21 dicembre 2009

Uomini sull'orlo di una crisi di nervi..


La striscia nera continua, e sembra quasi uno scherzo della sorte il fatto che l'unica vittoria bianconera nelle ultime sei gare sia arrivata proprio contro l'Inter. Un fiore nel deserto aridissimo che ha mandato a gambe all'aria quel "progetto" che doveva essere la base della rinascita bianconera.

I dirigenti si riempivano la bocca di questa parola e di tutti i suoi possibili sinonimi, e nel frattempo stava per andare in scena quel grottesco spettacolo che è diventato la stagione bianconera, a cui anche il più equilibrato dei sostenitori reagirebbe facendosi venire un esaurimento nervoso o un attacco di bile acuta.

Ciro Ferrara è un uomo sull'orlo di una crisi di nervi. Che questa dirigenza sia o meno con lui anche dopo il ko interno col Catania, poco importa: è comunque un uomo solo. La squadra non lo segue più, e gioca con quella rassegnazione che contraddistingue la fase del "capolinea" di una guida tecnica.

La frase pronunciata dal tecnico (non si sa ancora per quanto) bianconero nella conferenza prepartita è il chiaro segnale di un uomo nel marasma più totale: "Se giocheremo sempre come a Bari, non perderemo più". Che equivale a dire "a Bari abbiamo fatto un partitone, ma siamo stati sfortunati": che ci credesse davvero, o volesse dare solo degli alibi ad una squadra ormai fragile, la frase suona comunque come un segnale di totale smarrimento della bussola. I motivi per cui credo sia necessario cambiare li ho discussi qualche giorno fa, e oggi come allora credo che tenere Ferrara alla guida tecnica della squadra sia solo controproducente, ma a quanto pare non ci sono novità immediate all'orizzonte.

Lo striscione "DILETTANTI ALLO SBARAGLIO" comparso oggi durante la contestazione dei tifosi alla squadra e alla società è di un'eloquenza spaventosa. Se Ferrara è effettivamente un tecnico di scarsa esperienza, con tutte le attenuanti del caso, questa dirigenza è lì ormai da quasi 4 anni, e gli errori commessi non si contano più. Campagne acquisti sbagliate, tecnici portati alle dimissioni (Deschamps) o malamente esonerati (Ranieri) come mai era successo nella storia bianconera, per esempio.

E proprio a proposito di stranezze, voglio pubblicare un piccolo estratto dell'intervista rilasciata da Alessio Secco qualche giorno fa alla Gazzetta dello Sport, rispondendo a modo mio e lasciando ai lettori ulteriori commenti. Trovate voi un filo logico, se potete, perchè io non ce l'ho fatta.


Si contestano gli acquisti di Diego e Melo. Vuole replicare?
"Certo. Voglio iniziare da quello che si diceva quest'estate, durante il mercato e dopo l'ottimo avvio di stagione della Juventus. Allora eravamo i più bravi, ora solo i più fessi. C'è carenza di memoria"

La carenza di memoria, caro diesse, è semplicemente oggettiva constatazione sullo scarso rendimento espresso finora dai due pezzi da 25 milioni di euro cadauno del mercato estivo.

Perchè pagare Diego 25 milioni?
"Era il prezzo necessario per portare alla Juventus un campione come Diego, per strapparlo alla concorrenza. Guardiamo gli investimenti minori del Real: 28 milioni per Xabi Alonso, 35 per Benzema. Bastano queste cifre per dire che con Diego la Juventus ha fatto un vero colpo: è un campione, era in corsa per il Pallone d'oro, lo voleva il Bayern. Lo volevano anche altre grandi squadre italiane, che in extremis hanno trovato altre soluzioni"

Dunque, il Real prende Xabi Alonso e Benzema, e questo fa dell'acquisto di Diego un vero colpo? E perchè mai, caro diesse? Mi risulta che il Real stia benissimo con Xabi e Benzema, anche perchè gli acquisti vanno valutati in base all'impatto che hanno sulla squadra. Nessuno vi rinfaccerebbe i milioni spesi, se Diego e Melo avessero rispettato le aspettative. L'ultima frase è una chiara allusione all'Inter: vi risulta che pagando Sneijder la metà di Diego, i nerazzurri siano scontenti del non-acquisto del brasiliano?

Lo rifarebbe, alle stesse cifre?
"Certo, e resto assolutamente convinto che si tratti di un eccezionale investimento. Poi c'è sempre il solito discorso della memoria corta. L'impatto di Diego col nostro campionato è stato eccezionale, ma noi invece sapevamo che avrebbe incontrato qualche difficoltà, come qualsiasi straniero appena arrivato"

Lo sapevate? E non potevate dirlo subito? Bastava dire dopo la doppietta alla Roma "ok gente, guardate che questo ora si inceppa per un paio di mesi, e poi se tutto va bene torna nel 2010, tranquilli che è tutto sotto controllo".

Perchè pagare Felipe Melo 25 milioni?
"Felipe era un altro obiettivo prioritario del nostro mercato. Siamo riusciti a raggiungerlo, è paradossale dire ora che abbiamo fallito. Melo è titolare nella nazionale brasiliana, ha vinto la Confederations, è stato giudicato tra i migliori giocatori della Confederations. Nessuno aveva delle perplessità quando venne acquistato dalla Juventus. Io non le ho neppure adesso"

La vita è fatta di priorità, lo dice anche la pubblicità di un noto gelato. Non ricordavo che la Confederations fosse però una competizione così rilevante. E se non ha perplessità, caro diesse, se le faccia venire, si cominci a chiedere se quello che ha preso è davvero un centrocampista di caratura mondiale, o se è un sopravvalutato come tanti.

Il prezzo.
"La Fiorentina non voleva cederlo, l'unico modo per prenderlo era pagare la clausola di rescissione. Melo ha 26 anni e straordinarie potenzialità. E per la precisione è costato 18,5 milioni: nell'operazione sono stati inseriti Marchionni e Zanetti, che non rientravano nel nostro progetto. E anche grazie alla partenza di Zanetti è stato possibile rilanciare Poulsen"

(Senza parole)


E qui siamo al delirio. GRAZIE ALLA PARTENZA DI ZANETTI E' STATO POSSIBILE RILANCIARE POULSEN, ha detto proprio così. E ai tifosi bianconeri scoppia il fegato.

Questa è la dirigenza che opera alla Juventus, che gestisce le scelte di mercato, che ha creato il "progetto" in cui Marchionni e Zanetti sono solo scarti da mandare a Firenze per avere un Melo qualunque, e che si sta disgregando nelle mani di un Ferrara colpevole, ma investito di una responsabilità troppo più grande di lui. Un Guardiola non fa primavera, si potrebbe dire: capirlo prima avrebbe portato, chissà, a finali meno amari.

Foto: Gazzetta dello Sport

20 dicembre 2009

Attenzione, Galacticos in avvicinamento


C'era una volta una squadra allo sbando, derisa da tutta Europa per lo scarsissimo rapporto qualità/prezzo offerto sui campi di Spagna e d'Europa, dopo la campagna acquisti più imponente che la memoria umana ricordi.

Facili conclusioni tratte dopo le prime figuracce avevano incenerito il lavoro di Pellegrini, triturato dalla stampa spagnola e considerato come il principale responsabile del difficile decollo di una squadra nata per vincere tutto.

Il Real Madrid, va detto, nella prima fase della stagione si era fatto notare più per la capacità di fornire gloria ad avversari nettamente inferiori, che per le vittorie conseguite. Dopo aver resuscitato il depresso Milan di Leonardo, i blancos hanno toccato il punto più basso della stagione e forse della loro gloriosa storia con l'umiliante sconfitta sul campo dell'Alcorcon, squadra della periferia madrilena e militante nella serie C spagnola. Roba da farsi prendere a pernacchie, su questo non ci piove.

Quello comunque è stato il vero spartiacque della stagione del Real: cacciare Pellegrini, in rotta coi "senatori" dello spogliatoio (Raul, Guti), oppure scegliere la strada della continuità, dando al tecnico altro tempo per risolvere le problematiche legate all'assemblare una squadra nuova di zecca. Con buona pace di Mancini e di tutti gli altri tecnici in stand-by, il direttivo ha optato per la seconda opzione, dando fiducia al tecnico e aumentandone così l'autorità al cospetto di uno spogliatoio "complicato" come quello del Real Madrid.

Pellegrini del resto non poteva essere improvvisamente diventato un brocco, dopo i grandi risultati ottenuti a Villarreal e dopo aver vinto il ballottaggio per la panchina più ambita d'Europa.

La squadra, prima senza gioco nè identità, sembra aver finalmente trovato gli equilibri tattici che le mancavano, e nonostante le ripetute assenze di Kakà fila adesso col vento in poppa e con un Cristiano Ronaldo semplicemente mostruoso, il vero ed unico insostituibile di una formazione piena di campioni.

Partiti con una sorta di 4-1-3-2 assolutamente sbilanciato, il Real si è poi andato assestando su un modulo più simile ad un 4-2-2-2 molto versatile, con Xabi Alonso e Lassana Diarra davanti alla difesa ad assolvere compiti di impostazione e copertura, e un reparto offensivo composto dai due palloni d'oro e da due tra Benzema, Raul e Higuain. El Pipita in particolare si sta guadagnando spazi importanti in questo Real, dimostrando di valere Benzema e risultando decisivo come già aveva dimostrato di essere nella scorsa stagione.

Ieri sera al Bernabeu contro il Saragozza si è assistito ad uno show a senso unico, terminato con un pesante 6-0 a favore dei padroni di casa. Senza Kakà, ancora infortunato, e Xabi Alonso, squalificato, la formazione di Pellegrini non è andata tanto per il sottile al cospetto di un avversario in evidente crisi (terz'ultimo in classifica). Schierati per l'occasione con un rombo d'emergenza, con L. Diarra vertice basso, Marcelo e Mahamadou Diarra ai lati, e Van Der Vaart dietro CR9 e Higuain, i blancos non hanno avuto difficoltà a trovare la via del gol, andando a segno due volte col "Pipita" e Van Der Vaart, chiudendo poi il "set" con una magia di Ronaldo e un gol di Benzema, entrato nel secondo tempo.

Con questo risultato galactico la formazione madrilena resta a 2 punti dal Barcellona capolista, e considerato che ha già vinto il girone di Champions League si può dire che, burrasche iniziali a parte, il Real Madrid è proprio lì dove tutti se lo aspettavano. La competizione col Barça sarà serrata, e questo lo si sapeva già, quindi considerate le difficoltà dei primi mesi essere a sole due lunghezze dai catalani non è certo un dramma.

E nel 2010, con il recupero pieno di Kakà e le nuove certezze fornite da un lavoro che inizia a dare frutti importanti, è lecito aspettarsi un Real ancora più quadrato e competitivo di quanto non lo sia già adesso, così come è lecito chiedersi dove siano adesso tutti quelli che davano già per fallito un progetto ancora in fase di rodaggio.

Prima di smontare qualcosa bisognerebbe aspettare che venga montata, altrimenti è fin troppo semplice, no?

18 dicembre 2009

Champions League, urna maligna: italiane, è dura


Non che dall'urna di Nyon ci fosse da aspettarsi chissà cosa, questo lo si sapeva bene. Certo è che peggio di così alle nostre squadre impegnate in Champions League proprio non poteva andare. Chelsea, Manchester Utd e Bayern Monaco: queste le tre squadre con cui ci dovremo misurare per andare avanti nella maggiore competizione continentale, dopo il flop della scorsa stagione.

In un recente articolo avevo provato a buttare giù le varie probabilità di accoppiamento di Inter, Milan e Fiorentina, e che per le milanesi i rischi di trovare subito dei colossi del calcio europeo fossero concreti era cosa nota. Molto più difficile era che la Fiorentina, unica delle tre a vincere il proprio girone, trovasse un avversario temibile come il Bayern giustiziere della Juve.

Non partiamo favoriti, inutile nascondersi dietro a un dito. Il rischio che il sipario cali già agli ottavi di finale (che oltretutto vorrebbe dire un quasi certo addio alle quattro squadre in Champions dall'anno prossimo) c'è ed è concreto, ma guai a dare tutto per scontato quando di mezzo c'è uno sport come il calcio.

Nella difficoltà degli impegni, ritengo comunque che incontrare Chelsea e Manchester Utd sia meglio che incontrare Real Madrid e Barcellona, le mie vere favorite per la vittoria finale. Le inglesi fanno della solidità e dell'organizzazione le loro maggiori credenziali, ma non dispongono della qualità e dei fuoriclasse delle due spagnole: in questo senso, se vogliamo poteva andare anche peggio.

Dipenderà molto ovviamente da come Inter e Milan arriveranno ai due appuntamenti. Troppo spesso l'Inter ci ha abituato a magre figure europee, e negli ultimi confronti contro le big è uscita sempre con le ossa rotte, mentre il Milan ha dimostrato di non avere ancora un equilibrio.

Il Chelsea di Ancelotti mi convince poco, ma è una squadra che ormai conta su un gruppo collaudato negli anni, anche a livello europeo. Non ha grandi uomini di fantasia ma è dotata di una fisicità impressionante, e per certi versi ha una fisionomia simile alla squadra di Mourinho. Prese in valore assoluto, le due squadre si equivalgono. La testa però a certi livelli fa la differenza, e sotto questo profilo i londinesi hanno sicuramente qualcosa in più dei nerazzurri.

Il Manchester Utd, che non ha più Cristiano Ronaldo e Tevez, non è la stessa squadra di un anno fa ma quel volpone di Ferguson è riuscito ancora una volta a tirare fuori il meglio dagli acquisti di quest'estate: rivitalizzato Owen, valorizzati Valencia e Obertan, senza contare i giovani che vengono su bene, come Gibson. La sensazione personale è che un Milan più solido di quello che oggi dissemina bel calcio e orrori difensivi all'interno degli stessi 90 minuti possa bissare la qualificazione di due anni fa, che spalancò ai rossoneri le porte del successo di Atene. Anche stavolta, come e forse più di allora, ci vorrà la "gara perfetta".

Disegni di un'urna maligna hanno accoppiato Olimpiacos e Bordeaux, CSKA Mosca e Siviglia, ma anche Fiorentina e Bayern Monaco. Sorteggio beffardo, perchè per i viola ci poteva essere di molto meglio, mentre i tedeschi sono storicamente un cliente ostico, in una competizione dove il blasone conta parecchio. I viola hanno già fatto fuori il Liverpool, dimostrando di non avere soggezione nei confronti delle pluridecorate del calcio europeo, ma Prandelli non ha a disposizione una rosa ampia, e questo potrà essere un handicap tra 3 mesi, quando la stagione entrerà ufficialmente nel vivo. La vedo dura, Fiorentina stupiscici ancora.

Ottavi di finale (16 febbraio-16 marzo)

Stoccarda - Barcellona
Olimpiacos - Bordeaux
Inter - Chelsea
Bayern Monaco - Fiorentina
CSKA Mosca - Siviglia
Lione - Real Madrid
Porto - Arsenal
Milan - Manchester Utd

14 dicembre 2009

Calciopoli, nuove sentenze: vince l'accusa, tre anni a Giraudo


Arriva la prima sentenza riguardo lo scandalo che ha coinvolto il calcio italiano nel 2006, per gli undici imputati processati con rito abbreviato. Condannato a tre anni Antonio Giraudo, l'ex ad della Juventus, a due anni e quattro mesi Tiziano Pieri e a due anni Tullio Lanese.

Giraudo è stato condannato oltre che per il reato di associazione a delinquere finalizzata alla frode sportiva e al condizionamento del campionato 2004-2005 (ragione per la quale era stato squalificato dalla Figc e gli era stata inflitta alla pesante sanzione alla Juve nel 2006) anche per aver partecipato alla frode sportiva che il giudice ravvede nei giorni precedenti alla partita Udinese-Brescia che porta alla squalifica di Jankulovski che non parteciperà alla successiva Udinese-Juventus.

Viene addebitato a Giraudo anche analoga condotta volta a condizionare Dondarini, arbitro di Juve-Lazio. Terza frode sportiva contestata quella relativa al condizionamento delle critiche arbitrali per Juve-Udinese. L'arbitro Pieri subisce la condanna per associazione ma anche per la frode sportiva in Juve-Chievo e per Bologna-Juve. Dondarini subisce la condanna per la sola frode sportiva per due gare: Juventus-Lazio, già citata, e Chievo-Fiorentina.

Condannati
- Antonio Giraudo, 3 anni
- L'ex arbitro Pieri, 3 anni e 6 mesi, 22mila euro
- L'ex presidente dell'Aia Lanese, 2 anni
- L'ex arbitro Dondarini, 2 anni e 20 mila euro

Assolti
- L'arbitro Rocchi
- L'ex arbitro Messina
- L'ex assistente Foschetti
- L'ex assistente Griselli
- L'ex arbitro Cassarà
- L'ex arbitro Gabriele
- L'ex assistente Baglioni

Fonti citate: Tuttosport

13 dicembre 2009

Debacle Juve, ma Ferrara resta. Perchè?

La pesante sconfitta di Bari cancella definitivamente le ultime scorie della vittoria bianconera sull'Inter di sabato scorso, e riapre anche in campionato lo stato di crisi. Dopo l'eliminazione dalla Champions League, la Juventus non riesce a rialzare la testa neanche in campionato, e sul campo del divertente undici di Ventura arriva un crollo che sa di resa incondizionata. Se oggi Inter e Milan fanno bottino pieno, anche lo scudetto diventerà poco più di un miraggio.

Ferrara, timoniere di una squadra sempre più alla deriva, tuttavia gode ancora (almeno a parole) della piena fiducia dei vertici bianconeri, intenzionati a portare avanti il progetto intrapreso con l'ex difensore napoletano. Ci si chiede, a questo punto, il perchè.

Le condizioni per un cambio della guardia ci sarebbero tutte. Ferrara nelle ultime, decisive settimane, ha dato dimostrazione di avere le idee tutt'altro che chiare sia sul modulo tattico, sia sui relativi interpreti: i continui cambiamenti hanno portato nella testa dei giocatori tanta, tanta confusione, e lo stato di allarme rosso si sintetizza nelle parole di Diego, che dopo il ko di Bordeaux si era lasciato andare, a caldo, ad un pesante "Non capiamo Ferrara". Più eloquente di così, si muore.

Ferrara ha cambiato troppo, e spesso in modo scriteriato, fornendo così ad un gruppo già di per sè nuovo pochi punti di riferimento. Il progetto partiva con il rombo, poi messo da parte per un fantasioso 4-2-3-1, passando occasionalmente per 4-4-2 e 4-3-3: il risultato è che la coperta di Linus è risultata sempre troppo corta, e ogni teorico correttivo si è ritorto come un boomerang sul giovane tecnico, che si è ritrovato per le mani una squadra in piena crisi di identità.

Tra i giocatori si è probabilmente andato a creare un clima di scarsa fiducia nei confronti dell'allenatore, e questo si traduce con prestazioni prive di grinta e capacità di reazione, oltre alle evidenti carenze di gioco dimostrate finora. La prestazione tutto cuore (e poco altro) contro l'Inter rappresenta una piccola eccezione, in una gara che per tradizione si "prepara da sola" e fornisce ai calciatori motivazioni importanti senza bisogno di iniezioni di fiducia esterne. La squadra sembra non remare più nella stessa direzione del tecnico, e questa è una ragione che da sola basterebbe a giustificarne un avvicendamento sulla panchina.

Preoccupante, inoltre, la dichiarazione di una Ferrara sempre più allo sbando a fine gara: "Il ko è inspiegabile, ai miei giocatori non ho nulla da rimproverare: la palla non voleva entrare". La verità è che, rigore fallito da Diego a parte, di ragioni per la sconfitta dei bianconeri ce ne sono a bizzeffe, e mascherare una prestazione sconclusionata come quella di ieri sera come una serata sfortunata è chiaro segnale di un Ferrara che ormai ha perso il bandolo della matassa.

Attenzione però, questo non vuole essere un processo rivolto unicamente al tecnico, che ha tante colpe ma che condivide il probabile fallimento del progetto con una dirigenza assolutamente inadeguata. Cacciare un tecnico esperto come Ranieri in quel modo poco elegante, ritenendolo un tecnico non da grandi traguardi, e affidare poi la panchina ad un allenatore senza esperienza, è stata una scelta quantomeno discutibile. E il paragone tra i due oggi è più che mai impietoso: il romano, che non disponeva certo della rosa di Ferrara, a dicembre era in piena corsa per il titolo, e la sua Juve nonostante i mille infortuni aveva superato il turno di Champions League, vincendo alla grande il girone con il Real Madrid. Alla lunga poi la squadra è andata spegnendosi, non disponendo di mezzi adeguati per competere ai massimi livelli, ma finchè ha potuto, ha lottato.

Qui invece si parla di una Juventus che ha perso quattro delle ultime cinque partite (incassando 12 gol e segnandone la miseria di 4), che è già fuori dalla Champions e che in campionato rischia di lasciarsi scappare il treno formato dalle due milanesi, e che è in piena involuzione tecnico-tattica. La sopravvalutata campagna acquisti di agosto ha fornito false speranze ai supporters, che adesso si ritrovano con un Cannavaro impresentabile e ormai ridotto ad ex-giocatore (lo dico da mesi), un Melo strapagato ma che finora si è rivelato un flop, e un Diego che continuo a ritenere un campione, ma che non riesce a trovare la giusta collocazione nel marasma bianconero. Intanto, Firenze ringrazia per C. Zanetti e Marchionni, arrivati come scarti e ora perni della Fiorentina di Prandelli, e Sissoko è pronto a fare le valigie per Monaco di Baviera, irritato per come è stato finora curato dai medici bianconeri.

Raramente l'esonero è la medicina giusta per rimettere in piedi la baracca, ma in questo caso specifico credo che possa essere l'unica soluzione per non andare alla deriva o quantomeno per tamponare la falla. Fuggito nella fredda Russia Spalletti, tanti indizi convergono al nome più clamoroso, quello di Roberto Mancini, come eventuale successore di Ferrara in caso di ribaltone.

Ma tanto Ferrara resta fino a fine stagione, lo ha detto Blanc. Non lo aveva detto anche di Ranieri?

12 dicembre 2009

Sorteggi Champions League: diamo i numeri


Meno di una settimana ai temuti sorteggi di Nyon, che definiranno il quadro degli accoppiamenti degli ottavi di finale di Champions League. Il sorteggio si svolgerà con gli ormai consueti paletti, che ci portano a poter fare due calcoli sulle varie possibilità di incrocio per le nostre squadre.

Raramente come quest'anno c'è stato un quasi totale rispetto dei pronostici della vigilia: le uniche eccezioni hanno coinvolto, nel bene e nel male, le nostre formazioni, con l'amara eliminazione della Juventus e la grande impresa della Fiorentina.

I criteri sono, come sempre:
  • le prime classificate si scontreranno con le seconde;
  • non potranno incontrarsi squadre che hanno già giocato contro nel girone di qualificazione;
  • non potranno incrociarsi squadre dello stesso Paese (sarà possibile però dai quarti di finale in poi)
Pertanto, nell'urna A delle prime andranno Chelsea, Manchester Utd, Arsenal (Inghilterra), Barcellona, Real Madrid, Siviglia (Spagna), Bordeaux (Francia) e Fiorentina (Italia). Nell'urna B delle seconde andranno invece Inter, Milan (Italia), Bayern Monaco, Stoccarda (Germania), CSKA Mosca (Russia), Lione (Francia), Porto (Portogallo) e Olimpiacos (Grecia).

Spagna e Inghilterra hanno perso, come noi, un team a testa (Atletico Madrid e Liverpool), ma hanno piazzato le loro tre formazioni al primo posto, il che rende il loro sorteggio molto fluido e privo di qualsiasi restrizione, eccetto quella costituita dall'impossibilità di incontrare la seconda del proprio girone.

Pertanto, spagnole e inglesi hanno il 14% di probabilità di incontrare ciascuna delle seconde degli altri gironi. Diversa la situazione del Bordeaux, che non potrà sicuramente incrociare il Lione (e viceversa), e quindi restringe a sei team il campo delle possibili avversarie (probabilità quasi del 17%).

La Fiorentina, che non potrà affrontare nè Inter, nè Milan, nè Lione, ha pertanto il 20% di possibilità di pescare il temuto Bayern Monaco, unica formazione tra le papabili che potrebbe davvero impensierire i viola (senza sottovalutare comunque Porto e CSKA Mosca). Delle prime della classe, comunque, la squadra di Prandelli sembra quella messa meglio, visto che non potrà incrociare le altre italiane: restrizione di cui non dispongono le altre prime, tre delle quali troveranno sul proprio cammino proprio i nostri club, e la ritrovata squadra di Van Gaal. Non proprio clienti simpatici, da incontrare già agli ottavi.

In tema di italiane, passiamo ad analizzare la delicata situazione di Inter e Milan. Il gol di Gilardino a Liverpool che ha piazzato i viola al primo posto ha modificato ulteriormente gli scenari per le milanesi, che adesso si ritrovano una possibile avversaria abbordabile in meno (i francesi sicuramente lo sarebbero stati) ed un sorteggio meno ampio. Nerazzurri e rossoneri si trovano praticamente nella stessa situazione: non possono incontrare i viola, nè la prima del proprio girone (Real per Leonardo, Barcellona per Mourinho), quindi hanno 4 probabilità su 6 di trovare sul proprio cammino un top club come Chelsea, Manchester, Arsenal o una delle due superpotenze iberiche. Capitare Siviglia e Bordeaux sarebbe il regalo di un'urna benevola, e regalerebbe certamente sorrisi e sospiri di sollievo a Moratti e Galliani, che potrebbero rimandare l'appuntamento con gli squadroni del continente agli eventuali quarti di finale.

Calcoli probabilistici a parte, sarà come sempre la sorte a governare il sorteggio di venerdì prossimo: la speranza è quella di vedere accoppiamenti come Olimpiacos-Fiorentina, Inter-Siviglia e Milan-Bordeaux, sapendo che potrebbero anche saltar fuori Bayern-Fiorentina, Inter-Real Madrid (Chelsea) e Milan-Barcellona (Manchester). La consapevolezza di dover battere tutti per andare avanti renderà comunque qualsiasi esito da preparare al meglio, per non incappare in nuove, terribili nottate europee.

11 dicembre 2009

Inter, Milan e Fiorentina: mission impossibile

L'Italia fallisce il poker, ma cala il tris per la fase ad eliminazione diretta della Champions League. Al risultato numerico, che può anche soddisfare (neanche Spagna e Inghilterra sono riuscite a far meglio), fa da contraltare il riscontro oggettivo della qualità dei nostri club, che ancora una volta non sembrano all'altezza di spezzare il duopolio anglo-iberico per il dominio nel continente.

Fuori la Juve, l'Italia del pallone si aggrappa a Inter, Milan e Fiorentina per sognare una rivincita che ad oggi sembra un'impresa quasi proibitiva.


L'Inter che approda agli ottavi dopo la vittoria contro il Rubin Kazan è squadra che in Europa continua a faticare a trovare la giusta mentalità. I mezzi tecnici ai nerazzurri non mancano, ma gioco e personalità continuano a fare difetto. Una formazione più attrezzata dei campioni di Russia avrebbe certamente approfittato del solito approccio molle degli uomini di Mourinho alla gara, e in prospettiva questo è un aspetto da non sottovalutare.

Infatti i campioni d'Italia, finiti secondi dietro al Barça nel pazzo girone H, a meno di colpi di fortuna che le  riserverebbero Siviglia o Bordeaux se la vedranno con una tra Chelsea, Manchester Utd, Real Madrid e Arsenal. Insomma, tolti i catalani, il meglio del calcio europeo, squadre abituate a giocare a grandi livelli e con una mentalità che ne esalta le caratteristiche nelle sfide da 180 minuti. Un'Inter timida verrebbe senza dubbio stritolata dalla personalità di formazioni del genere, ed è su questo che deve lavorare Mourinho per tentare un vero, credibile assalto alle prossime avversarie. Sperando magari nel crescendo mentale di Balotelli, decisivo nella sfida contro il Kazan.


Anche il Milan di Leonardo guarda con perplessità a quello che sarà il sorteggio degli ottavi di finale. I rossoneri, finiti anch'essi secondi e quindi certi di affrontare un avversario non tenero (possibile il Barcellona, non il Real), hanno rischiato seriamente di farsi del male a Zurigo, e si sono ritrovati a dover ringraziare il Real Madrid e Ronaldo per la vittoria di Marsiglia.

Un Milan capace di raccogliere 4 punti contro i "galattici" spagnoli e gli scomodi francesi, si impantana contro la settima formazione svizzera, riuscendo a strapparle un solo punto: questo dato, che potrebbe sembrare preoccupante, sottolinea ancora una volta la tendenza dei rossoneri ad esaltarsi nelle grandi sfide. Questo rende la squadra di Leonardo la più adatta delle italiane, a mio parere, ad avere lunga vita in questa competizione, a patto di riuscire a ripetere in febbraio prestazioni come quelle del Bernabeu.

I dubbi sulla rosa a disposizione di Leonardo, evidenziati nel mio ultimo post, comunque rimangono. Il modulo rossonero non può prescindere dalla presenza e dalla luna di Pato, Seedorf e Ronaldinho, che non hanno sostituti neanche "adattabili" per il loro ruolo. Difficile insomma che un Milan magari impegnato in una snervante lotta scudetto possa essere altrettanto competitivo anche in Champions: il rischio è che Leo dovrà operare una sorta di "scelta di fondo", per evitare di arrivare a fine stagione con una rosa completamente cotta.


La Fiorentina invece vola sulle ali dell'entusiasmo, dopo la vittoria di Liverpool che le ha regalato il primo posto nel girone e la certezza di un sorteggio più morbido rispetto a quello che l'urna riserverà alle milanesi. Nel girone più difficile, per la contemporanea presenza di Liverpool e Lione, i viola hanno ottenuto la bellezza di 15 punti, figli di 5 vittorie, tre delle quali proprio contro inglesi e francesi.

L'unico rischio serio per la squadra di Prandelli è quello di trovare il Bayern Monaco, per il resto Porto, Cska Mosca, Stoccarda e Olympiacos rappresentano senza dubbio avversarie più che abbordabili. L'esperienza maturata nelle gare del girone e negli ultimi anni ha conferito ai viola una maggiore sicurezza, anche al cospetto di avversarie più blasonate. Difficile dire fin dove possa sorprendere questa squadra: la razionalità porta a non vederli al di là dei quarti di finale, ma le imprese nel recente passato di Villarreal, Monaco, Deportivo consigliano di non porre mai limiti a una squadra che viaggia senza nulla da perdere e senza le pressioni che la competizione riserva ai "top club".


Chi invece ha perso definitivamente il treno per l'Europa che conta è la Juventus, ed è un tonfo che fa male. L'eliminazione dei bianconeri ad opera del Bayern rappresenta un suicidio sportivo in piena regola, oltre ad una chiara dimostrazione delle difficoltà di una squadra che, escluso l'exploit con l'Inter, ha raccolto tre sconfitte nelle ultime quattro gare. Dopo la quarta giornata, ed il successo di Haifa, i bianconeri guardavano i bavaresi da un rassicurante +4, con due match point a disposizione per staccare il biglietto per gli ottavi. Bastava vincere a Bordeaux, contro una squadra già qualificata, ed è arrivata una secca sconfitta, sarebbe bastato un pari contro un Bayern in piena crisi, ed è arrivato l'umiliante 1-4 di martedì sera. La personalità mostrata dalla squadra di Ferrara contro l'Inter è svanita nel primo vero bivio cruciale della stagione: difficile distribuire le responsabilità di un simile crollo, così come è difficile capire quali siano state le ripercussioni psico-fisiche della gara contro l'Inter sul match contro il Bayern. Certo è che se c'era una gara nella quale dare tutto, era quella coi tedeschi, che invece è coincisa con la peggiore Juventus della stagione.

Il tracollo dei bianconeri a favore di una formazione tedesca va visto anche nell'ottica ranking Uefa (guarda l'articolo): eliminare il Bayern era un'ottima occasione per portare punti importanti a favore del nostro Paese, considerata anche l'eliminazione del Wolfsburg, e la scarsa probabilità dello Stoccarda di andare oltre gli ottavi di finale. Il rischio di perdere un club dalla prossima Champions League, pertanto, rimane.

Inter, Milan, Fiorentina, c'è da scalare una montagna: proviamoci.

07 dicembre 2009

Campionato davvero riaperto?



La quindicesima giornata di serie A ha decretato che il campionato, dato troppo presto per morto e sepolto, è più che mai vivo e pronto a riservare sorprese di ogni genere.

La vittoria della Juventus sull'Inter, che ha fatto seguito allo show rossonero di sabato pomeriggio contro una Sampdoria allo sbando, ha riportato il vantaggio della squadra di Mourinho sulle rivali storiche a livelli non più di fuga solitaria, ma di semplice, saldo (almeno finora) primato.

Intendiamoci, i nerazzurri sono sempre i favoriti per la vittoria finale, ma la sensazione è che la competizione possa essere molto più aperta di quanto non lo sia stata negli ultimi anni. Il segnale lanciato dalla Juventus a Torino è importante, ma non conclusivo, e lascia spazio a varie interpretazioni, che provo a sintetizzare.


In primis, dalla gara del Delle Alpi è emersa l'incapacità cronica della capolista di sfoderare prestazioni importanti nelle gare secche contro le (più o meno) pari grado. Fatto salvo il derby contro il Milan, finito con un roboante 4-0 (ma contro una squadra alla deriva), i nerazzurri hanno steccato nelle due gare col Barcellona in Champions League (non inganni lo 0-0 dell'andata, la palla l'hanno vista poco), e per l'appunto sabato, nella sfida contro i rivali di sempre. Alla squadra di Mourinho sembra far difetto la personalità, che costituisce un alleato fondamentale nelle gare importanti, nelle quali solo la tecnica non basta. E finora, anche contro l'allora lanciatissima Samp di Delneri e in casa contro una Roma decimata, emersero gli stessi problemi: quando c'è da dare un segnale forte alla concorrenza, l'Inter stecca. E questo ovviamente alimenta nelle inseguitrici convinzione e fiducia.


In seconda battuta c'è da dire che la vittoria della Juventus, per come è maturata, non può spostare in modo sensibile il giudizio globale sulla squadra di Ferrara. In una notte nella quale si giocavano tutto, dopo due sconfitte pesanti, i bianconeri hanno reagito sì con carattere e grinta, ma in una gara nella quale le motivazioni da sempre vengono da sole. La differenza l'ha fatta la magia di Marchisio, e la maggior fame, ma lo spettacolo offerto non è stato certamente dei migliori: insomma, il gioco continua a latitare, la difesa a non convincere, e Diego non è ancora l'uomo che prende per mano le redini del gioco. Il brasiliano però è sembrato in ripresa, a differenza dell'altro brasiliano, Felipe Melo, che ancora non ha dimostrato di valere la metà dei soldi spesi per lui in estate.


Il Milan, intanto, continua a vincere, segnare, divertire. Dopo aver toccato il fondo, la squadra di Leonardo è risalita alla grande, e i tanti esperimenti del tecnico rossonero sembrano aver trovato l'equazione perfetta: 4-2-1-3. Ronaldinho si esalta e sparge assist, Pato è in crescita esponenziale, mentre Borriello sembra essere il centravanti adatto per il sistema di gioco disegnato da Leo. Dietro i tre, Seedorf sembra divertirsi a fare da ispiratore centrale, con buona pace di Ambrosini e Nesta, chiamati agli straordinari per tappare le falle che uno schema così offensivo apre inevitabilmente. I rossoneri hanno stravolto gli scenari di inizio stagione, dove oltre al non gioco c'era anche un discreto feeling coi legni: adesso, anche la componente "bendata" sembra dare una mano alla serie positiva milanista, e questo certamente non guasta, anzi è necessario per ambire a grandi traguardi.

La domanda che però ci si pone è se questo Milan alla lunga potrà davvero essere una pretendente seria al titolo, per due ragioni. La prima è che il gioco dei rossoneri è tanto spettacolare quanto dispendioso, e sarà da vedere se questa squadra, con questi interpreti, sarà in grado di mantenere ritmi così alti anche in febbraio. La seconda, che si riconduce a quanto detto in precedenza, è legata alla non intercambiabilità nei ruoli chiave dello schema di Leonardo: Pato-Dinho-Seedorf non hanno sostituti, e l'assenza di uno solo di loro porta ad un cambiamento sostanziale dell'11 titolare. Per adesso il problema non si è posto, ma la stagione è lunga ed un turn-over sarà obbligatorio.

Oltretutto, il calendario dei rossoneri (attualmente a -4), si complica proprio nelle giornate finali. Giocare le ultime gare del girone d'andata (e del campionato) contro Fiorentina, Genoa e Juventus rappresenta un'ulteriore insidia.

La sconfitta di Torino ha certamente dato a Mourinho elementi di riflessione, ma la sua squadra rimane comunque la favorita per imporsi alla 38° giornata. La maggiore esperienza, una rosa superiore e la capacità di far quasi sempre risultato con le piccole costituiscono un tesoretto che il tecnico lusitano deve dimostrare di sapere amministrare. Da non sottovalutare comunque il fattore Champions, che avrà come sempre una valenza importantissima: qualsiasi esito a partire già dalla prossima e decisiva due giorni europea potrà incidere pesantemente sul cammino delle tre squadre verso il tricolore.

03 dicembre 2009

Amarcord: ricordavate? Alen Boksic


Ed eccoci all'appuntamento con Amarcord, la rubrica per nostalgici e appassionati dalla buona memoria.

Questa settimana la vetrina è tutta per un attaccante che personalmente adoravo, e che probabilmente ha ricevuto in termini strettamente individuali meno di quello a cui uno con le sue doti da fuoriclasse avrebbe potuto aspirare: Alen Boksic.

Nando Orsi, secondo portiere della Lazio per parecchi anni, parlando di lui disse che "potenzialmente era più forte di Ibrahimovic". Un paragone importante, ma non azzardato: Alen era davvero un calciatore straordinario, un talento purissimo penalizzato da tanti infortuni e da una discontinuità forse figlia degli stessi.

Esplode nel 1992/93 al Marsiglia, segnando 23 reti in 37 presenze, laureandosi capocannoniere e campione di Francia nonché campione d'Europa, battendo nella finale di Monaco di Baviera il Milan di Fabio Capello. L'anno successivo l'approdo alla Lazio, con cui giocherà due anni, prima della separazione a causa dei dissapori con Zeman. Passa alla Juve, dove in una sola stagione vince praticamente tutto (scudetto, coppa Intercontinentale, supercoppa europea), con l'unica amarezza di una finale di Champions persa malamente contro il Borussia Dortmund. La Juventus però non conferma Alen, spedendolo nuovamente alla Lazio, dove rimarrà per tre stagioni, e partecipando al ciclo vincente della Lazio di Cragnotti (2 Coppa Italia, 1 Supercoppa Italiana, la Supercoppa Europea, la Coppa delle Coppe e Scudetto nel 2000).

Nonostante la media gol italiana di Boksic non sia stata elevatissima, l'apporto del croato nelle squadre in cui ha militato è sempre stato notevole, per la sua qualità di scardinare le difese e di mettere costantemente in apprensione qualunque retroguardia affrontasse. Il fisico da granatiere, accompagnato da una tecnica sopraffina, faceva di Boksic un attaccante completo e assolutamente straordinario.

Chiude la carriera in Premier League, al Middlesbrough, in cui milita tre anni prima di appendere le scarpette al chiodo all'età di 32 anni. Un possente, fragile fuoriclasse, iscritto di diritto al gruppo di "quelli che avrebbero potuto avere ben altra carriera". Ma tutto sommato, ci è piaciuto anche così, Alen.

02 dicembre 2009

Succede anche questo: "the miss of the century"

Il titolo del video dice tutto: "miss of the century", l'errore del secolo. Ovviamente siamo su un campo da calcio, e ovviamente su un campo da calcio tutto può succedere, anche di sbagliare un gol violando tre o quattro leggi della fisica, e di segnarne subito dopo uno pazzesco da 30 metri.


Suo malgrado, questo calciatore capace davvero di tutto si è ritagliato uno spazio nell'immortalità della rete. Nell'era di Youtube, basta poco a diventare dei personaggi.