31 ottobre 2010

Grande Juve, o piccolo Milan?

 
Sinceramente, non credevo che la Juventus avrebbe potuto portare via da San Siro più di un punto, questa sera. E quando è arrivata la notizia del forfait di Chiellini, fattosi male nel riscaldamento prepartita, la convinzione che stesse per cominciare una serata a forti tinte rossonere è cresciuta ulteriormente. Mi sbagliavo, come avete potuto vedere.

Una Juve incerottata, senza Krasic (a proposito, vorrei capire che complotto ci sia dietro la squalifica del serbo: ha fatto una vaccata, tutto qua) e con una formazione praticamente inedita ha invece sfoderato una prestazione tutta corsa e sostanza, mostrando un'organizzazione e una compattezza sufficienti per mandare in tilt il bluff rossonero. Già, perchè ormai le carte sono scoperte, ed è inutile continuare a parlare del potenziale offensivo di Allegri: contro squadre che si difendono bene e impongono un ritmo alto alla gara, il Milan soffre maledettamente, e questa non è una novità di oggi.

Delneri se l'è giocata proprio bene stavolta. Preso atto del fiume di assenze, ha impostato una sorta di 4-1-4-1 con esterni alti Martinez e Quagliarella: visto il sacrificio dei due, il modulo è risultato funzionale al progetto di diventare un 4-3-3 in fase di attacco e ripiegare quando il Milan saliva. Il pressing costante, e il grande lavoro di un Felipe Melo finalmente su livelli altissimi e di Marchisio hanno permesso ai bianconeri di mettere su uno per uno i mattoncini di una vittoria che può significare tantissimo, proprio perchè ottenuta in modo limpido, e in condizioni complicatissime. Sulla carta Del Piero doveva essere un elemento isolato lasciato al proprio destino là davanti: così non è stato, e Pinturicchio ha timbrato il gol del 2-0, scavalcando Boniperti e diventando il bomber principe della storia della Juventus. Insomma, per il tifoso bianconero, una serata magica che fornisce nuova linfa alle speranze mai sopite di chi vorrebbe vedere la propria squadra lottare per il tricolore.

Non sarà contento invece il tifoso rossonero, e ne ha ben donde. Il Milan visto stasera avrebbe potuto anche pareggiare, ma quello che sconcerta è l'assoluta approssimatività della manovra di squadra, che non sembra avere un copione ma andare a tentoni cercando il colpo del singolo là davanti. Considerando che Leonardo è stato spinto all'allontanamento perchè secondo Berlusconi "non faceva giocare bene il Milan", direi che Allegri a confronto sta facendo molto, molto peggio, con un materiale umano decisamente superiore a quello a disposizione del brasiliano.

Anche il Milan contava delle defezioni in difesa, va detto. E considerando cosa sono stati capaci di combinare Sokratis e Antonini dietro, magari avere Thiago Silva sarebbe stato meglio. Fatto questo appunto, non cambia comunque la sostanza: questo Milan va avanti alla meno peggio, senza uno straccio di gioco, e più passa il tempo più sembra che l'unico schema sia "palla a Ibra, e incrociamo le dita" (adottato dall'Inter di un paio d'anni fa, ma con una rosa leggermente differente).

Pato? Un caso: un fantasma a Madrid, un fantasma oggi. Il centrocampo rossonero? Un altro caso. Pirlo ormai ogni stagione arretra di un metro, ed è diventato un onesto gregario con licenza di lanciare sempre e comunque, riducendo al minimo sindacale le giocate da fuoriclasse che possiede nel repertorio. Accanto a lui, Boateng e Gattuso sembrano la scelta di Allegri, ma è poca roba: e paradossalmente, oggi ho visto il Ringhio rossonero addirittura impostare, come se lui e Pirlo si fossero scambiati i ruoli. L'Ambrosini dell'anno scorso manca parecchio a questa squadra, del resto Seedorf oggi appena entrato è riuscito a sbagliare il 110% delle palle giocate, giusto per non mettere in difficoltà il suo allenatore.

E' un Milan che fatica a trovarsi e a trovare motivazioni per più di una gara, mentre dall'altra parte c'era una squadra che pian piano sta trovando la sua quadratura e i suoi equilibri, assieme alla voglia di vincere che sembrava aver smarrito negli ultimi tempi. Risposta semplice, quindi: stasera è stata grande Juve, ma anche un piccolo Milan.

22 ottobre 2010

Un uomo solo..


Che questa Roma non fosse al pari di Inter, Milan e le altre grandi d'Europa, lo dico dall'inizio della stagione e non voglio aggiungere altro che non abbia già detto qualche giorno fa riguardo la squadra giallorossa e il suo reale valore.

Voglio però puntare il dito ancora su Ranieri, e giuro, non ce l'ho con lui. Che la squadra non lo segua più mi sembra quasi evidente, così come è evidente che questo gruppo aveva e avrebbe ancora bisogno di un rinnovamento che il solo innesto di Borriello non basta a qualificarlo come tale.

Lui però continua a commettere errori, conscio probabilmente del fatto che della squadra che arrivò a mezzo millimetro dallo scudetto sono rimaste solo macerie. E le sue dichiarazioni sembrano scrivere dei titoli di coda che forse non sono andati ancora in onda soltanto per la delicata situazione societaria che coinvolge la proprietà giallorossa.

Il Basilea arriva all'Olimpico, saccheggia e se ne torna in Svizzera inchiodando ancora una volta il testaccino alle sue responsabilità: condizione fisica inesistente, gente che passeggia in campo, e aria di maretta in uno spogliatoio che pochi mesi fa era compatto come pochi.

Tinkermann va in sala stampa nel dopo-partita, e cosa fa? Prende le distanze dalla squadra. "Non abbiamo la rabbia dell'anno scorso", "Non riusciamo ad avere motivazioni per più di una partita", e poi la bordata in stile Lippi quando parlò dei famosi calci in culo ai suoi giocatori dopo la sconfitta all'esordio della stagione 2001.

Ranieri non parla di percosse ai suoi giocatori, ma si lascia andare ad una frase che per come la vedo io è da esonero a prescindere da tutto il resto: "Io chiedo spiegazioni ai miei giocatori, ma loro non sanno darmi risposte". Vale la pena parafrasare una dichiarazione del genere? Non credo, è fin troppo ovvio cosa volesse dire il tecnico giallorosso.
E già nel recente passato la schermaglia con Borriello (che diceva di non essere stanco, nonostante il tecnico lo avesse sostituito con quella motivazione) e la dichiarazione sulla "figura che trama nell'ombra" aveva fornito una piccola indicazione su che aria tiri a Trigoria. C'è poco da fare, servono motivazioni nuove e una scossa bella forte, che un Ranieri nel marasma più totale difficilmente potrà dare, specie adesso che pare proprio essere rimasto solo con la sua confusione.

13 ottobre 2010

Ha vinto lui.

Ivan "l'incappucciato" (Foto Gazzetta)
Vergogna. Alla faccia della tessera del tifoso, a quanto pare in uno stadio di calcio è ancora possibile introdurre motorini, tronchesine, petardi e chi più ne ha più ne metta. Poi poco importa se quando andavo io allo stadio con 38 gradi all'ombra, portandomi una legittima bottiglietta d'acqua di plastica per non finire disidratato, mi facessero togliere il tappo perchè potenziale arma atomica.

Arrivano tizi come questo e si rischia di scrivere una delle pagine più nere della storia dello sport. Già nera lo è stata, ma se non altro non siamo qui a parlare di tragedie e stragi in stile Heysel. Consoliamoci con questo, nella tristezza generale di una notte folle e quasi irreale. E da ieri sera un idiota che già la foto è sufficiente a descrivere in maniera esauriente, è una celebrità e probabilmente nella sua miserabile vita la sua impresa sarà una sorta di fiore all'occhiello da custodire con cura.

L'unico che esce vincitore da questa serata è lui, che ha raggiunto il suo scopo. Per il resto, voltiamo pagina che forse è la cosa migliore.

11 ottobre 2010

Kakà, più Milan che Inter: ma serve davvero?

Kakà nella notte perfetta di Manchester: tornerà in Italia?
Fa un gran parlare negli ultimi tempi la notizia di un possibile ritorno in Italia di Kakà, che dopo una finora infelice parentesi nel Real Madrid di Pellegrini prima e di Mourinho poi potrebbe decidere di fare marcia indietro tornando nel Paese che lo ha reso il fuoriclasse da tutti conosciuto e nel quale ha vinto tutto ciò che era possibile vincere a livello di club.

All'inizio si è parlato insistentemente di Inter, adesso sembra invece che se il brasiliano tornerà in Italia lo farà per vestire nuovamente la maglia rossonera: in entrambe le possibilità, ci sono diverse situazioni che dovranno accadere affinchè l'affare possa trasformarsi da operazione di fantacalcio a concreta pista di mercato per gennaio.

Partiamo parlando del Kakà calciatore oggi, depurando per un secondo la sua storia fatta di successi griffati dalle sue prodezze e di un pallone d'oro vinto a mani basse per aver di fatto vinto una Champions League da solo, con una squadra che viveva del suo estro infinito e delle sue accelerazioni inarrestabili. Oggi Ricky è un calciatore reso "normale" dalla pubalgia cronica che lo attanaglia ormai da tempo, non ha brillato nel suo primo anno a Madrid (dopo esservi approdato per una cifra folle, superiore ai 60 milioni di euro) e nel nuovo Real di Mourinho sembra essere un lusso, visti gli arrivi di Ozil, Di Marìa, Pedro Leòn, Canales a completare una batteria offensiva già composta da Ronaldo, Higuain, Benzema. Normale che nella capitale iberica si provi a battere qualche pista per la cessione del brasiliano, e in tal senso gli spifferi che arrivano da Milano non possono più essere considerati solo panzane giornalistiche: qualcosa di reale deve esserci.

L'Inter in tal senso pare una pista ormai tramontata, anche se certamente la voglia di vestire di nerazzurro un'ex rossonero è stata ed è ancora tanta: l'acquisto di Kakà sarebbe la risposta di Moratti a chi ha gli ha inflitto dolorosi colpi al cuore prendendo nell'ordine Pirlo, Seedorf, Vieri, Ronaldo e in ultimo Ibrahimovic. Il punto è: tatticamente, servirebbe Kakà all'Inter? La convivenza con Sneijder sarebbe molto complicata, a mio parere, e i due finirebbero col togliersi spazio a vicenda perchè nel 4-2-3-1 di Benitez uno andrebbe a finire in fascia (presumibilmente il brasiliano), e non so quanto un Kakà esterno destro possa servire a un'Inter che se proprio dovesse pescare dal supermarket del Real, dovrebbe farlo prendendo Benzema. Giovane, tecnico, potenzialmente una forza della natura: col Milito di oggi, meglio tutelarsi.

Capitolo Milan. Si sa che la società rossonera è molto incline ai sentimentalismi, e certamente il fuoriclasse col numero 22 sulle spalle non è stato mai dimenticato: nelle immagini dei tifosi e di Galliani sono ancora impresse le giocate di un calciatore preso a quattro soldi, esploso subito al punto da mettere in ombra gente come Rivaldo e Rui Costa e artefice principale dei recenti successi del Diavolo di Ancelotti.

Il ritorno di Kakà passerebbe per l'eventuale addio di Ronaldinho, che sembra possibile visto che se in serie A camminare per il campo non è possibile, negli States a quanto pare sì, e per farlo pagherebbero anche profumatamente. Intendiamoci, Dinho è un giocatore ancora oggi delizioso, ma solo in gare nel quale il suo fancazzismo non diventa molesto per la sua stessa squadra: insomma, contro squadre che vanno a cento all'ora, l'80 rossonero diventa, mischiato a Seedorf, una mistura letale. E visto il faraonico stipendio che percepisce, direi che per il Milan mandarlo a fare la foca a Los Angeles diventa non solo una possibilità, ma una necessità economico-tattica.

Il problema è: prendere questo Kakà a 35 milioni (da dare subito, o dilazionati in stile operazione Ibrahimovic poco cambia) aggiunge realmente qualcosa a questo Milan? Se il problema pubalgia è cronico, considerando che il brasiliano vive delle sue accelerazioni e dei suoi cambi di passo, il rischio è di prendersi indietro lo stesso pacco rifilato al Madrid, ovvero un campione con seri problemi fisici che ne condizionano pesantemente il rendimento riducendolo ad un calciatore, come detto prima, normale. E a quelle cifre, milione più, milione meno, ti porti a casa a fine anno Pastore, che in prospettiva può essere il Kakà dei giorni nostri e, particolare rilevante, è intatto e affamato al punto giusto. Senza contare che anche a livello di spogliatoio e di ambiente in generale il suo reinserimento sarebbe tutto da valutare, perchè le due parti non è che si siano lasciate benissimo.

Chiaro che se stessimo parlando di un Kakà integro e privo di acciacchi fisici il discorso sarebbe completamente differente. Un calciatore di quel livello servirebbe a tutti, Inter, Milan, Manchester City, United e Chelsea. E, per inciso, mi fa ridere chi addirittura recentemente ha bollato il brasiliano come un sopravvalutato, quando è stato evidente che ultimi due anni a parte abbiamo assistito ad un fuoriclasse come pochi, capace di risolvere da solo una gara: mi chiedo se questi tizi hanno qualche problema con la memoria a lungo termine, ma in ogni caso è un problema solo loro. Kakà è stato un fuoriclasse straordinario, ma prenderlo oggi a cifre importanti è un azzardo bello e buono.

Probabilmente ne sapremo di più nel periodo che seguirà Real-Milan (19 ottobre), anche se alcune fonti personali, che ritengo abbastanza autorevoli, mi hanno confermato che la trattativa per il ritorno del brasiliano al Milan è avanzatissima e che l'affare probabilmente si farà. Staremo a vedere, per il momento non prendo la notizia come oro colato ma mi limito semplicemente a valutare la possibilità per quella che è: certo è che con le elezioni politiche possibili nella prossima primavera, diciamo che il regalino Kakà acquisterebbe nuovi significati che ad oggi viene difficile trovare.

04 ottobre 2010

Borriello, Ranieri ed un'ambiente sull'orlo di una crisi di nervi

Foto adnkronos.it
Stavolta, il buon Marco l'ha sparata davvero grossa. Sarà stata la delusione per la sconfitta e la sostituzione (va di moda, in questa epoca di fenomeni, lamentarsi per l'operato del tecnico), ma lo sproloquio di Borriello a fine gara sembra opera di un cabarettista, più che di un calciatore dotato di raziocinio.

"Ranieri all’inizio parlava di 4˚-5˚ posto? Lui è esperto e dice ciò che vuole,ma penso che la squadra come rosa sia una delle più forti d’Europa, ai livelli di Chelsea, Barcellona, Inter e Bayern". Bè, qualcuno spieghi adesso al centravanti che lui non è Drogba, che questo Totti non è Messi, che Burdisso non è Lucio e che Pizarro non è Xavi. E magari anche che Cassetti non è Dani AlvesMaicon. Insomma, qualcuno gli spieghi che almeno su quello, il suo mister ha ragione quando parla di quarto posto.

Colpa forse dei proclami di inizio stagione, dove i giallorossi dopo il colpo dell'ultima giornata di mercato e dopo essere riusciti a mantenere l'ossatura che pochi mesi fa andò a un millimetro dallo scudetto furono inseriti di diritto tra le favoritissime per lo scudetto. Insomma, secondo giornali e tifosi è bastato inserire un Borriello per colmare il gap con l'Inter e per partire alla pari con le migliori d'Italia e d'Europa.

Per carità, l'ex milanista è un grande attaccante e certamente un valore aggiunto, ma non credo sia superiore a Vucinic e quindi il suo innesto dà sicuramente altre opzioni là davanti, ma non risolve certo le magagne dietro, dove la situazione è drammatica. I giallorossi hanno fatto carte false per riportarsi a casa Burdisso, dopo la discreta stagione scorsa, e tutto quello che si ricorda della stagione del difensore argentino è l'attentato al ginocchio di Conti, aperto come una cozza. Juan è l'unico difensore di livello dei giallorossi, e comunque farebbe la panchina in un top team di quelli citati da Borriello. Così come il mediocre Cassetti e lo stesso Riise, elevato ad autorità della fascia mancina, ma per cui sostanzialmente vale lo stesso discorso fatto per Juan.

E poi c'è la variabile Ranieri. Il tecnico romano in questo inizio di stagione ha sbagliato tutto quello che poteva sbagliare, trovando solo una provvisoria fase di tranquillità dopo le due vittorie con Inter e Cluj: vittorie considerate come "scacciacrisi", ma che chi ha visto le due partite invece si sarà reso conto di come siano arrivate, e cioè al 90' di una gara inguardabile (Inter) e soffrendo maledettamente un avversario mediocre che per tutta la partita ha fatto a pugni coi pali e le traverse.

Sembra che a Ranieri stia succedendo quello che anni fa successe a Cuper con l'Inter. Dopo aver buttato uno scudetto nel water, anzichè trarre slancio per ripartire la squadra subì un'involuzione anche per le scellerate manovre del suo timoniere, finendo poi alla deriva l'anno dopo con l'esonero del tecnico dopo sole 5 giornate. A "Tinkermann" Ranieri (così lo chiamavano in Inghilterra, "il pasticcione") potrebbe bastare molto meno, visto che siamo già nel marasma totale: mugugni dei calciatori più rappresentativi, sostituzioni fantasiose, confusione tattica e la sensazione che la squadra ormai non lo segua più.

Nel naufragio di Napoli, il tecnico di Testaccio ne ha combinate di tutti i colori: cambio di modulo iniziale, con passaggio ad un 3-4-1-2 quasi speculare a quello del Napoli (che in quel modo ci gioca da una vita), inserimento in corsa di un altro centrocampista al posto di Menez (umiliato dall'ennesimo cambio), terminando con la perla della sostituzione di Borriello, lasciando in campo un Totti completamente inutile. Risultato: il Napoli dilaga, Borriello smentisce nel post-partita la motivazione per cui Ranieri diceva di averlo sostituito ("era stanco"), e la fiducia nel tecnico è ormai ai minimi storici.

Fantastica la dichiarazione dello stesso tecnico, che dice: "Non riusciamo a trovarci". Bè, se magari evitasse di combinare danni, forse sarebbe anche più semplice. Perchè questa Roma sicuramente non è al livello di Chelsea e Barcellona, ma neanche da penultimo posto in un campionato che avrebbe dovuto vederla come protagonista.

01 ottobre 2010

Inter, come su una montagna russa..


Dopo Inter-Bari era un'Inter stellare che, sentendo diversi pareri "autorevoli", "giocava già meglio di quella di Mourinho" (Mauro dixit). Lo scivolone di Roma ha azzerato il contatore degli applausi a scena aperta, facendo ripartire quello delle critiche a posteriori, ovvero le critiche che sempre i soliti esperti snocciolano solo dopo che la gara è andata in un certo modo. Adesso, dopo il 4-0 rifilato dai nerazzurri al Werder Brema, riecco la beatificazione del lavoro di Benitez, l'esaltazione del collettivo, l'elevazione della squadra nerazzurra a schiacciasassi indistruttibile.

Bè, direi anche basta adesso, perchè a furia di fare su e giù da una montagna russa poi un pò di voltastomaco viene a tutti (e questo è un discorso ampiamente generalizzabile ad altre squadre). Non era certo il poker rifilato al Bari a consegnare le chiavi dello scudetto a Benitez, così come la sconfitta di Roma pur essendo figlia di una prestazione scialba è pur sempre arrivata per effetto della giocata di un campione a tempo scaduto, al termine di 90' in cui di calcio se ne era visto veramente poco e lo 0-0 sarebbe stato la perfetta istantanea dell'andamento del match.

La vittoria straripante di ieri contro un modesto Werder infarcito di riserve è stata una grande prova di forza, ma non può e non deve rappresentare un test attendibile per giudicare se davvero questa Inter ha imboccato la strada giusta. Le vittorie aiutano, chiaramente, ma ci sono cose su cui sarà importante continuare a lavorare per offrire di nuovo un prodotto vincente.

Innanzitutto, il reparto offensivo. Pare strano parlare di questo dopo un 4-0, ma l'Eto'o show non può far passare in secondo piano il fatto che, tolti il camerunese, Milito e Pandev, le alternative si chiamano Coutinho e Biabiany: giovani interessanti, di prospettiva (specialmente il primo, per cui stravedo), ma ancora acerbi su palcoscenici che via via si faranno più grandi e importanti. E poichè Benitez sembra intenzionato a perseguire sulla strada del 4-2-3-1, appare chiaro come ad oggi il potenziale offensivo di questa Inter del dopo-Balotelli sembra essere inferiore a quello dell'Inter prenditutto della scorsa stagione. Inoltre, Milito ancora fatica a ritrovarsi, mentre Pandev è ancora troppo intermittente e discontinuo. La domanda è: si potrà campare di solo Eto'o? Per adesso pare di sì, alla lunga certamente no.

Altro tallone d'Achille della squadra nerazzurra è il terzino sinistro: il Chivu di oggi è in evidente difficoltà, con Santon ancora in recupero e Zanetti out per infortunio. Il romeno l'ho sempre considerato un centrale, adattabile a sinistra ma pur sempre un centrale: il mercato non offriva tantissimo (eccetto Bale, quasi inarrivabile), e così il problema non è stato risolto, ma solo rattoppato.

In generale, la difesa che un anno fa impressionò per la sua solidità granitica soffre ancora di amnesie che fanno venire i brividi (vedi il quasi 0-1 di Hugo Almeida ieri sera). E gli infortuni piovono: Samuel prima, Lucio adesso, entità tutte da stabilire con alternative che rispondono al nome di Cordoba e Materazzi. Quel Ranocchia, posteggiato a Genova almeno fino a gennaio, avrebbe fatto parecchio comodo a Benitez.

A centrocampo, non si è ancora visto il vero Cambiasso, Motta continua a essere ai box per infortunio, mentre Stankovic sta fornendo ottime prestazioni nonostante lo scetticismo generale. Mariga e Muntari sono le riserve di un reparto che manca di un innesto importante: finora, i due africani hanno offerto prestazioni deludenti, e ad alti livelli sembrano decisamente impresentabili.

E' una squadra competitiva, questa Inter. Tuttavia, presenta delle problematiche già evidenziate dopo la Supercoppa, sulle quali Benitez dovrà lavorare parecchio. Siamo comunque ancora ad ottobre, ed è presto, troppo presto per emettere giudizi sia in positivo che in negativo. Le squadre sono ancora in rodaggio, e l'Inter non fa certo eccezione: a Benitez il compito di tirare fuori il meglio dal materiale umano a disposizione, per cercare di entrare nel cuore dei tifosi come già fecero Mancini prima e Mourinho poi.

Domenica c'è Inter-Juventus: chi farà un altro giro sulla montagna russa?