22 ottobre 2009

Champions League: le due facce di Milano

Difficile capire cosa succeda a Milano, di questi tempi. Difficile pensare come un Milan che a San Siro si fa prendere a pallonate dal Bari possa andare a profanare il tempio del grande Real Madrid ultramilionario; difficile credere che un'Inter straripante come quella di Marassi possa sciogliersi e diventare preda appetibile di una Dinamo Kiev che più dei genovesi non è che abbia chissà cosa.

Eppure succede. E' successo. Il calcio non è matematica, non lo è mai stato, e due più due (grazie a dio, o sai che noia) non fa sempre e solo quattro. Un pò di statistica però non guasta, e allora si fa fatica a credere all'impietoso risultato che vede l'Inter dominatrice assoluta in Italia compiere quest'oggi l'infausto anniversario dell'ultima vittoria in Champions League. Non serve invece scomodare i numeri per rendersi conto, alla luce della grande prestazione di ieri, di come la musica della Champions sia capace di trasformare anche il Milan più grigio degli ultimi 10 anni. Quella stessa musica che nelle orecchie dei calciatori nerazzurri suona come un pezzo metal nelle orecchie di un appassionato di musica classica. Stordisce, intorpidisce, e se Semak e Shevchenko non avessero fallito i match-ball nelle ultime due gare, staremmo qui a suonare il requiem, altro che finale a Madrid.

A Genova, dopo 6 minuti aveva colpito Cambiasso. Ci è voluto più o meno lo stesso tempo per subire il gol di Mikhalik, figlio di un macroscopico svarione di Stankovic e Lucio. Lo stesso Lucio che poi ha messo nei guai i suoi con un autogol sciagurato, smorzando ogni euforia per il pari di Stankovic. Il difensore brasiliano, già autore di un mezzo disastro a Kazan, è sembrato risentire parecchio del passaggio campionato-Champions, dando due versioni di sè completamente differenti (in linea con le prestazioni della squadra). Andrebbe rivisto un maggiore impiego di Cordoba, meno elegante e bravo palla al piede, ma difensivamente più affidabile.

Mourinho è stato forse "tradito" dalla sua stessa invenzione: quell'albero di Natale che sabato aveva portato gioco e gol a grappoli, martedì non ha funzionato, nonostante il rientro di Eto'o. La pressione gioca brutti scherzi, ad una squadra che in campionato domina e mette soggezione, ma in Europa risente invece del problema inverso. Cinica, spietata e convinta nei confini nostrani, timida, confusionaria e spesso goffa in continente. E il bilancio del Mou europeo latita: in 11 gare, 2 vittorie, 6 pareggi e 3 sconfitte, e contro top team come Barcellona e Manchester, 0 gol fatti in tre partite (2 subiti, tutti all'Old Trafford). Obiettivamente, un ruolino di marcia imbarazzante. E adesso, se non arriverà il colpo di coda a Kiev, una prematura eliminazione diventerebbe non solo una possibilità, ma una virtuale certezza.

Il brutto anatroccolo rossonero, intanto, studia per diventare un bel cigno. A Madrid, Leonardo ha coraggio e schiera contemporaneamente Seedorf, Ronaldinho, Pato e Inzaghi (con Pirlo in regia), in un particolare 4-3-3 che sarebbe stato scelta suicida se tutti e quattro non avessero interpretato alla grande le due fasi. Ronaldinho ispirato fa un figurone, in quel campo dove anni fa fu applaudito dai madridisti per la doppietta da extraterrestre rifilata con la maglia del Barça: "e se fosse tornato Dinho?", la domanda di un esaltatissimo Caressa. E intanto quel satanasso di Pato fa ammattire la retroguardia tutt'altro che irreprensibile del Madrid, alla faccia di chi ancora nutre dubbi sulle qualità straordinarie di un probabile, futuro pallone d'oro. E dire che la serata sembrava essere nata malissimo, dopo la scellerata papera di Dida (Storari e Abbiati, dove siete?)  che di fatto costituiva un potenziale e decisivo handicap. Il Real, privo del rock graffiante di Cristiano Ronaldo, non si fa bastare qualche virtuosismo di un Kakà versione ridotta, e sul regalo che il portiere brasiliano fa al sempre rapace Raul non riesce a costruire la sua vittoria. Ripreso da Pirlo, superato da Pato (con Casillas che fa pari e patta col collega), l'undici di Pellegrini va in bambola, ma con un tiro da fuori di Drenthe trova il 2-2 che sembra fissare il pari. Un gol annullato inspiegabilmente a Thiago Silva conferma il sospetto, Pato sconfessa tutto a 2' dalla fine. Ed è giusto così.

Pellegrini ha affermato a  fine partita che "il gioco non è stato male". La domanda è quale partita abbia visto il tecnico cileno del Real Madrid, mentre Leonardo, dopo la seconda vittoria importante in tre giorni, ha le quotazioni in netta ascesa. E tra quindici giorni, Milano vivrà una nuova grande sfida.



1 commento:

  1. Son anni che cerco di capire il perche, ma ti giuro, non ci riesco.
    A presto,
    http://spaceinter.blogspot.com/

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