30 ottobre 2009

Mancini rescinde: cosa bolle in pentola?


Quella tra Roberto Mancini e l'Inter sembrava una separazione che, almeno a livello contrattuale, sarebbe ancora andata per le lunghe, viste le continue voci di possibili panchine rifiutate dal Mancio, che intanto continuava ad intascare per intero il suo compenso.

Oggi invece, come preannunciato da Tuttomercatoweb alle 18.18, è arrivata l'ufficialità: il tecnico di Jesi ha rescisso il suo contratto milionario con l'Inter. Il tira e molla, che spesso ha incontrato l'ostruzionismo del tecnico, è finito.

Le cifre dell'operazione parlano di una buonuscita di circa 8 milioni corrisposta al Mancio, il cui contratto da 6 milioni annui (al netto dei premi) era in scadenza non nel 2011, come molti sostenevano, ma nel 2012, vista la clausola di rinnovo automatico in caso di vittoria dello scudetto.

Viene adesso da chiedersi il perchè, di questa operazione andata in porto proprio adesso, dopo tutte le problematiche incontrate in precedenza. Difficile pensare che uno come Mancini molli la presa per scrupolo, senza una ghiotta occasione lavorativa all'orizzonte. E guarda caso, in questo momento traballa sensibilmente la panchina probabilmente più ambita d'Europa: quella del Real Madrid.

Mancini potrebbe proprio sostituire Pellegrini a Madrid, e sarebbe un grande ritorno per l'ex allenatore nerazzurro, un ritorno che varrebbe probabilmente il tempo speso lontano dai campi. Nei prossimi giorni si saprà di più, non è da escludere che adesso, risolta la formalità della risoluzione con l'Inter, domani stesso arrivi l'annuncio dell'esonero di Pellegrini. E a quel punto, non ci sarebbero più dubbi.

Spettacolo a San Siro, l'Inter batte un grande Palermo

Il calcio è uno sport meraviglioso. Partite come quella di ieri sera rafforzano questa mia convinzione, al di là dei veleni, delle illazioni da decerebrati in stile "se squalificano X, questo calcio è truccato", e di ogni problematica che esce dal giocato.

Inter-Palermo, posticipo della decima giornata di serie A, è stato come un thriller di cui pensi di aver capito tutto dopo mezz'ora, ma poi gli eventi successivi ti portano a pensare che magari ti stai sbagliando, e di grosso. E poco importa che poi il finale sia davvero come inizialmente credevi, rimane la soddisfazione di aver gustato appieno lo spettacolo visto, senza pensare mai neanche lontanamente di alzarti dalla poltrona.

L'Inter del primo tempo è parente diretta di quella capace di rifilare a domicilio cinque sberle al Genoa. Non c'è Sneijder, ma c'è Eto'o, e c'è soprattutto il Balotelli migliore visto sin qui con la maglia nerazzurra. Semplicemente devastante: procura il rigore dell'1-0, (che lui stesso avrebbe voluto battere, ma poi ha lasciato perplesso ad Eto'o che non ha sprecato), segna personalmente prima di testa, su angolo di Maicon, poi approfittando di un pasticcio di Sirigu e Kjaer, e 40 secondi dopo il 3-0 serve un comodo pallone ancora ad Eto'o, che fa poker.

Inter troppo superiore, dice il risultato, ed in parte anche il gioco mostrato in campo. Il risultato però trae in inganno, perchè quello visto nel primo tempo, pur inferiore tecnicamente, è stato un Palermo vivo, che ha avuto le sue occasioni e ha pagato carissime alcune sbavature in momenti chiave, come nell'errore che ha portato al 3-0.

E la sensazione di un Palermo presente è confermata in avvio di secondo tempo, quando Miccoli approfitta di una disattenzione di Cordoba e accorcia le distanze. Quando si segna così presto, tutto può accadere, magari trovando un altro gol.. E il gol arriva, con Hernandez che trova terreno facile contro un Cordoba più stralunato che mai. 4-2, e con 35 minuti da giocare, non si può certo parlare di partita chiusa, perchè l'Inter quando vuole sa tornare la "Pazza Inter" che tutti conosciamo.

Il Palermo, che ha anima e orgoglio figlie del suo allenatore, va all'assalto con un 4-2-4 d'arrembaggio, e quando Miccoli si infila nel corridoio aperto dal passaggio "no look" di Cassani, e beffa Julio Cesar con un tocco sotto, a San Siro cala il gelo. 4-3, come in un Inter-Chievo di qualche anno fa, con la differenza che adesso ci sono ancora più di 20 minuti da giocare.

Mourinho, dopo la forzata sostituzione di Balotelli con Milito, e con in campo un Santon (entrato per Chivu) che sembra con la testa completamente da un'altra parte,  perde anche Eto'o (botta al piede, nulla di grave), e mette dentro Motta (al rientro). Questi avvicendamenti forzati, sommati all'errore millimetrico di Milito sul 4-2, che ha aperto la strada al beffardo 4-3, sembrano segnali infausti. Ma l'Inter con l'ingresso del centrocampista brasiliano si riequilibra, e di fatto non rischia più nulla.

Maicon poi al 37' si prende gioco di Pastore sull'out di destra e mette dentro una fucilata che Milito spinge in rete, scacciando ogni incubo di rimonta. Finisce 5-3, e alla faccia di chi sostiene che la partita perfetta è quella che termina 0-0, ieri è stato uno spettacolo. Gol, giocate, follia sportiva, cuore e orgoglio: questo è quel che resta sul prato di San Siro.

L'Inter tiene il +4 sulla Juve, e allunga su Samp e Milan, il Palermo, pur sconfitto, dimostra a tutti che questa è una squadra che vale, allenata da un tecnico preparatissimo, e dal futuro luminoso.

Al sondaggio di Sky, che chiedeva se Mourinho debba essere più fiducioso o preoccupato, rispondo che una prestazione come quella di ieri può solo dar fiducia ad un ambiente che sente già l'avvicinarsi del primo grande spartiacque della stagione (Kiev): credo che una quasi rimonta come quella subita ieri potrà solo servire da lezione ai nerazzurri. In gare da dentro o fuori, la disattenzione può segnare il confine tra un'eliminazione e un turno superato.

Per una sera, non guardiamo in casa d'altri: lo spettacolo sappiamo regalarlo anche in Italia.

29 ottobre 2009

Decima giornata: ruggito Juve, Milan beffato. Precipita la Lazio, Parma da Champions

Inutile cercare una logica, in questa pazza serie A. E così avviene che una Juve brutta, inconsistente e capace a fatica di saccheggiare Siena, rinasca all'improvviso tre giorni dopo, offrendo una prestazione da urlo condita da 5 gol alla squadra più in forma del campionato: la Samp di Del Neri. Chiaro il messaggio dei bianconeri: "Ben fatto Samp, ma ad inseguire l'Inter ci pensiamo noi".

Un diluvio di gol, quello del mercoledì torinese: Amauri ne fa due, in barba a chi lo pressava per la sua astinenza semestrale, Chiellini è il solito attaccante aggiunto, Trezeguet e Camoranesi sono la vecchia guardia che non tradisce mai. Il gol di Pazzini serve più alla classifica marcatori personale che ad alimentare speranze di rimonta. Per la Samp una serata storta, in cui non ha funzionato nulla, al cospetto di una grande Juve che con il 4-2-3-1 e Giovinco dall'inizio comincia ad avvicinarsi alla squadra che Ferrara e i tifosi sognano. L'Inter è avvisata, anche se adesso si attende la prova del nove per i bianconeri, che dovranno dare continuità al proprio gioco e ai risultati.


E domenica a casa dei bianconeri renderà visita il rinato Napoli di Mazzarri, capace di rimontare il Milan nei minuti finali con una prestazione tutto cuore e orgoglio. Ha perso una bella occasione, la squadra di Leonardo, andata subito avanti 2-0 coi gol di Inzaghi e Pato e che sembrava poter portare a casa la quarta, fondamentale, vittoria consecutiva. Invece i partenopei non si sono disuniti, ci hanno creduto fino all'ultimo e coi gol di Cigarini (da cineteca) e Denis raggiunge un pari insperato ma in fondo meritato. E dire che questi due per Donadoni erano panchinari di lusso..


Sarà interessante vedere che ripercussioni avrà sui rossoneri la rimonta subita in quello che poteva essere l'ennesimo spartiacque della stagione. Dopo due trasferte, adesso a San Siro arriva il sempre più sorprendente Parma, che battendo il Bari 2-0 ha scavalcato proprio la squadra di Leonardo al quarto posto in classifica. Difficile che un Milan comunque ritrovato possa fallire l'appuntamento, ma col Real che incombe le energie rischiano di venire a mancare.

La Fiorentina "rovina" tutto in 4 giorni: dopo la seconda sconfitta consecutiva, subita ad opera del Genoa, i viola da quarti si ritrovano addirittura ottavi, anche se la classifica rimane comunque cortissima. Per il Grifone, dopo tre ko consecutivi tra campionato e coppa, tre punti che fanno respirare.

Crisi senza fine per le romane: la Roma infila la terza sconfitta di fila, cadendo a Udine (doppietta di Floro Flores), mentre la Lazio ormai è in piena zona retrocessione dopo il clamoroso rovescio interno contro il Cagliari. Dietro i capitolini ci sono solo cinque squadre, e la panchina di Ballardini, saldissima dopo il grande inizio di stagione, è più che mai traballante: all'orizzonte c'è Mihajlovic.

Ed è quasi finita anche l'avventura di Giampaolo a Siena: la sconfitta di Bologna, l'ultimo posto in classifica ed una piazza inferocita proprio contro il tecnico marchigiano sono i tre elementi che porteranno con tutta probabilità al cambio di guida tecnica.

Tre punti d'oro per il Livorno, che battendo di misura l'Atalanta di Conte la aggancia in classifica a quota 9 (assieme anche al Bologna). Pesante il ko interno del Catania contro il Chievo, che costa agli etnei il penultimo posto in classifica.

28 ottobre 2009

Real Madrid, una figuraccia "galattica"


Povero Real Madrid. Ma soprattutto, povero Florentino: più di 300 milioni di euro spesi, per vedersi bastonare in coppa di Spagna da una squadra di serie C, l'Alcorcon, che ancora probabilmente non starà credendo alle dimensioni dell'impresa compiuta.

E poco importa che il grosso della campagna acquisti faraonica di Perez (Kakà e Cristiano Ronaldo) fosse a riposo. L'undici titolare delle merengues era il seguente: Dudek, Arbeloa, Metzelder, Albiol, Drenthe, Diarra, Guti, Granero, Van der Vaart, Raul, Benzema. Insomma, non regge neanche l'alibi del turn-over, perchè un Real del genere sulla carta doveva sbranare senza alcun problema di sorte i malcapitati avversari provenienti dalla periferia di Madrid.

Lo 0-4 subito ha le dimensioni di una catastrofe, e probabilmente costerà il posto al tecnico Pellegrini, ormai indifendibile e reduce da una settimana a dir poco disastrosa (anche se dopo una debacle del genere, difficile dire chi sia il maggior colpevole): ko col Milan in Champions, pari a Gijon, lo scempio di ieri. Sconfitte del genere, poi, generalmente sono sintomatiche di uno spogliatoio che non segue più il tecnico.

E adesso, mentre "Marca" chiede a chiare lettere la cacciata del tecnico, un nuovo ribaltone è pronto. E dire che in estate c'era chi diceva che per loro sarebbe stato tutto facile..

27 ottobre 2009

Serie A, domani di nuovo in campo

Neanche il tempo di metabolizzare la giornata appena trascorsa, che già domani si va di nuovo in campo. Calendario fittissimo, che alla lunga pesa nelle gambe e nella testa dei giocatori: tra campionato e coppe, si sta giocando davvero ogni tre giorni. Ritmi infernali, si salvi chi può.

La giornata numero nove ha espresso concetti importanti, ma non definitivi.

Ha detto che il Milan, pur continuando a non convincere appieno, ha vinto la terza gara in sette giorni, sempre in rimonta (la seconda in trasferta). La gara di Verona dei rossoneri è di quelle attorno alle quali può svoltare una stagione. Dopo un primo tempo inguardabile (come contro la Roma), chiuso sotto di un gol, i rossoneri crescono nella ripresa: Nesta sigla il pari, Dida (fatto a pezzi dopo Madrid) compie la parata dell'anno salva il risultato su Granoche al 90', poi ancora il difensore romano trova la rete della vittoria e della sua prima doppietta in serie A. Due settimane fa, gare così il Milan le avrebbe perse. E adesso la fiducia aumenta, la squadra ha una connotazione più precisa e orientata nuovamente al 4-3-3 (con il ritorno di Borriello, visto l'impresentabile Huntelaar). Il periodo nero sembra alle spalle, Leonardo si gode i primi frutti di un lavoro bocciato forse troppo presto.

La Juve di Ferrara, nonostante la vittoria di Siena, sembra ancora convalescente. La squadra vista in Toscana non può essere quella che vuole tentare l'assalto al tricolore: il gioco latita, con Diego troppo lontano dal vivo dell'azione e pericoloso solo su calci piazzati (da uno di questi è nata la zuccata vincente di Amauri). Il tecnico sembra ancora stare studiando il miglior assetto tattico per la sua squadra, ma le troppe variazioni dell'ultimo periodo sembra stiano portando più confusione che altro. E domani arriva a Torino l'organizzatissima e spettacolare Sampdoria di Del Neri: se i bianconeri devono ritrovarsi, questa è l'occasione giusta.

Il colpaccio della giornata è senza dubbio quello del Napoli a Firenze. Sinceramente, non avrei scommesso un euro sulla vittoria della squadra di Mazzarri in casa dei viola. I partenopei mi hanno smentito, giocando forse la miglior gara delle ultime gestioni, fallendo anche un rigore con Quagliarella ma meritando i tre punti arrivati grazie al gol dell'ex Maggio. Prandelli, fresco vincitore del premio Facchetti, aveva visto lungo quando alla vigilia affermava di vedere "un clima che non gli piace", ed ha reso a fine gara l'onore delle armi ad un avversario più in palla. 6 punti in due gare, ed una squadra trasformata: il progetto Mazzarri sembra decollare, e adesso al San Paolo arriva il Milan. Due squadre in palla, una gara che promette spettacolo.

Dopo l'inizio stentato, con le prime voci di esonero per Zenga, il Palermo adesso vola, e in attesa di rendere visita all'Inter si piazza al quarto posto dopo la vittoria sull'Udinese. Non è stato un Palermo bello come quello visto contro la Juve, ma quella dell'Uomo Ragno è sicuramente una squadra tosta e talentuosa, che darà filo da torcere a tutti.

Crisi nera per le romane: la Roma dopo i primi risultati confortanti della gestione Ranieri incappa in un umiliante 0-1 interno contro il Livorno ex fanalino di coda, ridotto in 10 per l'espulsione di De Lucia, mentre la Lazio crolla 2-0 a Bari dopo una prestazione a dir poco sconcertante. E non se la passa bene neanche il Genoa, che dopo le sberle con Inter e Lilla cede nel finale anche al Cagliari, tra le polemiche. Non è un caso, se le tre impegnate in Europa League hanno tutte e tre steccato in campionato.

Prosegue intanto il trend positivo di Conte sulla panchina dell'Atalanta: il 3-1 al Parma permette così agli orobici di staccarsi dalla zona retrocessione. E domani a Livorno sarà spareggio salvezza, così come quello che si giocherà al Dall'Ara tra Bologna e Siena. Come dicevo prima, si salvi chi può..

25 ottobre 2009

Anticipi: Inter facile sul Catania, la Samp demolisce il Bologna

"Attenti, se ne vanno": questo titolo compare in piccolo, in un articolo sulla sinistra della prima pagina della Gazzetta dello sport. Proclamo eccessivo, è ancora troppo presto per parlare di fuga importante, ma di sicuro le altre squadre di vertice dovranno darsi una mossa dopo i risultati degli anticipi di ieri.

E se la Sampdoria non usa certo le buone maniere, maltrattando il primo Bologna di Colomba con una gara straordinaria, l'Inter ci mette mezz'ora a mettere in cassaforte i 3 punti che gli garantiscono il mantenimento del primato in classifica.

Nel 4-4-2 della Samp c'è tutto il lavoro di Del Neri: velocità, organizzazione, e grande lavoro degli esterni di centrocampo. Mannini e Ziegler, ai margini con Mazzarri ma grandi protagonisti con il tecnico friulano, sembrano ricalcare le orme di Luciano e Manfredini del Chievo dei miracoli. E davanti, c'è un genio che risponde al nome di Antonio Cassano. La prova del barese è da applausi, gli assist che regala ai famelici Pazzini e Mannini sono da leccarsi i baffi. E il gol che non arriva non toglie il sorriso: il 4-1 finale proietta i blucerchiati a quota 20, a ridosso proprio dei nerazzurri.

Nerazzurri che se in Champions stentano, in campionato offrono una versione  decisamente meno affannata di se stessi. La difesa pasticciona e bucherellata in Europa torna magicamente solida e affidabile (con Cordoba al posto di Samuel, lasciato a riposo), Vieira lanciato come vertice arretrato del rombo sfodera una buona prestazione, e davanti in attesa di Milito c'è un Balotelli che nonostante le pecche di gioventù guadagna una miriade di falli. Il Catania, diciamolo, non è un test probante per una corazzata come quella nerazzurra: va però detto che l'approccio alla gara da parte dei nerazzurri è stato quello giusto, così come a Genova, così come non lo è stato contro Kazan e Dinamo.

Sneijder si conferma un ottimo acquisto, siglando anche il primo gol su punizione della sua avventura italiana, Muntari fa pace con San Siro segnando un gol fortunoso (Eto'o non tocca il cross del ghanese) e incassando gli applausi dei sostenitori nerazzurri. L'infortunio alla Dida di Julio Cesar, da cui nasce il rigore per i siciliani (fallo su Plasmati, che andava forse messo prima) dà alla gara l'illusione di essersi riaperta, ma nei 5' finali non succede praticamente nulla.

E adesso, le due aspiranti fuggitive aspettano i risultati di Juve (impegnata a Siena), Fiorentina (in casa col Napoli), e perchè no, anche del rinato Milan di Leonardo (all'esame Chievo).

Perchè Samp e Inter già un tricolore se lo sono contese, in passato: era il '91, e alla fine la spuntarono i blucerchiati, andando a vincere lo scontro diretto a San Siro. Che giorno era? Uno come tanti: il 5 maggio.




Novellino, ora è davvero caduta libera


Esonerato, ancora una volta. La carriera di Walter Novellino sembra sprofondata in un buco nero di mediocrità. Il progetto Reggina, che prevedeva proprio il tecnico perugino al timone, è naufragato dopo l'ennesima sconfitta della sua gestione, arrivata nell'anticipo di venerdì sul campo del Torino. Qualcosa si era rotto, e già il rumoroso tonfo interno contro l'Ancona (0-3) aveva portato la fiducia nel tecnico ai minimi storici.

Non si sa cosa stia succedendo, a quella macchina da promozioni che è stato per lungo tempo Novellino. Per anni, assumerlo (in B o C) equivaleva a ipotecare la certezza del salto di categoria. Ed anche nella massima serie, gli ottimi risultati conseguiti con Venezia e soprattutto Sampdoria sembravano valergli il visto per allenare una grande. Quella chiamata però non è mai arrivata, e a questo punto è lecito pensare che probabilmente non arriverà mai (anche se Del Neri sotto questo aspetto insegna..).

Dopo una gavetta tra Perugia, Gualdo (promosso in C1, finale l'anno dopo) e Ravenna, il primo grande risultato arriva nel 1998, con la promozione in A alla guida del Venezia. In A, dopo un inizio stentato sempre alla guida dei lagunari, Novellino compie il miracolo di centrare la salvezza, trainato dall'accoppiata Recoba-Maniero (con il Chino arrivato a gennaio in prestito dall'Inter). E l'anno successivo lo chiama il Napoli, voglioso anch'esso di tornare in A: Walter non delude, e gli azzurri volano in A. Non si ferma però il tecnico, che l'anno dopo sbarca a Piacenza e coglie l'ennesima promozione: rimarrà fino al 2002, poi la chiamata, sempre dalla B, della Sampdoria, finita in purgatorio qualche anno prima e mai riuscita a tornare a galla.

Inizia una storia importante per la carriera di Novellino, che porta subito i blucerchiati in serie A. Dopo un ottavo posto nel 2004 e un incredibile quinto posto nel 2005, la stagione 2005-2006 non segue l'onda degli anni precedenti e viene conclusa in dodicesima posizione. Il campionato successivo è l'ultimo del tecnico sulla panchina blucerchiata, concluso con la qualificazione all'Intertoto. Una squadra tosta, la Samp di Novellino, sempre fedele al suo 4-4-2. E per il tecnico, sembra in arrivo la grande occasione.

L'approdo al Torino, squadra del cuore, segna invece l'inizio della parabola discendente del tecnico perugino: nonostante un progetto di due anni, viene esonerato a 5 giornate dal termine. Ci tornerà al Torino, nel dicembre 2008, richiamato al posto di De Biasi, ma non farà miracoli. E arriva così un nuovo esonero a marzo, col Toro che poi precipiterà in B all'ultima giornata.

La storia recente con la Reggina segna un nuovo fallimento per Novellino, il più grosso probabilmente. Per una squadra dalle grandi ambizioni come quella calabrese, 9 punti in 10 partite e il quart'ultimo posto sono un magro bottino. L'ex calciatore del Milan sta forse sciupando quanto di buono era riuscito a seminare negli anni finora più importanti della sua carriera, e a questo punto è inevitabile fare un pò di sana autocritica e chiedersi cosa non sia funzionato nelle sue recenti gestioni. Ne avrà il tempo, Novellino. E la prossima sfida magari sarà quella giusta per rialzare la testa, e scacciare quell'etichetta di "sopravvalutato" che ormai da più parti gli viene accostata.

23 ottobre 2009

Vieri, addio al calcio. La storia di un bomber giramondo


Christian Vieri dice stop. L'attaccante, dopo tanto girovagare e tanti gol disseminati in giro per il mondo, ha deciso di chiudere con il calcio. "Non ho più voglia", le parole del bomber, che già da tempo era ai margini del calcio che conta.

Cosa dire di questo personaggio così particolare, capace di dividere la critica, ed infiammare i tifosi delle tante formazioni in cui ha militato, a suon di gol. Un vagabondo, da molti definito anche mercenario: eccezion fatta per l'Inter, nella quale ha militato per sei stagioni, sono state tante le maglie cambiate di anno in anno.

Una carriera che inizia in Australia con la maglia del Marconi Stallions, dove gioca come terzino sinistro. Incredibile, ma vero. La confidenza con la porta però c'era già allora, e così ben presto passa in attacco.

Rientrato in Italia nel 1988, il suo primo club è l'A.C. Santa Lucia, squadra di una frazione di Prato. L'anno successivo viene tesserato dal Prato, mettendosi in luce a suon di gol nel campionato Berretti. Viene poi ceduto al Torino, squadra con cui ha esordito in serie A il 15 dicembre 1991 in Torino-Fiorentina 2-0.

Sempre con la valigia in mano fin da giovane, Vieri girerà Pisa, Ravenna, Venezia e Atalanta, prima del grande approdo alla Juventus, dove si mette in luce nonostante in attacco la concorrenza fosse fortissima. Boksic, Del Piero, il giovane Amoruso: era una delle più forti Juventus di Marcello Lippi, capace di andare a vincere 6-1 in casa del Milan con doppietta proprio di Vieri.

La permanenza in bianconero però non dura a lungo. In un giorno come un altro, Luciano Moggi gelò i tifosi juventini con la dichiarazione: "Abbiamo ceduto Vieri e preso Fonseca", facendo inizialmente inorridire parecchi sostenitori della Signora. L'ancora giovane Vieri passa all'Atletico Madrid di Jesus Gil per la cifra record di 48 miliardi di lire, e nonostante qualche problema fisico metterà a segno 24 reti in 24 partite: capocannoniere della Liga.

Terza giornata, ancora tutto da decidere. O quasi..

Finisce il girone di andata degli otto gruppi di Champions League, ed ancora impazza la bagarre quasi ovunque. Poche le certezze, diverse le grandi in difficoltà al cospetto di piccoli team vogliosi di sgambettare i colossi del calcio europeo.

Nel gruppo A (gruppo della Juventus), il duello tra i bianconeri e il Bayern ha visto finora prevalere..il Bordeaux. I francesi, campioni dell'ultima Ligue 1, hanno sorpreso tutti piazzandosi in testa al girone, battendo nell'ultima giornata i tedeschi per 2-1, facendoli scivolare al terzo posto nel girone. La Juventus, con la vittoria di misura sul Maccabi Haifa firmata da Chiellini, va alle spalle dei girondini ed è pronta ad approfittare di un eventuale rivincita del Bayern tra 15 giorni per operare il sorpasso.

Il gruppo B vede il Manchester UTD con un piede e mezzo agli ottavi. L'undici di Ferguson viaggia a punteggio pieno in un girone obiettivamente tra i più semplici, ma che i red devils stanno affrontando, come sempre, col piglio della grande squadra. Corsa al secondo posto che invece è apertissima: il Wolfsburg appare favorito, ma occhio ai moscoviti del CSKA che hanno lo scontro diretto in casa tra un mese. I turchi del Besiktas sembrano tagliati fuori, ma con un paio di risultati positivi possono tornare in corsa.

La grande impresa del Milan a Madrid ha stroncato le velleità di fuga del Real: il gol di Pato ha riportato i rossoneri in testa al girone C, dopo lo scivolone con lo Zurigo, a pari punti proprio con l'undici iberico. Lo Zurigo, dopo l'impresa di San Siro, ha rovinato tutto cadendo in casa contro il Marsiglia (al primo squillo dopo due ko), e adesso le due formazioni sono appaiate a quota 3. Anche qui tutto aperto sulla carta, ma Milan e Real sono padroni assoluti del proprio destino.

Sembra chiuso ogni discorso nel gruppo D, dove il Chelsea di Ancelotti viaggia a punteggio pieno, seguito dal Porto a quota 6. Apoel e il sempre più deludente Atletico Madrid, a quota 1, sono quasi fuori.

Interessantissimo il girone E, dove Lione e Fiorentina stanno facendo fuori un Liverpool sempre più in crisi nera: la vittoria in extremis dei francesi ad Anfield rende sempre più pericolante la situazione degli uomini di Benitez (che rischia grosso, pronta una soluzione interna), già sconfitti dalla viola due settimane fa. Il Debrecen, fanalino di coda a quota 0, continua il suo cammino tra le grandi, ma per gli ungheresi l'unica speranza è quella di riuscire a fare almeno un punto nelle prossime tre gare.

Il gruppo F, dove figura l'Inter, è il più incerto in assoluto. Le figure non proprio eccellenti dei due colossi del girone al cospetto delle due squadre dell'ex URSS hanno reso quello che sembrava un film dall'esito scontato un thriller intricatissimo. La terza giornata, che poteva di fatto uccidere il girone, ha invece messo tutto ancora più in discussione. Rumoroso il tonfo del Barça in casa contro il Rubin Kazan, che proietta i russi in testa assieme a catalani e ucraini, a quota 4. L'Inter, sempre più sterile in Champions, è ultima a quota 3. La sensazione è che nella bagarre generale il Barcellona riuscirà comunque a passare il turno; l'Inter si gioca invece tutto a Kiev.

Fila col vento in poppa il Siviglia, che in un gruppo tutto sommato abbordabile come il gruppo G è a punteggio pieno e ormai qualificato. Dietro gli andalusi figura il sorprendente Unirea Urziceni, squadra rumena che ha saputo rompere l'egemonia delle squadre della capitale, dicendo la sua adesso anche in Europa. Con uno Stoccarda che trotterella, ed i Glasgow Rangers in crisi nera, il sogno dei romeni di passare il turno può diventare realtà.

Giochi quasi fatti nel gruppo H: Arsenal e Olimpiacos volano rispettivamente a 7 e 6 punti, Alkmaar e Standard Liegi sono già lontane. I belgi si giocano tutto nello scontro diretto interno con i greci il 3 novembre, gli olandesi in casa dell'Arsenal possono invece già dire addio alla competizione.

22 ottobre 2009

Champions League: le due facce di Milano

Difficile capire cosa succeda a Milano, di questi tempi. Difficile pensare come un Milan che a San Siro si fa prendere a pallonate dal Bari possa andare a profanare il tempio del grande Real Madrid ultramilionario; difficile credere che un'Inter straripante come quella di Marassi possa sciogliersi e diventare preda appetibile di una Dinamo Kiev che più dei genovesi non è che abbia chissà cosa.

Eppure succede. E' successo. Il calcio non è matematica, non lo è mai stato, e due più due (grazie a dio, o sai che noia) non fa sempre e solo quattro. Un pò di statistica però non guasta, e allora si fa fatica a credere all'impietoso risultato che vede l'Inter dominatrice assoluta in Italia compiere quest'oggi l'infausto anniversario dell'ultima vittoria in Champions League. Non serve invece scomodare i numeri per rendersi conto, alla luce della grande prestazione di ieri, di come la musica della Champions sia capace di trasformare anche il Milan più grigio degli ultimi 10 anni. Quella stessa musica che nelle orecchie dei calciatori nerazzurri suona come un pezzo metal nelle orecchie di un appassionato di musica classica. Stordisce, intorpidisce, e se Semak e Shevchenko non avessero fallito i match-ball nelle ultime due gare, staremmo qui a suonare il requiem, altro che finale a Madrid.

A Genova, dopo 6 minuti aveva colpito Cambiasso. Ci è voluto più o meno lo stesso tempo per subire il gol di Mikhalik, figlio di un macroscopico svarione di Stankovic e Lucio. Lo stesso Lucio che poi ha messo nei guai i suoi con un autogol sciagurato, smorzando ogni euforia per il pari di Stankovic. Il difensore brasiliano, già autore di un mezzo disastro a Kazan, è sembrato risentire parecchio del passaggio campionato-Champions, dando due versioni di sè completamente differenti (in linea con le prestazioni della squadra). Andrebbe rivisto un maggiore impiego di Cordoba, meno elegante e bravo palla al piede, ma difensivamente più affidabile.

Mourinho è stato forse "tradito" dalla sua stessa invenzione: quell'albero di Natale che sabato aveva portato gioco e gol a grappoli, martedì non ha funzionato, nonostante il rientro di Eto'o. La pressione gioca brutti scherzi, ad una squadra che in campionato domina e mette soggezione, ma in Europa risente invece del problema inverso. Cinica, spietata e convinta nei confini nostrani, timida, confusionaria e spesso goffa in continente. E il bilancio del Mou europeo latita: in 11 gare, 2 vittorie, 6 pareggi e 3 sconfitte, e contro top team come Barcellona e Manchester, 0 gol fatti in tre partite (2 subiti, tutti all'Old Trafford). Obiettivamente, un ruolino di marcia imbarazzante. E adesso, se non arriverà il colpo di coda a Kiev, una prematura eliminazione diventerebbe non solo una possibilità, ma una virtuale certezza.

Il brutto anatroccolo rossonero, intanto, studia per diventare un bel cigno. A Madrid, Leonardo ha coraggio e schiera contemporaneamente Seedorf, Ronaldinho, Pato e Inzaghi (con Pirlo in regia), in un particolare 4-3-3 che sarebbe stato scelta suicida se tutti e quattro non avessero interpretato alla grande le due fasi. Ronaldinho ispirato fa un figurone, in quel campo dove anni fa fu applaudito dai madridisti per la doppietta da extraterrestre rifilata con la maglia del Barça: "e se fosse tornato Dinho?", la domanda di un esaltatissimo Caressa. E intanto quel satanasso di Pato fa ammattire la retroguardia tutt'altro che irreprensibile del Madrid, alla faccia di chi ancora nutre dubbi sulle qualità straordinarie di un probabile, futuro pallone d'oro. E dire che la serata sembrava essere nata malissimo, dopo la scellerata papera di Dida (Storari e Abbiati, dove siete?)  che di fatto costituiva un potenziale e decisivo handicap. Il Real, privo del rock graffiante di Cristiano Ronaldo, non si fa bastare qualche virtuosismo di un Kakà versione ridotta, e sul regalo che il portiere brasiliano fa al sempre rapace Raul non riesce a costruire la sua vittoria. Ripreso da Pirlo, superato da Pato (con Casillas che fa pari e patta col collega), l'undici di Pellegrini va in bambola, ma con un tiro da fuori di Drenthe trova il 2-2 che sembra fissare il pari. Un gol annullato inspiegabilmente a Thiago Silva conferma il sospetto, Pato sconfessa tutto a 2' dalla fine. Ed è giusto così.

Pellegrini ha affermato a  fine partita che "il gioco non è stato male". La domanda è quale partita abbia visto il tecnico cileno del Real Madrid, mentre Leonardo, dopo la seconda vittoria importante in tre giorni, ha le quotazioni in netta ascesa. E tra quindici giorni, Milano vivrà una nuova grande sfida.



19 ottobre 2009

Serie A: il punto sull'ottava giornata

La roboante goleada dell'Inter contro il Genoa dà ufficialmente agli uomini di Mourinho il primato solitario in classifica: la possibilità di assistere a una mini-fuga a due con la Sampdoria infatti svanisce al fischio finale di un disastroso Orsato, che all'Olimpico ne combina di tutti i colori, frenando la corsa dei blucerchiati verso l'aggancio ai nerazzurri.
Non basta un naso rotto di Pazzini, per effetto di una poco composta uscita di Muslera in piena area di rigore, nè un'entrata assolutamente scomposta di Diakitè su Ziegler, per far indicare al fischietto vicentino gli undici metri. E così Del Neri va su tutte le furie, come si evince dalle sue dichiarazioni a fine gara: "Ci mancano 4 punti, siamo stati finora penalizzati dagli arbitri", il succo del pensiero del tecnico. Matuzalem risponde al gol iniziale siglato proprio da Pazzini, che poi uscirà per via dello scontro con Muslera: un mese di stop per lui, beffa totale per i doriani.

Non è stata una gran giornata per i nostri migliori arbitri, va detto. Anche Ranieri, tendenzialmente poco incline a pronunciarsi riguardo l'operato dei direttori di gara, non ha avuto parole tenere per Rosetti, indicato come uno degli imputati principali della sconfitta subita in rimonta dai giallorossi contro il Milan. E Rosella Sensi, memore di vecchie ferite ancora aperte, ha rincarato la dose, notando come "Rosetti sbagli spesso contro la Roma", e che in passato gli "fece perdere uno scudetto", riferendosi probabilmente alla gara di San Siro finita 1-1 contro l'Inter, che solo in extremis riacciuffò il pari (campionato vinto poi dai nerazzurri).

La verità, o almeno, una delle verità che ci lascia la gara di ieri a San Siro, è che quando giochi un primo tempo contro un avversario allo sbando, ormai alle corde, e non assesti il colpo del ko, la sorte ti presenta quasi sempre il conto. E questo è quello che è successo in Milan-Roma. Una Roma senza Totti, ma bella come spesso le capita di essere in quel magnifico stadio, domina il "solito" Milan e passa in vantaggio con Menez, poi spreca sciaguratamente. Il Milan del secondo tempo, con Inzaghi, ha la scossa giusta, e coi gol di Dinho (rigore o no?) e Pato ottiene 3 punti che fanno abbassare considerevolmente la calda panchina di Leonardo. E mentre la Roma, furiosa, si lecca le ferite, i rossoneri si scoprono improvvisamente a soli 2 punti dalla Juve.

L'Oscar di giornata tra le provinciali se lo contendono ben tre squadre: Bari, Parma e Atalanta.

L'undici di Guidolin con la sofferta vittoria sul Siena (1-0, grazie a Bojinov) si catapulta ad un incredibile quinto posto, ed anche se questo non sarà il piazzamento finale, poco importa. Il tecnico veneto sta facendo un grandissimo lavoro, con una squadra giovane e talentuosa, confermandosi senza dubbio tra i migliori tecnici italiani. Chissà perchè non ha mai avuto una chance "importante": certi palcoscenici sono stati calcati da tecnici molto meno preparati di lui.

Il Bari di Ventura, dal gioco spumeggiante e dai volti interessanti (Ranocchia e Rivas, per far due nomi), espugnando il campo del Chievo di Di Carlo infila un'altra perla nel suo finora strepitoso campionato. Dopo essere usciti per due volte indenni da San Siro (rischiando il colpaccio in entrambi i casi), i galletti ora sanno anche vincere. E la classifica lievita.

Nota di merito anche per l'Atalanta, a cui la cura Conte ha portato fin qui i benefici sperati. Cinque punti in tre gare, per una squadra che aveva iniziato perdendo le prime cinque, sono oro colato. A Udine è arrivata forse la più grossa sorpresa della giornata, col sonoro 3-1 firmato da Tiribocchi, Valdes e De Ascentis: per gli orobici le sabbie mobili della serie B, adesso, sono più lontane.

Chi invece vede la B più da vicino è il fanalino di coda Livorno. Col Palermo, i toscani passano in vantaggio con Danilevicius, ma Miccoli e Balzaretti firmano la rimonta rosanero e fanno saltare la panchina di Ruotolo (probabile l'arrivo di Cagni). Zenga invece ha di che gongolare: il suo Palermo adesso vola anche in trasferta.

Le vittorie raggiunte in extremis da Napoli e Catania (rispettivamente contro Bologna e Cagliari) fanno morale e classifica, ma non cancellano del tutto i problemi delle due squadre. Per Mazzarri (buona la prima) e Atzori c'è ancora tanto da lavorare.

18 ottobre 2009

Troppa Inter, 5-0 al Genoa!

Ricordo una frase di Mourinho di qualche tempo fa, detta in risposta a una domanda riguardante l'allora ipotizzata (ma molto remota) partenza di Ibrahimovic. Il tecnico portoghese disse pressappoco così: "Nessun giocatore vale quanto un club".

Ieri, assistendo allo show dei nerazzurri a Genova, questa frase mi è tornata prepotentemente in testa. La grande emergenza ha partorito la più rotonda vittoria esterna del campionato, e una delle più rotonde della centenaria storia del club di Massimo Moratti: un 5-0 senza repliche, proprio sul campo in cui maturò qualche sabato addietro la prima sconfitta stagionale (firmata Pazzini). Mancavano Milito e Motta (e addio derby degli ex), negli ultimi giorni si era aggiunto anche il forfait di Eto'o: sul campo però non se n'è accorto nessuno, assistendo ad una prestazione da parte dei campioni in carica addirittura superiore a quella sfoderata, al gran completo, nel derby col Milan.


Le scelte di Mourinho hanno pagato, stavolta. Senza i suoi bomber di fiducia, addio 4-3-1-2 e largo ad un 4-3-2-1, con Balotelli terminale offensivo, supportato da Stankovic e Sneijder, in gran serata. In mezzo al campo, cerniera formata da Zanetti-Cambiasso-Muntari. Là davanti il "colored" bresciano, al di là della solita spocchia mista a nervosismo, assolve benissimo il compito di unica punta, e col suo movimento non dà punti di riferimento alla retroguardia rossoblù.

Il gol di Cambiasso mette sposta subito l'inerzia della gara dalla parte dei nerazzurri. Il raddoppio porta la firma di Balotelli, ben servito da Sneijder e bravo a battere in diagonale Amelia. Da applausi il 3-0, arrivato allo scadere del primo tempo: Amelia esce abbondantemente dall'area di rigore, sbaglia il rinvio recapitando il pallone tra i piedi di Stankovic che non ci pensa due volte e al volo da 50 metri spedisce il pallone nella porta sguarnita. L'erroraccio del portiere genoano non sminuisce la bellezza del gesto tecnico del serbo, che chiude così un primo tempo senza storia. Per Julio Cesar, un primo tempo di tutto riposo.

Nel secondo tempo, accademia e poco altro. Il Genoa non ci crede più, Mou inizia a pensare alla Dinamo Kiev e risparmia un dolorante Cambiasso facendo spazio a Vieira. E' proprio la serata del tecnico di Setubal, visto che proprio il capriccioso francese sigla il gol del 4-0, concretizzando al meglio un assist del solito Sneijder. Maicon chiude il pokerissimo pochi minuti dopo, sfruttando l'ennesimo pasticcio della retroguardia dei grifoni, poi si aspetta solo il fischio finale, che arriva senza che l'arbitro assegni un solo minuto di recupero. In una serata così, non avrebbe avuto senso darne.

L'Inter si proietta così in testa alla classifica, in attesa dell'esito di Lazio-Sampdoria. Una vittoria esterna dei blucerchiati farebbe sorridere almeno una metà di Genova e manderebbe Cassano e company in coabitazione coi nerazzurri.

Certo è che una prova del genere mette pressione alla concorrenza, in considerazione del valore dell'avversario e della condizione dei nerazzurri, privi di tre uomini chiave e con i nazionali sudamericani ritornati solo venerdì dalla trasferta intercontinentale con le rispettive nazionali. Tanti si aspettavano una frenata, è arrivato un prepotente segnale di fuga: se la Juventus non riprende a correre, c'è il rischio che ad arginare l'incedere nerazzurro rimanga davvero solo la Sampdoria.


Più viola che Juve, pari tra i fischi

Il classico pareggio che non fa classifica, ma dire che non serva a nessuna delle due squadre forse non è del tutto corretto. La Fiorentina esce dal Delle Alpi con un buon punto, mentre per la Juve, che non vince ormai da un mese, la serata segna un ulteriore è degna di nota solo per il ritorno al gol di Amauri dopo quasi 6 mesi e il rientro di Sissoko dopo il lungo infortunio.

Al di là del digiuno di vittorie, in casa Juve preoccupa soprattutto l'involuzione di gioco. Non è la Juve di inizio stagione, che spaventava la concorrenza e sembrava aver trovato con Diego e Felipe Melo la chiave per scardinare la supremazia dell'Inter nel massimo campionato. Melo è ancora troppo discontinuo e alterna giocate sontuose a errori da dilettante che spesso costano carissimi (vedi Palermo), mentre Diego tra un acciacco e l'altro non è più riuscito a riproporre prestazioni da trascinatore assoluto come a Roma.

La Fiorentina ha fatto dal canto suo una buona partita, trovando il vantaggio dopo pochi minuti con Vargas, ben servito in area da Jovetic, e tenendo bene il campo anche dopo il pareggio di Amauri, che trasforma in assist una conclusione sbagliata di Iaquinta, correggendo in rete a porta vuota. All'intervallo è 1-1. La Fiorentina recrimina per una rete di Vargas su punizione vanificata (il fischio arriva prima che la palla varchi la linea di porta) da un presunto fallo di Dainelli a centroarea, la Juve si lamenta per un fuorigioco fischiato a Iaquinta.

La ripresa non riserva grandi emozioni, fatta eccezione per i primi minuti. Un'occasione per Sissoko, una per Jovetic, poi il ritmo cala. A nulla servono i cambi, che portano in campo Mutu per Jovetic e Camoranesi per Sissoko. Nel finale Ferrara inserisce De Ceglie per Iaquinta, rinunciando di fatto all'assalto finale. Al fischio finale, fischi per i bianconeri, che proseguono nel trend negativo che li ha visti raccogliere 3 punti nelle ultime 4 gare di campionato. Ferrara, da condottiero senza macchia, sale prepotentemente sul banco degli imputati. Le prossime gare diranno se la sua Juve è solo convalescente, o se si può ufficialmente aprire lo stato di crisi.

16 ottobre 2009

Lippi e Maradona, a ruota libera

Marcello Lippi e Diego Armando Maradona. Sfoghi diversi, al termine di partite dal coefficiente di importanza decisamente diverso, ma figli comunque di tensioni accumulate per via di situazioni che dentro e fuori dal campo sono andate a toccare direttamente l'orgoglio dei due ct.

Lo sfogo di Lippi, tutto sommato, rientra nelle possibili reazioni all'ennesima manifestazione di inferiorità del tifo nostrano al cospetto di quello inglese e spagnolo. Fischiare la squadra e inneggiare a calciatori non convocati (Cassano), mentre la squadra sta perdendo contro Cipro rischiando una figuraccia storica (nonostante la qualificazione già in cassaforte), non è il massimo.

Poi, che la nazionale non incanti, che le scelte di Lippi siano spesso controcorrente e Cassano sia assurdamente fuori dal giro, è un altro discorso, già ampiamente argomentato in altre occasioni. Concordo però col ct sul fatto che l'italiano dovrebbe volere più bene alla sua nazionale, avere un atteggiamento comunque più positivo e non aspettarla sempre al varco per poterla colpire al primo calo-crollo-momento di difficoltà. E questo non per il solito "siamo campioni del Mondo", che ormai col mondiale alle porte è un fregio che lascia il tempo che trova. Il punto è che siamo italiani, e non si può non tifare Italia perchè le convocazioni non sono quelle giuste o il commissario tecnico non va a genio.


Squallida, volgare e fuori luogo l'esternazione del ct (?) argentino Maradona dopo la vittoria di misura in Uruguay che ha dato il pass mondiale ai biancocelesti.

Come si può vedere nel video, Maradona invita chiaramente chi non credeva nella sua Seleccion a "succhiarlo", chiedendo scusa alle signore. Considerando gli scempi fatti sulla panchina di una delle nazionali più forti al mondo, avrebbe fatto meglio a star zitto, ringraziando la buona sorte che gli ha permesso di uscire vincitore dalle gare con Perù e Uruguay. Una squadra, la sua Argentina, senza il minimo filo logico, appesa alle invenzioni dei singoli e ancora alla ricerca di un gruppo base. La qualificazione raggiunta in questo modo, rischiando fino all'ultima giornata di restare fuori dal mondiale, non è una vittoria dell'operato di Maradona, ma un chiaro segnale dell'inadeguatezza del "Pibe de Oro" al ruolo assegnatogli.

Se l'Argentina vuole dire la sua in Sudafrica, forse sarebbe il caso di affidare la guida tecnica ad un vero ct, non ad un totem che ha fatto le fortune delle squadre in cui ha militato, ma non è forse in grado di sostenere le pressioni e le difficoltà che la fase "gestionale" richiede.

14 ottobre 2009

Siamo ai mondiali, parte la corsa alla lista dei 23

Il punto raccolto a Dublino contro l'Irlanda ha di fatto portato la nazionale di Marcello Lippi in Sudafrica con un turno di anticipo, e considerata la bagarre che sta coinvolgendo in mezzo mondo nazionali blasonate (alcune già campioni) come Argentina, Francia, Portogallo e Uruguay, tutte a rischio qualificazione, è già un bel risultato.

Tra un anno però ci vorrà una squadra di spessore nettamente diverso, per difendere il titolo vinto nell'indimenticabile notte di Berlino: un gioco e una cifra tecnica come quelle viste nel girone di qualificazione, difficilmente potranno bastare al cospetto di squadre di primissimo piano come Brasile, Inghilterra e Spagna, colpevolmente assenti alla stretta finale del mondiale tedesco. Con un occhio particolare anche alla sempre solidissima Germania, all'Argentina (a patto che si qualifichi, ed esoneri Maradona prendendo un vero ct), con Olanda e Francia possibili outsider.

Il gruppo azzurro continua, per ammissione dello stesso Lippi, il processo di ricostruzione di una nazionale uscita a pezzi dalla Confederations Cup e che non potrà ancora imperniarsi totalmente sullo zoccolo duro dei "campioni del mondo". Buffon, Zambrotta, Materazzi, Cannavaro, Grosso, Gattuso, Perrotta, Camoranesi, Pirlo, Totti, Toni..questi gli undici che scesero in campo il 9 luglio 2006. Qualcuno in Sudafrica sarà ancora lì a difendere il titolo, per altri invece il mondiale sarà soltanto un appuntamento televisivo.

La corsa alle 23 maglie disponibili è già partita. Per avere una visione d'insieme della corsa alle maglie azzurre, vediamo il borsino reparto per reparto.

PORTIERI (3 posti)

Il numero uno sarà sempre lui, Gigi Buffon, e su questo non c'è concorrenza. La continuità delle ultime convocazioni del ct porta comunque a pensare che difficilmente ci saranno novità anche per i ruoli di secondo e terzo portiere: Amelia e Marchetti favoriti (il primo era presente già nel 2006), De Sanctis pronto a fare lo sgambetto ad uno dei due.

DIFESA (7-8 posti) 
 

Il reparto su cui si è fondato il successo tedesco, rimarrà probabilmente immutato per tre quarti: Chiellini prenderà il posto che fu di Materazzi (ormai fuori dal giro), accanto a Cannavaro, mentre gli esterni (merce ormai rara nel nostro Paese) dovrebbero essere ancora Zambrotta e Grosso. Spera Santon, che piace tanto a Lippi e può rappresentare un'importante alternativa, a patto che torni quello visto la scorsa stagione all'Inter. Della spedizione sarà anche Legrottaglie, mentre sarà decisiva la stagione per decidere a chi andranno i restanti posti disponibili: in corsa, i genoani Bocchetti e Criscito (molto duttili tatticamente), il viola Gamberini, e qualche chance potrebbe averla anche il romanista Motta (esterno destro, discreta alternativa a Zambrotta).


CENTROCAMPO (7-8 posti)



Scontate le presenze di Pirlo e De Rossi, pressochè certe le convocazioni di Camoranesi e Marchisio (in continua crescita, e ormai titolare anche nella Juventus); Palombo nell'ultima apparizione azzurra è sembrato un pò frenato dal peso della maglia (non si è visto il leader blucerchiato, ma un onesto comprimario), ma è elemento di grande sostanza in mezzo al campo e non sembra essere in discussione la sua presenza in Sudafrica. Gattuso non ringhia più da tempo, ma ormai è un senatore anche nel gruppo azzurro ed è difficile pensarlo fuori dai 23. Per le maglie disponibili, un posto per un regista di valore come D'Agostino credo vada trovato, anche se con le scelte di Lippi non si può mai dire. Qualche speranza per il Sudafrica possono coltivarla anche Montolivo e Marchionni, che potrebbero entrambi tornare utili alla causa azzurra; Aquilani è qualitativamente un pezzo da novanta, ma va visto dopo l'infortunio e dopo l'annata a Liverpool; il parmigiano Galloppa è in costante ascesa, ma le sue possibilità attuali sono davvero poche.

ATTACCO (6 posti)


Ed eccoci al settore più delicato. Gilardino, Iaquinta, Di Natale, e Rossi sembrano decisamente intoccabili, il bello viene per le maglie da assegnare. Quagliarella, Amauri, Cassano, Pepe, Totti. Sì, proprio Totti, che non voleva saperne più dell'azzurro, ma che recentemente ha aperto un importante spiraglio ad una eventuale presenza nel gruppo mondiale, tra l'altro corrisposta dal ct (che non sembra disdegnare la possibilità di avere il pupone nel gruppo). Cassano, nonostante sia senza ombra di dubbio il miglior talento italiano in circolazione, non sembra invece rientrare nella logica "le porte della nazionale sono aperte a tutti": lui incanta, disegna calcio, ha messo la testa a posto, ma Lippi non sembra volerne sapere. Difficile che un testardo come il ct cambi idea, ma sinceramente aprire ad un Totti che si è defilato dopo Berlino e ricompare magicamente adesso che gli altri hanno raggiunto il Sudafrica, e chiudere quasi del tutto le porte ad un talento scalpitante come il barese è quantomeno incomprensibile.

Riguardo Amauri, la sensazione è che appena otterrà il passaporto italiano Lippi non esiterà a convocarlo almeno per qualche amichevole. E considerato che Toni non è più nel giro, un centravanti di peso come il brasiliano potrebbe far comodo alla causa azzurra. Mi viene in mente una battuta di Severgnini uscita su sportweek qualche settimana fa, come commento alla frase dell'attaccante bianconero "Scelgo l'Italia perchè è il Paese che mi ha visto crescere calcisticamente". Il giornalista ha aggiunto che, ovviamente, il fatto che Dunga non lo consideri minimamente, è del tutto irrilevante. Ma lasciamo perdere questo piccolo particolare..

Le quotazioni di Quagliarella sono in lieve ribasso, travolto dalla mediocrità del Napoli; l'attaccante è comunque da tempo nel giro azzurro, e può ancora rimettere in piedi la sua annata, beneficiando del cambio tecnico. Pepe è in una situazione un pò particolare, potendo essere convocato sia come attaccante che come centrocampista: dipenderà dal tecnico, eventualmente, decidere dove inserirlo nella lista dei 23. Il calciatore dell'Udinese, protagonista nel decisivo gol del 2-2 di Dublino che ci ha portato al mondiale, piace molto a Lippi per le sue caratteristiche che lo rendono sia punta, sia esterno offensivo di un 4-2-3-1, e quindi è ragionevole pensare che possa essere un serio candidato alla rassegna iridata.

In Germania è "bastato" il cuore, e una concomitanza di circostanze favorevoli. Tra un anno ci sarà bisogno di un calcio più moderno e propositivo, e l'auspicio (che si spera non sia vano) è quello di vedere una nazionale che faccia bel calcio e possa vendicare le figuracce della prima, scadente apparizione in Sudafrica..

10 ottobre 2009

Italia, basta un punticino

Un pareggio e ci siamo. Chiaro che nessuno storcerebbe il naso per una eventuale vittoria azzurra, ma meglio non fidarsi troppo di quella vecchia volpe di Trapattoni, che nella sua nuova tana medita lo sgambetto a quella che è stata la sua Nazionale. Le sorti di Italia e Irlanda (o EIRE, se preferite) sono inevitabilmente legate a doppio filo all'esito del confronto di questa sera al Croke Park di Dublino: se è vero che non perdendo, stacchiamo il biglietto per il Sudafrica, è altrettanto vero che una eventuale sconfitta rimetterebbe, almeno sulla carta, tutto in discussione (anche se poi avremmo un nuovo "match-point" il 14 ottobre contro Cipro, a Parma).

Non ci sarà Cannavaro, che però dovrebbe rientrare nel gruppo azzurro in tempo per la gara contro Cipro: il caso riguardante il presunto doping del difensore napoletano, sembra già essersi sgonfiato. In difesa, Chiellini-Legrottaglie con Zambrotta e Grosso esterni. Il modulo sarà un 4-2-3-1, presumibilmente, con De Rossi e Palombo davanti alla difesa, Camoranesi e Di Natale (o Iaquinta) esterni con Pirlo trequartista dietro Gilardino. Non sono da escludere novità dell'ultim'ora, ma al momento sembra l'undici più probabile.

La domanda, ormai inflazionata, è sempre quella: ma un Cassano così, non può proprio trovare spazio in una nazionale come la nostra? Il calciatore è straordinario, l'uomo è cambiato già da un pò. Visti i momenti non proprio esaltanti di Camoranesi e Quagliarella, era forse il momento giusto per dare una chance al barese. La porta di Lippi però è rimasta chiusa, non è dato sapere se a doppia mandata o senza giri di chiave. L'unica certezza è che in una nazionale vecchia e con diversi uomini sottotono, convocare quello che ad oggi è (assieme a De Rossi) il miglior calciatore italiano non potrebbe che aumentare la cifra tecnica del gruppo azzurro. Staremo a vedere..intanto, questa sera c'è un pass da ritirare.

Forza azzurri.

Mondiali Under 20: Italia eliminata, ma fuori a testa alta

L’Italia è fuori dal Mondiale Under 20, ma con onore. Nel quarto contro l'Ungheria succede di tutto: gol a raffica (5, tre nei supplementari), cartellini rossi come se piovesse, e gara che finisce in 8 contro 10.


Al Mubarak Stadium di Suez si mette male da subito. Dopo appena 40” Gentili commette un’ingenuità, trattiene in area Nemeth, l’arbitro colombiano Ruiz assegna il rigore. Dal dischetto Koman spiazza Fiorillo, e la strada verso la semifinale si mette subito in salita. L’Italia prova a reagire, ma non trova spazi importanti per rendersi pericolosa e in più l’Ungheria non rinuncia a pungere, attaccando specialmente sulla sinistra dove spazia un ottimo Goszotonyi. Ci vuole un grande Fiorillo al 14’ per evitare il raddoppio, vola all’incrocio dei pali per respingere una conclusione di Nemeth. La squadra allenata da Rocca impensierisce per la prima volta Gulacsi al 24’, con un colpo di testa di Bini, su azione di calcio d’angolo, che sfiora l’incrocio dei pali. L’Italia arremba nell’ultimo quarto d’ora del primo tempo, grazie anche alla spinta di Mustacchio. Al 43’ contatto nell’area ungherese, Della Penna va a terra, ma Ruiz fa cenno di proseguire e poco dopo un tiro di Raggio Garibaldi viene deviato da un difensore, con Gulacsi battuto.

Nell’intervallo Rocca sostituisce Misuraca con Eusepi. L’Italia tiene più palla, ma fatica a trovare dei varchi nello schieramento avversario. La severa espulsione di Gentili al 26’ sembra chiudere la partita, ma al 37’, improvviso arriva il pareggio di Mazzotta. Il finale è caotico, l’arbitro va in confusione: rossi per Bini al 39’, per i due tecnici Rocca ed Egervari e per Szekeres al 44’ (gomitata a Mustacchio). Si va ai supplementari, dieci contro nove, diventa determinante il valore atletico. Bonaventura sfiora il gol, Fiorillo ne evita un paio. Ma non può nulla al 112’ sulla ripartenza che porta Nemeth a segnare il 2-1. Sembra finita e invece no: un minuto dopo Bonaventura segna un magnifico 2-2. Espulso anche Albertazzi. E a tre minuti dalla fine ancora Nemeth batte Fiorillo in contropiede. Stavolta è davvero finita.

Complimenti comunque agli azzurrini di Rocca, autori di un ottimo mondiale, impreziosito dalla vittoria contro la favoritissima Spagna. Non è bastato, ma questo gruppo ha giovani interessanti che presto si spera possano essere valorizzati anche nella massima serie del nostro campionato.

07 ottobre 2009

Nella domenica dei ribaltoni..cade solo Donadoni!

Doveva essere la domenica dei ribaltoni, alla fine di testa ne è caduta solo una: quella di Roberto Donadoni, silurato da De Laurentiis proprio quando la sua panchina, uscita inizialmente indenne dopo l'allontanamento del dg Marino, sembrava un attimino meno rovente. La doppietta di Totti ha invece dato il definitivo colpo di mannaia alla testa dell'ex tornante rossonero, che lascia il San Paolo dopo una gestione sicuramente al di sotto delle aspettative, sue e del suo presidente. "Cacciato da chi capisce poco di calcio", il commento del tecnico: di sicuro, al di là delle competenze del patron azzurro, il Napoli di Donadoni non è stato un gran Napoli. Un anno fa Reja era partito a razzo, facendo sognare (e sognando lui stesso: grosso errore, per sua stessa ammissione) una piazza calorosa come quella partenopea: poi il vertiginoso crollo fin sotto la metà della classifica, e l'avvicendamento con Donadoni che però, dati alla mano, ha fatto peggio del tecnico goriziano.

Una campagna acquisti faraonica, con gli arrivi di Quagliarella, Cigarini, Zuniga, Campagnaro, ma una squadra molle, senza gioco nè anima, costantemente alla ricerca di un'identità che coi ripetuti cambi di modulo del tecnico non ha mai trovato: bocciato il 4-3-3, niente da fare col 4-4-2, non è andata meglio col 3-5-2. E in una situazione così deficitaria, non poteva che essere Donadoni a pagare il conto. La sua creatura, non è mai stata veramente sua, e allora cambiare può essere la giusta cura ad una grande malata di questo campionato. Arriva Mazzarri (non Mancini, che a quanto pare tutti vogliono, e nessuno prende), ed è lecito aspettarsi un risveglio importante da parte di una squadra che non sarà da Champions o da Uefa piena come vuole il suo presidente, ma può sicuramente aspirare a traguardi superiori ad una tranquilla salvezza.

Dinho salva Leo? Questo è il messaggio che è passato sui quotidiani sportivi lunedì; il mio parere è che anche in caso di sconfitta, difficilmente sarebbe cambiato qualcosa. Il Milan visto domenica a Bergamo, non è poi tanto diverso da quello visto contro Bari e Zurigo. Sotto di un gol, contro il fanalino di coda ridotto in dieci uomini per l'espulsione quantomeno discutibile di Radovanovic, è sembrato ancora un Milan che va avanti con la forza della disperazione, più che con la forza del gioco. Rimediare allo scadere un punticino, non può aver cambiato sensibilmente lo scenario attorno a Leonardo, che a mio parere è e rimane solo uno dei tanti responsabili di una gestione scellerata. E proprio per questo, Leo ha ancora tempo. Galliani sa benissimo che difficilmente cambiando il tecnico potrà cambiare una situazione figlia delle tante mancanze estive. Van Basten aveva la bacchetta magica in campo, la panchina è un'altra cosa..

Chi invece è uscito dal tunnel, è Walter Zenga. Criticato, inserito nel tourbillon dei tecnici in aria di esonero dopo lo stentato inizio del suo Palermo, l'uomo ragno si è messo il vestito buono e domenica sera ha annichilito la Juventus a caccia del primato solitario con un 2-0 che poteva essere ben più corposo. Walter ormai è tecnico navigato, la gavetta fatta in giro per l'Europa lo ha portato a saper gestire momenti di pressione e situazioni difficili (possono dire lo stesso Ferrara e Leonardo?): risultato, il Palermo incanta, Pastore e Miccoli fanno ammattire Melo e compagnia bella, Cavani e Simplicio sigillano una serata magica. Mourinho, zitto zitto, gongola e si riprende la testa della classifica grazie al gol di Sneijder a tempo scaduto, con ringraziamenti sentiti anche al Parma.

Quotazioni che salgono, quotazioni che scendono: adesso di mira c'è il fino a poco tempo fa idolatrato Ferrara, per il filotto Bordeaux-Bologna-Bayern-Palermo. La Juve recente non convince, Diego si è spento, Felipe Melo non è continuo (cosa che per il suo ruolo è grave come l'astinenza da gol per un centravanti), Buffon deve fare il super lavoro. La ruota gira, la stampa tenera non lo è mai stata. In bocca al lupo, Ciro.

03 ottobre 2009

Italia attenta, perdi un club!

Due giornate di Champions non sono molte per un bilancio, ma costituiscono pur sempre un terzo del girone. E diciamolo, non è stata una gran settimana per le nostre squadre impegnate in Champions League: la situazione vede le nostre due migliori formazioni (Inter e Juve) ancora a secco di vittorie e con due squadre davanti, con un'occhio particolare a Bordeaux e Dinamo Kiev (avessi detto Manchester e Chelsea..). Il Milan dopo Marsiglia si è liquefatto in casa contro lo Zurigo, e adesso è atteso da un pericoloso doppio confronto col Real, col rischio di trovarsi terzo a due giornate dalla fin, mentre l'unica nota positiva è arrivata dalla Fiorentina, che dopo il successo sul Liverpool guarda con ottimismo alle prossime sfide col Debrecen, pronta ad approfittare dei risultati che verranno dal confronto tra gli inglesi e il Lione.

Un pò meglio è andata in Europa League, con le vittorie di Roma e Lazio e la sconfitta di misura del Genoa a Valencia, ma in generale possiamo dire che il nostro contingente non è al momento in grado di compiere l'assalto all'Europa che tutti noi ci auguriamo.

Stavolta non è solo una questione strettamente patriottica, bensì un discorso di "sopravvivenza". I nodi stanno venendo al pettine, e negli ultimi quattro anni le magre figure delle nostre rappresentanti nei tornei continentali ci hanno portato a perdere punti nell'ormai famigerato "ranking Uefa", che ogni cinque anni riassegna il numero di partecipanti per nazione in funzione della posizione occupata dal Paese nella speciale graduatoria. Sette squadre ai primi tre Paesi (4 in Champions League), tre ai successivi due, e così via.

Dopo anni di primato solitario, a poco a poco abbiamo perso la leadership, scalzati dalle ormai lontanissime Inghilterra e Spagna: siamo passati da una finale tutta italiana (Milan-Juve del 2003, con l'Inter di Cuper semifinalista), ad un dominio inglese, col Barcellona a tenere alta la bandiera spagnola. Fatto salvo il Milan, vincitore nel 2007 e finalista nella sfortunata finale turca del 2005, lo scenario è disarmante. Gli exploit rossoneri, oltretutto difficilmente ripetibili quest'anno, non possono bastare a salvare la baracca, perchè la Germania incalza e la differenza in termini di punti ormai è ridottissima. In parole povere, se le nostre squadre faranno peggio delle tedesche, arriverà il sorpasso, e addio al quartetto-Champions.

Questa l'attuale graduatoria:

1 - INGHILTERRA        70.285
2 - SPAGNA                     68.043
3 - ITALIA                       54.195
4 - GERMANIA              51.707

Come si può vedere anche con l'ausilio dei numeri, è di nuovo Italia-Germania. Stavolta però in palio non c'è la finale dei mondiali, ma un posto in Europa, oltre ad una questione di prestigio continentale.

01 ottobre 2009

Milan, figuraccia a San Siro: a far festa è lo Zurigo

D'accordo, questo Milan in piena crisi di gioco e risultati non dà al momento nessuna garanzia, ma neanche il più folle degli scommettitori avrebbe mai potuto pensare ad un colpaccio della matricola Zurigo (già macinata in casa dal Real) a San Siro. Vuoi perchè i rossoneri quando sentono la musica della Champions tirano fuori energie nuove, vuoi perchè obiettivamente il Milan schierato da Leonardo ieri sera avrebbe potuto fare un sol boccone dei pur volenterosi elvetici, non sembrava poterci essere storia.

E invece la cronica incapacità di segnare dei rossoneri, mista ad una organizzazione difensiva approssimativa e ad un pizzico di sfortuna (vedi palo di Zambrotta a tempo praticamente scaduto), è stato il cocktail letale che ha portato al clamoroso ko interno. Il gol di Tihinen, splendido nel colpire di tacco al volo su azione di corner, arriva al 10': ad un Milan arruffone e senza lo straccio di un progetto tattico non ne basteranno 80 per segnare un gol ad una squadra che ne aveva presi 5 dal Real Madrid due settimane fa. E anzi, agli svizzeri non sono mancate le occasioni per raddoppiare, abili a infilarsi negli enormi spazi che un Milan allo sbando inevitabilmente lasciava dietro.

Adesso il cammino dei 7 volte campioni d'Europa si fa davvero complicato, e a poco serve adesso dire che il Milan rimane la squadra più titolata al mondo. Leonardo, incassata la fiducia della società, sembra sempre meno al timone di una squadra che naviga a vista, senza un'identità precisa ed alle prese con una pericolosa fase involutiva di troppi suoi uomini chiave: Ronaldinho, sulle cui spalle si fondava il dopo-Kakà, è un oggetto misterioso, Gattuso sembra non averne più, Pirlo non fa più il fenomeno e Pato più che un giovane esplosivo sembra un centravanti a fine carriera. Dopo la sfavillante doppietta di Siena, almeno dal Papero ci si aspettava qualcosa di più.

Leo non ha una rosa che può ambire a vincere scudetto o Champions, ma d'altro canto è pur vero che questo Milan non può andare avanti collezionando figuracce. E il preoccupante non-gioco della formazione rossonera sta pian piano facendo venire a galla anche gli errori di inesperienza del tecnico brasiliano: se a questa squadra fanno difetto gioco e personalità, il principale responsabile non può che essere l'allenatore.

Le prossime due settimane diranno se la fiducia a Leonardo sarà ancora piena, o se la temperatura della panchina rossonera supererà pesantemente i livelli di guardia..