girone. In un gruppo così, per Benin e Mozambico c'era davvero poco da fare.

Equilibratissimo il gruppo D, finito con tre squadre a quota 4 ed una a quota 3. Nella classifica avulsa, ad essere premiate sono state Zambia e Camerun, mentre al Gabon è toccato fare le valigie assieme alla Tunisia.

Nei quarti di finale, si è subito infranto il sogno dell'Angola di arrivare in fondo alla competizione che ospita al cospetto del più blasonato Ghana (vittorioso per 1-0), mentre ci sono voluti i calci di rigore alla Nigeria per avere ragione dello Zambia. Non ce l'hanno fatta altre due grandi del calcio africano come Costa d'Avorio e Camerun, fermatesi entrambe ai quarti di finale: le compagini di Drogba ed Eto'o si sono dovute infatti arrendere rispettivamente alla sorprendente Algeria ed all'Egitto (a questo punto grande favorito per la vittoria finale).

Le semifinali vedono favoriti Aquile Verdi e Faraoni, ma occhio alle sorprese: Algeria e Ghana sono pronte a dare battaglia.

25 gennaio 2010

Derby all'Inter, Milan ridimensionato!


Mai prestare eccessiva attenzione alle indicazioni fornite dal campionato, prima di una gara come il derby. Come fino a qualche giorno fa scrivevo, lo scenario che accompagnava la stracittadina meneghina era in qualche modo simile a quello di un possibile colpo di Stato: mai l'Inter era sembrata così fragile come nelle ultime settimane, mentre il Milan scoppiava di salute macinando gol, gioco e avversari.

Il confronto di ieri però, anzichè rafforzare le nuove convinzioni della squadra di Leonardo, le ha sbriciolate, rimettendone a nudo difetti e carenze e riconsegnando al campionato una verità: al di là di tutto, l'Inter è e rimane la squadra più forte di questo campionato.

Dall'approccio alla gara, questo derby sembrava addirittura la fotocopia di quello del 29 agosto, con un'Inter padrona del campo e vicina al gol in più occasioni, ed un Milan in balia degli eventi e incapace di offrire una resistenza adeguata agli affondi di SneijderMilito e Pandev. L'espulsione dell'olandese poteva essere lo spartiacque della gara, privando i nerazzurri di un uomo cardine della manovra offensiva e regalando ai rossoneri una importante superiorità numerica per oltre un'ora, ma così non è stato: l'Inter ha saputo riorganizzarsi e colpire quando serviva, mentre un Milan arruffone e con un Ronaldinho sempre disinnescato si è infranto sul muro interista e su un immenso Julio Cesar.

Nella serata della verità, la squadra di Mourinho ha sfoggiato una prestazione in qualche modo similare a quella dell'andata, contro un avversario che però nel frattempo aveva trovato la sua quadratura e guadagnato il giusto rispetto sul campo. Per questo, è una vittoria che vale forse anche di più.



Le ha azzeccate tutte, il sempre troppo criticato Mou: dal rombo, preferito al 4-2-3-1 delle ultime uscite, alla scelta di Pandev dal 1' al posto di Balotelli, dal rilancio di Santon all'intuizione di lasciare il macedone in campo per battere la punizione del 2-0, prima di sostituirlo per ripararsi dall'assalto finale del Milan. In sala stampa, poi, le bordate a Rocchi hanno dato pepe al dopo gara: l'operato del direttore di gara ha lasciato perplessi un pò tutti, e forse andava designato un direttore di gara più esperto nel tenere in pugno una gara del genere.

In campo, i nerazzurri hanno vinto praticamente tutti i confronti diretti: perfetti Samuel e Lucio (espulsione e parte) nell'arginare Borriello, monumentali Zanetti e Cambiasso nel soffocare Pirlo, mentre Maicon si è sdoppiato alla grande nel ruolo di incursore e dirimpettaio di Ronaldinho. Davanti poi Milito e Pandev hanno  dato vita ad una prestazione sontuosa, creando costanti pericoli alla retroguardia rossonera e sacrificandosi tantissimo nell'estenuante lavoro di copertura una volta espulso Sneijder (il migliore in campo, fino alla sciagurata espulsione).

Nel Milan, l'assenza di Nesta ha pesato anche sulla prestazione di Thiago Silva, che senza il difensore romano ha perso un punto di riferimento importante, ritrovandosi accanto un Favalli che a certi livelli è semplicemente inadeguato (38 anni suonati e un ruolo di centrale che non è il suo); inoltre, l'assenza di Pato (ormai lungodegente) priva il gioco dei rossoneri di quella velocità e imprevedibilità che solo il Papero quando è in serata può dare. Con Beckham è di certo un Milan più equilibrato e votato al possesso palla, ma l'inglese non è un corridore e in serate come queste disporre di una variante importante capace di spaccare le difese è fondamentale.

Insomma, Milan non bocciato del tutto, semmai ridimensionato. Se le ultime goleade avevano dato l'illusoria percezione di essere qualitativamente vicini all'Inter, il derby di ieri ha ribadito la superiorità dei campioni d'Italia, che con l'innesto a costo zero di Pandev hanno infilato una freccia micidiale al proprio arco. Sei gol a zero nel doppio confronto costituiscono un importante attestato di superiorità, ma il Milan ha comunque il dovere di continuare a crederci fino a che la matematica rende possibile farlo.

Capitolo Rocchi: difficile anche solo esprimersi, su un arbitraggio così scadente, difficile anche capire cosa sia saltato in testa a Collina al momento della designazione, considerato che in questa gara si decideva una buonissima fetta di scudetto. L'arbitro toscano omette un giallo a Ronaldinho, ammonisce Lucio per una simulazione che non c'è, scatenando così l'applauso sarcastico di Sneijder che lo porta a tirar fuori il rosso (giusto da regolamento, ma un grande arbitro lì ammonisce), non concede un rigore per parte, ne inventa uno e non vede un paio di rossi qua e là: nel complesso, rovinata una partita che in parità numerica sarebbe potuta essere assolutamente spettacolare.

19 gennaio 2010

Inter-Milan, pronto il golpe!


Come un girone fa. Il Milan batte il Siena e propone un Ronaldinho in versione marziana, l'Inter per poco non si fa rifilare un brutto scherzo dal Bari: stessi risultati, stesse sensazioni, solo a campi invertiti.

Come un girone fa, il derby in arrivo vede un Milan dato in forma strepitosa e a caccia di rivincite, coi nerazzurri chiamati a imporre sul campo la superiorità costruita negli anni. Mandare a -5 i rivali di sempre (nonchè detentori del titolo) aveva lo stesso peso che oggi avrebbe ridurre il distacco a -3, che sarebbe un virtuale aggancio in considerazione della gara in meno dei rossoneri.

Tutti sappiamo poi com'è finita, un girone fa: il tanto annunciato derby spettacolare si è trasformato in un massacro, con l'emblematica scena di Leonardo che al 90' dice all'arbitro di non dare neanche un minuto di recupero. Altri tempi, altro Milan, altra storia.

Tra il derby d'andata e quello che tra cinque giorni andrà in scena, c'è stata tanta roba. Il solco scavato dai nerazzurri con le altre pretendenti lasciava pensare ad un altro campionato da sbadigli, avvincente solo per la lotta all'Europa e per la lotta salvezza: persa per strada la Juve, partita tardi la Roma, ad organizzare il golpe scudetto è rimasto solo il Milan, proprio quella squadra che più di altre aveva toccato il fondo per poi dar vita ad una vertiginosa risalita.

Sembra tutto pronto, per l'attentato al quinto scudetto nerazzurro. Leonardo e Galliani predicano calma e optano per il basso profilo, ma le armi sono pronte e affilatissime: gioco, spettacolo, gol a grappoli, allegria. Mourinho invece perde i pezzi, ha Eto'o in coppa d'Africa e un centrocampo da inventare: in condizioni del genere sbancò Genova con quella che forse è stata la migliore prestazione stagionale, ma la sua Inter adesso sembra in evidente difficoltà. E il megatrappolone-derby è lì, sempre più vicino.

Come un girone fa, come sempre quando si parla di derby, non ci sono favoriti ma paradossalmente a rischiare di più sono proprio i nerazzurri, primi in classifica ma troppo presto insigniti del titolo di campioni d'Italia. Il Milan si trova nell'invidiabile situazione in cui è chiaramente sfavorito da pronostici e valori tecnici (anche se ad analizzare bene la rosa di Leonardo, ha qualità da vendere), esattamente come quando soffiò all'ultima giornata lo scudetto alla Lazio di Eriksson, mentre i cugini da perdere hanno tutto, e anche di più. Un eventuale scivolone potrebbe avere contraccolpi importanti sulla stagione dei nerazzurri, non solo in chiave scudetto, ma anche in chiave Champions League: preparare l'impegno col Chelsea con uno scudetto quasi in tasca, sarebbe ben diverso dall'affrontarlo con il fronte-campionato più che mai aperto.

Insomma, i nerazzurri rischiano grosso, anche in considerazione di due fatti puramente statistici (ma anche oggettivi):

- gennaio è stato anche un anno fa il mese peggiore per Zanetti e compagni, che naufragarono pesantemente a Bergamo e scialacquarono punti in casa con Cagliari e Torino. E questa volta, al calo dell'Inter si contrappone la squadra più in forma del momento;

- il Milan ha vinto ha Torino, e mi sembra quasi inutile sottolineare cosa generalmente ha significato nel recente passato rossonero sbancare il campo della Juventus.

Forse la situazione che si è venuta a creare è in qualche modo simile a quella che due anni fa portò l'allora squadra di Mancini a giocarsi tutto a Parma: una convergenza di eventi che portò una squadra che sembrava indistruttibile a rischiare di ritrovarsi alla fine dei successivi 90' con in mano un pugno di mosche.

Anche quel giorno era tutto pronto per rovesciare il regime, con la vittoria come unica soluzione per spegnere i focolai di rivolta: mancano ancora cinque giorni, ma chissà se Mou inizia già a sentire "il rumore dei nemici"..

13 gennaio 2010

Milan, come è lontano il 29 agosto..

Partiamo da questo video:



Sentendo parlare Teocoli, sembra si stia discutendo di un'altra squadra, di un'altra serie A. E invece il video risale "solo" al 30 agosto 2009, dopo il derby d'andata che ha sancito forse il punto più basso della recente storia milanista, e in particolare della neonata gestione Leonardo.

Proprio altri tempi. Mentre il nuovo tecnico rossonero raccoglieva dissensi e faticava tremendamente per trovare la quadratura di un cerchio che di quadrare sembrava non volerne sapere affatto, l'altro "deb" Ferrara marciava alla grande alla guida di una Juve che invece sembrava pronta ad un'annata ricca di soddisfazioni. Teocoli afferma chiaro che secondo lui la leadership nerazzurra può essere messa in discussione solo dai bianconeri, che hanno comprato GRANDI GIOCATORI, mentre il suo Milan lo ha profondamente deluso e nel crescendo del suo sfogo invita Galliani e Braida ad andarsene, perchè ormai hanno fatto il loro tempo.

Nessuno ovviamente quel giorno poteva immaginare che dalle ceneri della squadra nata dopo l'addio di Kakà, Ancelotti e Maldini e fatta a pezzi dopo le prime uscite stagionali sarebbe potuto nascere qualcosa di positivo: troppe le variabili che rendevano il nuovo progetto Milan tutto fuorchè un progetto vincente. Il valore di Leonardo come tecnico, la probabilità di rivedere un Ronaldinho ad alti livelli, la tenuta fisica di Nesta, l'affidabilità di Thiago Silva, la scarsa reperibilità di esterni difensivi.

Leo se l'è vista brutta quando Bari, Livorno e Zurigo mortificavano il suo Milan e rendevano la sua posizione sempre più traballante, ma non si è dato mai per vinto e prova che ti riprova ha trovato, nella notte di Madrid, le prime risposte. Il 4-2-1-3 con cui il Milan si è presentato al Bernabeu sembrava perfetto per una disfatta, ma invece sappiamo tutti come è andata a finire: da lì, è partita la vera stagione del Milan, che ha toccato il suo apice nella vittoria di Torino, che probabilmente ha dato il colpo di grazia a Ferrara.

Leonardo aveva in mano del materiale da plasmare nel modo migliore possibile, cercando di trovare in casa quello che evidentemente la società non era intenzionata a fornirgli investendo sul mercato. E così ha fatto, ma per arrivare ad una formazione tipo quasi-definitiva è dovuto spesso andare per tentativi. In particolare, il problema degli esterni difensivi era quello più complicato da risolvere, vista la penuria di esterni d'attacco in rosa, e visto che l'ottimo Cissokho è stato prima preso e poi scaricato per problemi dentali che a quanto pare risiedono solo nella fervida immaginazione di coloro che hanno fatto sostenere al francese le visite mediche.

Accantonati Oddo e Jankulovski, disastrosi, e con Zambrotta a corrente alternata, la felice invenzione di Leo è stata riciclare un esterno destro di centrocampo con doti molto offensive come Abate in terzino di spinta, mentre dall'altro lato è stato rispolverato Antonini, tornato alla base dopo la gavetta in provincia. Con questa ventata di freschezza, adesso sulle corsie esterne c'è la spinta che il progetto del brasiliano richiede.

La variante introdotta a Torino del doppio mediano in mezzo al campo, con Pirlo a fare l'"1" del 4-2-1-3 davanti ad Ambrosini e Gattuso, può essere un importante correttivo ad un modulo che con il bresciano e Seedorf contemporaneamente in campo diventa obiettivamente un azzardo (i due non eccellono certo in quanto a dinamismo).

E mentre dietro  la coppia Nesta-Thiago Silva è sempre più una sicurezza, davanti Ronaldinho è tornato decisivo. Non è il giocatore ammirato a Barcellona, questo sia chiaro, ma è comunque tornato il fuoriclasse in grado di regalare numeri ed assist decisivi, e visto che dopo le prime settimane era stato già dato per finito è un bel passo avanti. La chiave del gioco offensivo rossonero è comunque Borriello: il lavoro del centravanti napoletano, fatto di fisicità e grande sacrificio oltre che di gol, è assolutamente fondamentale per il gioco del Milan, che in lui ha trovato il terminale offensivo ideale.

La domanda adesso è: questo Milan può davvero vincere lo scudetto? La cabala, dopo la vittoria di Torino, dice sì: le ultime due volte che il Milan ha battuto la Juventus a domicilio, ha poi vinto il tricolore.

A parte questo dato statistico, comunque, il Milan è certamente in gran forma ed ormai è rimasta l'unica rivale credibile dell'Inter nella lotta allo scudetto. La distanza di 8 punti, che potrebbe ridursi a 5 nel caso di vittoria dei rossoneri a Firenze nel recupero, non è incolmabile, ma come già ho detto nel post precedente sarà fondamentale vedere cosa succederà nelle prossime settimane: se il Milan confermerà lo stato attuale, e riuscirà soprattutto a rosicchiare altri punti pesanti ai cugini, allora questo campionato potrà davvero diventare avvincente.

Stamani sulla Gazzetta dello Sport nelle ultime pagine c'era la lettera di un lettore, tifoso milanista, secondo il quale "l'Inter ormai ha i giorni contati". Ricordo quella rubrica qualche mese fa, sommersa di lettere che avevano come argomento principale la critica a tutto ciò che è Milan: Galliani e Braida messi al rogo, Leonardo considerato inadatto e quindi da cacciare, e tante, tante lacrime per Kakà. L'esatto opposto di quello che è successo alla Juventus.

Oggi, di Kakà non parla quasi più nessuno, tutti sono con Leonardo e a quanto pare c'è chi vede già come cosa fatta il sorpasso in vetta alla classifica. Potenza del calcio, dove la memoria è labile e conta solo il presente, nel bene e nel male.

E poco importa se quello che ha detto il tifoso rossonero nella lettera sia o no esagerato: quel tifoso oggi sogna, mentre qualche mese fa probabilmente aveva anche perso la capacità di sognare. Come è lontano quel 29 agosto..

10 gennaio 2010

Pazza Inter? No, pazzo Siena!


E' ufficiale, il Siena per l'Inter è diventato un cliente indigesto. In una serata che per la capolista si prospettava tranquilla e dai rischi praticamente ridotti a zero, c'è voluto un mezzo miracolo per salvare l'imbattibilità interna di Mourinho e per proseguire la marcia verso lo scudetto.

Il calcio come sempre sfugge ad ogni logica, e così avviene che nel più classico dei testacoda sia la prima in classifica (nonchè miglior attacco della serie A) a vacillare pesantemente, messa sotto sul piano del gioco dal fanalino di coda Siena (nonchè peggior difesa del campionato), che solo tre giorni prima aveva preso cinque pere in casa nel derby contro la Fiorentina.

Ma il Siena, dicevamo, all'Inter è recentemente indigesto. I nerazzurri coi toscani non hanno mai perso, intendiamoci, ma non hanno mai avuto vita facile. Il primo scudetto di Mancini, vinto proprio a Siena, non fa testo tanti erano i punti di vantaggio sulla Roma, mentre tutti ricorderanno il pari interno firmato da Kharja che due anni fa per poco non faceva andare a Moratti di traverso il tricolore, poi arrivato nel diluvio di Parma.

Tante le polemiche per la vittoria di fine 2008, firmata da un gol in fuorigioco di Maicon, tanto l'amaro in bocca per Malesani dopo la sconfitta incredibile maturata ieri sera. L'attacco pesante del tecnico veronese all'arbitraggio lascia comunque il tempo che trova: il suo Siena meritava di uscire da San Siro con almeno un punto, ma Peruzzo non c'entra molto.

La punizione trasformata abilmente da uno Sneijder monumentale è un capolavoro balistico, e chiedersi se la punizione ci fosse o meno lascia il tempo che trova. Come prendersela per un calcio d'angolo inesistente da cui nasce un gol, o per i più audaci per una rimessa laterale invertita.

L'Inter ieri ha vinto semplicemente perchè, nel caos generale creato per l'assalto finale, è riuscita a imbroccare le due giocate decisive, senza mai mollare anche quando tutto sembrava ormai definitivamente perso. Il 4-1-5 finale di Mourinho è una follia tattica, ma alla fine il gol di Samuel ha reso il tecnico portoghese da folle un mezzo stratega. La fortuna rientra nelle variabili del gioco, e a quanto pare all'uomo di Setubal non fa difetto.

Guardando comunque al di là del risultato, resta la prestazione assolutamente insufficiente dei nerazzurri, incapaci di far gioco ed in preda a numerose amnesie difensive che sarebbero potute costare carissime.

Senza Cambiasso, Chivu, Eto'o, Balotelli, con Thiago Motta sempre più deludente, Maicon involuto e con Stankovic infortunato a metà gara, l'Inter si è trovata priva di punti di riferimento, e un Siena mai domo è arrivato davvero ad un passo dal colpaccio della vita. Un Maccarone da antologia (anche lui quando vede nerazzurro si infervora), l'interessante Ekdal (di proprietà della Juve) e il redivivo Reginaldo hanno messo a ferro e fuoco la retroguardia della capolista, priva del filtro dei centrocampisti e che dal lato di Quaresma (tornato inguardabile) lascia autostrade impressionanti.

Primo gol: Maccarone si fa in beata solitudine 30 metri di campo, poi lascia partire un missile su cui Julio Cesar è incolpevole. Secondo gol: Ekdal raccoglie un cross, tutto solo in mezzo all'area, e segnare lì è un gioco da ragazzi. Terzo gol: idem come sopra, Maccarone a rimorchio segna tutto solo sul cross. Insomma, una galleria degli orrori, mascherata dal rimontone finale che rievoca l'appellativo di "pazza Inter", anche se di davvero pazzo c'è stato soprattutto il Siena.

E' opinione comune che se i nerazzurri vincono gare così, allora per lo scudetto non c'è proprio nulla da fare. Io personalmente mi stacco da questo coro, perchè oltre alla banale considerazione sul numero di partite da giocare (19, cioè tantissime) c'è da considerare che se il Milan riuscirà a sbancare Torino e Firenze sarà comunque sempre a cinque punti, con lo scontro diretto in programma tra due settimane.

Ecco, diciamo che il derby potrà essere lo spartiacque del campionato, a prescindere da come andranno i prossimi impegni di Milan e Juventus: se il distacco dovesse rimanere importante, magari a due cifre, allora forse il campionato sarebbe davvero in agonia.

Chiudo con un appunto sul Milan, squadra che sta riscuotendo sempre più consensi per il bel gioco espresso e per la capacità di produrre calcio secondo una filosofia tutta nuova portata da Leonardo. Dire che il Milan è più squadra dell'Inter, che merita lo scudetto più dell'Inter (cosa che ho letto qua e là) è per il momento una cosa che lascia davvero il tempo che trova: non dimentichiamoci che prima di passeggiare sul folle Genoa colabrodo visto a San Siro, i rossoneri presero una sonora lezione dal Palermo e vinto anch'essi partite piuttosto fortunose (vedi Catania). Così come non vanno dimenticate le prestazioni dell'Inter contro il Palermo, il Genoa, la Fiorentina e soprattutto il derby d'andata: ok, era un'altro Milan, ma la differenza imbarazzante vista quella sera dovrebbe essere un punto di partenza per qualsiasi valutazione.

09 gennaio 2010

Sangue sulla coppa d'Africa, 3 morti nell'attentato al bus del Togo



Un pullman di una nazionale africana viaggia verso l'Angola, sede della Coppa d'Africa 2010. Saltano fuori dei commandos, per quella che è un'imboscata in piena regola: in 20 minuti partono numerose raffiche di colpi, e si consuma una tragedia di proporzioni spaventose.

Tre morti e nove feriti, questo il bilancio dell'agguato. L'autista del pullman della squadra, l’allenatore in seconda Hubert Velud e l’addetto stampa non ce l'hanno fatta. Kodjovi Obilalé, portiere, sarebbe stato trasferito in Sudafrica in condizioni gravissime. A rivendicare l'attentato è stato il Fronte di liberazione dell’enclave di Cabinda (Flec).



Il Governo del Togo, dopo l'accaduto, ha ritirato la squadra dalla manifestazione, che a quanto pare verrà disputata nonostante tutto. Intanto però serpeggia la paura, e alcuni dei club che detengono i cartellini dei calciatori impegnati nella rassegna iniziano a chiedere il rientro dei propri tesserati (l'Udinese ha già chiesto il rimpatrio di Asamoah).

Assurdo che nel 2010 ci siano ancora Paesi ridotti a teatri di guerriglia e guerre civili. Assurdo come tante delle cose che accadono nel continente africano, dove si muore per poco e vivere è un privilegio più che un sacro diritto.

Andrebbe fermato tutto, questa coppa d'Africa già sporca di sangue rischia di costituire un serio pericolo per nuovi possibili attentati. E intanto, in attesa di nuovi sviluppi, l'Africa piange la morte di tre uomini e la vergogna di un fratricidio che va avanti da troppo, troppo tempo.

Panchine roventi, è quasi record!


Siamo quasi al giro di boa di questo campionato, diciotto giornate sono già state giocate e quella che completerà il girone d'andata si giocherà a partire da domani pomeriggio. Tempo per confutare o confermare pensieri e opinioni ce n'è, ma per adesso può essere interessante puntare il dito su un aspetto abbastanza importante di questo primo scorcio di stagione: l'instabilità delle panchine.

Intendiamoci, quelle dove siedono abitualmente i vari Quaresma, Del Piero, Gattuso e compagnia bella non hanno nessun problema, ci stanno comodissimi e visti i risultati ottenuti quando si sono alzati non c'è ragione per la quale non debbano continuare a starci seduti per ancora diverso tempo.

A traballare e risentire del surriscaldamento globale più del dovuto sono invece le panchine dei tecnici, mai come quest'anno alle prese con presidenti dall'esonero facile e tifoserie costantemente sul piede di guerra. Diciotto giornate, già dieci cambi di guida tecnica: un'enormità, e considerando che il numero potrà solo aumentare il rischio di battere il record fissato nel '52 (12 panchine saltate e 15 cambi complessivi di guida tecnica) è alto. In attesa di battere questo invidiabile record siamo comunque primi in Europa in quanto ad esoneri effettuati, mica male.

L'esonero di un allenatore (o comunque la separazione, che può avvenire anche con le dimissioni del tecnico) non sempre è la panacea di tutti i mali della squadra, o almeno così si dice. La verità è che non c'è un copione
ben preciso, perchè ogni situazione è a sè stante e le problematiche possono essere differenti.

Prendiamo Roma e Napoli: apatiche e in piena crisi di identità sotto la guida di Spalletti e Donadoni, vispe e di nuovo competitive con Ranieri e Mazzarri. Questi ultimi di certo non possiedono la bacchetta magica, ma hanno avuto il grosso merito di rivitalizzare due ambienti che avevano bisogno di una scossa importante. Risultato: il Napoli è quarto, la Roma lo sarebbe se non si fosse suicidata a Cagliari.

Il ciclo di Spalletti a Roma era già terminato la scorsa stagione, quello di Donadoni a Napoli non è probabilmente mai iniziato: le due società hanno commesso l'errore di continuare con loro, e i ribaltoni susseguenti, a quel punto necessari, non hanno fatto altro che sottolineare questo errore. Un pò come quando Moratti, anni fa, tenne controvoglia Simoni che gli aveva regalato l'Uefa, salvo poi esonerarlo dopo qualche mese (con tutto ciò che questo comportò nella stagione dell'Inter): la differenza è che qui se non altro c'è un progetto coi nuovi tecnici, mentre in quel caso la panchina fu affidata a Lucescu, il che è tutto dire.

Anche a Livorno la medicina Cosmi ha portato finora effetti che fanno ben sperare. Il tecnico umbro, chiamato per sostituire Ruotolo, ha portato la squadra dall'ultimo posto al quart'ultimo, ed oggi i toscani sarebbero salvi. Anche qui, nonostante Cosmi sia stato definito da Mourinho "Mago Merlino", è forte la sensazione che il progetto precedente non avesse basi molto solide.

A Udine i conti di Pozzo "non tornano", e così il patron friulano per farli tornare caccia Marino e prende De Biasi (che si è preso subito due sberle a Bari). Già un anno fa la separazione era sembrata vicinissima, dopo lo sfolgorante inizio dei bianconeri seguito dai due mesi senza vittorie, poi tutto rientrò e la squadra si riprese. Forse qualcosa nei rapporti col tecnico si era rotta negli ultimi tempi, certo è che un'avvicendamento del genere lascia parecchio perplessi.

Bologna, Catania, Atalanta e Siena, ultime quattro della classifica, hanno tutte cambiato allenatore (i nerazzurri sono già al terzo cambio, dopo le dimissioni di Conte), ma finora a parte la bella risalita della squadra di Mihajlovic (che già l'anno scorso partì bene a Bologna) si fatica a trovare dei veri benefici apportati dal cambio di guida tecnica.

Insomma, sulle panchine è un vero delirio. E intanto già si guarda alle prossime possibili vittime di quello che sembra sempre più un reality show: Ferrara per ora si è salvato vincendo a Parma, ma la sua posizione rimane ancora critica, mentre Ballardini non può ancora dirsi fuori dall'occhio del ciclone dopo il periodo nero della sua Lazio. E poi chissà, c'è sempre uno Zamparini pronto a far saltare il suo allenatore del momento: Rossi sta facendo bene a Palermo, ma stia attento, potrebbe bastare veramente poco a fare la stessa fine del povero Zenga.

01 gennaio 2010

Sondaggi Blog nel pallone: fiducia a Milan e Fiorentina


Si è concluso il sondaggio bisettimanale avente come argomento i possibili esiti degli ottavi di Champions League delle italiane rimaste ancora in gara.

Per i lettori di questo blog, nessuna o comunque pochissime chances per l'Inter di Mourinho, alle prese con il Chelsea di Ancelotti. Schiacciante la percentuale che vede i nerazzurri fuori dalla competizione: 80%, contro il 20% fiducioso invece nella qualificazione dei campioni d'Italia. La fisicità straripante, il grande carattere e la recente tradizione in campo europeo degli inglesi, congiuntamente allo scarso appeal europeo dell'Inter morattiana costituiscono ingredienti sufficienti per giustificare una maggioranza così netta.

Sorti molto diverse quelle riservate dai lettori del blog a Milan e Fiorentina: nell'equilibrio generale, le due italiane sono entrambe prevalse su Manchester e Bayern. Il 58% dei votanti vede la squadra di Leonardo vittoriosa nel confronto contro i Red Devils di Ferguson, mentre il 55% ritiene che a spuntarla nello scontro tra i viola e il Bayern di Van Gaal sarà proprio la squadra di Prandelli a passare il turno.

Certo è che visti i sorteggi nati dall'urna di Nyon, e vista la posizione di inferiorità che occupiamo nei confronti delle altre grandi d'Europa, avere due squadre nei quarti di finale sarebbe già un grande risultato. Staremo a vedere come arriveranno i nostri al triplo scontro: credere nel colpaccio d'obbligo, ma sarà davvero dura.