30 marzo 2010

Facebook, il canale dell'anti-interismo

Nel mondo ormai spopolano da tempo i social network, vera rivoluzione del web degli ultimi anni e potentissimo veicolo di informazione delle tipologie più svariate: politica, sport, tecnologia, news di ogni genere dal mondo della rete passano giornalmente attraverso questi canali dall'utilizzo semplice, amichevole, alla portata di tutti.

Chiaramente, Facebook e affini sono anche mezzi di potente cazzeggio, oltre che di informazione, ci mancherebbe altro. Stati d'animo, link con frasi d'amore, barzellette, eventi, insomma oggi i social network offrono uno spaccato importante della vita di tutti i giorni di ciascuno di noi, ed esserci connessi significa inevitabilmente rendere pubblico il proprio pensiero, le proprie passioni, i propri vizi e le proprie virtù.

Proiettando i contenuti di questa premessa (che ritenevo doverosa) sulla situazione calcistica attuale del nostro Paese, va da sè che anche in questa direzione è possibile trarre delle importanti indicazioni sulla corrente di pensiero attuale, certo del fatto che un "campione" di 400 persone costituisce una ottima base per generalizzare concetti di risonanza ben più ampia.

Arrivo al punto centrale dell'articolo: il clima di anti-interismo a cui si sta assistendo è un fenomeno ormai totalmente fuori controllo, ai limiti del tossico, ed una cosa del genere onestamente in 26 anni non l'avevo mai vista in queste proporzioni.

Attenzione, non parlo di quello che succede sul campo, non credo nè ai complotti nè ai presunti misfatti contro la squadra di Mourinho, che se fosse stata meno nervosa probabilmente avrebbe 8 punti sulla seconda e si gusterebbe il finale di stagione in panciolle anzichè guardarsi le spalle dalla Roma di Ranieri e dal Milan dell'amore e dalla classifica gonfiata manco fosse un pollo d'allevamento. Quello che stanno facendo i nerazzurri è un mezzo suicidio sportivo, e quello che faranno in questo campionato dipenderà solo ed esclusivamente dalle loro forze e dalle loro debolezze, su questo credo non ci piova.

Il clima di cui parlo è quello che si respira tra la gente che segue questo sport, quella che appunto riflette sui social network i suoi stati d'animo, le sue sensazioni, le sue gioie e i suoi nervosismi. La dinamica, da tempo, è ormai la solita: quando i nerazzurri cadono, arrancano, perdono terreno, si scatena un putiferio virtuale a suon di esclamazioni, commenti, pubblicazione di link pronti probabilmente da giorni, e righe e righe di insulti qua e là.

Faccio qualche esempio:
  •  4 novembre 2009, prima di Dinamo Kiev-Inter (gara decisiva per il passaggio agli ottavi): il popolo italiano organizza un EVENTO chiamato "a casa mia questa sera si tifa Dinamo Kiev", con tanto di orari, propositi in caso di riuscita dell'evento e via discorrendo;
  • 24 febbraio 2009, durante Inter-Chelsea 2-1: in tempo reale, dichiarazioni di stizza per i gol dell'Inter, esultanze smisurate dopo il pari del Chelsea, processi all'arbitraggio che ha negato il rigore (giusto, per carità) su Kalou;
  • 12 marzo 2009, dopo Catania-Inter finita 3-1: pioggia torrenziale di link sul cucchiaio di Mascara, Kinder Maxi Lopez, e tanta altra roba;
  • 16 marzo 2009, prima di Chelsea-Inter: altro evento, stavolta dal nome "la grande gufata nerazzurra", con più di 600 iscritti al momento in cui ho dato un'occhiata.
  • 27 marzo 2009, dopo Roma-Inter che ha riaperto il campionato: in tempo reale, alcuni amici commentavano una direzione di gara a dir loro totalmente di stampo nerazzurro, esultando ai gol giallorossi. Al fischio finale di Morganti, contare il numero di link e frasi di scherno pubblicati nei minuti immediatamente successivi rappresentava un esercizio matematico ostico persino per un laureato in questa disciplina. Un amico, tra i più accaniti, mi ha persino detto che il suo dirimpettaio a fine gara sì è anche lanciato in strombazzamenti da stadio.
Siamo davvero al paradosso. Juventini che tifano Milan, concittadini messinesi che si esaltano per le imprese di Catania e Palermo (rivali storiche e storicamente odiatissime), il tutto finalizzato ad un unico, grande obiettivo: la sconfitta della squadra del grande nemico Mourinho.

Come mi sforzo il più possibile di fare, partendo dai fatti ho provato a costruire una mia teoria sulle ragioni di questo clima di ostilità quasi irreale, cercando di dare le mie motivazioni.

Innanzitutto, quello che sconcerta sono le proporzioni di questa campagna di anti-interismo, non certo la campagna stessa. Da che sport è sport, almeno in Italia, la squadra più vincente è al tempo stesso la meno popolare, come è stato per la Juve di Lippi e Capello, il Milan di Sacchi e ancora Capello, e andando a ritroso nel tempo la lista potrebbe continuare. Il punto è che a certi livelli non si è mai arrivati, almeno nella mia memoria recente di ragazzo poco più che venticinquenne.

Di certo per una frangia importante del tifo juventino che sta seguendo l'evoluzione del processo di Napoli, l'Inter è la squadra che ha causato l'attuale disastro bianconero, demolendo il vecchio quadro dirigenziale e portando la Signora in un inferno dal quale non è ancora uscita, e pertanto la demonizzazione della società nerazzurra è se non altro comprensibile. Non tutti però seguono gli stessi canali di informazione, scommetto che una fetta altrettanto consistente del tifo bianconero non ha la più pallida idea degli ultimi sviluppi, e quindi le ragioni per giustificare la totalità di questo "odio" sono da ricercare anche altrove.

Mourinho, tanto per fare un esempio. Se Mancini era uno che non le mandava a dire e si inimicava facilmente stampa e avversari, il portoghese sotto questo punto di vista è la versione potenziata del tecnico jesino. L'uomo di Setubal è il Dr. House del nostro calcio: uno che non ha freni, e fonda le basi per potersi permettere le sue clamorose uscite sulla sua straordinaria capacità di essere una macchina da risultati. Ha ragione? Ha torto? Non importa, per quelli che lui stesso chiamò "nemici" è ormai il nemico giurato, il bersaglio da colpire, il guerrafondaio di cui liberarsi il prima possibile. E quale modo migliore per liberarsi di lui, se non una stagione a "zeru tituli"?

In ultima analisi, c'è un discorso di stampo quasi psicologico, che riguarda la figura dell'Inter del pre-Calciopoli. Il quasi ventennio di insuccessi (eccetto qualche coppa Uefa) aveva trasformato la società nerazzurra in un'entità fantozziana, facendola diventare facile preda di barzellette, sfottò, slogan ironici e cori di scherno ("non vincete mai, non vincete mai"). Dopo il terremoto del 2006, la situazione si è andata ribaltando, e questo è stato un duro colpo per l'immaginario collettivo, assuefatto ormai a certe dinamiche "comportamentali". Anche questo aspetto, per quanto possa sembrare banale, nel quadro generale ha secondo me il suo discreto peso.

Cosa succederà adesso? L'Italia non nerazzurra attende sorniona, nasceranno nuovi eventi, si tiferà oggi Roma e domani Milan, e si seguirà il finale di stagione come un candidato che segue gli exit-poll durante le elezioni, aspettando al varco nuovi crolli nerazzurri.

L'aria che tira, piaccia o no, è questa, e probabilmente se ad un tifoso interista avessero offerto qualche anno fa la possibilità di vivere annate di questo tipo, coi pro e i contro del caso, avrebbe accettato senza la benchè minima riserva. A caval Donato, non si guarda in bocca..

25 marzo 2010

L'angolo di Elvis: Calciopoli, una farsa tutta italiana


Blog nel pallone riabbraccia il ritorno di Elvis, che ha buttato giù un pezzo molto interessante in cui espone in modo netto e senza peli sulla lingua la sua opinione su uno degli eventi più sconvolgenti che hanno colpito il calcio italiano nella sua lunghissima storia: lo scandalo di Calciopoli. Il consiglio per i lettori è di leggere con attenzione fino alla fine.

Sono passati quasi 4 anni da quando scoppiò il famoso scandalo delle intercettazioni nel mondo del calcio che tutti hanno denominato Calciopoli. Uno scandalo che ha portato alla retrocessione in B la Juventus, con la revoca di 2 scudetti. Uno scandalo che ha visto Milan, Reggina, Lazio e Fiorentina partire dalla A con forti penalizzazioni. Uno scandalo che ha visto azzerare i vertici della Juventus. La famosa Triade distrutta, annientata.

Quelle intercettazioni, compiute dai carabinieri di Roma, (i famosi Magnifici 12 dell’operazione Off-Side) a capo del Maggiore Auricchio, hanno portato al più grande stravolgimento dopo lo scandalo del calcio scommesse. Quelle intercettazioni che, per la Giustizia sportiva, rappresentavano illeciti “strutturati” tali da condannare la Juve alla retrocessione, per via anche di un “sentimento popolare” che vedeva la Juve l’unica e sola colpevole. Che vedeva in Moggi e Giraudo i “padroni” unici ed incontrastati del calcio italiano.

Quelle intercettazioni sbattute in prima pagine sui maggiori quotidiani sportivi e non. Quelle intercettazioni che per giorni e giorni, prima dei Mondiali in Germania, hanno riempito le cronache sportive (e non) anche delle maggiori TV. Le intercettazioni che da segrete come erano sono diventate pubbliche. Le intercettazioni che hanno permesso a tanti , troppi giornalisti di accanirsi contro una sola squadra. Per loro, e per la Giustizia sportiva, l’unica colpevole. Quei giornali che emettevano le sentenze ancor prima dei Giudici. Quei giornali che anticipavano le inchieste. Tutto questo ha portato, naturalmente, ad un processo penale che si sta svolgendo a Napoli. Un processo lungo, con tanti testimoni sia per l’accusa che per la difesa. Un processo che, a detta della presidente Casoria, è meno importante di altri. Ed ha ragione.

Dopo 4 anni, con dei giudici veri, con degli avvocati veri sta venendo fuori tutta la farsa perpetrata ai danni di Moggi e della Juventus. Tralascio le testimonianze, portate dall’accusa, sin qui assurde dei vari Zeman, Cellino, Dal Cin, Gazzoni Frascara e tanti altri che hanno dichiarato in tribunale , tutti , che “prove non ne ho ma erano sensazioni , voci che circolavano nell’ambiente” oppure “a mia sensazione, secondo me“ che in un vero tribunale hanno la valenza del due di coppe quando la briscola è a denari.

Mi soffermo di più sull’ultima testimonianza, quella del Maggiore Auricchio, il braccio armato dei PM Narducci e Beatrice. Colui il quale ha indagato, ascoltato telefonate, ha gestito per anni l’intera operazione Off Side. Ebbene l’eroe che è stato visto da molti in TV nella fiction (farsa) di La7 non è altro che un carabiniere che ha fatto male, malissimo il suo lavoro.

Vi cito adesso un paio di stralci del controinterrogatorio che l'"eroe" ha subito dall’avvocato difensore di Luciano Moggi Prioreschi.

questo stralcio riguarda le intercettazioni e le ammonizioni preventive da loro “furbescamente” dedotte:

L'avvocato Prioreschi, quindi, ha chiesto: "Che cosa era emerso? Che ipotesi formula nell'informativa?", ed ottiene in risposta da Auricchio "Una strategia fondata sul ricatto". Sempre Prioreschi: "Quindi si è subito indirizzato su Moggi", al quale Auricchio risponde: "Sì, quello che colpiva era la posizione dominante esercitata anche sulla struttura arbitrale". Subito dopo Prioreschi ha iniziato a trattare il tema delle sim svizzere, chiedendo ad Auricchio quali accertamenti sono stati fatti e con quale procedura.
Si entra, quindi, nel tema intercettazioni, con il dialogo che segue:

Avv. Prioreschi: Perchè sui documenti c'è scritto centro intercettazioni Rono?
Auricchio: Credo che sia un errore, meglio una improprietà
Avv. Prioreschi: Non c'è scritto che il centro era il vostro
Auricchio: Ripeto, è una improprietà, ma non cambia molto
Avv. Prioreschi: In tutti i documenti c'è la stessa improprietà
Auricchio: Sì, ma ripeto, non cambia molto
Avv. Prioreschi: Intercettazione del 5.1.2005, ore 14.30, tra Fazi e Bergamo, dove questi riferisce di telefonate di Moratti, e di una cena che aveva organzizato con Facchetti, perchè si lamentavano degli arbitri, e di un'altra telefonata in cui Bergamo riferisce di colloqui con Moratti. Ora, noi abbiamo cercato queste interlocuzioni tra Bergamo e Moratti, ma non le abbiamo trovate. Lei sa spiegare perchè queste telefonate non ci sono? Visto che il telefono di Bergamo era intercettato?
Auricchio: Non lo so, non so dare spiegazioni
PM: E' l'avvocato che lo dice, ma non può dimostrare nulla
Avv. Prioreschi: Dottore lei ha messo sotto intercettazione tutti i telefoni di Bergamo
PM: Qualcosa sarà sfuggita, magari non tutti i telefoni erano sotto controllo
Auricchio: Tutte le telefonate intercettate sono state riportate, e quelle che non sono state riportate sono state compendiate. Facchetti avrà chiamato su altro numero.
Avv. Trofino: Ci chiedete perché ci interessa, beh dopo tutto quello che è venuto fuori al processo Telecom...

L'interrogatorio continua con l'avvocato Prioreschi che passa ad analizzare le risultanze di indagine sulle partite, e chiede ad Auricchio di Udinese-Brescia, partita che, secondo l'inquirente, aveva visto "ammonizioni pilotate". Auricchio tergiversa un po' nelle risposte, ammette di non aver visto la partita, richiama un colloquio intercettato tra Meani e Babini nel quale veniva esaltato questo meccanismo.

Prioreschi, allora, chiede: Colonnello io le ho fatto una domanda specifica. Come ha individuato queste ammonizioni dolose?

Auricchio: Abbiamo ricostruito da una analisi tabellare.
Avv. Prioreschi: Io voglio sapere questa, Udinese-Brescia!
Auricchio: Non la trovo in questa tabella. Sulla base della telefonata di Meani abbiamo cercato di ricostruire, durante il campionato, questo fenomeno
Avv. Prioreschi: Lei ha visto gli atti ufficiali di gara per capire perchè ci funono le ammonizioni?
Auricchio: Non credo
Avv. Prioreschi: Quando è che un'ammonizione può definirsi dolosa?
Auricchio: Secondo la nostra interpretazione? Il problema del rigore è rigore, ammonizione è ammonizione, non ci riguardava. Ci riguardava dal punto di vista investigativo, non il dato tecnico, ma se due persone da noi intercettate dicono "In Arezzo-Salenitana, visto che mi è stato raccomandato l'Arezzo..."
Avv. Prioreschi: No, caro colonnello, quando lei ascolta una intercettazione in cui uno dice che ha ammazzato il Papa, che fa? Una informativa, o va a verificare se il Papa è stato ammazzato?
Auricchio: No, ma che c'entra, io vado a vedere solo le cose che dal punto di vista investigativo ci interessano. Per esempio, Milan-Juve non l'abbiamo investigata perchè ormai gli imputati erano già stati avvisati, era inutile.
Avv. Prioreschi: Lei sa bene che la frode si attiva con atti fraudolenti. Bene, ha accertato se le amminizioni erano dolose? Perchè erano state fatte?
Auricchio: Le ho già detto che la partita non era indicata.
Avv. Prioreschi: Si dice che a seguito di queste ammonizioni dolose, perchè fatte ai diffidati, la partita successiva i tre non hanno giocato contro la Juve. Ha fatto accertamenti per verificare se i tre erano diffidati, e se hanno o no giocato la partita con la Juve?
PM: Opposizione! A quella data non c'erano le intercettazioni
Auricchio: Comunque non le ho fatte
Avv. Prioreschi: Siccome questa partita è nel capo di imputazione, sto cercando di far capire che bastava poco per verificare la circostanzanza.
L'avvocato Prioreschi, quindi, incalza Auricchio citando un buon numero di partite oggetto di indagine, per le quali l'atto fraudolento era il sorteggio, e chiedendo al teste se ha visto quelle partite. Le risposte di Auricchio sono quasi tutte negative. Poi l'avvocato concentra le sue domande su Fiorentina-Bologna
Avv. Prioreschi: Fiorentina-Bologna, 1-0, 5.12.04. Ha visto la gara?
Auricchio: No
Avv. Prioreschi: Anche qui ci sarebbe l'alterazione del sorteggio. Ha fatto accertamenti specifici, o le sono stati delegati dal pm?
Auricchio: No
Avv. Prioreschi: Poi c'è la dolosa ammonizione di Nastase, Petruzzi e Gamberini diffidati e che saltavano la gara successiva con la Juve. Ha visionato gli atti di gara?
Auricchio: Sì, abbiamo verificato che al termine dell'incontro erano stati ammoniti i giocatori, e poi squalificati
Avv. Prioreschi: Lei sa, all'epoca, quale era la coppia titolare dei difensori del Bologna?
Auricchio: No, non lo ricordo
Avv. Prioreschi: Sa quante furono le presenze di Nastase?
Auricchio: No
Avv. Prioreschi: 7 su 38 gare. E sa Petruzzi quante ne ha fatte?
Auricchio: No
Avv. Prioreschi: 17. E sa che hanno fatto i tre per essere ammoniti?
Auricchio: Comportamento scorretto
Avv. Prioreschi: Juve-Bologna, successiva, l'ha vista?
Auricchio: Credo di sì
Avv. Prioreschi: Ci sono stati episodi particolari?
Auricchio: Sì, dal Corriere, Repubblica e Gazzetta: la Juve vince con una una mezza punizione dal limite e negati due mezzi rigori al Bologna
Avv. Prioreschi: Sono tratti dalla stampa
Auricchio: Come sempre
Avv. Prioreschi: Poichè aveva detto che l'aveva vista, pensavo che fossero suoi commenti
Auricchio: No, sarebbe folle, non sono un tecnico

Come avete potuto notare l’Auricchio ha ammesso in primis di non avere idea perché non ci sono telefonate dell’Inter, aiutato anche dal PM. Poi ha dichiarato che per le loro indagini si basavano esclusivamente sui dati presi dalle cronache della Gazzetta dello Sport, Corriere, Repubblica. Bel modo di fare indagini. Ma andiamo avanti.

Prioreschi ha completato l'esame sulle "ammonizioni dolose", quindi è passato ad interrogare il teste sul caso dei quattro giocatori positivi al Gentalyn, citato da Auricchio nella scorsa udienza, rimarcando che il teste aveva dimenticato di citare il caso di Rossetti, seguendo una sua teoria che partiva da una telefonata di Moggi a Foti. Prioreschi ha ricordato ad Auricchio che aveva affermato che c'erano quattro casi analoghi e, guarda caso, ne aveva dimenticato uno che era a favore. Il commento del giudice Casoria è stato tagliente.

Subito dopo è iniziato l'esame del caso Reggina-Juventus.

Avv. Prioreschi: Vicenda Paparesta negli spogliatoi. Lei ha evidenziato la frase "Le faccio ritirare la patente"
Auricchio: Sì
Avv. Prioreschi: Lei ha accertato se a Paparesta è stata ritirata la patente, o se quella era solo una battuta?
Auricchio: Sì, nella classifica che faceva Baldas
Avv. Prioreschi: Ma no! Volevo sapere se Paparesta ha subito una sospensione dalla Federazione
Auricchio: Credo che abbia saltato un turno di campionato e poi sia stato mandato in B
Avv. Prioreschi: Ha accertato se la terna è stata fermata?
Auricchio: I due assistenti non hanno più arbitrato la Juve
Avv. Prioreschi: Io le ho fatto una domanda diversa, se sono stati sospesi
Auricchio: Sì
Avv. Prioreschi: Ma quando mai?
Auricchio: Sì, sicuramente hanno avuto un turno di sospensione in serie A
Avv. Prioreschi: Ma non è vero!
Auricchio: Controllo
Auricchio: Allora, non mi ricordo
Avv. Prioreschi: Giudice io Le chiedo di ammonire il teste per reticenza
Prioreschi, quindi, chiede ad Auricchio se nella visita di Moggi nello spogliatoio di Paparesta, a fine partita, lui rilevi una condotta delinquenziale. Auricchio risponde "No, ma rimane il fatto oggettivo della discesa negli spogliatoi", al che Prioreschi cita il caso di Lucchesi, in un Fiorentina-Samp:
Le do il dato giornalistico, visto che così fa lei. La Gazzetta del giorno dopo titola: 'Lucchesi, la sfuriata gli costa 5 mesi di stop'. Anche la decisione di Laudi parla di un dirigente, non iscritto nella lista, che entrava negli spogliatoi, che spintonava i dirigenti della società avversaria, poi protestava bestemmiando e facendo minacce all'arbitro. Poi, nell'uscire, rompeva un piatto. Questo comportamento di Lucchesi come lo chiamerebbe?
Avv. Prioreschi: Lei è a conoscenza del fatto che il giudice sportivo ha applicato una sanzione a Facchetti, per una vicenda parallela a quella di Paparesta?
PM: Mi oppongo.
Ma l'opposizione viene rigettata e Prioreschi continua leggendo la sentenza di Laudi su Facchetti, che entrò nello spogliatoio della terna addirittura nell'intervallo.
Auricchio: Sì, ma qui l'arbitro ha verbalizzato tutto.
Avv. Prioreschi: Secondo Lei il "Ci penso io" di Facchetti e il "Ci penso io" di Moggi?
Questa volta l'obiezione del PM viene accolta e toglie Auricchio dall'imbarazzo.
Poi, da Auricchio, una novità sul mondo dei media; questo lo scambio:
Avv Prioreschi: Sa quale è lo share del Processo di Biscardi?
Auricchio: Circa un milione di spettatori.
Avv Prioreschi: Su che canale andava in onda?
Auricchio: Su La 7.
Avv Prioreschi: Era un canale nazionale?
Auricchio: Sì.
Avv Prioreschi: Visibile in tutta italia?
Auricchio: Credo di sì, poi anche la Rai in alcune zone non si vede.
Avv Prioreschi: Sa se ci sono altre squadre di calcio che hanno a disposizione televisioni, o programmi?
Auricchio: No, non mi risulta
Avv Prioreschi: Ha mai sentito parlare di Mediaset e di chi sia il suo padrone?
Auricchio: Certo, ma non mi risulta che sia controllata dal Milan.

Prioreschi introduce poi il tema del legame tra Moggi e De Santis.

Avv. Prioreschi: Commentando una telefonata di De Santis con Manfredi Martino Lei parla di una vicinanza particolare tra i due. Mi sa dire a che si riferisce? Glielo dico io? Alle magliette?
Auricchio: Un po' riduttivo, ma sì.
Avv. Prioreschi: Ma si rende conto? Lei parla di una vicinanza tra l'arbitro e la Juve perché De Santis ha avuto 23 magliette della Juve?
(Prioreschi si scalda). Lei lo sa che è prassi che a fine partita le società regalino le magliette agli arbitri?
Auricchio: Immagino di sì, ma non credo nei termini della telefonata.
Sempre per dimostrare l'amicizia c'è la telefonata con Damascelli, quella sul "delitto perfetto".
Prioreschi fa notare che Moggi nella telefonata non sapeva nemmeno che i tre del Bologna fossero diffidati.
Avv. Prioreschi: Come fa a parlare di un preventivo accordo preesistente, della realizzazione di un progetto?
Auricchio: Moggi dice solo che non si ricorda...
Avv. Prioreschi: Che non si ricorda lo aggiunge Lei...
In effetti il senso della telefonata è ben altro, Moggi sembra cascare proprio dalle nuvole in proposito...
Il rapporto tra Moggi e De Santis viene ulteriormente approfondito:
Avv. Prioreschi: Colonnello, spiluccando nelle intercettazioni, ne abbiamo anche trovate altre di Moggi su De Santis, che Lei si è ben guardato dall'evidenziare. La Fazzi racconta a Bergamo di un colloquio con Moggi. Lei dice: Ce l'ha con Massimo: a me non mi deve regalare niente, quello che c'è me lo deve dare questo bastardo. Quindi sono due associati che parlano, una riferisce quello che gli avrebbe detto l'associato principale e che si esprime in questi termini. Dov'è l'associazione?
Auricchio: De Santis ha modificato il suo atteggiamento nei confronti della Juve, aveva i suoi obiettivi e voleva sdoganarsi dal concetto di essere arbitro a favore della Juve.
Avv. Prioreschi: Queste sono sue considerazioni. Poco prima la Fazi dice che Moggi ha la cacarella. Sa perché?
Auricchio: Perché era un momento di testa a testa col Milan.
(Prioreschi sbuffa)
Avv. Prioreschi: Palermo-Juve del febbraio 2005, arbitra De Santis, la Juve perde e il Milan va a 2 punti, questa partita Lei l'ha vista?
Auricchio: La ricordo vagamente.
Avv. Prioreschi: Al 90' De Santis, amico, sodale, non dà un rigore netto alla Juve. Ha fatto indagini per verificare?
Auricchio: Lo dice Lei un rigore netto.
Avv. Prioreschi: No, lo dice la Gazzetta, proprio stavolta...
Auricchio: Non ricordo, ma questa non era una partita attenzionata...
Prioreschi legge la cronaca della gara con un rigore non dato per fallo su Zambrotta, col difensore che ha un piede sulla linea..
Auricchio: E Lei parla di rigore netto?
Avv. Prioreschi: Quello della Roma fuori area era un elemento a favore e poi questo era sulla linea?
Auricchio: In quel momento De Santis aveva situazioni processuali da risolvere (Gabriele e Palanca) e proprio in quel periodo aveva bisogno di sdoganarsi dal target di arbitro pro Juventus, proprio in quel periodo modificò il suo atteggiamento. Quindi, lui nasce come arbitro amico, successivamante dal febbraio 2005, mette in atto atteggiamenti atti a sdoganarsi.
Avv. Prioreschi: De Santis il 30.4.2005 arbitra Fiorentina-Milan, precedente Milan-Juve, con tre giocatori del Milan in diffida. Le risulta se De Santis ha ammonito qualcuno di questi?
Auricchio: Non mi risulta.
Avv. Prioreschi: Le risulta che De Santis nega due rigori alla Fiorentina?
Auricchio: Non mi risulta, ma anche questa gara rientra nel periodo di cui sopra.
Avv. Prioreschi: Poi arbitra Juve-Parma e nega un rigore netto a Del Piero.
Auricchio: Sì, lo ricordo bene, anche senza l'ausilio della Gazzetta.
Si passa ad un'altra telefonata, quella del 20 aprile 2005.
Avv. Prioreschi: Tosatti chiama Moggi e dice "Gli arbitri ti pisciano addosso?" e Moggi poi parla male di De Santis.
Auricchio: Questa telefonata per noi, conferma quello che dicevo prima sull'atteggiamento dell'arbitro.
Avv. Prioreschi: Ancora con Tosatti, Moggi parla di tutto il campionato dicendo che se la Juve lo perde è colpa di De Santis
Auricchio: Le ho già detto: il De Santis nelle due gare in un momento importante, Palermo e Parma, si è oggettivamente comportato contro la Juve. Tosatti si meraviglia proprio di questo, parlano solo di De Santis.
Avv. Prioreschi: Colonnello, secondo la sua prospettiva, De Santis era il capo di una combriccola...
Auricchio: Di arbitri, però, e non ci sono arbitri della "combriccola romana" che arbitrano la Juventus. E' un concetto differente rispetto agli arbitraggi della Juve: è un gruppo di arbitri che sono amici tra di loro. In questo gruppo, il referente più importante è De Santis che è un arbitro legato alla Juve e, successivamente, si registra un comportamento sdoganante su De Santis.
Auricchio: Colonnello, Lei ha fatto una informativa sulla "combriccola romana" per la quale ha ottenuto di effettuare intercettazioni e adesso ci viene e dire che era tutta un'altra cosa?

Abbiamo finalmente appreso che la "combriccola romana" è solo un grupo di amici, stile compagni di merende.
Così come abbiamo appreso che ad Auricchio interessava approfondire solo ciò che andava contro la Juve; ma che questo fosse l'assunto del teorema, già lo sapevamo; ce l'aveva spifferato il guardalinee Coppola.
Dopo una fase dell'interrogatorio nella quale Prioreschi rivolge domande sulle elezioni in Federazione ed in Lega di Carraro e Galliani, si passa ai pranzi e alle cene.

Avv. Prioreschi: Incontro a Livorno tra Bergamo, Moggi, Giraudo e Mazzini. Il 21 maggio, quale era la finalità, che cosa ha accertato? Se, ad esempio, alla data del 21 maggio la Juve aveva già vinto matematicamente lo scudetto?
Auricchio: Sicuramente la Juve aveva già chiuso
Avv. Prioreschi: E sa quale poteva essere la finalità?
Auricchio: Noi abbiamo contestualizzato l'incontro nelle attività riconducibili alla Fiorentina
Avv. Prioreschi: Che c'entra la Fiorentina?
Auricchio non risponde, evidentemente non ha una risposta logica da opporre alla domanda dell'avvocato Prioreschi.
Dopo una contestazione sui tempi con i quali erano noti i nomi degli arbitri designati per le partite, e comunicati quasi in tempo reale dall'Ansa, Prioreschi prosegue chiedendo ad Auricchio se si poteva affemare che i suoi rapporti con Baldini erano di amicizia.
Auricchio: "Sì, lo ho già detto"
Avv. Prioreschi: Tra l'agosto 2004 e il 14 aprile 2005, audizione di Baldini, quante volte si è visto e ha parlato con Baldini?
Auricchio: L'avrò incrociato in un'altra circostanza, altra due o tre volte dall'agosto 2003 all'agosto 2004.
Avv. Prioreschi: Io ho notato che l'esame di Baldini avviene solo tra lei e Baldini, senza nessun altro. Negli altri c'era sempre qualche altro. Perchè?
Il pm Narducci presenta opposizione alla domanda
Avv. Prioreschi: A me quel verbale sembra un tema scritto, non ci sono domande, per questo mi interessava.
Subito dopo Prioreschi chiede ad Auricchio se ha mai parlato con Baldini del processo ed ottiene risposta negativa, quindi chiede dei rapporti con Antonelli e si riferisce a quanto appreso nel processo GEA (Auricchio e Prioreschi si sono già incrociati in quel processo ndr).
Il pm si oppone, perché è un altro processo, ma Prioreschi dice che vuole verificare l'attendibiltà del teste, perché nel processo GEA si sono dette cose diverse.
Il giudice Casoria: Ma perchè, Antonelli dice cose diverse?
Avv. Prioreschi: Sì, Antonelli dice che nell'ottobre 2004 lo chiama Baldini e gli dice che c'era un maggiore dei carabinieri, di nome Auricchio, che stava indagando nel calcio, e che se lui avesse avuto qualcosa da dire poteva rivolgersi a lui. Antonelli chiama Auricchio e vanno a prendersi un caffè. Dunque, lei ha mai parlato con Baldini di questo processo?
Auricchio: Dei fatti di calcipoli no
Avv. Prioreschi: Ha parlato con Antonelli prima del febbraio 2005? Ha preso un caffè con Antonelli?
Auricchio: Ricordo di avere preso un caffè con Antonelli, ma non riesco a collegarlo temporalmente...
Avv. Prioreschi: Prima dell'interrogatorio?
Auricchio: Probabilmente sì
Avv. Prioreschi: Quindi modifica la sua versione di prima? Ricorda l'oggetto del colloquio?
Auricchio: Vagamente, ma siccome c'era un procedimento amministrativo, l'antitrust, credo di aver discusso di ciò con Antonelli.
Avv. Prioreschi: Quindi, se lei ha parlato con Antonelli, e Antonelli dice che il suo nome glielo ha fatto Baldini, vuole rivedere la sua risposta di prima? Ha mai parlato a Baldini di questo processo?
Auricchio: No, lo confermo
Avv. Prioreschi: Antonelli dice "Mi ha detto Baldini che c'è un maggiore dei carabinieri..."
Auricchio: Questo lo deve chiedere ad Antonelli
Avv. Prioreschi: Baldini in un'intercettazione dice a Mazzini "Forse, se ti comporti bene, quando farò il ribaltone, io ti salverò. Io non ti ho mai nominato...", questo ad aprile. Lei ha parlato con Baldini di questo processo?
Auricchio: Confermo, no.

Con questa domanda si è concluso il controesame dell'avvocato..

Questi stralci, per dovere, sono tratti da www.ju29ro.com che non finirò mai di ringraziare. Adesso, dopo un’attenta lettura di quanto sopra, anche il più incallito dei tifosi avversari dovrebbe cominciare a farsi domande. Dovrebbe cominciare a chiedersi perché tutto questo non viene scritto dai vari giornali? Dovrebbe chiedersi perché non se ne parla più in TV come nel 2006? Perché è stata punita solo ed esclusivamente la Juve per nulla? Perché hanno colpito la Juve se non ha fatto illeciti? Perché?

Credo che questa risposta dovrebbero darla i vari Elkann, Montezemolo, Tronchetti, Gabetti, Guido Rossi, Moratti e tanti altri che per i loro luridi affari hanno buttatto nel cesso 110 anni di Gloria.

Elvis

23 marzo 2010

Sondaggi Blog nel pallone: Capello il miglior tecnico italiano


Si è chiuso l'ultimo sondaggio, avente come argomento i tecnici italiani. Tra Capello, Lippi e Ancelotti è stato quasi un plebiscito, con Don Fabio vittorioso nettamente con il 60% delle preferenze dei lettori, seguito dal ct della nazionale azzurra, che ha raccolto il 25% dei voti, e dal tecnico del Chelsea, che ha ottenuto il restante 15%.

Dubbi, quando ho aperto il sondaggio, sinceramente ne avevo pochi. Capello sarà un antipatico, ma ha vinto ovunque e anche alla guida dei Leoni inglesi sta ottenendo risultati impressionanti, trasformando una squadra storicamente incompiuta in una delle formazioni più accreditate per la vittoria finale in Sudafrica.

Non entusiasmante il seguito dei sostenitori (almeno su questo blog) di Lippi, che nonostante una carriera costellata di successi (mondiale tedesco su tutti) paga probabilmente il fatto che questa nazionale, a pochi mesi dalla rassegna iridata, non convince per nulla, anche se mi aspettavo comunque una percentuale maggiore.

Mi aspettavo invece il basso indice di gradimento per Ancelotti, che certo non se la sta passando bene al Chelsea, dopo uno sfolgorante inizio di stagione. Le mie riserve sull'ex tecnico rossonero le ho esposte in più occasioni, e la sua avventura a Londra sta confermando quello che penso da anni: è un grande, grande sopravvalutato, che ha costruito una carriera sui rigori di Manchester.

Grazie a tutti coloro che hanno dato il proprio contributo, e al prossimo sondaggio.

Scudetto, tutto in 5 giorni


L'Inter questo scudetto lo starà anche buttando, ma nessuno, proprio nessuno sembra aver intenzione di raccogliere tanta grazia e sovvertire pronostici e inerzia del recente passato.

L'Inter vista a Palermo, da molti giudicata stanca, a mio avviso ha dato un ulteriore segnale di rinascita anche dal punto di vista della freschezza psico-fisica, dando ulteriore conferma alla mia tesi, che vedeva i nerazzurri in flessione più per l'impegno di Champions che per altre ragioni che i tuttologhi del pallone hanno accampato qua e là.

Certo, un pari è sempre un pari, e il punto del Barbera non è troppo diverso in termini quantitativi rispetto a quelli di Parma e della gara interna col Genoa. In termini di qualità si è però vista a tratti la stessa squadra che ha saccheggiato Londra, su un campo dove la squadra di casa non lasciava nulla all'avversario da 7 partite e dove un pari è un risultato tutto sommato decoroso anche per una squadra a serio rischio sorpasso come quella di Mourinho.

Già, il sorpasso. Domenica sembrava tutto pronto per l'evento forse più significativo dell'intera stagione, ovvero il cambio al vertice della classifica dopo mesi di tirannia nerazzurra che sembrava aver stritolato ogni speranza di un finale di campionato incandescente.

Il secondo colpo di Stato, però, è fallito così come quello preparato a fine gennaio nel derby di ritorno. Il Napoli, al cospetto di un Milan incerottato (senza Ambrosini, Borriello, Nesta e con diversi pezzi da museo in campo per mancanza di alternative) strappa il pari con merito in una gara che sarebbe potuta comunque finire in qualsiasi modo, e lascia i nerazzurri soli in testa alla classifica, con la Roma che quatta quatta si piazza a -4 e prepara la gara della vita sabato sera nello scontro diretto che potrebbe rivoluzionare gli scenari di questo campionato.

Nel frattempo, penso a quanto sta pesando il Livorno, in questa corsa scudetto. I labronici, fanalino di coda della classifica, dei 24 punti complessivi ne hanno ottenuti 2 contro la squadra dell'amore (0-0, 1-1), 4 contro i giallorossi di Ranieri (0-1, 3-3), mentre hanno perso la gara d'andata coi nerazzurri (prossimi avversari nel turno infrasettimanale di mercoledì) al Picchi per 2-0. Insomma, questo dato è significativo per rafforzare l'importanza dei punti persi contro le cosiddette piccole, spesso decisivi per la vittoria del tricolore.

Altro dato importante: l'Inter ha solo un punto più del Milan, nonostante abbia vinto entrambi gli scontri diretti. Tradotto, nel complesso la squadra più innamorata d'Italia ha fatto ben 5 punti in più della capolista nelle altre gare, viaggiando ad una media punti superiore, derby esclusi.

Insomma, si continua a dire che l'Inter è la più attrezzata (vero), la più forte (vero) e che è favorita per la vittoria finale, ma i segnali inviati da questo campionato dicono che questo potrà forse valere ancora solo se la squadra di Mourinho riuscirà ad uscire dalle due prossime gare ancora in testa alla classifica. E per fare questo, è probabile che sia costretta a fare bottino pieno, il che significherebbe vincere a Roma sabato prossimo. Viceversa, è pensabile che il sorpasso non avvenuto domenica potrebbe essere posticipato alla prossima, visto il calendario decisamente abbordabile dell'innamoratissimo Milan di Leonardo.

Due giornate, ancora due giornate per capirci qualcosa, poi potrà davvero iniziare un nuovo campionato, o chiudersi definitivamente questo. Il mio giudizio complessivo su questa serie A, comunque sia, non credo cambierà di una virgola.

20 marzo 2010

Juve, e adesso cosa rimane?


Una disfatta. L'eliminazione della Juventus dall'Europa League rappresenta per la storia del club torinese una delle più grosse debacle nella sua centennale storia farcita di successi, imprese, soddisfazioni anche non necessariamente seguite dalla vittoria di un trofeo.

Questo sia per le dimensioni dell'avversario, il modesto Fulham di Roy Hogdson, sia per il cospicuo vantaggio maturato nella gara d'andata e che una squadra lontanamente somigliante alla vera Juve non avrebbe avuto difficoltà a gestire.

E invece si è ripetuto l'esatto copione di quella sera di dicembre, nella quale la squadra allora guidata da Ferrara aveva due risultati su tre a disposizione a Torino contro il Bayern, e dopo il vantaggio iniziale di Trezeguet che sembrava spalancare le porte ad una importante qualificazione agli ottavi si è inspiegabilmente liquefatta, facendosi travolgere dal ritorno dei tedeschi. Ieri a Craven Cottage non c'era il Bayern, ma la decima formazione della Premier League, e dopo il gol di David in apertura bastava semplicemente non perdere 4-1, ma è esattamente quello che è accaduto in una serata incredibile.

Di fronte ad una sconfitta del genere, non c'è alibi che regga. L'inferiorità numerica per la forse esagerata espulsione di Cannavaro, gli infortuni a ripetizione che hanno costellato la sciagurata annata bianconera, le scelte continuamente sbagliate di una società da reparto psichiatrico sono tutte cose ben note, ma questa Juventus incerottata e senza identità sarebbe potuta comunque uscire indenne da Londra, portando magari a casa una sconfitta, ma senza lasciare la qualificazione in Inghilterra.

Le colpe, per una volta, sono tutte dei giocatori, di quegli interpreti che hanno affrontato una gara così abbordabile senza il carattere che più dei campioni ha fatto di questa squadra uno dei team più vincenti del continente. Si sta parlando di Europa League, di un obiettivo che fino a pochi giorni prima era considerato da più parti come l'obiettivo principale della stagione, preferito anche ad un quarto posto che nell'anno dei mondiali equivale ad una seria ipoteca per un fallimento programmato l'anno dopo.

Zaccheroni, anche lui sul banco degli imputati ma forse il meno colpevole di questa situazione, al bivio decisivo ha perso forse le già poche chances di riconferma, toppando due appuntamenti cruciali ma al tempo stesso facilmente superabili. Si è passati dal 3-0 al 3-3 casalingo col Siena ultimo in classifica, e dal vantaggio di 4-1 acquisito con il Fulham ad un imbarazzante 4-5: roba da squadra di periferia, non certo da Juventus.

In aggiunta alla prestazione orripilante, da segnalare situazioni altrettanto orripilanti sugli spalti, con la solita frangia di ebeti messi lì ad insultare Zebina e Melo, anche con gesti pesanti e frasi di stampo razzista. Nello psicodramma bianconero, c'è posto anche per questo. La Juventus, quella che anche quando non aveva una squadra competitiva ai massimi livelli compensava con gli attributi e lottava, forte della soggezione che il suo nome incuteva nell'avversario, non c'è più.

Tornerà? Difficile dire se e quando. Serve competenza, serve gente giusta al posto giusto, servono investimenti mirati e non sparati lì per versare inchiostro sui giornali e far sognare i tifosi sotto l'ombrellone. Serve ricordare che quella maglia è stata di Platini, Boniek, Scirea, Boniperti, Baggio, e che non si può arrivare a scegliere tra quarto posto ed Europa League, mai. Serve che qualcuno ricordi cosa vuol dire, essere alla Juventus.

17 marzo 2010

Inter avanti, Mourinho batte Ancelotti: la risposta italiana alla Premier

Foto Gazzetta.it
Ci voleva un'impresa, e impresa è stata. L'Inter espugna uno degli stadi storicamente più ostici d'Europa, e lo fa al termine di una prestazione propositiva, coraggiosa, tutt'altro che votata alla difesa dello striminzito 2-1 dell'andata.

Il gol di Eto'o (che non segnava da due mesi) arriva al momento giusto, dopo che la squadra di Mourinho aveva divorato nel secondo tempo almeno 3 palle gol pulite. La rete del camerunense, a 12' dalla fine, ha stroncato ogni speranza dei londinesi di ribaltare lo svantaggio accumulato, e regala ai nerazzurri una qualificazione fondamentale per il cammino europeo, e forse, per l'intera stagione.

L'Inter, reduce dalla poco entusiasmante serie negativa in campionato che ha permesso al Milan In Love di risalire (con amore) a -1, era al cosiddetto bivio cruciale: o la va, o la spacca, e l'effetto domino conseguente ad una eventuale eliminazione era una possibilità tra le più ventilate, altro che effetti benefici per il campionato.

Le critiche piovute su Mou per l'esclusione di Balotelli, il timore di una eliminazione che era comunque da ritenere una possibilità tutt'altro che remota, e la stanchezza dimostrata dalla squadra rendevano l'impegno ancora più carico di pressione, mentre dall'altro lato il Chelsea sembrava aver ritrovato smalto, gol e pedine importanti.

Oggi nessuno parla più di Balotelli e dell'importanza della sua esclusione, dopo che per 12 ore sembrava che fosse un caso di Stato ben più importante dell'impegno che stava per prendere il via a Stamford Bridge, ed una buona fetta dell'Italia giornalara (passatemi il termine) aspettava famelica il crollo per dare il via alla crocifissione di Mourinho e alla sfilza di se e ma che riempiono le pagine dei quotidiani, pur non aggiungendo nulla in termini costruttivi.

Ha vinto il portoghese, con la forza delle sue scelte e con una squadra che lo segue senza battere ciglio. Dall'undici iniziale, ai cambi, l'uomo di Setubal stavolta ha vinto su tutta la linea, e dal duello incrociato con Ancelotti è uscito trionfante come forse quasi nessuno si aspettava.

Già, Ancelotti. Il suo Chelsea, per quanto forte, non mi ha mai convinto, e vado dicendolo da mesi. Così come più volte ho affermato di ritenere il tecnico ex-Milan un sopravvalutato come pochi, scontrandomi anche lì con diversa gente che lo ritiene una sorta di mago della panchina.

L'Harry-Potter di Reggiolo in effetti la magia la sta facendo, e che magia. Tralasciando il fatto che non azzecca un cambio neanche per sbaglio, ha trasformato quel Chelsea che faceva del furore agonistico e delle verticalizzazioni improvvise e letali un must in una squadra lenta, macchinosa e prevedibile, complice anche il calo fisiologico di diversi uomini che non sono più dei rampanti ragazzini come Lampard e Ballack. Risultato, questo Chelsea rimane una gran squadra, ma sta perdendo pian piano i connotati che l'avevano portato più volte a sfiorare la coppa dalle grandi orecchie.

E di questo, come non dare i giusti meriti all'artefice del miracolo di La Coruna, Istanbul, del "Zola ed Henry dove li metto? Quasi quasi li mando a Londra, 'sti due" e del "preferisco la Coppa, anche perchè lottare per lo scudetto non rientra nelle mie priorità"?

Questo senza sminuire la comunque grande prestazione della squadra nerazzurra, che ha saputo soffrire senza correre troppi rischi, restare in partita senza farsi travolgere da un avversario di livello mondiale, e fare la voce grossa quando è stato il momento di capitalizzare la grande mole di gioco prodotta nel secondo tempo. La via è segnata, è questa la squadra che può dire la sua contro le grandi d'Europa, non certo quella ridicolizzata al Camp Nou o annaspante in un girone alla sua portata.

L'Inter, e con lei il calcio italiano, è ancora dentro al grande salone europeo assieme a Manchester, Arsenal, Bayern, CSKA Mosca e Lione, in attesa del Barcellona impegnato stasera con lo Stoccarda.

Sarebbe illusorio pensare adesso che il cammino sia in discesa. La storia di questa competizione insegna che non si campa di rendita e di risultati pregressi, ma conto solo lo spietato e univoco verdetto del campo. Battere il Chelsea, dato per favorito assieme al Barcellona per la vittoria finale, non rendere automaticamente semplice un eventuale quarto di finale con un CSKA o un Lione, e questo l'Inter già capace di essere eliminata dal Villarreal dovrebbe ricordarselo bene.

Certo, sarebbe gustoso in termini di ranking anche un terzo, nuovo scontro col Bayern, augurandosi magari che stavolta l'esito possa essere ben diverso. Di strada da fare ce n'è, ma visti i presupposti della vigilia, è un bene già il fatto che ce ne sia. Fiorentina che elimina il Liverpool, Inter che fa fuori il Chelsea: la spallata al calcio inglese, per quanto ancora minima, c'è stata, ed augurandosi che la Juventus faccia il suo dovere col Fulham, è una discreta base di partenza.

15 marzo 2010

C'era una volta la serie A


C'era una volta il campionato più bello del mondo, dove tutti aspiravano a giocare. C'era una volta il campionato delle sette sorelle, che poi puntualmente si riducevano a 2-3, ma che erano comunque talmente forti ai nastri di partenza da non dare alcun punto di riferimento su chi avrebbe potuto vincere realmente il tricolore.

C'era una volta un campionato straordinario. C'era, ma ormai da tempo non c'è più, lasciando il posto ad una serie A scadente, poco affascinante e qualitativamente non all'altezza di una Premier arrivata a livelli siderali e di una Liga che comunque, pur perdendo qualche colpo, rimane sempre un passo avanti. Dati imbarazzanti anche nei confronti di quei paesi che per tanto tempo ci siamo illusi di aver messo dietro in modo netto, ovvero Germania e Francia: i tedeschi hanno una squadra in Champions (Bayern) e tre in Europa League (Wolfsburg-Werder-Amburgo), mentre i piccoli francesi della modesta Ligue 1 zitti zitti hanno Lione (di sicuro) e Bordeaux (quasi) a giocarsela con le top d'Europa, con Lille e Marsiglia a giocarsi l'Europa di servizio.

Noi? Se l'Inter fa il miracolo, evitando di farsi sbriciolare dal Chelsea, e la Juventus non combina disastri al Craven Cottage, avremo due formazioni nei quarti con la consapevolezza che difficilmente si arriverà in fondo, per un semplice motivo: gli altri sono più forti, punto.

La serie A, dicevamo, ovvero un campionato che non ha più una credibilità, e che puzza di marcio lontano chilometri. Alla ventottesima giornata, siamo veramente ad un passo dallo scadere nel ridicolo.

La Juventus, e dico, la Juventus, stoppa la sua rincorsa facendosi rimontare tre reti da questo Siena in vena di imprese (come quella quasi riuscita a San Siro), ma che staziona ancora tristemente a fondo classifica. Da 3-0 a 3-3, così, come una finale di Istanbul qualsiasi. E la cosa più clamorosa è stata sentir dire in settimana a Zaccheroni che questa squadra deve quasi "scegliere" tra corsa al 4° posto ed Europa League, perchè non ce la fa a "spalmare" le energie sul doppio appuntamento.

Ora, io mi domando e dico: questo romagnolo qua, che tanto bene dicono stia facendo alla Juve (far meglio di Ferrara non è che fosse impresa improba) si rende conto che guida una squadra che ha una storia di vittorie, o pensa di essere ancora all'Udinese? E la cosa peggiore è che di questa cosa i giocatori sembra che se ne stiano convincendo, anche se Del Piero per fortuna ieri ha dato segni di sanità mentale dicendo che se il Siena ha pareggiato non è certo colpa dell'Europa League.

Questo atteggiamento rientra nel ridimensionamento delle nostre squadre nei confronti di un'Europa che mai come adesso, fa paura e mette soggezione: la squadra con più scudetti in Italia, deve scegliere se è meglio andare avanti nell'Europa bis o concentrare gli sforzi nel raggiungimento di un obiettivo come il quarto posto che sembrava persino offensivo a inizio stagione. Delirio, delirio puro, ma a quanto pare certi giornali appoggiano anche tali follie.

E intanto, il Milan in love si è portato a -1 dall'Inter grazie ad una prestazione in perfetto stile Manchester ma che in Italia, vuoi per un gol che annullano (agli altri), vuoi per un rigorino che c'è ma non si vede (sempre per gli altri), basta e avanza. Mi sono già dilungato in altri post esprimendo la mia opinione sulla legge del "bilanciamento dei torti e dei favori", legge alla quale questo Milan pieno di sentimento e di calcio bailado si sta sottraendo come un evasore fa con le tasse da pagare.

L'amore ha trasformato 3 potenziali non vittorie come quelle di Bari, Firenze e di ieri in casa col Chievo in 9 punti sonanti. Inutile girarci attorno, la differenza tra la classifica che il Milan attuale ha e quella che dovrebbe avere sta tutta lì, e cioè in un vento diciamo "aleatorio" che porta, nel dubbio, a favorire sempre, e dico sempre la stessa formazione. La crisi dell'Inter ha poi fatto il resto, ma questo mi pare fin troppo ovvio.

E così, ci troviamo nella paradossale situazione in cui quella squadra capace di incassare 13 gol in 360' con Inter e Manchester Utd si trova in una posizione quasi favorevole per la vittoria finale dello scudetto, giusto per avvalorare la tesi di una serie A ormai ai minimi storici in quanto a credibilità e qualità di formazioni in gioco.

I principali quotidiani sportivi hanno fatto solo minimi accenni al gol regolare annullato a Yepes che, visto il Milan di ieri, al Chievo sarebbe potuto bastare e avanzare per portare a casa i 3 punti. Si parla del gran gol di Sìdorf, dell'urlo del Milan, mentre le moviole si sono limitate ad affermare che il gol era "difficilissimo da convalidare". Che dire, quando fino a qualche tempo fa bastavano 3 millimetri di fuorigioco per versare fiumi di inchiostro?

Il trend però va avanti, e prosegue quasi inarrestabile. La classifica dice ancora Inter, le proiezioni future no, ma è innegabile anche per il più accanito sostenitore rossonero che in questo campionato la squadra più forte non è certamente quella di Leonardo, anche se dalla sua ha l'amore, tanto amore. E senza quell'amore, probabilmente questo Milan si starebbe giocando il quarto posto in mezzo al guado, ma questa è solo opinione personale.

Insomma, pensare che questa la squadra più attrezzata del campionato, si ritrovi a perdere la brocca per la pressione di un impegno come quello col Chelsea la dice lunga sul livello a cui siamo arrivati: e mentre i Blues fischiettando passeggiano (come se martedì a rimontare non debbano essere loro) contro un West Ham che da noi potrebbe piazzarsi a centro classifica, la squadra di Mourinho si è lanciata in una sorta di tunnel di isterismo e paranoia che sta portando a quello che è sotto gli occhi di tutti. E cioè sta dando la possibilità ad una squadra che considera la mediocrità un sinonimo di calcio spettacolo di vincere un titolo che sembrava inarrivabile fino a poche settimane fa.

Signore e signori, questa è la serie A. Buona visione.

13 marzo 2010

Inter, prove tecniche di suicidio


La storia del nostro campionato è piena di situazioni in cui la squadra che domina per buona parte della stagione, tra gli elogi degli addetti ai lavori, si ritrova alla fine con un pugno di mosche in mano e con l'amarezza di un titolo già dato per vinto e poi sfumato proprio a pochi metri dal traguardo.

Viene da pensare al naufragio della Juventus di Ancelotti a Perugia, in un'annata di cui ricordo i titoli entusiasti sui giornali per una squadra che obiettivamente giocava un gran calcio e che a poche giornate dalla fine godeva di un rassicurante +9, prima che la Lazio operasse il sorpasso decisivo in quella giornata infinita.

E come dimenticare il suicidio sportivo della stessa Lazio di Eriksson, più forte, più attrezzata e con 7 punti in più del Milan di Zaccheroni, ma che alla fine si ritrovò beffata da quella squadra che giocava con Sala, Helveg e Guly.

L'annata del famoso 5 maggio fu per certi versi un pò diversa, anche se pur sempre clamorosa, perchè lì non ci fu mai una squadra che dominò nettamente il campionato con distacchi importanti, bensì un'Inter che si ritrovò per le mani un titolo che poi distrusse nello sciagurato pomeriggio dell'Olimpico.

Quello che sta accadendo in questa stagione rientra nelle dinamiche già viste in questi campionati, perchè adesso non si può più parlare di un'Inter troppo più forte delle avversarie e di campionato già chiuso. I numeri sono lì, impietosi: nelle ultime 6 gare, la squadra di Mourinho ha collezionato 6 punti, frutto di una vittoria, tre pareggi di cui due in casa, e la grave sconfitta di ieri a Catania.

Brutta a Parma, dove non è stata in grado di battere una squadra in crisi e in dieci, non brillante a Napoli, dove è stata a lunga messa sotto dagli azzurri, irritante in casa col Genoa, inguardabile ieri a Catania. La prova di carattere di Udine e la reazione orgogliosa alla doppia inferiorità numerica contro la Sampdoria completano il quadro di quella che è l'Inter dell'ultimo mese e mezzo, e cioè una squadra nevrastenica, involuta e forse col Chelsea fin troppo fisso nei propri pensieri.

Anche nell'analisi della gara coi blucerchiati, è da precisare che fino a quando non è rimasta in 9, la squadra nerazzurra non aveva certo incantato. Successivamente, quando la gara si era messa in un modo disperato, è uscito fuori l'orgoglio da grande squadra e la voglia di non perdere quell'imbattibilità interna tanto cara al suo allenatore. Forse sarebbe stato ancor più da grande squadra non farsi cacciare due uomini in 35', visto che da quella notte folle sono iniziati parte dei problemi dell'attuale Inter.

E adesso, siamo alla svolta più importante della stagione. Se domani il Milan batte il Chievo si porterà a -1 dai nerazzurri, e considerata la difficile trasferta di Palermo che attende la squadra di Mourinho sabato prossimo non è delirio pensare che nel giro di 8 giorni potremmo assistere ad un sorpasso che dopo il derby di ritorno sarebbe stato impensabile, con la Roma pronta a rosicchiare punti preziosi per inserirsi in una futura volata.

Un altro dato importante: l'Inter da qui alla fine del campionato dovrà rendere visita a Fiorentina e Roma, oltre che alla già citata trasferta di Palermo. Il Milan, di questre tre trasferte dovrà sostenere soltanto quella in Sicilia, e questo potrebbe avere il suo peso qualora domani il distacco tra le due squadre dovesse davvero assottigliarsi in modo sensibile.

Sarà importante vedere cosa succederà dopo la gara di ritorno con il Chelsea, giudicata da molti (me compreso) una delle possibili cause del calo della capolista, per via delle eccessive pressioni portate dal doppio confronto e da una storia recente in Champions che li ha visti uscire sempre agli ottavi.

Se, comunque vada martedì, tornerà l'Inter che a lungo ha dominato la stagione e che è sembrata capace di assassinare il campionato, probabilmente il campanello d'allarme rientrerà, ma se dovesse persistere l'apatia che ha contraddistinto l'ultimo periodo di scarsi risultati allora potremo davvero prepararci alla possibile fine di un dominio che paradossalmente non era mai sembrato inattaccabile come quest'anno.

Certo, tante saranno le cose da vedere da qui a qualche settimana: la capacità del Milan di tenere senza Nesta, vero perno della difesa perso per tutta la stagione e l'attendibilità della Roma di Ranieri come possibile outsider.

Una cosa comunque è certa: il campionato non è mai stato così aperto come adesso.

12 marzo 2010

Real, anche i ricchi piangono..


Ok lo ammetto, mi sono sbagliato clamorosamente. Come Roberto Mancini, anche io credevo che se c'era una squadra su cui scommettere per la prossima finale di Champions, quella era il Real Madrid.

Come scrivevo in un vecchio post, la squadra di Pellegrini dopo un inizio da incubo ha pian piano trovato una sua quadratura e una sua identità, oltre che un gioco, tutte cose che hanno portato i blancos a scalare posizioni in classifica e agguantare un Barça in leggera flessione, oltre che a vincere il girone di Champions League.

Ho pensato che se tanto mi dava tanto, e considerata la crescita esponenziale del collettivo madrileno, in primavera questa formazione potenzialmente così distruttiva sarebbe definitivamente sbocciata. In effetti, la Liga mi stava dando ragione, ma in Champions è bastata la terza squadra della Ligue 1 (che però risulta generalmente indigesta alle merengues) per far saltare la testa ultramilionaria del club di Florentino Perez.

Per il sesto anno consecutivo, la formazione con più coppe dei campioni in bacheca esce mestamente agli ottavi di finale, e stavolta è un'eliminazione che non potrà non lasciare il segno dopo la faraonica campagna acquisti della scorsa estate.

254 milioni investiti sul mercato per farsi sbattere fuori dalla squadra che solo pochi mesi gli prima aveva ceduto Benzema per 35 milioncini sonanti. 254 milioni  di cui 65 investiti su un Kakà che sembra lontano parente di quello che a Milano aveva fatto mirabilie.

Il primo posto raggiunto nella Liga da solo non può bastare per una squadra costruita per vincere tutto, anche perchè è un primo posto in coabitazione col Barcellona e non c'è al momento alcuna certezza sulle reali possibilità dei blancos di portare a casa la vittoria finale. Una squadra del genere non si sarebbe mai dovuta fermare agli ottavi contro una comunque ottima squadra come il nuovo Lione di Puel, bravissimo nel secondo tempo coi cambi giusti a invertire completamente l'inerzia di una gara dal pronostico che sembrava scritto.

E sul banco degli imputati adesso torna Pellegrini, che dopo il quasi siluramento seguito alla disfatta con l'Alcoròn aveva ripreso in mano la situazione e riportato ordine, gioco e risultati. L'incapacità del suo Real di prendere le dovute contromisure nella ripresa e di organizzare una reazione alla mazzata subita dopo il gol di Pjanic ha fatto tornare vecchi spiriti e ha gettato nuove ombre sul lavoro del cileno, che anche se non rischia per l'immediato vede sempre più difficile una riconferma a fine stagione.

Il Real è a un bivio, e staremo a vedere che ripercussioni avrà la clamorosa eliminazione sul proseguimento di una stagione in cui ormai rimane solo la Liga. Vincerla, per quanto si possa dire, sarebbe impresa tutt'altro che banale.

Chissà cosa avrà pensato Galliani, quando ha visto la squadra più ricca del continente venire eliminata dal Lione. La sua ennesima farneticazione, confutata nella stessa sera: bel colpo, non c'è che dire.

11 marzo 2010

Milan umiliato a Manchester: maledetti stadi di proprietà!


Colpa degli stadi di proprietà, non c'è dubbio. Le quattro pere prese dal Milan in quel di Manchester sono tutta colpa di Old Trafford e del fatturato da esso derivante, non c'è altra spiegazione tecnica che regga meglio di questa. Anche perchè lo ha detto Galliani, e si sa che quando il pelato parla c'è solo da prendere nota e da imparare.

Il Manchester ha molti più soldi del Milan, per questo ieri sera lo ha maltrattato per 4-0, dopo aver sbancato San Siro (che non tutti sanno essere il secondo stadio di proprietà dei Red Devils). E' tutto un fatto di soldi, e poco importa che il Manchester sia tra le squadre più indebitate d'Europa e del mondo, e che i tifosi sfoggino uno striscione eloquente contro la proprietà durante la gara: "LOVE UNITED, HATE GLAZER". Saranno male informati, questi supporters inglesi, non la sanno certo lunga come Galliani.

Questo Manchester United è talmente ricco, ma talmente ricco che l'estate scorsa ha venduto Ronaldo e Tevez, senza di fatto comprare sostituti all'altezza se non il comunque ottimo Valencia e il redivivo Owen. Roba da far crepare d'invidia Abramovich e Moratti, e per cui lo sceicco proprietario del City si è fatto venire un'ulcera.

Povero Galliani, come stai messo. Il Milan a Manchester ha perso solo per una ragione, la più banale possibile (vedi rasoio di Occam): il Manchester Utd è più forte, molto più forte.Semplice.

Una settimana di proclami, ad invocare la "partita perfetta", l'"impresa eterna", a dire che "il Milan doveva fare il Milan", e poi in campo si è assistito ad un assolo dei Red Devils. E adesso alzi la mano chi credeva che questo Milan era capace di ribaltare un risultato che già all'andata era una sentenza quasi inappellabile.

Non era credibile questa squadra senza Nesta e Pato, senza equilibrio e senza giocatori capaci di stare dietro al passo nettamente diverso degli inglesi, sempre primi sul pallone e sempre pronti a coprire ogni zona del campo. E mentre Valencia e Nani si massacravano in un lavoro di sdoppiamento tra fase offensiva e fase difensiva, come ogni punta esterna di un modulo a 3 punte dovrebbe fare, gli avanti del Milan passeggiavano in attesa di rifornimenti che un centrocampo in palese sofferenza non era in grado di dare.

Poi il fenomeno ce l'avevano loro, quel Wayne Rooney capace di macinare chilometri in ogni singola gara, e di riuscire ad essere micidiale ad ogni pallone che tocca, altro che Ronaldinho, capace invece di scomparire ogni volta che il ritmo della gara si alza eccessivamente (non sia mai che si stanchi, povero ragazzo).

Con qualche assenza pesante in meno, dubito che la musica sarebbe potuta cambiare molto. Non sarebbe finita così magari, ma si torna ad un discorso già affrontato sulla ristrettezza della rosa a disposizione di Leonardo, anche lui artefice di una prova non brillante in panchina ma che non è sicuramente l'unico colpevole della disfatta.

Due eliminazioni in due giorni, e il processo di distruzione del calcio italiano dalla geografia continentale prosegue inesorabile. Rimangono solo Inter e Juve a rappresentare l'Italia e a provare a salvare il salvabile, se qualcosa da salvare ancora c'è in questo calcio che regge sempre meno il confronto con le altre big del continente.

A proposito, gli stadi di Fuhlam e Chelsea sono stadi di proprietà? Perchè in quel caso tanto vale non presentarsi, se è naufragata la squadra più titolata al mondo..

10 marzo 2010

Amarezza viola, Italia sempre più vicina al baratro


E la prima è andata. Neanche il più sadico dei registi avrebbe potuto immaginare un epilogo così triste di un doppio confronto che al suo interno ha avuto tutti gli ingredienti per un perfetto thriller senza però l'auspicato lieto fine.

Come su una montagna russa, la Fiorentina all'Allianz Arena subisce le nefandezze di Ovrebo, pone al Franchi tutte le basi per la vendetta, ma alla fine è stroncata da un gol da cineteca di Robben, che non solo è in gioco stavolta, ma addirittura trova il jolly da campione appena 60 secondi dopo il 3-1 di Jovetic che pareva poter chiudere la gara. 2-1 all'andata, 3-2 al ritorno, 4-4 il computo totale, Fiorentina eliminata per il minor numero di gol segnati in trasferta.

Uscire così fa male, malissimo, perchè alla fine la differenza la fa quel vergognoso gol in fuorigioco "millimetrico" di Klose della gara d'andata,e non si può non considerare lo squallido Ovrebo come uno dei principali artefici dell'eliminazione viola. Di fronte a un risultato differente, netto in favore di una o dell'altra squadra, avrebbe avuto ragione Van Gaal dicendo che "il gol dell'andata non è importante": ma visto com'è andata, e visto l'equilibrio che è regnato nella doppia sfida, quell'errore macroscopico (sempre ammesso che di errore si tratti) è quello che ha permesso alla sua squadra di passare il turno.

Le disquisizioni tattiche, dopo una gara come quella di ieri, lasciano decisamente il tempo che trovano, perchè i viola nei 180' giocati contro un Bayern dato strafavorito hanno fatto davvero tutto quello che era nelle loro possibilità.

La Fiorentina, unica italiana a passare il turno come prima in classifica dopo una cavalcata di 5 vittorie consecutive in un girone difficilissimo, è così eliminata da un Bayern che invece a quella qualificazione arrivò per il rotto della cuffia, complice la disastrosa Juventus targata Ciro Ferrara. Germania batte Italia 2-0, potremmo dire, e il terzo posto nel ranking Uefa adesso è sempre più traballante.

Col Milan quasi fuori, a meno di "partite perfette" che Leonardo invoca più o meno da ottobre, e l'Inter chiamata a difendere lo striminzito 2-1 di San Siro nella tana del Chelsea, non è eccessivamente pessimistico valutare la possibilità che tra otto giorni potremmo ritrovarci con tutto il contingente italiano di Champions smantellato, con la sola Juventus che, si spera, non dovrebbe avere poi troppe difficoltà in Europa League a sbarazzarsi di un Fulham decisamente alla sua portata. Troppo poco, perchè anche nella seconda manifestazione continentale i tedeschi contano 3 rappresentanti come Amburgo, Wolfsburg e Werder.

Avevamo il Bayern su un piatto d'argento, ma per due volte non siamo riusciti a farlo fuori anche per colpe non solo nostre: la riscossa italiana tanto agognata a inizio stagione rischia di diventare l'ennesimo flop di un calcio che non riesce a rialzarsi dalla mediocrità in cui è piombato, e in fondo a questo tunnel la luce possono ormai accenderla solo le tre "grandi" d'Italia.

Gli ultimi brandelli di credibilità del calcio italiano passano da Inter, Milan e Juventus: Italia, o adesso, o mai più.

07 marzo 2010

Mazzarri, l'uomo che non deve perdere mai..


"Anche oggi, fino all'ultimo, abbiamo creato delle occasioni clamorose, meritavamo quanto meno il pareggio e abbiamo perso. E' un periodo che ci gira male" (Bologna-Napoli 2-1, con ottima prestazione dei rossoblù)

Parole e musica di Walter Mazzarri, l'allenatore che in proporzione ha vinto più di Mourinho (chissà cosa vorrà dire poi), e soprattutto l'allenatore le cui squadre hanno tutte una caratteristica peculiare: non meritano mai di perdere, e a cui il pari sta quasi sempre stretto.

Lo ricordo già dai tempi di Reggina e Sampdoria, con le sue dichiarazioni post-partita, ma senza andare a scavare nel mesozoico mi limito a riportare fedelmente gli ultimi commenti rilasciati ai microfoni dopo le recenti gare del Napoli:

Napoli-Roma 2-2: "Alla luce delle occasioni avute e del gioco espresso, posso dire che oggi il Napoli ha perso due punti" (il Napoli per la cronaca si è salvato al 90' grazie ad un rigore inesistente fischiato dall'arbitro)

Napoli-Inter 0-0: "Abbiamo giocato una partita bellissima, praticamente perfetta e sinceramente resta l'amarezza di aver lasciato due punti. La vittoria sarebbe stata strameritata in termini di gioco e solo per sfortuna non siamo riuscita a tradurre una grande partita in un successo" (sempre per la cronaca, all'Inter è stato negato un rigore solare per fallo di mani in area di Aronica)

Siena-Napoli 0-0: "Oggi ci è mancato soprattutto il gol. Il Siena giocava quasi con un 6-3-1 per chiudere tutti gli spazi e abbiamo avuto tante difficoltà a entrare nella loro difesa" (come se il fatto che mancasse il gol fosse un particolare irrilevante per una prestazione di squadra)

Udinese-Napoli 3-1: "Il Napoli meritava la vittoria sul campo. Forse era scritto che dovevamo perdere. Gli episodi ci sono stati tutti contro, vedi i pali di Pazienza e Quagliarella" (ed evidentemente, in quella partita il suo Napoli fu parecchio sfortunato, per una volta)

Napoli-Genoa 0-0: "Abbiamo giocato bene, siamo stati sfortunati"

Napoli-Palermo 0-0: "Abbiamo giocato bene per oltre un’ora, ci è mancato solo il gol" (già sentito eh?)

Insomma, a sentir Mazzarri a questo Napoli mancano circa una decina di punti, e dovrebbe essere quindi saldamente quarto, magari con vista diretta alle prime tre posizioni. Fantascienza, ovviamente, ma forse il problema è che questa squadra è stata gonfiata ben oltre le sue reali potenzialità, in primis da quel De Laurentiis che a quel Mourinho lo vorrebbe solo come attore in un suo cinepanettone.

Intendiamoci, Mazzarri è un ottimo allenatore, che ha fatto bene ovunque e a Reggio ha compiuto un'impresa per certi versi paragonabile alla vittoria di una Champions League. Ma parla, e questo per sua sfortuna è un grosso, grosso limite.

04 marzo 2010

In Sudafrica a far cosa?


La gara di ieri col Camerun era la gara degli esperimenti. Infatti Lippi è dall'inizio del suo secondo mandato che sta sperimentando il modo migliore per uscire dal Sudafrica tra sonori fischi e rumorose pernacchie, impresa che andando avanti di questo passo porterà a compimento magari già dal girone eliminatorio.

Ricordo la sua sfuriata d'orgoglio dopo il rimontone impossibile contro Cipro, quando passammo da un vergognoso 0-2 interno al 3-2 finale firmato dalla tripletta di Gilardino. "Questa squadra sa fare anche queste cose!", sbottò Lippi, difendendo quella nazionale informe che si era appena coperta di ridicolo contro la squadra numero 66 del ranking mondiale, e che tra 99 giorni farà il suo esordio mondiale senza ancora possedere gioco, identità, modulo.

Il ct però è contento, chissà perchè. Spagna, Inghilterra e Brasile volano, l'Argentina Maradona a parte è un potenziale squadrone, ma lui è contento. Tanto i campioni del mondo siamo noi, no?

Ed è questo il problema, essere rimasti a Berlino 2006, mentre attorno a noi sono cresciute squadre che per nostra fortuna nel mondiale tedesco erano o allo sbando (Brasile), o ancora premature (Spagna). Dopo il flop in Confederations del giugno scorso, è cominciato un processo di ricostruzione che di ricostruzione, onestamente, ha avuto ben poco.

Le palle al piede, gli elementi che sono già nella lista dei 23 ad honorem, in barba alle indicazioni del campionato che li danno cotti e stracotti, sono sempre lì: Cannavaro-Grosso-Gattuso-Zambrotta, gli intoccabili che a questa nazionale servono a poco o nulla ma che per ragioni misteriose al mondiale ci andranno di sicuro. Poco importa che De Ceglie scoppi di salute, che Ambrosini stia facendo la miglior stagione della sua vita e che qualunque Bonucci o Ranocchia farebbero di più e meglio di un ormai ex grande difensore che ancora ci ostiniamo a ritenere credibile come perno accanto a Chiellini.

Ce lo vedo proprio, lo scugnizzo 37enne stare dietro a Villa, Torres, Kakà, Rooney e compagnia bella: carne da macello, ma a quanto pare se Nesta non fa dietrofront il rischio che parta titolare è alto. A parte il fatto che mi viene quasi naturale chiedere come mai i protagonisti della rassegna tedesca campino di rendita, mentre per esempio un altro grande protagonista come Materazzi sia stato in fretta e furia tagliato fuori dal giro della nazionale. Di sicuro al momento sta messo meglio di loro, ma l'algoritmo lippiano per le convocazioni è particolare, e ancora stiamo tentando un pò tutti di decodificarlo, con qualche risultato interessante:
  • "Le porte della nazionale sono aperte a tutti" in lippiano significa "Cassano, è inutile che continui a fare il fenomeno con la Samp, per te sono chiuse a doppia mandata"
  • "Convoco chi è più in forma" in lippiano significa "Convoco chi è più in forma secondo il mio insindacabile giudizio e secondo i miei parametri individuali: se dopo 4 anni Cannavaro e Grosso si alzano la mattina cantando POPOPOPPOPOPO' per me sono in forma straripante!"
  • "Santon per conquistarsi la nazionale deve giocare nell'Inter" in lippiano significa "Con l'abbondanza di terzini di fascia che ho di uno come Santon non ho che farmene, ho Grosso, Grosso, Grosso..ah, e Zambrotta, loro sono campioni del mondo!"
Tanto per fare qualche esempio. E chissà cosa penserà il nostro coerente ct riguardo la sua affermazione sul no agli "oriundi" (come se Camoranesi fosse di Cinisello Balsamo), ora che Amauri ha preso il passaporto italiano e ha ripreso a segnare (infortunio a parte). Chissà, magari ci ripensa.

Capitolo Balotelli. In questi giorni si è mossa una vera e propria campagna pro-Mario, dopo le recenti prestazioni con Inter e Under21. Inutile dire che il calciatore è straordinario, e ribadire come i suoi limiti siano più mentali che tecnici. In Sudafrica partirebbe come quinta o sesta punta, ma la verità è che potrebbe tornare utile sia come punta esterna di un tridente, che come seconda o prima punta, godendo di un fisico possente che si sposa comunque con qualità tecniche da fuoriclasse. E soprattutto, ha dimostrato, nel bene e nel male, di non avere nessun tipo di soggezione di fronte a nessun avversario.

Forse sarebbe il momento di rischiare, quantomeno per cercare di salvare il salvabile ed uscire dalla mediocrità in cui siamo piombati dal dopo-Berlino ad oggi. Altrimenti, quella sudafricana sarà un'edizione che ricorderemo per tanto, tanto tempo, e per motivi diametralmente opposti a quelli di quattro anni fa.

Ancora 99 giorni, poi si salvi chi può, nella speranza che nel frattempo il giocondo Lippi del dopo gara di ieri si dia una svegliata.

02 marzo 2010

Prime squalifiche, chiaramente nel nome del padre..

C'è da sbellicarsi dalle risate, davvero. Il provvedimento anti-blasfemia è partito solo da qualche giorno, ma già offre grandissimi spunti ai migliori comici d'Italia, e ci relega ufficialmente a Paese barzelletta d'Europa per manifesta superiorità rispetto a tutti gli altri.

Puniti il tecnico del Chievo Di Carlo, e i giocatori Lanzafame del Parma e Scurto della Triestina, mentre è stato scagionato dalla prova tv il centrocampista clivense Marcolini con il seguente comunicato:

"Il calciatore clivense, uscendo dal terreno di gioco in conseguenza dell'espulsione inflittagli dall'arbitro pochi attimi prima, proferiva apparentemente un'espressione gergale, in uso nel Triveneto e in Lombardia, con becero riferimento a 'Diaz' e non a Dio (il diverso movimento delle labbra nelle pronuncia della vocale aperta 'A' rispetto alla vocale 'O' legittima quanto meno un'incertezza interpretativa)"


Siamo al delirio, ed è solo l'inizio. Chiunque con un pò di materia grigia nella scatola cranica si renderebbe conto di quanto è scandaloso un provvedimento del genere, non prima di essersi sbellicato dalle risate ovviamente.

Rendiamoci conto, si è appurato che Marcolini ha detto Diaz e non Dio grazie AL DIVERSO MOVIMENTO DELLE LABBRA NELLA PRONUNCIA DELLA VOCALE FINALE, roba che anche il RIS impallidirebbe.

Mi dispiace tornare sull'argomento, ma mi chiedo come sia stato possibile arrivare a tanto, e soprattutto mi chiedo perchè un italiano sia oggetto di prove e controprove tv (senza contare il rischio di cacciata immediata se l'arbitro travisa le parole del calciatore), mentre africani, georgiani, slovacchi, tedeschi e compagnia bella potrebbero tranquillamente lasciarsi andare al festivale della smoccolata senza incorrere nel minimo rischio di sanzione.

Benvenuti in Italia, terra di bigotti e cervelloni. Non c'è che dire, ormai siamo proprio il paese delle banane..