21 dicembre 2009

Uomini sull'orlo di una crisi di nervi..


La striscia nera continua, e sembra quasi uno scherzo della sorte il fatto che l'unica vittoria bianconera nelle ultime sei gare sia arrivata proprio contro l'Inter. Un fiore nel deserto aridissimo che ha mandato a gambe all'aria quel "progetto" che doveva essere la base della rinascita bianconera.

I dirigenti si riempivano la bocca di questa parola e di tutti i suoi possibili sinonimi, e nel frattempo stava per andare in scena quel grottesco spettacolo che è diventato la stagione bianconera, a cui anche il più equilibrato dei sostenitori reagirebbe facendosi venire un esaurimento nervoso o un attacco di bile acuta.

Ciro Ferrara è un uomo sull'orlo di una crisi di nervi. Che questa dirigenza sia o meno con lui anche dopo il ko interno col Catania, poco importa: è comunque un uomo solo. La squadra non lo segue più, e gioca con quella rassegnazione che contraddistingue la fase del "capolinea" di una guida tecnica.

La frase pronunciata dal tecnico (non si sa ancora per quanto) bianconero nella conferenza prepartita è il chiaro segnale di un uomo nel marasma più totale: "Se giocheremo sempre come a Bari, non perderemo più". Che equivale a dire "a Bari abbiamo fatto un partitone, ma siamo stati sfortunati": che ci credesse davvero, o volesse dare solo degli alibi ad una squadra ormai fragile, la frase suona comunque come un segnale di totale smarrimento della bussola. I motivi per cui credo sia necessario cambiare li ho discussi qualche giorno fa, e oggi come allora credo che tenere Ferrara alla guida tecnica della squadra sia solo controproducente, ma a quanto pare non ci sono novità immediate all'orizzonte.

Lo striscione "DILETTANTI ALLO SBARAGLIO" comparso oggi durante la contestazione dei tifosi alla squadra e alla società è di un'eloquenza spaventosa. Se Ferrara è effettivamente un tecnico di scarsa esperienza, con tutte le attenuanti del caso, questa dirigenza è lì ormai da quasi 4 anni, e gli errori commessi non si contano più. Campagne acquisti sbagliate, tecnici portati alle dimissioni (Deschamps) o malamente esonerati (Ranieri) come mai era successo nella storia bianconera, per esempio.

E proprio a proposito di stranezze, voglio pubblicare un piccolo estratto dell'intervista rilasciata da Alessio Secco qualche giorno fa alla Gazzetta dello Sport, rispondendo a modo mio e lasciando ai lettori ulteriori commenti. Trovate voi un filo logico, se potete, perchè io non ce l'ho fatta.


Si contestano gli acquisti di Diego e Melo. Vuole replicare?
"Certo. Voglio iniziare da quello che si diceva quest'estate, durante il mercato e dopo l'ottimo avvio di stagione della Juventus. Allora eravamo i più bravi, ora solo i più fessi. C'è carenza di memoria"

La carenza di memoria, caro diesse, è semplicemente oggettiva constatazione sullo scarso rendimento espresso finora dai due pezzi da 25 milioni di euro cadauno del mercato estivo.

Perchè pagare Diego 25 milioni?
"Era il prezzo necessario per portare alla Juventus un campione come Diego, per strapparlo alla concorrenza. Guardiamo gli investimenti minori del Real: 28 milioni per Xabi Alonso, 35 per Benzema. Bastano queste cifre per dire che con Diego la Juventus ha fatto un vero colpo: è un campione, era in corsa per il Pallone d'oro, lo voleva il Bayern. Lo volevano anche altre grandi squadre italiane, che in extremis hanno trovato altre soluzioni"

Dunque, il Real prende Xabi Alonso e Benzema, e questo fa dell'acquisto di Diego un vero colpo? E perchè mai, caro diesse? Mi risulta che il Real stia benissimo con Xabi e Benzema, anche perchè gli acquisti vanno valutati in base all'impatto che hanno sulla squadra. Nessuno vi rinfaccerebbe i milioni spesi, se Diego e Melo avessero rispettato le aspettative. L'ultima frase è una chiara allusione all'Inter: vi risulta che pagando Sneijder la metà di Diego, i nerazzurri siano scontenti del non-acquisto del brasiliano?

Lo rifarebbe, alle stesse cifre?
"Certo, e resto assolutamente convinto che si tratti di un eccezionale investimento. Poi c'è sempre il solito discorso della memoria corta. L'impatto di Diego col nostro campionato è stato eccezionale, ma noi invece sapevamo che avrebbe incontrato qualche difficoltà, come qualsiasi straniero appena arrivato"

Lo sapevate? E non potevate dirlo subito? Bastava dire dopo la doppietta alla Roma "ok gente, guardate che questo ora si inceppa per un paio di mesi, e poi se tutto va bene torna nel 2010, tranquilli che è tutto sotto controllo".

Perchè pagare Felipe Melo 25 milioni?
"Felipe era un altro obiettivo prioritario del nostro mercato. Siamo riusciti a raggiungerlo, è paradossale dire ora che abbiamo fallito. Melo è titolare nella nazionale brasiliana, ha vinto la Confederations, è stato giudicato tra i migliori giocatori della Confederations. Nessuno aveva delle perplessità quando venne acquistato dalla Juventus. Io non le ho neppure adesso"

La vita è fatta di priorità, lo dice anche la pubblicità di un noto gelato. Non ricordavo che la Confederations fosse però una competizione così rilevante. E se non ha perplessità, caro diesse, se le faccia venire, si cominci a chiedere se quello che ha preso è davvero un centrocampista di caratura mondiale, o se è un sopravvalutato come tanti.

Il prezzo.
"La Fiorentina non voleva cederlo, l'unico modo per prenderlo era pagare la clausola di rescissione. Melo ha 26 anni e straordinarie potenzialità. E per la precisione è costato 18,5 milioni: nell'operazione sono stati inseriti Marchionni e Zanetti, che non rientravano nel nostro progetto. E anche grazie alla partenza di Zanetti è stato possibile rilanciare Poulsen"

(Senza parole)


E qui siamo al delirio. GRAZIE ALLA PARTENZA DI ZANETTI E' STATO POSSIBILE RILANCIARE POULSEN, ha detto proprio così. E ai tifosi bianconeri scoppia il fegato.

Questa è la dirigenza che opera alla Juventus, che gestisce le scelte di mercato, che ha creato il "progetto" in cui Marchionni e Zanetti sono solo scarti da mandare a Firenze per avere un Melo qualunque, e che si sta disgregando nelle mani di un Ferrara colpevole, ma investito di una responsabilità troppo più grande di lui. Un Guardiola non fa primavera, si potrebbe dire: capirlo prima avrebbe portato, chissà, a finali meno amari.

Foto: Gazzetta dello Sport

20 dicembre 2009

Attenzione, Galacticos in avvicinamento


C'era una volta una squadra allo sbando, derisa da tutta Europa per lo scarsissimo rapporto qualità/prezzo offerto sui campi di Spagna e d'Europa, dopo la campagna acquisti più imponente che la memoria umana ricordi.

Facili conclusioni tratte dopo le prime figuracce avevano incenerito il lavoro di Pellegrini, triturato dalla stampa spagnola e considerato come il principale responsabile del difficile decollo di una squadra nata per vincere tutto.

Il Real Madrid, va detto, nella prima fase della stagione si era fatto notare più per la capacità di fornire gloria ad avversari nettamente inferiori, che per le vittorie conseguite. Dopo aver resuscitato il depresso Milan di Leonardo, i blancos hanno toccato il punto più basso della stagione e forse della loro gloriosa storia con l'umiliante sconfitta sul campo dell'Alcorcon, squadra della periferia madrilena e militante nella serie C spagnola. Roba da farsi prendere a pernacchie, su questo non ci piove.

Quello comunque è stato il vero spartiacque della stagione del Real: cacciare Pellegrini, in rotta coi "senatori" dello spogliatoio (Raul, Guti), oppure scegliere la strada della continuità, dando al tecnico altro tempo per risolvere le problematiche legate all'assemblare una squadra nuova di zecca. Con buona pace di Mancini e di tutti gli altri tecnici in stand-by, il direttivo ha optato per la seconda opzione, dando fiducia al tecnico e aumentandone così l'autorità al cospetto di uno spogliatoio "complicato" come quello del Real Madrid.

Pellegrini del resto non poteva essere improvvisamente diventato un brocco, dopo i grandi risultati ottenuti a Villarreal e dopo aver vinto il ballottaggio per la panchina più ambita d'Europa.

La squadra, prima senza gioco nè identità, sembra aver finalmente trovato gli equilibri tattici che le mancavano, e nonostante le ripetute assenze di Kakà fila adesso col vento in poppa e con un Cristiano Ronaldo semplicemente mostruoso, il vero ed unico insostituibile di una formazione piena di campioni.

Partiti con una sorta di 4-1-3-2 assolutamente sbilanciato, il Real si è poi andato assestando su un modulo più simile ad un 4-2-2-2 molto versatile, con Xabi Alonso e Lassana Diarra davanti alla difesa ad assolvere compiti di impostazione e copertura, e un reparto offensivo composto dai due palloni d'oro e da due tra Benzema, Raul e Higuain. El Pipita in particolare si sta guadagnando spazi importanti in questo Real, dimostrando di valere Benzema e risultando decisivo come già aveva dimostrato di essere nella scorsa stagione.

Ieri sera al Bernabeu contro il Saragozza si è assistito ad uno show a senso unico, terminato con un pesante 6-0 a favore dei padroni di casa. Senza Kakà, ancora infortunato, e Xabi Alonso, squalificato, la formazione di Pellegrini non è andata tanto per il sottile al cospetto di un avversario in evidente crisi (terz'ultimo in classifica). Schierati per l'occasione con un rombo d'emergenza, con L. Diarra vertice basso, Marcelo e Mahamadou Diarra ai lati, e Van Der Vaart dietro CR9 e Higuain, i blancos non hanno avuto difficoltà a trovare la via del gol, andando a segno due volte col "Pipita" e Van Der Vaart, chiudendo poi il "set" con una magia di Ronaldo e un gol di Benzema, entrato nel secondo tempo.

Con questo risultato galactico la formazione madrilena resta a 2 punti dal Barcellona capolista, e considerato che ha già vinto il girone di Champions League si può dire che, burrasche iniziali a parte, il Real Madrid è proprio lì dove tutti se lo aspettavano. La competizione col Barça sarà serrata, e questo lo si sapeva già, quindi considerate le difficoltà dei primi mesi essere a sole due lunghezze dai catalani non è certo un dramma.

E nel 2010, con il recupero pieno di Kakà e le nuove certezze fornite da un lavoro che inizia a dare frutti importanti, è lecito aspettarsi un Real ancora più quadrato e competitivo di quanto non lo sia già adesso, così come è lecito chiedersi dove siano adesso tutti quelli che davano già per fallito un progetto ancora in fase di rodaggio.

Prima di smontare qualcosa bisognerebbe aspettare che venga montata, altrimenti è fin troppo semplice, no?

18 dicembre 2009

Champions League, urna maligna: italiane, è dura


Non che dall'urna di Nyon ci fosse da aspettarsi chissà cosa, questo lo si sapeva bene. Certo è che peggio di così alle nostre squadre impegnate in Champions League proprio non poteva andare. Chelsea, Manchester Utd e Bayern Monaco: queste le tre squadre con cui ci dovremo misurare per andare avanti nella maggiore competizione continentale, dopo il flop della scorsa stagione.

In un recente articolo avevo provato a buttare giù le varie probabilità di accoppiamento di Inter, Milan e Fiorentina, e che per le milanesi i rischi di trovare subito dei colossi del calcio europeo fossero concreti era cosa nota. Molto più difficile era che la Fiorentina, unica delle tre a vincere il proprio girone, trovasse un avversario temibile come il Bayern giustiziere della Juve.

Non partiamo favoriti, inutile nascondersi dietro a un dito. Il rischio che il sipario cali già agli ottavi di finale (che oltretutto vorrebbe dire un quasi certo addio alle quattro squadre in Champions dall'anno prossimo) c'è ed è concreto, ma guai a dare tutto per scontato quando di mezzo c'è uno sport come il calcio.

Nella difficoltà degli impegni, ritengo comunque che incontrare Chelsea e Manchester Utd sia meglio che incontrare Real Madrid e Barcellona, le mie vere favorite per la vittoria finale. Le inglesi fanno della solidità e dell'organizzazione le loro maggiori credenziali, ma non dispongono della qualità e dei fuoriclasse delle due spagnole: in questo senso, se vogliamo poteva andare anche peggio.

Dipenderà molto ovviamente da come Inter e Milan arriveranno ai due appuntamenti. Troppo spesso l'Inter ci ha abituato a magre figure europee, e negli ultimi confronti contro le big è uscita sempre con le ossa rotte, mentre il Milan ha dimostrato di non avere ancora un equilibrio.

Il Chelsea di Ancelotti mi convince poco, ma è una squadra che ormai conta su un gruppo collaudato negli anni, anche a livello europeo. Non ha grandi uomini di fantasia ma è dotata di una fisicità impressionante, e per certi versi ha una fisionomia simile alla squadra di Mourinho. Prese in valore assoluto, le due squadre si equivalgono. La testa però a certi livelli fa la differenza, e sotto questo profilo i londinesi hanno sicuramente qualcosa in più dei nerazzurri.

Il Manchester Utd, che non ha più Cristiano Ronaldo e Tevez, non è la stessa squadra di un anno fa ma quel volpone di Ferguson è riuscito ancora una volta a tirare fuori il meglio dagli acquisti di quest'estate: rivitalizzato Owen, valorizzati Valencia e Obertan, senza contare i giovani che vengono su bene, come Gibson. La sensazione personale è che un Milan più solido di quello che oggi dissemina bel calcio e orrori difensivi all'interno degli stessi 90 minuti possa bissare la qualificazione di due anni fa, che spalancò ai rossoneri le porte del successo di Atene. Anche stavolta, come e forse più di allora, ci vorrà la "gara perfetta".

Disegni di un'urna maligna hanno accoppiato Olimpiacos e Bordeaux, CSKA Mosca e Siviglia, ma anche Fiorentina e Bayern Monaco. Sorteggio beffardo, perchè per i viola ci poteva essere di molto meglio, mentre i tedeschi sono storicamente un cliente ostico, in una competizione dove il blasone conta parecchio. I viola hanno già fatto fuori il Liverpool, dimostrando di non avere soggezione nei confronti delle pluridecorate del calcio europeo, ma Prandelli non ha a disposizione una rosa ampia, e questo potrà essere un handicap tra 3 mesi, quando la stagione entrerà ufficialmente nel vivo. La vedo dura, Fiorentina stupiscici ancora.

Ottavi di finale (16 febbraio-16 marzo)

Stoccarda - Barcellona
Olimpiacos - Bordeaux
Inter - Chelsea
Bayern Monaco - Fiorentina
CSKA Mosca - Siviglia
Lione - Real Madrid
Porto - Arsenal
Milan - Manchester Utd

14 dicembre 2009

Calciopoli, nuove sentenze: vince l'accusa, tre anni a Giraudo


Arriva la prima sentenza riguardo lo scandalo che ha coinvolto il calcio italiano nel 2006, per gli undici imputati processati con rito abbreviato. Condannato a tre anni Antonio Giraudo, l'ex ad della Juventus, a due anni e quattro mesi Tiziano Pieri e a due anni Tullio Lanese.

Giraudo è stato condannato oltre che per il reato di associazione a delinquere finalizzata alla frode sportiva e al condizionamento del campionato 2004-2005 (ragione per la quale era stato squalificato dalla Figc e gli era stata inflitta alla pesante sanzione alla Juve nel 2006) anche per aver partecipato alla frode sportiva che il giudice ravvede nei giorni precedenti alla partita Udinese-Brescia che porta alla squalifica di Jankulovski che non parteciperà alla successiva Udinese-Juventus.

Viene addebitato a Giraudo anche analoga condotta volta a condizionare Dondarini, arbitro di Juve-Lazio. Terza frode sportiva contestata quella relativa al condizionamento delle critiche arbitrali per Juve-Udinese. L'arbitro Pieri subisce la condanna per associazione ma anche per la frode sportiva in Juve-Chievo e per Bologna-Juve. Dondarini subisce la condanna per la sola frode sportiva per due gare: Juventus-Lazio, già citata, e Chievo-Fiorentina.

Condannati
- Antonio Giraudo, 3 anni
- L'ex arbitro Pieri, 3 anni e 6 mesi, 22mila euro
- L'ex presidente dell'Aia Lanese, 2 anni
- L'ex arbitro Dondarini, 2 anni e 20 mila euro

Assolti
- L'arbitro Rocchi
- L'ex arbitro Messina
- L'ex assistente Foschetti
- L'ex assistente Griselli
- L'ex arbitro Cassarà
- L'ex arbitro Gabriele
- L'ex assistente Baglioni

Fonti citate: Tuttosport

13 dicembre 2009

Debacle Juve, ma Ferrara resta. Perchè?

La pesante sconfitta di Bari cancella definitivamente le ultime scorie della vittoria bianconera sull'Inter di sabato scorso, e riapre anche in campionato lo stato di crisi. Dopo l'eliminazione dalla Champions League, la Juventus non riesce a rialzare la testa neanche in campionato, e sul campo del divertente undici di Ventura arriva un crollo che sa di resa incondizionata. Se oggi Inter e Milan fanno bottino pieno, anche lo scudetto diventerà poco più di un miraggio.

Ferrara, timoniere di una squadra sempre più alla deriva, tuttavia gode ancora (almeno a parole) della piena fiducia dei vertici bianconeri, intenzionati a portare avanti il progetto intrapreso con l'ex difensore napoletano. Ci si chiede, a questo punto, il perchè.

Le condizioni per un cambio della guardia ci sarebbero tutte. Ferrara nelle ultime, decisive settimane, ha dato dimostrazione di avere le idee tutt'altro che chiare sia sul modulo tattico, sia sui relativi interpreti: i continui cambiamenti hanno portato nella testa dei giocatori tanta, tanta confusione, e lo stato di allarme rosso si sintetizza nelle parole di Diego, che dopo il ko di Bordeaux si era lasciato andare, a caldo, ad un pesante "Non capiamo Ferrara". Più eloquente di così, si muore.

Ferrara ha cambiato troppo, e spesso in modo scriteriato, fornendo così ad un gruppo già di per sè nuovo pochi punti di riferimento. Il progetto partiva con il rombo, poi messo da parte per un fantasioso 4-2-3-1, passando occasionalmente per 4-4-2 e 4-3-3: il risultato è che la coperta di Linus è risultata sempre troppo corta, e ogni teorico correttivo si è ritorto come un boomerang sul giovane tecnico, che si è ritrovato per le mani una squadra in piena crisi di identità.

Tra i giocatori si è probabilmente andato a creare un clima di scarsa fiducia nei confronti dell'allenatore, e questo si traduce con prestazioni prive di grinta e capacità di reazione, oltre alle evidenti carenze di gioco dimostrate finora. La prestazione tutto cuore (e poco altro) contro l'Inter rappresenta una piccola eccezione, in una gara che per tradizione si "prepara da sola" e fornisce ai calciatori motivazioni importanti senza bisogno di iniezioni di fiducia esterne. La squadra sembra non remare più nella stessa direzione del tecnico, e questa è una ragione che da sola basterebbe a giustificarne un avvicendamento sulla panchina.

Preoccupante, inoltre, la dichiarazione di una Ferrara sempre più allo sbando a fine gara: "Il ko è inspiegabile, ai miei giocatori non ho nulla da rimproverare: la palla non voleva entrare". La verità è che, rigore fallito da Diego a parte, di ragioni per la sconfitta dei bianconeri ce ne sono a bizzeffe, e mascherare una prestazione sconclusionata come quella di ieri sera come una serata sfortunata è chiaro segnale di un Ferrara che ormai ha perso il bandolo della matassa.

Attenzione però, questo non vuole essere un processo rivolto unicamente al tecnico, che ha tante colpe ma che condivide il probabile fallimento del progetto con una dirigenza assolutamente inadeguata. Cacciare un tecnico esperto come Ranieri in quel modo poco elegante, ritenendolo un tecnico non da grandi traguardi, e affidare poi la panchina ad un allenatore senza esperienza, è stata una scelta quantomeno discutibile. E il paragone tra i due oggi è più che mai impietoso: il romano, che non disponeva certo della rosa di Ferrara, a dicembre era in piena corsa per il titolo, e la sua Juve nonostante i mille infortuni aveva superato il turno di Champions League, vincendo alla grande il girone con il Real Madrid. Alla lunga poi la squadra è andata spegnendosi, non disponendo di mezzi adeguati per competere ai massimi livelli, ma finchè ha potuto, ha lottato.

Qui invece si parla di una Juventus che ha perso quattro delle ultime cinque partite (incassando 12 gol e segnandone la miseria di 4), che è già fuori dalla Champions e che in campionato rischia di lasciarsi scappare il treno formato dalle due milanesi, e che è in piena involuzione tecnico-tattica. La sopravvalutata campagna acquisti di agosto ha fornito false speranze ai supporters, che adesso si ritrovano con un Cannavaro impresentabile e ormai ridotto ad ex-giocatore (lo dico da mesi), un Melo strapagato ma che finora si è rivelato un flop, e un Diego che continuo a ritenere un campione, ma che non riesce a trovare la giusta collocazione nel marasma bianconero. Intanto, Firenze ringrazia per C. Zanetti e Marchionni, arrivati come scarti e ora perni della Fiorentina di Prandelli, e Sissoko è pronto a fare le valigie per Monaco di Baviera, irritato per come è stato finora curato dai medici bianconeri.

Raramente l'esonero è la medicina giusta per rimettere in piedi la baracca, ma in questo caso specifico credo che possa essere l'unica soluzione per non andare alla deriva o quantomeno per tamponare la falla. Fuggito nella fredda Russia Spalletti, tanti indizi convergono al nome più clamoroso, quello di Roberto Mancini, come eventuale successore di Ferrara in caso di ribaltone.

Ma tanto Ferrara resta fino a fine stagione, lo ha detto Blanc. Non lo aveva detto anche di Ranieri?

12 dicembre 2009

Sorteggi Champions League: diamo i numeri


Meno di una settimana ai temuti sorteggi di Nyon, che definiranno il quadro degli accoppiamenti degli ottavi di finale di Champions League. Il sorteggio si svolgerà con gli ormai consueti paletti, che ci portano a poter fare due calcoli sulle varie possibilità di incrocio per le nostre squadre.

Raramente come quest'anno c'è stato un quasi totale rispetto dei pronostici della vigilia: le uniche eccezioni hanno coinvolto, nel bene e nel male, le nostre formazioni, con l'amara eliminazione della Juventus e la grande impresa della Fiorentina.

I criteri sono, come sempre:
  • le prime classificate si scontreranno con le seconde;
  • non potranno incontrarsi squadre che hanno già giocato contro nel girone di qualificazione;
  • non potranno incrociarsi squadre dello stesso Paese (sarà possibile però dai quarti di finale in poi)
Pertanto, nell'urna A delle prime andranno Chelsea, Manchester Utd, Arsenal (Inghilterra), Barcellona, Real Madrid, Siviglia (Spagna), Bordeaux (Francia) e Fiorentina (Italia). Nell'urna B delle seconde andranno invece Inter, Milan (Italia), Bayern Monaco, Stoccarda (Germania), CSKA Mosca (Russia), Lione (Francia), Porto (Portogallo) e Olimpiacos (Grecia).

Spagna e Inghilterra hanno perso, come noi, un team a testa (Atletico Madrid e Liverpool), ma hanno piazzato le loro tre formazioni al primo posto, il che rende il loro sorteggio molto fluido e privo di qualsiasi restrizione, eccetto quella costituita dall'impossibilità di incontrare la seconda del proprio girone.

Pertanto, spagnole e inglesi hanno il 14% di probabilità di incontrare ciascuna delle seconde degli altri gironi. Diversa la situazione del Bordeaux, che non potrà sicuramente incrociare il Lione (e viceversa), e quindi restringe a sei team il campo delle possibili avversarie (probabilità quasi del 17%).

La Fiorentina, che non potrà affrontare nè Inter, nè Milan, nè Lione, ha pertanto il 20% di possibilità di pescare il temuto Bayern Monaco, unica formazione tra le papabili che potrebbe davvero impensierire i viola (senza sottovalutare comunque Porto e CSKA Mosca). Delle prime della classe, comunque, la squadra di Prandelli sembra quella messa meglio, visto che non potrà incrociare le altre italiane: restrizione di cui non dispongono le altre prime, tre delle quali troveranno sul proprio cammino proprio i nostri club, e la ritrovata squadra di Van Gaal. Non proprio clienti simpatici, da incontrare già agli ottavi.

In tema di italiane, passiamo ad analizzare la delicata situazione di Inter e Milan. Il gol di Gilardino a Liverpool che ha piazzato i viola al primo posto ha modificato ulteriormente gli scenari per le milanesi, che adesso si ritrovano una possibile avversaria abbordabile in meno (i francesi sicuramente lo sarebbero stati) ed un sorteggio meno ampio. Nerazzurri e rossoneri si trovano praticamente nella stessa situazione: non possono incontrare i viola, nè la prima del proprio girone (Real per Leonardo, Barcellona per Mourinho), quindi hanno 4 probabilità su 6 di trovare sul proprio cammino un top club come Chelsea, Manchester, Arsenal o una delle due superpotenze iberiche. Capitare Siviglia e Bordeaux sarebbe il regalo di un'urna benevola, e regalerebbe certamente sorrisi e sospiri di sollievo a Moratti e Galliani, che potrebbero rimandare l'appuntamento con gli squadroni del continente agli eventuali quarti di finale.

Calcoli probabilistici a parte, sarà come sempre la sorte a governare il sorteggio di venerdì prossimo: la speranza è quella di vedere accoppiamenti come Olimpiacos-Fiorentina, Inter-Siviglia e Milan-Bordeaux, sapendo che potrebbero anche saltar fuori Bayern-Fiorentina, Inter-Real Madrid (Chelsea) e Milan-Barcellona (Manchester). La consapevolezza di dover battere tutti per andare avanti renderà comunque qualsiasi esito da preparare al meglio, per non incappare in nuove, terribili nottate europee.

11 dicembre 2009

Inter, Milan e Fiorentina: mission impossibile

L'Italia fallisce il poker, ma cala il tris per la fase ad eliminazione diretta della Champions League. Al risultato numerico, che può anche soddisfare (neanche Spagna e Inghilterra sono riuscite a far meglio), fa da contraltare il riscontro oggettivo della qualità dei nostri club, che ancora una volta non sembrano all'altezza di spezzare il duopolio anglo-iberico per il dominio nel continente.

Fuori la Juve, l'Italia del pallone si aggrappa a Inter, Milan e Fiorentina per sognare una rivincita che ad oggi sembra un'impresa quasi proibitiva.


L'Inter che approda agli ottavi dopo la vittoria contro il Rubin Kazan è squadra che in Europa continua a faticare a trovare la giusta mentalità. I mezzi tecnici ai nerazzurri non mancano, ma gioco e personalità continuano a fare difetto. Una formazione più attrezzata dei campioni di Russia avrebbe certamente approfittato del solito approccio molle degli uomini di Mourinho alla gara, e in prospettiva questo è un aspetto da non sottovalutare.

Infatti i campioni d'Italia, finiti secondi dietro al Barça nel pazzo girone H, a meno di colpi di fortuna che le  riserverebbero Siviglia o Bordeaux se la vedranno con una tra Chelsea, Manchester Utd, Real Madrid e Arsenal. Insomma, tolti i catalani, il meglio del calcio europeo, squadre abituate a giocare a grandi livelli e con una mentalità che ne esalta le caratteristiche nelle sfide da 180 minuti. Un'Inter timida verrebbe senza dubbio stritolata dalla personalità di formazioni del genere, ed è su questo che deve lavorare Mourinho per tentare un vero, credibile assalto alle prossime avversarie. Sperando magari nel crescendo mentale di Balotelli, decisivo nella sfida contro il Kazan.


Anche il Milan di Leonardo guarda con perplessità a quello che sarà il sorteggio degli ottavi di finale. I rossoneri, finiti anch'essi secondi e quindi certi di affrontare un avversario non tenero (possibile il Barcellona, non il Real), hanno rischiato seriamente di farsi del male a Zurigo, e si sono ritrovati a dover ringraziare il Real Madrid e Ronaldo per la vittoria di Marsiglia.

Un Milan capace di raccogliere 4 punti contro i "galattici" spagnoli e gli scomodi francesi, si impantana contro la settima formazione svizzera, riuscendo a strapparle un solo punto: questo dato, che potrebbe sembrare preoccupante, sottolinea ancora una volta la tendenza dei rossoneri ad esaltarsi nelle grandi sfide. Questo rende la squadra di Leonardo la più adatta delle italiane, a mio parere, ad avere lunga vita in questa competizione, a patto di riuscire a ripetere in febbraio prestazioni come quelle del Bernabeu.

I dubbi sulla rosa a disposizione di Leonardo, evidenziati nel mio ultimo post, comunque rimangono. Il modulo rossonero non può prescindere dalla presenza e dalla luna di Pato, Seedorf e Ronaldinho, che non hanno sostituti neanche "adattabili" per il loro ruolo. Difficile insomma che un Milan magari impegnato in una snervante lotta scudetto possa essere altrettanto competitivo anche in Champions: il rischio è che Leo dovrà operare una sorta di "scelta di fondo", per evitare di arrivare a fine stagione con una rosa completamente cotta.


La Fiorentina invece vola sulle ali dell'entusiasmo, dopo la vittoria di Liverpool che le ha regalato il primo posto nel girone e la certezza di un sorteggio più morbido rispetto a quello che l'urna riserverà alle milanesi. Nel girone più difficile, per la contemporanea presenza di Liverpool e Lione, i viola hanno ottenuto la bellezza di 15 punti, figli di 5 vittorie, tre delle quali proprio contro inglesi e francesi.

L'unico rischio serio per la squadra di Prandelli è quello di trovare il Bayern Monaco, per il resto Porto, Cska Mosca, Stoccarda e Olympiacos rappresentano senza dubbio avversarie più che abbordabili. L'esperienza maturata nelle gare del girone e negli ultimi anni ha conferito ai viola una maggiore sicurezza, anche al cospetto di avversarie più blasonate. Difficile dire fin dove possa sorprendere questa squadra: la razionalità porta a non vederli al di là dei quarti di finale, ma le imprese nel recente passato di Villarreal, Monaco, Deportivo consigliano di non porre mai limiti a una squadra che viaggia senza nulla da perdere e senza le pressioni che la competizione riserva ai "top club".


Chi invece ha perso definitivamente il treno per l'Europa che conta è la Juventus, ed è un tonfo che fa male. L'eliminazione dei bianconeri ad opera del Bayern rappresenta un suicidio sportivo in piena regola, oltre ad una chiara dimostrazione delle difficoltà di una squadra che, escluso l'exploit con l'Inter, ha raccolto tre sconfitte nelle ultime quattro gare. Dopo la quarta giornata, ed il successo di Haifa, i bianconeri guardavano i bavaresi da un rassicurante +4, con due match point a disposizione per staccare il biglietto per gli ottavi. Bastava vincere a Bordeaux, contro una squadra già qualificata, ed è arrivata una secca sconfitta, sarebbe bastato un pari contro un Bayern in piena crisi, ed è arrivato l'umiliante 1-4 di martedì sera. La personalità mostrata dalla squadra di Ferrara contro l'Inter è svanita nel primo vero bivio cruciale della stagione: difficile distribuire le responsabilità di un simile crollo, così come è difficile capire quali siano state le ripercussioni psico-fisiche della gara contro l'Inter sul match contro il Bayern. Certo è che se c'era una gara nella quale dare tutto, era quella coi tedeschi, che invece è coincisa con la peggiore Juventus della stagione.

Il tracollo dei bianconeri a favore di una formazione tedesca va visto anche nell'ottica ranking Uefa (guarda l'articolo): eliminare il Bayern era un'ottima occasione per portare punti importanti a favore del nostro Paese, considerata anche l'eliminazione del Wolfsburg, e la scarsa probabilità dello Stoccarda di andare oltre gli ottavi di finale. Il rischio di perdere un club dalla prossima Champions League, pertanto, rimane.

Inter, Milan, Fiorentina, c'è da scalare una montagna: proviamoci.

07 dicembre 2009

Campionato davvero riaperto?



La quindicesima giornata di serie A ha decretato che il campionato, dato troppo presto per morto e sepolto, è più che mai vivo e pronto a riservare sorprese di ogni genere.

La vittoria della Juventus sull'Inter, che ha fatto seguito allo show rossonero di sabato pomeriggio contro una Sampdoria allo sbando, ha riportato il vantaggio della squadra di Mourinho sulle rivali storiche a livelli non più di fuga solitaria, ma di semplice, saldo (almeno finora) primato.

Intendiamoci, i nerazzurri sono sempre i favoriti per la vittoria finale, ma la sensazione è che la competizione possa essere molto più aperta di quanto non lo sia stata negli ultimi anni. Il segnale lanciato dalla Juventus a Torino è importante, ma non conclusivo, e lascia spazio a varie interpretazioni, che provo a sintetizzare.


In primis, dalla gara del Delle Alpi è emersa l'incapacità cronica della capolista di sfoderare prestazioni importanti nelle gare secche contro le (più o meno) pari grado. Fatto salvo il derby contro il Milan, finito con un roboante 4-0 (ma contro una squadra alla deriva), i nerazzurri hanno steccato nelle due gare col Barcellona in Champions League (non inganni lo 0-0 dell'andata, la palla l'hanno vista poco), e per l'appunto sabato, nella sfida contro i rivali di sempre. Alla squadra di Mourinho sembra far difetto la personalità, che costituisce un alleato fondamentale nelle gare importanti, nelle quali solo la tecnica non basta. E finora, anche contro l'allora lanciatissima Samp di Delneri e in casa contro una Roma decimata, emersero gli stessi problemi: quando c'è da dare un segnale forte alla concorrenza, l'Inter stecca. E questo ovviamente alimenta nelle inseguitrici convinzione e fiducia.


In seconda battuta c'è da dire che la vittoria della Juventus, per come è maturata, non può spostare in modo sensibile il giudizio globale sulla squadra di Ferrara. In una notte nella quale si giocavano tutto, dopo due sconfitte pesanti, i bianconeri hanno reagito sì con carattere e grinta, ma in una gara nella quale le motivazioni da sempre vengono da sole. La differenza l'ha fatta la magia di Marchisio, e la maggior fame, ma lo spettacolo offerto non è stato certamente dei migliori: insomma, il gioco continua a latitare, la difesa a non convincere, e Diego non è ancora l'uomo che prende per mano le redini del gioco. Il brasiliano però è sembrato in ripresa, a differenza dell'altro brasiliano, Felipe Melo, che ancora non ha dimostrato di valere la metà dei soldi spesi per lui in estate.


Il Milan, intanto, continua a vincere, segnare, divertire. Dopo aver toccato il fondo, la squadra di Leonardo è risalita alla grande, e i tanti esperimenti del tecnico rossonero sembrano aver trovato l'equazione perfetta: 4-2-1-3. Ronaldinho si esalta e sparge assist, Pato è in crescita esponenziale, mentre Borriello sembra essere il centravanti adatto per il sistema di gioco disegnato da Leo. Dietro i tre, Seedorf sembra divertirsi a fare da ispiratore centrale, con buona pace di Ambrosini e Nesta, chiamati agli straordinari per tappare le falle che uno schema così offensivo apre inevitabilmente. I rossoneri hanno stravolto gli scenari di inizio stagione, dove oltre al non gioco c'era anche un discreto feeling coi legni: adesso, anche la componente "bendata" sembra dare una mano alla serie positiva milanista, e questo certamente non guasta, anzi è necessario per ambire a grandi traguardi.

La domanda che però ci si pone è se questo Milan alla lunga potrà davvero essere una pretendente seria al titolo, per due ragioni. La prima è che il gioco dei rossoneri è tanto spettacolare quanto dispendioso, e sarà da vedere se questa squadra, con questi interpreti, sarà in grado di mantenere ritmi così alti anche in febbraio. La seconda, che si riconduce a quanto detto in precedenza, è legata alla non intercambiabilità nei ruoli chiave dello schema di Leonardo: Pato-Dinho-Seedorf non hanno sostituti, e l'assenza di uno solo di loro porta ad un cambiamento sostanziale dell'11 titolare. Per adesso il problema non si è posto, ma la stagione è lunga ed un turn-over sarà obbligatorio.

Oltretutto, il calendario dei rossoneri (attualmente a -4), si complica proprio nelle giornate finali. Giocare le ultime gare del girone d'andata (e del campionato) contro Fiorentina, Genoa e Juventus rappresenta un'ulteriore insidia.

La sconfitta di Torino ha certamente dato a Mourinho elementi di riflessione, ma la sua squadra rimane comunque la favorita per imporsi alla 38° giornata. La maggiore esperienza, una rosa superiore e la capacità di far quasi sempre risultato con le piccole costituiscono un tesoretto che il tecnico lusitano deve dimostrare di sapere amministrare. Da non sottovalutare comunque il fattore Champions, che avrà come sempre una valenza importantissima: qualsiasi esito a partire già dalla prossima e decisiva due giorni europea potrà incidere pesantemente sul cammino delle tre squadre verso il tricolore.

03 dicembre 2009

Amarcord: ricordavate? Alen Boksic


Ed eccoci all'appuntamento con Amarcord, la rubrica per nostalgici e appassionati dalla buona memoria.

Questa settimana la vetrina è tutta per un attaccante che personalmente adoravo, e che probabilmente ha ricevuto in termini strettamente individuali meno di quello a cui uno con le sue doti da fuoriclasse avrebbe potuto aspirare: Alen Boksic.

Nando Orsi, secondo portiere della Lazio per parecchi anni, parlando di lui disse che "potenzialmente era più forte di Ibrahimovic". Un paragone importante, ma non azzardato: Alen era davvero un calciatore straordinario, un talento purissimo penalizzato da tanti infortuni e da una discontinuità forse figlia degli stessi.

Esplode nel 1992/93 al Marsiglia, segnando 23 reti in 37 presenze, laureandosi capocannoniere e campione di Francia nonché campione d'Europa, battendo nella finale di Monaco di Baviera il Milan di Fabio Capello. L'anno successivo l'approdo alla Lazio, con cui giocherà due anni, prima della separazione a causa dei dissapori con Zeman. Passa alla Juve, dove in una sola stagione vince praticamente tutto (scudetto, coppa Intercontinentale, supercoppa europea), con l'unica amarezza di una finale di Champions persa malamente contro il Borussia Dortmund. La Juventus però non conferma Alen, spedendolo nuovamente alla Lazio, dove rimarrà per tre stagioni, e partecipando al ciclo vincente della Lazio di Cragnotti (2 Coppa Italia, 1 Supercoppa Italiana, la Supercoppa Europea, la Coppa delle Coppe e Scudetto nel 2000).

Nonostante la media gol italiana di Boksic non sia stata elevatissima, l'apporto del croato nelle squadre in cui ha militato è sempre stato notevole, per la sua qualità di scardinare le difese e di mettere costantemente in apprensione qualunque retroguardia affrontasse. Il fisico da granatiere, accompagnato da una tecnica sopraffina, faceva di Boksic un attaccante completo e assolutamente straordinario.

Chiude la carriera in Premier League, al Middlesbrough, in cui milita tre anni prima di appendere le scarpette al chiodo all'età di 32 anni. Un possente, fragile fuoriclasse, iscritto di diritto al gruppo di "quelli che avrebbero potuto avere ben altra carriera". Ma tutto sommato, ci è piaciuto anche così, Alen.

02 dicembre 2009

Succede anche questo: "the miss of the century"

Il titolo del video dice tutto: "miss of the century", l'errore del secolo. Ovviamente siamo su un campo da calcio, e ovviamente su un campo da calcio tutto può succedere, anche di sbagliare un gol violando tre o quattro leggi della fisica, e di segnarne subito dopo uno pazzesco da 30 metri.


Suo malgrado, questo calciatore capace davvero di tutto si è ritagliato uno spazio nell'immortalità della rete. Nell'era di Youtube, basta poco a diventare dei personaggi.

29 novembre 2009

Sondaggi Blog nel pallone: no ad Amauri azzurro


Trentacinque votanti, per confermare una linea di pensiero tranquillamente allargabile alla stragrande maggioranza degli italiani: no secco alla convocazione di Amauri in nazionale per i prossimi mondiali sudafricani.

Le motivazioni alla base di una percentuale di giudizi contrari così elevata (80%) sono svariate, e tutte già esposte in passato.

Probabilmente l'attaccante bianconero alla fine al mondiale ci andrà, nonostante il dissenso generale. Diventerà italiano a marzo, e si troverà a disputare la competizione più importante del globo senza aver contribuito neanche per un minuto al raggiungimento dell'obiettivo.

E magari a casa ci resterà Pazzini. Magari Gilardino si troverà a giocarsi la maglia con un attaccante che in fondo voleva la Seleçao. Magari neanche ci servirebbe, Amauri, se portassimo a Johannesburg un attacco Gilardino-Cassano-Balotelli (sì, Balotelli)-Iaquinta-Rossi-Di Natale. Ma è storia vecchia, e sappiamo bene che solo Lippi avrà l'ultima parola.

26 novembre 2009

Juve e Milan, le francesi sono indigeste

Diciamolo, dalla due giorni di Champions ci si aspettava molto di più dalle nostre squadre. Tolta la Fiorentina, che ha portato a compimento il suo capolavoro, e detto della figuraccia dell'Inter al Camp Nou, Juventus e Milan non hanno certo brillato, nonostante affrontassero avversari di certo più morbidi di quelli riservati a viola e nerazzurri. Poteva essere la grande serata in cui festeggiare altre due qualificate agli ottavi di finale (in attesa che l'Inter faccia il proprio dovere contro il Rubin Kazan a San Siro il 9 dicembre), e invece è tutto rimandato all'ultima giornata, con tutti i rischi del caso.


La Juventus in particolare è quella che adesso rischia di più. Il netto ko maturato in casa di un Bordeaux già qualificato ha permesso il riavvicinamento del Bayern (vittorioso contro il Maccabi Haifa), prossimo avversario bianconero nella decisiva gara del Delle Alpi. Agli uomini di Ferrara basterà un pari, ma già all'andata i bavaresi hanno dimostrato di poter dare grossi grattacapi a Buffon, e per questo non c'è da fidarsi: servirà una grande Juve, per evitare brutte sorprese in un girone che sembrava già segnato.

Dopo la sconfitta, Ferrara finisce ancora una volta dietro la lavagna per la prestazione sconcertante dei suoi in casa dei campioni di Francia. Agli uomini di Blanc mancava un pezzo importante come Gourcouff, e soprattutto mancava la pressione di chi deve per forza fare risultato: eppure, per una Juventus rinunciataria e senza gioco, è bastato per imporsi 2-0 con le reti di Chamack e Menegazzo, vecchia conoscenza del nostro calcio.


I numeri nel calcio sono importanti, ma vanno letti nel modo giusto. Mi lasciava perplesso sentire in una trasmissione sportiva che definire comica è riduttivo, i commenti entusiastici su una Juve europea che aveva la migliore difesa tra le 32 partecipanti, avendo subito un solo gol in 4 partite. Se analizziamo bene il cammino dei bianconeri fin qui, spunta fuori che degli 8 punti fin qui ottenuti 6 sono frutto di due striminzite vittorie contro il fin qui sempre sconfitto Maccabi Haifa, che a Monaco un Bayern meno impreciso avrebbe potuto tranquillamente portare a casa il risultato pieno, e soprattutto che adesso la differenza reti parla di 3 gol fatti e 3 subiti in quattro giornate. C'è ben poco di cui essere entusiasti.


Diversa la situazione del Milan, che nonostante il pari interno contro il Marsiglia è atteso da un impegno sulla carta meno ostico in casa del già eliminato Zurigo. Alla squadra di Leonardo potrebbe bastare anche un punto, se i francesi non riusciranno a battere il Real al Velodrome, anche se vale lo stesso discorso fatto per l'Inter: meglio non rischiare.

I rossoneri, in vantaggio al 10' con il sempre più fondamentale Borriello, sono stati raggiunti praticamente subito da un gol di Lucho Gonzales, e come al solito hanno alternato azioni offensive pregevoli a buchi difensivi spaventosi. I rischi del gioco milanista sono immani, e Galliani dalla tribuna per poco non si prende un infarto quando Brandao e Niang colgono dei legni che avrebbero potuto cambiare drammaticamente ogni scenario in chiave qualificazione: un Marsiglia vittorioso a San Siro avrebbe potuto sperare in un Real satollo per estromettere i rossoneri dalla competizione che più li esalta. Pericolo scampato, il pass potrà essere ritirato nella vicina Svizzera. Senza follie, stavolta.

25 novembre 2009

Fiorentina, missione compiuta: vittoria e primo posto!


Il coronamento di un sogno. La serata che i tifosi viola aspettavano da tanto tempo. Adesso è tutto reale: la Fiorentina è tra le migliori 16 d'Europa, prima tra le italiane a raggiungere il traguardo (in attesa di Juve e Milan), nel girone che alla vigilia si preannunciava come il più difficile tra quelli riservati alle nostre squadre.

Alzi la mano chi pensava che la viola sarebbe uscita vincitrice al cospetto di due formazioni ormai navigate della competizione come Lione e Liverpool. Io per primo, ero molto scettico sulla possibilità, lo ammetto. Ma questa Fiorentina ha saputo stupire, e chiudere in bellezza rendendo la pariglia al Lione dopo l'1-0 subito in Francia. Un gol su rigore di Vargas regala non solo la qualificazione, ma anche il primo posto nel girone, e chi se ne frega se mancavano ancora Mutu e Jovetic (il montenegrino a dire il vero è in panchina, ma Prandelli lo ha risparmiato per evitare rischi).

A casa ci va il Liverpool, eliminato nel girone di qualificazione dopo anni da protagonista assoluto. Sembra incredibile, ma è tutto vero: la regina del girone è la Fiorentina, che adesso potrà andare in gita in Inghilterra, consapevole di rischiare al massimo un nuovo sorpasso del Lione. Ma poco male, anche in quel caso: la storia viola ieri è stata riscritta, e di strada questa squadra ne potrà fare.

L'orgoglio italiano, ferito ieri dall'Inter bastonata a Barcellona, è di colore viola. Mandare a casa un'inglese, viste le recenti edizioni della Champions, non è cosa da poco.

24 novembre 2009

Zenga, il ventottesimo esonerato

 

Sembra passato un secolo, da quando un entusiasta Walter Zenga accendeva le speranze dei tifosi rosanero, lanciandosi nel forse provocatorio "voglio vincere lo scudetto". Troppo facile adesso lasciarsi andare a  facili ironie sulle dichiarazioni dell'ormai ex tecnico del Palermo, che probabilmente avevano come obiettivo principale quello di iniziare a costruire una mentalità vincente in una piazza ambiziosa come il capoluogo siciliano.

Anche un buon allenatore come Zenga nulla ha potuto contro la furia di Zamparini, che dopo averlo messo sulla graticola e poi tolto (prassi riservata a ognuno dei 28 ALLENATORI cacciati dall'imprenditore friulano) all'indomani della prestigiosa vittoria sulla Juventus, ieri ha deciso di cacciarlo, per spalancare le porte al suo nuovo pallino Delio Rossi.

Fino a qualche giorno prima dell'esonero, proprio Zamparini definiva Zenga "il miglior tecnico mai avuto", ma probabilmente il destino dell'ex portiere era già inevitabilmente legato all'esito del derby contro il Catania. Al presidente più vulcanico della serie A sono bastate tredici giornate per decretare il fallimento del progetto-Zenga. Viene da chiedersi perchè, visto che il suo Palermo, pur se in difficoltà, ha comunque fatto vedere buone cose in questo primo scorcio di stagione.

A Zamparini però non è bastato per dare ancora fiducia al suo allenatore, e ancora una volta, ha deciso di cambiare. Al patron rosanero, oltre ai recenti risultati, sembra non essere andata giù la gestione da parte di Zenga di Pastore, promettente talento argentino che però sta facendo molta fatica ad adattarsi. Tutto e subito, così vuole il presidente. Anche qui però, difficile capire dove stiano le colpe del tecnico, che ha dato forse a Pastore più fiducia di quanta attualmente l'acerbo argentino meriti.

E così salgono a 28 (12 da quando è al Palermo) gli allenatori silurati da questo presidente che troppo spesso si erge a grande intenditore di calcio, ma che altrettanto spesso ha dato chiare dimostrazioni in senso opposto. Tra gli illustri licenziati possiamo ricordare senz'altro Zaccheroni, Novellino, Colantuono, per non parlare di Guidolin, che nonostante le ripetute qualificazioni in Europa veniva esonerato e richiamato con la stess frequenza con la quale un italiano medio si cambia gli slip. E nemmeno il non esonerato, ma letteralmente fuggito Ballardini (che ora non se la passa bene alla Lazio) aveva avuto vita facile a Palermo.

Il copione, sempre il solito: un amore sfolgorante, accompagnato da una sintonia totale, che poi sono andati puntualmente a scemare col passare delle settimane e con qualche sconfitta mal digerita. Il rapporto di Zamparini coi suoi allenatori è paragonabile a quello di un adolescente alle prime cotte. E nonostante le sue scelte si siano quasi sempre rivelate un errore, la catena di esoneri non si spezza, e sembra destinata a continuare. Delio Rossi, ottimo allenatore dal passato importante, è anch'egli un potenziale esonerato, anche se per adesso sembra tutto rose e fiori: durerà?

23 novembre 2009

Juve e Milan rispondono all'Inter, torna a vincere la Samp. Strepitoso Totti, Zenga sull'orlo dell'esonero

Pur se in modo diverso, Juventus e Milan rispondono sul campo alla vittoria dell'Inter a Bologna, e mantengono così inalterate le distanze dai nerazzurri (rispettivamente di 5 e 7 punti).


I bianconeri si impongono di misura su un'Udinese spuntata, grazie ad un gol di Grosso al 7' del secondo tempo. Rischiano poco, gli uomini di Ferrara, ma il gioco latita, con Melo ancora ampiamente sotto la sufficienza (ma li vale 25 milioni, uno così?) e un Diego in ripresa ma sempre troppo lontano dalla porta. Il ritorno in campo di Del Piero nel secondo tempo rappresenta comunque una nota positiva della serata, oltre al risultato: il capitano ha fatto salire di giri il brasiliano, bisognoso di un riferimento in avanti che parli la sua stessa lingua calcistica. Sugli spalti, vergognosi cori all'indirizzo di Balotelli, da parte della solita frangia di bestie: "se saltelli muore Balotelli", il motivetto che si alza dalla curva juventina, uno slogan negativo per tutto il calcio italiano. Il tifo, come ho sempre pensato, non c'entra nulla: la vergogna non ha maglia, nè colore.


E se la Juve porta a casa i tre punti col minimo sforzo e senza eccessivi patemi d'animo, il Milan invece vive la sua ennesima domenica di sofferenza finalizzata allo spettacolo. Senza un perno fondamentale come Nesta, squalificato, la difesa balla più del solito, con un Kaladze impresentabile spesso scherzato dai vivaci attaccanti cagliaritani. In vantaggio con Seedorf, i rossoneri si fanno prima raggiungere da Matri, poi superare da Lazzari, bravi a sfruttare le falle aperte nella retroguardia di Leonardo.

Per fortuna, se dietro è notte fonda, davanti invece è giorno pieno. Ronaldinho, Pato e Borriello formano ormai un tridente micidiale, e proprio il centravanti italiano pareggia al 38'. Il nuovo sorpasso è firmato da un bolide di Pato, che fa esplodere un Galliani sempre più innamorato del suo pazzo Milan. Nella ripresa, Ronaldinho su rigore sembra chiudere la contesa, ma l'ennesimo buco difensivo regala a Nenè il gol che dà suspence al finale di gara. Non succede più nulla però, e così il Milan si gode il successo numero 6 nelle ultime 7 gare, il terzo posto solitario e un'ambizione del tutto ritrovata. Difficile pensare che di fronte ad avversari più solidi del pur ottimo Cagliari di Allegri sia possibile concedere così tanto, ma a quanto pare ormai è un rischio calcolato da Leonardo per primo: questo suo Milan sempre più offensivo non è adatto a difendere e gestire il risultato, tanto vale puntare a far più gol possibili, e poi il tempo dirà dove potrà arrivare.

Dietro le prime tre, spunta di nuovo la Samp, tornata a vincere dopo un periodo complicato. Cassano incanta, Rossi (suo malgrado) e Pazzini segnano: il Chievo, sconfitto ma vivo, ha da recriminare per un arbitraggio discutibile, e per dei fuorigioco segnalati erroneamente a Pellissier che avrebbero potuto modificare l'inerzia della gara. Dopo tutto quello che la Samp ha passato nelle ultime settimane con gli arbitri, c'è però da dire che se per una volta il vento spira a suo favore, non è un dramma.


Non tira una buona aria a Palermo, dove dal derby dei precari Zenga e Atzori sembra uscire rafforzato il tecnico rossazzurro e forse definitivamente compromesso il rosanero. Il gol immediato di Migliaccio aveva dato l'illusione di un pomeriggio pro-Zenga, ma il pareggio di Martinez (che poi segna un altro gol, annullato) suona come una sentenza sull'ex-portiere interista, adesso appeso a un filo. Il suo progetto non decolla, Zamparini è uno dall'esonero facile, e non è da escludere che già oggi possa arrivare la notizia del cambio di timoniere: Delio Rossi, nuovo amore del presidente rosanero, è alla finestra.

A Roma, la finora granitica difesa del Bari si scioglie al cospetto di un Totti sontuoso, autore di tre reti. Tutto il campionario del capitano giallorosso in 45': rigore, punizione bomba dal limite dell'area, sinistro sotto l'incrocio dei pali da posizione quasi impossibile. Chi dice che il Pupone è finito, adesso è servito.

Scialbo il pareggio a reti bianche tra Napoli e Lazio: i partenopei non riescono a riprendere la marcia dopo lo sfolgorante inizio della gestione Mazzarri, i biancocelesti continuano la serie negativa e adesso sono terzultimi. Insomma, il classico pareggio che non serve a nessuno.

In coda, importanti colpi di Livorno e Atalanta, vittoriosi rispettivamente sul Genoa (gol allo scadere di Pulzetti, dopo le reti di Lucarelli e Criscito) e in casa del sempre più ultimo Siena (Tiribocchi e Acquafresca): le squadre di Cosmi e Conte adesso sono a quota 12, agguantando Lazio e Bologna. Per lo sfortunato Siena, la salvezza è sempre più un miraggio.

22 novembre 2009

Inter padrona a Bologna, oggi tocca a Juve e Milan. Colpaccio Parma a Firenze, ducali in paradiso


Un'Inter autoritaria passa agevolmente a Bologna, e si gode un fine settimana di tutto relax in vista della supersfida del Camp Nou (in programma martedì). Contro un Bologna a cui comunque la cura Colomba sembra stia facendo bene, i nerazzurri offrono una prestazione da grande squadra, senza incantare ma gestendo la gara dall'inizio alla fine.

Mourinho non ricorre al turnover, fatta eccezione per la staffetta programmata Balotelli-Eto'o e per la forzata rinuncia a Sneijder. Tutto invariato per il resto, con il rientro di Thiago Motta (90' per lui) in mezzo al campo, e Stankovic piazzato dietro le due punte. Il Bologna risponde con un modulo speculare, Adailton fantasista e coppia d'attacco Di Vaio-Zalayeta.

I nerazzurri passano al 22': calcio d'angolo di Balotelli, spizzata di testa di Lucio che serve Milito lasciato colpevolmente solo in area. L'attaccante argentino in area è una sentenza, e scaraventa il pallone alle spalle di un incolpevole Viviano, siglando il suo ottavo sigillo in campionato. Il Bologna però non si disunisce, e trova immediatamente il gol del pari con il redivivo Zalayeta, che sfrutta un lancio lungo e con un gran controllo taglia fuori una difesa interista troppo alta e disattenta, battendo poi in uscita Julio Cesar.

Nasce ancora da calcio d'angolo il gol del nuovo sorpasso della capolista: Maicon mette in mezzo, Balotelli segna un gol fotocopia al primo segnato al Palermo. Polemica l'esultanza del "colored" nerazzurro, forse a zittire il pubblico emiliano per dei cori razzisti. Nel secondo tempo l'Inter potrebbe chiudere la gara più volte, e lo fa con Cambiasso, già vicino al gol nel primo tempo: al minuto 72' il Cuchu capitalizza al meglio un assist del positivissimo Motta, e spegne ogni emozione per i minuti finali.

Mourinho vola così a +8 sulla Juventus, oggi impegnata a Udine, e si gode un'Inter positiva sia nella gestione della gara, che del possesso palla, e può guardare fiducioso all'impegno di Champions contro il Barcellona. Arrivano buone notizie anche dagli avversari, per il tecnico nerazzurro: Messi è ufficialmente out per la supersfida, dopo l'infortunio rimediato ieri nello 0-0 di Bilbao, e l'infermeria blaugrana conta anche diversi elementi alle prese con l'influenza (Marquez, Abidal). Sportività a parte, è difficile pensare che la notizia del ko della Pulce abbia lasciato impassibile l'ambiente interista.



E chi la Champions adesso la sogna è il sempre più sorprendente Parma di Guidolin, poco considerato nel precedente sondaggio di Blog nel pallone ma che fila come un treno verso traguardi alla vigilia impensabili. I ducali sbancano a sorpresa la Fiorentina al Franchi, e scavalcano così i viola in classifica, piazzandosi al terzo posto solitario in attesa delle gare di questo pomeriggio.

Pesanti per Prandelli i forfait di Mutu e Jovetic, che hanno privato la manovra offensiva della giusta inventiva, oltre alle defezioni importanti nel pacchetto arretrato. Tante le assenze tra i viola, ma grandi meriti ad un Parma arrivato in Toscana per giocarsi la partita e non per pensare a non prenderle.

La Fiorentina era andata anche in vantaggio per prima, con il solito Gilardino, abile a raccogliere un cross di Santana e spedire di testa alle spalle di Mirante. Passano però solo 5', e la difesa viola apre la galleria degli orrori: Zaccardo sfrutta uno svarione di Comotto, e serve in mezzo Amoruso che segna facilmente il gol del pari. Nella ripresa, è Bojinov a mettere in risalto le pecche della retroguardia gigliata, raccogliendo un cross piovuto dalla trequarti e portando così i suoi in vantaggio.

Gilardino, da grande attaccante, ristabilisce la parità con una nuova inzuccata sugli sviluppi di un corner, ma a dire l'ultima è ancora il Parma con Lanzafame, che addomestica uno strepitoso lancio di Panucci e beffa Frey. Il 3-2 è definitivo, nonostante un incontenibile Gila chiami al miracolo Mirante a pochi secondi dal fischio finale. L'impresa è servita, e il giovane Parma adesso vola.

20 novembre 2009

Sudafrica 2010, ci siamo! Le ultime qualificate


Si completa il quadro delle 32 partecipanti al mondiale sudafricano, con gli spareggi che dai vari angoli del globo hanno assegnato gli ultimi posti disponibili. Alla gioia delle qualificate ha fatto come sempre da contraltare la delusione, spesso cocente, delle eliminate: il confine tra vittoria e sconfitta è labile, se poi si parla di una manifestazione che va in scena ogni 4 anni i sentimenti che fanno seguito agli esiti dei vari campi sono ancora più forti.

Nella zona europea, detto della vergogna dello Stade de France, sono riuscite a staccare il pass per Johannesburg Portogallo, Grecia e Slovenia. Sfortunate e deluse, Bosnia, Ucraina e Russia.

I lusitani, fortunati all'andata, sono riusciti a imporsi di misura anche in casa dei bosniaci grazie al gol di Raul Meireles. Al di là dei proclami di battaglia del ct Blazevic, i suoi non ce l'hanno fatta a ribaltare lo 0-1 maturato in Portogallo, e dopo uno strepitoso girone di qualificazione devono dire addio al sogno mondiale.

La grande sorpresa è rappresentata dalla doppia eliminazione delle due grandi del calcio ex-sovietico, Russia e Ucraina. Lo 0-0 di Atene metteva la formazione di Shevchenko in una posizione di vantaggio, potendosi giocare in casa la qualificazione: il gol di Salpigidis ha però cambiato gli scenari, e ad andare in Sudafrica saranno proprio gli uomini di Rehnagel. Discorso più o meno simile per la Russia di Hiddink, favorita dal pronostico e dal vantaggio dell'andata (2-1, col gol sloveno arrivato solo a due minuti dal termine), ma beffata dalla Slovenia.


Nella zona America, dopo le qualificazioni di Brasile, Paraguay, Cile e Argentina nel girone sudamericano, e di USA, Messico e Honduras nella zona CONCACAF, ce l'ha fatta anche l'Uruguay, uscito vittorioso dallo spareggio contro il Costarica. Dopo l'1-0 dell'andata, la squadra di Tabarez è riuscita a portare a casa la qualificazione pareggiando 1-1 e agguantando così l'ultimo posto disponibile per il Sudafrica.

Nell'altro spareggio che metteva in palio un posto tra una squadra della zona oceanica e una della zona asiatica (che ha già qualificato Giappone e le due Coree), si sono scontrate Nuova Zelanda e Bahrein. L'hanno spuntata gli oceanici, che così vanno a fare compagnia alla già qualificata Australia.

I gironi del continente africano avevano già emesso i propri verdetti, qualificando la prima di ogni raggruppamento. Oltre al già qualificato Sudafrica paese ospitante, ce l'hanno fatta Camerun, Nigeria, Ghana, Nigeria e Costa d'Avorio. Grandi deluse Egitto, Marocco e Tunisia, che guarderanno da casa il primo mondiale africano della storia.

Ci sono proprio tutte, adesso: per le nazionali l'appuntamento adesso è il 4 dicembre a Johannesburg, per i sorteggi degli 8 gironi, che definiranno la prima fase di questa attesissima competizione.

19 novembre 2009

Henry dà una mano alla Francia: defraudata la piccola Irlanda del Trap


Ho letto il termine "vergogna" praticamente ovunque, dopo lo scempio consumato ieri sera allo Stade de France: quotidiani e siti web non si sono potuti esimere dall'inneggiare allo scandalo, e francamente neanche io riesco a trovare termine più appropriato di questo. Perchè quello che è successo è qualcosa di lontano anni luce dal concetto di sport e sportività, e se tutto ciò fa rabbia a noi non oso immaginare come possa sentirsi in questo momento un calciatore, un tifoso, un qualunque irlandese.

I sogni di una notte di una nazione intera, andati in pezzi non per il fato avverso, non per via di un avversario più bravo, ma perchè in un minuto è stato calpestato il concetto di rispetto: delle regole, del verdetto del campo, di un avversario che ti sta dominando. Di fronte ad una posta in palio altissima, anche un campione come Henry diventa il più efferato dei truffatori, ben coadiuvato dalla vergognosa terna arbitrale, colpevole almeno quanto l'attaccante transalpino.

Minuto 103, una Francia allo sbando è sotto di un gol, e deve ringraziare Keane e compagni per essersi divorati più volte il colpo del ko. Punizione da metà campo di Malouda la palla rimbalza e sta per andare fuori, se non fosse per lo stop di mano doppio di Henry: che stoppa e si aggiusta la sfera prima di metterla al centro dove Gallas, a un metro dalla porta, segna di testa. E mentre gli irlandesi protestano come degli indiavolati, i francesi esultano in egual maniera, dando corpo al termine "vergogna".

Pietosa la giustificazione di Henry, che afferma: "Ero dietro due irlandesi, la palla mi finisce sulla mano, continuo a giocare, l’arbitro non fischia. Non sono io l'arbitro". La sensazione è che l'attaccante cerchi proprio di addomesticare con la mano un pallone che sembrava ormai destinato a spegnersi a bordocampo: e così facendo, di fatto ha mandato a casa un'Irlanda che ha come unica colpa quella di non essere stata più forte di una terna arbitrale da radiazione immediata.

Povero Trap, che dopo aver preso tatticamente a pesci in faccia quel mediocre di Domenech (dalla Normandia alla Provenza si chiedono il perchè sieda ancora su quella panchina), è rimasto vittima del successore di quel Byron Moreno che tutti ricordiamo ancora.

Cosa succederà adesso? Credo nulla, come sempre. Anche se gli irlandesi proveranno a richiedere la ripetizione della gara invocando l'errore tecnico dell'arbitro, sarà difficile che riescano a ottenere qualcosa. Il campo ha parlato, e ha detto probabilmente quello che doveva dire.

All'Irlanda vanno i migliori complimenti per una prestazione straordinaria, al cospetto di una formazione di qualità decisamente superiore. Questa Francia, se si libera di un ct che definire inadeguato è eufemistico (perchè l'ostracismo nei confronti di Benzema?), può essere una squadra temibile.

Senza Henry, però. Non ci può essere giustificazione di nessun tipo per il gesto antisportivo che ha spostato l'inerzia della gara, falsandone l'esito e danneggiando irrimediabilmente l'altra squadra. Per l'attaccante del Barcellona sarebbe esemplare una maxi-squalifica: sette giornate, giusto la durata massima di un mondiale nel caso in cui la squadra riesca ad arrivare in finale. Sarebbe una presa di posizione importante, un deterrente per eventuali episodi analoghi in futuro.

E il bello è che questi galantuomini francesi dicevano peste e corna di noi italiani, specie dopo il mondiale tedesco. Ne avranno ancora il coraggio, adesso?

17 novembre 2009

Lippi e una nazionale piena di contraddizioni..


"Le porte della nazionale non sono aperte solo a Totti, ma a TUTTI". Così Lippi si era espresso quando gli si chiedeva pareri su un eventuale ripensamento di Totti riguardo ad un suo ritorno in nazionale.

Al di là del gioco di parole, sarebbe stato più onesto dire "sono aperte a tutti, tranne che ad ANTONIO CASSANO".

Non c'è una logica nella continua e ormai definitiva esclusione del barese, non c'è mai stata, e il fatto che non gli venga data neanche una chance nelle amichevoli di avvicinamento al mondiale rafforza il sospetto che si tratti più di un fatto personale che di scelta puramente tecnica. In qualunque modulo Lippi voglia far giocare gli azzurri, Cassano ci rientrerebbe a pennello: seconda punta nel 4-4-2 o trequartista nel 4-2-3-1, cambierebbe poco.

Proprio aperte a QUASI tutti, le porte di questa nazionale. Il 22enne Candreva, che si sta mettendo in luce a Livorno ed è già nel mirino di Juve e Inter, è passato da illustre sconosciuto ad elemento quasi certo del posto in Sudafrica in un amen, mentre i vari Biondini. Galloppa, Palladino, Maggio e Criscito rincorrono un sogno possibile, rafforzato dalla convocazione per le due amichevoli con Olanda e Svezia. Santon, per ammissione dello stesso ct, se non si fosse perso per strada e giocasse di più sarebbe già con un piede e mezzo a Johannesburg.

Chance ai migliori prodotti del campionato, ai giovani più interessanti, sempre con la solita, unica eccezione: ANTONIO CASSANO. Perchè?

Alla fiera delle contraddizioni, non mancano altri elementi importanti.

Un esempio? Gattuso è ormai ai margini nel Milan, ma a quanto pare sarà della spedizione comunque. Poco importa se un Ambrosini in gran forma e titolare fisso nello scacchiere di Leonardo (al posto del calabrese) scalpiti. Insomma, per Lippi  meglio portare uno che "fa spogliatoio", anche se bollito, piuttosto che un centrocampista che potrebbe risultare utilissimo e che preso in valore assoluto vale attualmente molto di più.

Anche la gestione della questione "oriundi" lascia il tempo che trova. Amauri diventerà italiano a tutti gli effetti solo il 5 marzo, quindi non potrà essere convocato prima di allora. Nonostante questo, l'attaccante bianconero sembra che abbia già il posto assicurato, e questo alimenta già un certo malcontento nel gruppo degli "aspiranti" (vedi Pazzini). Il BRASILIANO (perchè di brasiliano si tratta) ha scelto l'azzurro solo dopo aver capito di non poter nutrire chance con la Seleçao di Dunga lo sanno anche i muri: e in barba alla dichiarazione di facciata sul "Paese in cui è cresciuto calcisticamente", se il ct verdeoro lo convocasse domani andrebbe in Brasile a nuoto, con tanti saluti a Lippi.

Diverso il caso di Thiago Motta, anche lui "oriundo" e disponibile a vestire l'azzurro, ma che non rientra nei piani del ct nonostante l'immensa qualità che porterebbe ad un centrocampo che ne avrebbe un gran bisogno. Il ct, a domanda sull'argomento risposto che "non vuole troppi oriundi". E Amauri? Mistero.

L'avvicinamento al mondiale prosegue, i dubbi che avvolgono la nazionale restano. Snobbare la qualità non è il modo migliore per pensare di tenere testa a Brasile, Spagna, Inghilterra, Argentina e Francia.

11 novembre 2009

Germania shock: si suicida Robert Enke



La Germania piange la morte di Robert Enke, trovato morto nel tardo pomeriggio di lunedì dopo l'impatto violento della sua automobile con un treno a un passaggio a livello a Neustadt am Rübenberge, nei pressi dell'abitazione del giocatore. Il portiere tedesco si è suicidato, per ragioni ancora non del tutto note. La polizia tedesca ha rinvenuto una lettera d'addio del giocatore, che conferma l'idea del suicidio.

"Era psicologicamente instabile", afferma Martin Kind presidente dell'Hannover. Nonostante i dubbi sul posto da titolare che Löw non poteva garantirgli, Enke "si è fatto sopraffare. Tutto questo non ha niente a che vedere con il calcio".

Qualsiasi sia la ragione che ha spinto un uomo di 32 anni a buttarsi sotto un treno, la sostanza comunque non cambia. Enke non ce l'ha fatta a sconfiggere il suo mostro, a vincere la partita più importante. E questo episodio dà nuovi spunti di riflessione: la depressione è un cancro invisibile, e non ne è immune neanche la gente spesso disegnata frettolosamente come "fortunata" solo perchè economicamente più agiata.

Addio, numero 1.

10 novembre 2009

Amarcord: ricordavate? Italia-Olanda 2000



Amsterdam, 29 giugno 2000. Una delle partite più incredibili della storia della nostra nazionale. In palio c'è la finale di Rotterdam, di fronte c'è la favoritissima Olanda padrona di casa. Tutti ricorderanno come è andata a finire, ma personalmente rivedere gli highlights di quella partita mi mette ancora i brividi.

E' stata la notte del "cucchiaio" di Totti, colpo poi rivisto in numerose altre occasioni, di un Toldo sovrumano, e probabilmente di uno dei più clamoroso furti sportivi della storia della competizione. In finale poi pagheremo cara la buona sorte di quella sera, ma un'impresa del genere merita comunque di essere ricordata.

09 novembre 2009

Inter bloccata in casa, Juve a -5! Ok Milan e Fiorentina, crisi Samp

L'Inter stecca la gara casalinga contro la Roma, facendosi imporre l'1-1 dai giallorossi di Ranieri, e si ritrova la Juve a -5, azzerando di fatto il vantaggio incrementato una settimana fa dopo il ko bianconero contro il Napoli. Bruttissima la gara della squadra di Mourinho, al cospetto di una Roma incerottata (fuori Totti, Doni, Burdisso e Juan) e che perde De Rossi molto presto in seguito ad un contrasto con Vieira (frattura dello zigomo, niente Nazionale). L'alibi della fatica di Kiev regge fino a un certo punto: anche la Roma ha giocato giovedì, anche se era Europa League e non era nel gelo ucraino ma al "calduccio" della capitale.

Come a Kiev, la partenza della capolista non è delle migliori. E la Roma, che quando vede San Siro riesce a trovare energie insperate, passa dopo soli 10': Vucinic di testa beffa sia Lucio (scena già vista in passato), che Julio Cesar, apparso non proprio esente da colpe (anche qui, come a Kiev). La reazione nerazzurra non è pungente, nè produttiva: senza Sneijder, la squadra fatica a fare gioco, e crea solo un'occasione con Milito. Dall'altro lato, c'è una Roma ordinata, che con Menez crea sempre superiorità numerica e chiama i nerazzurri sistematicamente al fallo. Nella ripresa, con Balotelli e Sneijder al posto di Vieira e Muntari, il gol immediato di Eto'o (partita sufficiente per il gol, ma troppe pause e troppi errori in appoggio) sembra dare il via alla rimonta, ma nonostante la Roma arretri il suo baricentro, non ci saranno grossi rischi per Julio Sergio. L'1-1 finale dà il via al solito, rovente post-partita che ogni Inter-Roma che si rispetti ha ormai da anni. Mourinho e Ranieri difficilmente si scambieranno gli auguri, il prossimo Natale.


E se la Juve approfitta del mezzo passo falso della capolista, lo stesso fa anche il Milan, che con l'importante successo di Roma contro la Lazio porta a casa la sesta vittoria in sette partite, e agguanta il terzo posto, miraggio lontanissimo solo un mese fa. Un Milan che ha imparato a soffrire, che ha ritrovato un ottimo Ronaldinho, sempre più uomo-assist, e che soprattutto sembra aver trovato il suo assetto tattico ideale: quel 4-2-3-1 (o 4-2-1-3, poco cambia), con Dinho e Pato larghi e Borriello punta centrale.

Contro una Lazio sempre più in crisi, e sempre più prossima al cambio di guida tecnica (Ballardini sembra ormai avere le ore contate), Thiago Silva e Pato portano i rossoneri sul 2-0 con due gol di testa (bellissima l'imbeccata di Ronaldinho per il raddoppio del Papero), poi nella ripresa un clamoroso autogol proprio di Thiago Silva rimette i biancocelesti in partita. L'arrembaggio finale guidato da Cruz si risolve in un nulla di fatto, e così per la Lazio lo spettro della serie B prende sempre più corpo. C'è tempo per rialzarsi, ma senza una scossa forte questo gruppo rischia di andare alla deriva. Tanti applausi invece per Leonardo: il suo Milan piace, il suo lavoro adesso è apprezzato da tutti. E in casa rossonera, la parola scudetto torna di attualità.

Va col vento in poppa anche la Fiorentina di Prandelli, che nonostante le assenze espugna il Friuli infliggendo ai bianconeri un pesante 1-0, che potrebbe costare il posto al tecnico Marino. La velenosa punizione di Vargas vale 3 punti e il quarto posto solitario a quota 21, un punto dietro al Milan.

Sembra non riprendersi dalla serie negativa in cui è incappata la Sampdoria, grande rivelazione di inizio stagione, ma adesso in evidente fase calante. I blucerchiati cadono 2-0 a Cagliari, ma hanno di che recriminare per un evidente calcio di rigore non concesso per un fallo in piena area su Cassano. I gol di Conti e Matri fanno invece volare i sardi, che dopo un inizio simile all'anno scorso adesso sono nelle zone nobili della classifica, a soli due punti dai doriani e davanti a squadre più blasonate come Roma, Lazio, Napoli e Udinese.


A quota 20 troviamo il ritrovato Genoa di Gasperini, un pò farfallone in difesa ma dal micidiale gioco offensivo, e il Parma di Guidolin, vittorioso 2-0 contro il Chievo, e sempre più sorprendente. I liguri si complicano la vita contro il Siena fanalino di coda, distraendosi sul 3-0 (doppietta di Crespo e gol di Palladino): il 4-2 finale di Floccari scaccia ogni paura nata dopo l'uno-due senese firmato Paolucci-Maccarone.

Al granitico Bari di Ventura basta un gol su punizione dello specialista Allegretti, per piegare la flebile resistenza del Livorno di Cosmi. I pugliesi si confermano ai piani altissimi della classifica, e vantano dopo 12 giornate la miglior difesa del campionato. Segno di un impianto di gioco che funziona, e alla grande, perchè la squadra crea anche tanto, sprecando spesso troppo. L'operazione salvezza, per Ventura, rischia di completarsi molto, molto presto.

Dopo i ritmi frenetici delle ultime settimane, adesso c'è la sosta: la serie A tornerà il 21 novembre.

08 novembre 2009

Juve, riparte la caccia: 5 gol all'Atalanta!

Niente finali a sorpresa questa volta. La Juve riparte ufficialmente alla rincorsa dell'Inter, dopo il clamoroso scivolone subito in rimonta dal Napoli otto giorni fa. Per due volte in vantaggio di due reti, i bianconeri concedono sempre l'opportunità ai bergamaschi di dimezzare lo svantaggio, ma il 5-2 finale è un segnale importante. Come sono importanti le marcature di Felipe Melo e Diego, i più criticati dell'ultimo periodo, ma autori entrambi di due reti di fattura davvero brasiliana. E adesso la palla passa all'Inter, chiamata a dare una risposta stasera a San Siro contro la Roma.


Non inganni il risultato finale, comunque. La Juventus ha sofferto, soprattutto nel primo tempo, perchè l'Atalanta ha giocato a viso aperto, restando in partita fino alla fine. Ci ha pensato la qualità superiore dei bianconeri a fare la differenza. Camoranesi con la doppietta del primo tempo completa una settimana da incorniciare, dopo il gol partita segnato in Israele, e di fatto piega le gambe ad un'Atalanta che stava attraversando il suo momento migliore: l'esterno argentino segna prima di testa, su cross di Grosso, poi con un tiro dal limite dell'area imparabile per Consigli.

Il secondo tempo rievoca momenti infausti già provati dai tifosi bianconeri una settimana prima: al 6' l'Atalanta trova il gol dell'1-2 con Valdes, imbeccato da una splendida invenzione di Guarente (che neanche Rui Costa..). Buffon sul tiro dell'uruguaiano non ci fa una gran figura, facendosi passare la palla sotto le gambe, ma a Gigi un'errore ogni tanto si può anche perdonare.

La Juve regisce, stavolta in grande stile. Segna con Melo in mischia e Poulsen di testa, ma entrambi i gol sono annullati per fuorigioco. Regolarissimo, e molto bello, il gol che sembra chiudere nuovamente la partita: la firma è di Felipe Melo, che con una botta da fuori area mette la palla proprio sotto l'incrocio dei pal per il meritato 3-1 bianconero.

La sensazione di una gara chiusa dura però lo spazio di 13': Ceravolo raccoglie una bella apertura di Tiribocchi, scherza Grosso con una finta a rientrare e batte Buffon con un bel sinistro a giro. Gol bellissimo, gara che si riapre ancora una volta. La Juve però non può permettersi di subire un'altra rimonta, e si rimette in moto subito: Diego trova il gol che tutti attendevano, con un tocco morbido che ruba il tempo a Consigli, Trezeguet poi chiude ogni discorso segnando un gol dei suoi e raggiungendo così nientemeno che Omar Sivori nella classifica dei cannonieri bianconeri di tutti i tempi. Mica male, per un calciatore che rischiava di essere ceduto fino a qualche mese fa..


06 novembre 2009

Quarta giornata: la situazione dei gironi di Champions

Detto della situazione delle italiane dopo l'ottima due giorni di Champions League, andiamo a vedere come procede globalmente la competizione, analizzando tutti gli otto gironi.

Gruppo A 

Clamorosa la situazione in cui versa il Bayern Monaco, squadra considerata tra le favorite d'obbligo alla vigilia. I bavaresi dopo il rovescio interno contro il sorprendente Bordeaux di Blanc sono con un piede e mezzo fuori dall'Europa che conta, avendo solo 4 punti in classifica contro i 10 dei francesi (già aritmeticamente qualificati) e gli 8 della Juventus. Per sperare nel miracolo, la squadra di Van Gaal deve fare bottino pieno nelle prossime due gare (compresa la trasferta di Torino), e la Juve non deve vincere a Bordeaux. In caso di successo bianconero, infatti, i giochi sarebbero già chiusi con una giornata di anticipo, e a Toni e compagni resterebbe solo la magra consolazione dell'Europa League.

Gruppo B

Con il rocambolesco 3-3 dell'Old Trafford contro i russi del CSKA Mosca, il Manchester United stacca il biglietto per gli ottavi di finale con due giornate di anticipo. L'1-3 per i russi stava disegnando scenari impensabili alla vigilia, con Red Devils fermi a quota 7 assieme al Wolfsburg, e i moscoviti a 6: la rimonta firmata nel finale da Scholes e il neo-acquisto Valencia ha rimesso le cose a posto, e scacciato la paura per i vicecampioni d'Europa. Il Wolfsburg, vittorioso 3-0 in casa del Besiktas (già eliminato), fa il suo dovere e consolida così la seconda posizione nel girone, che potrà blindare definitivamente se uscirà indenne dalla trasferta di Mosca in programma la prossima giornata: con un punto, Dzeko e compagni entreranno ufficialmente tra le 16 migliori d'Europa.


Gruppo C

Il bottino pieno fatto dal Marsiglia nel doppio confronto con lo Zurigo ha rilanciato i francesi, che tengono ben visibili a un solo punto di distacco Real Madrid e Milan. I giochi però potrebbero verosimilmente chiudersi già nella prossima giornata se i rossoneri batteranno gli uomini di Deschamps a San Siro, e il Real si sbarazzerà al Bernabeu degli svizzeri, già maltrattati all'andata. Per i francesi è comunque lecito sognare, un'impresa a San Siro cambierebbe la storia di un girone che sembra non averne più.

Gruppo D


Unico girone dove già è tutto deciso per il passaggio agli ottavi: avanzano Chelsea e Porto, con i portoghesi che allo stadio Dragao hanno la possibilità di giocarsi il primato ospitando i Blues di Ancelotti. Ad Atletico Madrid e Apoel Nicosia non resta che giocarsi un posto in Europa League. Grande delusione, gli spagnoli, che continuano nel loro periodo di crisi (anche in campionato non va meglio). Ai Colchoneros non è bastato l'estro di Aguero (che contro il Chelsea era inizialmente in panchina) per coprire le magagne di una difesa impresentabile.



Gruppo E

Nel gruppo della Fiorentina si sta concretizzando la seconda, grande eliminazione: quella del Liverpool, grande protagonista negli ultimi anni, ma adesso con un piede e mezzo fuori dal palcoscenico più importante. Ai reds di Benitez (sull'orlo dell'esonero) è costato carissimo il doppio passo falso contro il Lione, che nei minuti di recupero è stato capace prima di sbancare Anfield (due settimane fa), poi di riacciuffare gli inglesi al Gerland. E così i 4 punti sono andati ai francesi, che guidano il girone a 10, seguiti dalla Fiorentina, a quota 9: nello scontro diretto del Franchi, in programma la prossima giornata, ai viola basterà un pari per passare aritmeticamente il turno, lasciando alla porta il Liverpool. Più complicato il discorso se invece il Lione, già qualificato, dovesse fare risultato a Firenze: data per scontata la vittoria dei reds contro il Debrecen, Liverpool-Fiorentina diventerebbe un vero e proprio spareggio.

Gruppo F

Il gruppo senza dubbio più equilibrato e incerto. Paradossalmente proprio l'Inter, che era ultima fino al 40' della trasferta di Kiev, adesso ha due match point per passare il turno senza curarsi dei risultati degli altri campi: ai nerazzurri infatti basterà vincere anche solo una delle due gare rimanenti. I gol di Milito e Sneijder hanno ribaltato la classifica del girone, e a rischiare adesso è il Barcellona, campione in carica ma incapace di battere in due gare il Rubin Kazan, che ha preso 4 punti dei 6 disponibili. La prossima giornata prevede la partitissima con l'Inter, e per i catalani conterà solo vincere per non andare incontro ad una clamorosa eliminazione in un girone che sembrava dall'esito già scritto. Se così non dovesse essere, infatti, il Barça rischierebbe di essere scavalcato dalla vincente di Rubin Kazan-Dinamo Kiev, e si troverebbe a giocarsi tutto nella trasferta ucraina il 9 dicembre, proprio nel periodo che precede la finale del Mondiale per club, in cui i catalani saranno impegnati. Tutto, ma davvero tutto, può ancora succedere.

Gruppo G

In uno dei gironi meno spettacolari, il Siviglia ha già raggiunto la qualificazione agli ottavi: agli spagnoli è bastato pareggiare contro lo Stoccarda per accedere alla fase finale della competizione. Dietro, sognano i sorprendenti romeni dell'Unirea Urziceni, secondi in classifica dopo aver riacciuffato nel finale i Glasgow Rangers (passati in vantaggio nello scontro diretto in Romania). Tutto è comunque apertissimo per la seconda posizione, con lo Stoccarda che adesso ha due scontri diretti proprio contro scozzesi (in trasferta), e romeni (in Germania), e vincendoli entrambi sarebbe qualificato.


Gruppo H

Allo spettacolare Arsenal di Wenger manca solo il conforto dell'aritmetica per festeggiare il passaggio del turno, ma è ormai cosa fatta. Dopo il 4-1 contro l'AZ Alkmaar, ai ragazzi terribili basterà un punto nel confronto dell'Emirates Stadium contro lo Standard Liegi, ma la sensazione è che per i Gunners non sarà un problema cogliere un altro successo interno. I belgi, vittoriosi contro l'Olimpiacos davanti al proprio pubblico e terzi a 4 punti, possono ancora sperare nel sorpasso proprio ai danni dei greci, che al momento sono secondi a quota 6. La prossima giornata prevede la trasferta in Olanda per Maresca e compagni, e dal risultato di AZ Alkmaar-Olimpiacos potrebbero nascere nuove possibilità: se l'AZ riuscirà a vincere lo scontro,andrà a 5 punti e lì i giochi si riapriranno del tutto.