26 novembre 2010

Ranking Uefa, serve un miracolo! Piccola guida alla lettura della classifica..

Come dicevo nell'articolo di ieri, la tripla vittoria delle italiane in Champions ha garantito oltre al passaggio agli ottavi di finale di tutto il nostro battaglione, anche un minimo, quasi irrisorio recupero in termini di ranking Uefa, ovvero la classifica che determinerà il numero delle nostre squadre iscritte alle competizioni europee.

L'Italia, dopo anni di magre figure in Champions (exploit nerazzurro dell'anno scorso a parte) e di accanita repulsione verso l'Europa League, adesso è in una situazione quasi drammatica, ed il momento di saldare il conto sembra arrivato. Salvo miracoli attualmente difficili da mettere in previsione, infatti, il sorpasso della Germania è cosa fatta, con tanti saluti alle nostre 7 squadre e il passaggio a sole 6 partecipanti ai due tornei continentali.

Dunque, direi che è ora di fare chiarezza sui meccanismi che regolano l'attribuzione dei coefficienti Uefa ai vari Paesi, per capire meglio le ragioni per cui l'impresa dell'Italia è disperata e difficilmente le cose cambieranno di qui a maggio.

Per calcolare il punteggio di ogni nazione, si tiene conto innanzitutto dei risultati degli ultimi 5 anni, sommando i "parziali" di ogni annata. Per essere più chiari, il coefficiente Uefa delle nazioni per l'annata 2011/12 sarà la somma dei punteggi delle annate 2006/07, 2007/08, 2008/09, 2009/2010, 2010/2011.

Come si calcola il singolo "parziale" di ogni nazione? Semplice, si tiene conto dei risultati conseguiti dalle squadre nelle due competizioni europee, secondo la seguente tabella:

2 punti per vittoria;
1 punto per pareggio;
1 punto per vittoria nei preliminari;
0,5 punti per pareggio nei preliminari;
4 punti per l'ingresso alla fase a gruppi di Champions;
5 punti da sommare ai 4 precedenti per la qualificazione agli ottavi di Champions;
1 punto per il raggiungimento di quarti, semifinali e finale in una delle due competizioni.

Il totale ottenuto per nazione viene poi diviso per il numero di squadre inizialmente ammesse per ogni singola Federazione, dando così il coefficiente finale di stagione.

Dove sta il problema? È presto detto: per il calcolo del totale di questa annata (in cui già eravamo a forte rischio sorpasso) potevamo contare su ben due annate in cui una nostra rappresentante ha poi vinto la Champions, potendo contare anche sulla stagione 2006/07 in cui il Milan vinse ad Atene la finale contro il Liverpool. Adesso quell'annata verrà sostituita di fatto da questa in corso, e quindi c'è poco da stare allegri e speranzosi.

La situazione attuale del ranking per nazioni è la seguente (tra parentesi il numero di squadre ammesse):

1. Inghilterra – 76.928 (7)
2. Spagna – 72.186 (7)
3. Germania – 62.936 (6)
4. Italia – 56.409 (7)
5. Francia – 49.678 (5)
6. Portogallo – 41.396 (4)
7. Russia – 40.541 (4)
8. Ucraina – 39.216 (4)
9. Olanda – 35.296 (5)
10. Turchia – 34.050 (2)


Il colpo di mannaia alle residue speranze di colmare quel 6.527 lo darà probabilmente l'Europa League, competizione nella quale le nostre squadre tendono a giocare con sufficienza, dandole un peso assolutamente relativo rispetto al campionato, nonostante questo sia pur sempre un trofeo europeo di una certa importanza. Juventus, Sampdoria, Napoli e Palermo sono tutte e quattro in una situazione complicata, e viaggiano sul filo dell'eliminazione, che vorrebbe dire probabilmente addio alle residue, tenui speranze di recuperare il terreno perduto.

Il danno è quasi fatto, non resta che guardare il corso degli eventi e attendere il verdetto. Una volta toccato il fondo, si sa, si può solo risalire.

Italiane avanti, ma quell'urna..


Tre su tre, ed è già qualcosa. Le italiane impegnate in Champions chiudono la pratica qualificazione con un turno di anticipo grazie alle tre vittorie maturate nella due giorni europea, e con il biglietto per gli ottavi di finale in tasca possono guardare avanti, pensando a quello che sarà il futuro prossimo delle rispettive stagioni.

Saranno tre secondi posti, probabilmente. Milan e Roma sono già certi di finire dietro Real Madrid e Bayern, mentre per l'Inter servirà un mezzo miracolo nell'ultima giornata, in cui il Tottenham dovrebbe perdere punti contro il Twente ed i nerazzurri fare meglio degli inglesi. Inerzia del girone completamente spostata da quei 5 folli minuti finali di San Siro e dalla tripletta di Bale.

Qualche tempo fa in questo post dipingevo scenari apocalittici per le eventuali seconde classificate, vista la consistenza degli avversari che si stavano pian piano piazzando in testa ai vari gironi. La situazione adesso è leggermente andata modificandosi, non al punto di rendere preferibile arrivare secondi, ma lasciando se non altro qualche speranza ad almeno una o due delle nostre squadre. 

Nel girone B, ad esempio, lo Schalke (che ha scavalcato il Lione) potrebbe essere un avversario appetibilissimo, così come lo Shakthar che nel gruppo H ha fatto lo scherzetto all'Arsenal ed ora è ad un passo dallo storico risultato di qualificarsi come prima nel girone. Anche lo stesso Tottenham potrebbe essere per Milan e Roma un avversario gradito, anche se il meno gradito dei tre.

Anche perchè per il resto, è roba da spararsi: Barcellona, Real Madrid, Chelsea, Manchester Utd, Bayern Monaco. Tanta roba insomma, forse troppa se tastiamo adesso il polso alle nostre compagini, che non appaiono al livello delle migliori d'Europa per il momento. Anche se è importante sottolineare che i valori di novembre in proiezione primaverile contano pressochè zero.

Certo, i confronti "diretti" fin qui non hanno lasciato intravedere grandi cose. Il Milan è stato spazzato via nel doppio confronto con il Real di Mourinho, la Roma dell'altra sera contro il Bayern è stata inguardabile per 45' nonostante un avversario infarcito di riserve (grande poi la rimonta, ma se dà il netto rigore sullo 0-2..), mentre l'Inter ancora non ha affrontato un vero top club ma porta ancora sul viso i segni dei ceffoni presi da Bale. Tutto questo però, come dicevo, in primavera potrebbe anche non contare più. Nello scorso febbraio, dell'Inter ridicolizzata al Camp Nou dal Barcellona e qualificatasi per il rotto della cuffia non c'era più traccia, e finì in trionfo. Chissà che questo non succeda ancora ad una delle nostre, anche se tendenzialmente sono portato a credere che difficilmente i miracoli si ripetono ogni anno.

Per adesso, c'è di buono che il nostro contingente va avanti compatto, e che in chiave ranking Uefa siamo sempre messi male, ma abbiamo rimontato qualcosa alla Germania (che conduce 62.396 a 56.409). In tempi di vacche magre, tutto fa brodo..

23 novembre 2010

La legge di Ibra..

Ibra vuol dire scudetto: ma l'Europa?
È sempre più il Milan di Ibrahimovic. E più lo diventa, più compie passi fondamentali verso lo scudetto. Contro quella che forse è stata la migliore Fiorentina della stagione, i rossoneri vacillano, trovano il gol con una prodezza dello svedese, e poi devono ringraziare Abbiati se i viola non sono riusciti a trovare quello che sarebbe stato il meritato pari.

Certamente il passaggio dal modulo-fantasia al modulo coi tre mediani ha contribuito in modo fondamentale al ritrovamento della solidità che si era andata perdendo, ma è evidente come il salto di qualità maggiore lo stia facendo fare proprio lo svedese col 47 di piede e la tecnica di un numero 10.

Se ne dicono tante su Ibra. Eccessive, ingenerose, forse esagerate, ma di certo è uno che fa parlare di sè e questo senza dubbio rientra nel personaggio: sbruffone, irriverente, zingaro, forte coi deboli, debole coi forti, insomma chi più ne ha più ne metta. Certo è che Zlatan è uno che divide, e che quasi sempre accompagna il suo approdo ad un nuovo club con frasi importanti, salvo poi scapparsene come un ladro non appena sorgono nuovi stimoli e, chiaramente, nuovi mal di pancia.

Qualunque squadra lo abbia avuto con sè lo ha amato alla follia, forse eccetto il Barcellona che comunque gli riservò un'accoglienza da star. Adesso se si parla ad uno juventino o un'interista di Ibrahimovic probabilmente direbbe dello svedese peste e corna. La verità è che comunque, Ibrahimovic vuol dire scudetto: tra Ajax, Juventus, Inter e Barcellona, chi ha lui al centro dell'attacco vince, e quasi sempre dentro i confini il suo marchio è inconfondibile. Al punto da far pensare che il prezzo da pagare sia costruire una squadra che giochi solo ed esclusivamente attorno a lui.

Persino il Milan dei brasiliani sta cambiando attorno al suo numero 11. E lo sta facendo perchè anche la squadra più fantasiosa d'Italia si sta rendendo conto che in Italia, il modulo "palla a Ibra, e via" paga, eccome se paga. Squadra solida dietro, e davanti la giocata prima o poi arriva. L'Inter lo ha fatto con ottimi risultati, Allegri probabilmente sta "rubando" l'idea utilizzando semplicemente l'intelligenza: alla fine, il tifoso vuole vincere, inutile raccontarsela parlando di bel gioco e possesso palla. E i rossoneri, dopo 6 lunghi anni, adesso sono in fuga solitaria.

Certo, rimane il capitolo Europa. La legge di Ibra finora è valsa solo ed esclusivamente entro i confini del proprio Paese di militanza, ma le prestazioni importanti in Champions dello svedese si contano sulle dita di una mano. E nell'ultima edizione del trofeo dalle grandi orecchie, Zlatan ha toccato il suo punto più basso, facendo scena muta nel doppio confronto da ex contro l'Inter, in cui si capì una volta per tutte che il suo innesto nel Barça orchestrale di Guardiola era definitivamente fallito. Evidenziando, oltretutto, la difficoltà dello svedese di inserirsi nella coralità della manovra blaugrana, dove con i vari Messi, Xavi, Iniesta, lui era solo uno dei tanti e non poteva certo recitare la sua parte preferita, ovvero la primadonna con dietro 10 uomini pronti a servirlo.

Quando il gioco si fa duro, verrebbe da dire, Ibra smette di incantare: questo credo sia vero solo in parte, ma è evidente che nelle corazzate in cui ha militato lo svedese non ha lasciato il segno in campo continentale, facendo solo magre figure al cospetto dell'elitè del calcio europeo. Questo mentre i vari Messi, Ronaldo, Kakà, e il suo sostituto nell'Inter Milito davano vita a magiche notti culminate, in annate diverse, con la conquista della coppa più ambita.

La tendenza può sempre essere invertita, ma ora più che mai dipende solo da lui. A 28 anni, è tempo di essere decisivi non solo nella mediocre serie A attuale, in cui Ibrahimovic costituisce senza dubbio un patrimonio ineguagliabile, ma anche nelle notti europee in cui testa e attributi contano forse quanto tutto il resto. Altrimenti avranno ragione tutti coloro che ancora lo ringraziano per essere emigrato in Catalogna, fornendo a quella squadra che abbracciò Eto'o il lasciapassare per la più bella avventura che la memoria dei giovani interisti ricordi.

18 novembre 2010

Succede anche questo: risate agli Asian Games!

Il video sta facendo il giro del mondo, ed in effetti c'è poco di che meravigliarsene: siamo di fronte a qualcosa di clamoroso. In questa rubrica, che si arricchisce periodicamente di nuove perle, aggiungo la doppia figuraccia di un portiere ed un attaccante agli Asian Games 2010.

La gara è Qatar-Uzbekistan, e quello che succede potete vederlo coi vostri occhi cliccando sul video (per la cronaca, il Qatar è quello in maglia granata)..

16 novembre 2010

Inter-Milan, tutto qua?

 
Domenica, dopo aver visto il derby, ho guardato le immagini della gara nell'ampio post-partita, e mi sono fatto un'idea sul tipo di spettacolo che ho osservato. Ieri mattina poi guardo la rassegna stampa, leggo qualche blog, e allora mi chiedo se in me c'è qualcosa che non va nel leggere le partite. D'accordo, stavolta l'occhio era leggermente diverso, ma francamente leggere a caratteri cubitali sulla Gazzetta dello Sport "MILAN, 6 GRANDE" stona completamente col concetto di grandezza che io ho in mente quando si parla di squadre di calcio.

Il Milan, con una prestazione assolutamente ordinaria, ha battuto la peggiore Inter dell'anno (e di prestazioni incolori ce ne sono state eh), incapace di creare un solo pericolo alla porta di Abbiati nonostante una mezz'ora di superiorità numerica per l'espulsione di Abate. Da un lato una squadra affamata e con voglia di rivalsa dopo lo 0-6 complessivo di un anno fa (con annessa umiliazione di un derby perso giocando tutta la gara in 11 vs 10), dall'altro una formazione sballata, senza nerbo, svuotata.

Come dicevo nel pezzo di qualche giorno fa, per i rossoneri non c'era occasione migliore per tornare a vincere una stracittadina, ed in effetti non mi sbagliavo. Questa Inter sembra sempre più la copia sbiadita di sè stessa: un anno fa, contro un Milan del genere, probabilmente avremmo assistito ad un altro assolo nerazzurro. Già, perchè non me ne vogliano i tifosi rossoneri che passeranno di qui a leggere questo articolo, ma credo che il fatto che il Diavolo (questo Diavolo) sia tornato dominatore del campionato sia sintomatico di come il calcio italiano oggi offra un prodotto decisamente scadente, cosa che tra l'altro spiega in parte le continue scene mute a cui diamo vita ogni volta che la professoressa dalle grandi orecchie ci chiama alla lavagna.

Questo senza nulla togliere alla vittoria rossonera, meritatissima. Allegri, riproponendo il modulo coi tre mediani a copertura della difesa, e Seedorf dietro Ibra e Robinho, ha trovato la soluzione alle continue imbarcate a cui una squadra con Pirlo-Dinho-Seedorf-Ibra-Pato contemporaneamente in campo si sottoponeva nelle gare clou. E, ritrovati su buoni livelli Nesta e Thiago Silva, la squadra adesso può anche concedersi il lusso di vincere le partite 1-0, perchè in fondo gli scudetti si vincono anche (e soprattutto) così. Spezzate le catene del gioco orizzontale, ritrovato quel pressing sconosciuto negli anni passati, il Milan pur presentando carenze strutturali importanti (i terzini - anche se Abate cresce bene - ed una difesa troppo Nesta-dipendente) pian piano sta trovando la sua dimensione, cambiando quel modo di giocare che ormai da dieci anni era sempre lo stesso. Certo, adesso che Pirlo è quasi recuperato è una bella lotta: tornare al regista arretrato, rinunciando a un mastino, o mantenere questo schieramento che ha fruttato 9 punti nelle ultime 3 partite? Probabilmente Allegri risponderà col turn-over, certo è che lo hanno capito anche i sassi come a questa squadra serva principalmente un equilibrio in mezzo al campo, perchè nell'aridità di questa serie A un "palla a Ibra e pedalare" basta e avanza. E l'Inter ne sapeva qualcosa già prima di domenica sera, ma adesso ne sa ancora di più.

Cosa dire dei nerazzurri? Benitez stavolta ha grandissime responsabilità che vanno al di là del già problematico "carattere" di una squadra che ancora si sogna Mourinho la notte. L'undici anti-Milan è stato un qualcosa di semplicemente osceno: pur di non mettere dentro Santon, con cui mi pare chiaro non ci sia feeling, Rafa si è inventato Cordoba terzino destro (della serie "perseverare è diabolico"), e ha tolto dalla naftalina Materazzi piazzandolo su Ibra. Sostanzialmente l'Inter ha giocato con quattro difensori centrali in uno schema a rombo, il che equivale a dire zero spinta sulle fasce e il miglior uomo del Milan marcato da un 37enne ormai inoperoso a certi livelli da tre anni. Lucio sullo svedese e Cordoba su Robinho sarebbero state le naturali soluzioni, viste le caratteristiche dei calciatori in questione, ma a quanto pare quella di Santon terzino destro non è un'opzione percorribile per adesso. Insomma, strafalcioni in serie, che fanno perdere altri punti al tecnico spagnolo, il quale ha dimostrato di essere in pieno stato confusionale quando ha cincischiato facendo scaldare prima Cambiasso per poi far entrare Coutinho.

E la saga degli alibi non depone certo a suo favore, perchè adesso stanno diventando troppi: gli infortuni (col taccuino che segna Obi e la ricaduta di Milito), i rinforzi che mancano e il continuo riferimento alle grandi fatiche dell'anno passato. Sicuramente sono tutte cose che influiscono sul rendimento mediocre di questa Inter, ma la mia impressione è che ci sia dell'altro. Una volta recuperati gli effettivi, vedremo se questo "altro" è davvero un qualcosa di patologico, o è solo una sindrome figlia del momento: non dimentichiamo che il primo derby di Mourinho finì alla stessa maniera, ed anche lì le critiche per il tridente con Mancini e Quaresma si sprecarono.

Un dato è certo: si sono affrontate le due grandi favorite per la vittoria finale, e lo spettacolo che ne è uscito fuori è stato pessimo sia sotto il profilo del gioco, sia sotto il profilo dei valori visti in campo. In Spagna il clasico, in Inghilterra Chelsea-Manchester ci abituano da anni a tutt'altra musica, ed anche se il titolo di campioni d'Europa abita ancora nei confini nostrani, c'è da credere che questa piacevole eccezione, salvo miracoli, non avrà un seguito nel prossimo maggio.

13 novembre 2010

Milan, finalmente Allegri?


Mancano meno di 48 ore al derby di Milano, e il Milan di Allegri ci arriva da capolista solitaria, con la possibilità di dare un colpo forse mortale all'irriconoscibile Inter vista nell'ultimo periodo. Viste le condizioni psico-fisiche in cui versa la squadra di Benitez, difficilmente i rossoneri potrebbero trovare un contesto migliore per tornare a vincere una stracittadina: ma si sa, il derby è il derby, e qualsiasi pronostico lascia decisamente il tempo che trova.

Una cosa però si può senz'altro dire: Allegri forse è riuscito a capire, dopo aver ingoiato bocconi amari come Cesena e Madrid, come far giocare questo Milan ancora troppo ancorato ai vecchi concetti ancelottiani del possesso palla, del Pirlo e Seedorf sempre in campo, degli alberi di Natale. Tutte cose che, dati alla mano, hanno portato in casa rossonera tante vittorie, ma un solo scudetto, quello del primo anno di Kakà in Italia (stagione 2003/04).

Insomma, mentre oltre confine la qualità del complesso rossonero pagava, dentro i confini nostrani questo accadeva in misura decisamente minore. E questo soprattutto perchè in un campionato come quello italiano, contro squadre che si chiudono a riccio e che non sempre (grandi a parte) ti affrontano a viso aperto, opporre un possesso palla reiterato, con un centrocampo poco disposto al sacrificio per caratteristiche dei suoi interpreti, diventava una scelta che in campo poi trasformava le partite con le piccole in interminabili sequenze di tocchi e tocchetti, costando spesso punti pesanti che alla lunga facevano perdere contatto dal vertice della classifica.

Con gli anni che passano, elementi che già in passato non erano certo conosciuti per la loro capacità di interdizione e la facilità di corsa diventano, se schierati tutti assieme, un problema. Ed infatti, l'obbrobrio di Madrid nacque da una differenza spaventosa di velocità delle due squadre: i blancos correvano come furie indemoniate, e al loro cospetto il centrocampo di cartapesta eretto da Allegri (Pirlo-Seedorf-Gattuso, con Ronaldinho più avanzato) è stato sbriciolato senza pietà.

Il tecnico livornese avrà probabilmente colto, nel tempo, questi segnali che provenivano dal campo, ovvero i segnali di un centrocampo agonizzante incapace di sostenere un trequartista assolutamente avulso da compiti di copertura come Ronaldinho, e due punte. Ed ha pian piano cambiato i connotati alla squadra, che nelle ultime due uscite con Bari e Palermo (senza Pirlo) ha riscoperto il significato della parola pressing.

I mastini come il rispolverato Flamini, Ambrosini al rientro, Gattuso e Boateng sono tornati ad essere merce preziosa, mentre pian piano si sta sempre più capendo come Ronaldinho sia assolutamente un lusso per questa squadra. Se la velocità della gara si alza a livelli medio-alti, tanti saluti al numero 80. Ed è così da tre anni.

Con un centrocampo muscolare, senza la geometria e i lanci di un Pirlo in evidente carenza di ossigeno (ma che per il derby dovrebbe esserci) ma con tanta più corsa e copertura, anche l'indecoroso Seedorf degli ultimi tempi può fare la sua figura in posizione di trequartista dietro le due punte. E visti gli infortuni di Pato (tornerà a gennaio) e di Inzaghi (stagione finita), è probabile che con l'avanzamento di Robinho a spalla di Ibra l'olandese finisca davvero per ricoprire questo ruolo per buona parte della stagione.

Non è dato sapere se questa soluzione sia quella definitiva, comunque. Pirlo ha riposato contro il Bari ed è rimasto fuori per un lieve infortunio contro i rosanero, ma è davvero ipotizzabile che rimanga fuori dall'11 base? Difficile.
Non sono completamente d'accordo neanche con quelli che lo vedono come possibile trequartista, sinceramente: andrebbe visto, ma così su due piedi la cosa non mi convince affatto.

Insomma, sembra che i rossoneri stiano trovando il loro equilibrio, che passa per una maggiore solidità a spese di un pò di quella fantasia che, come Galliani stesso ha detto, "costa troppo". Certo, per Allegri chissà quanto sarà difficile spiegare a Berlusconi che "il miglior giocatore di tutti i tempi" (cit.) è in realtà una palla al piede, e che sarebbe meglio se a gennaio lo mandano a fare la foca negli States prendendo un attaccante utile alla causa.

È questa adesso la vera sfida: riuscirà il tecnico a continuare sulla propria strada, anche quando magari le cose andranno meno bene di adesso, senza incappare nella solita follia del suo datore di lavoro? Se ci riuscirà, avremo di fronte un uomo (come fu Leonardo), oltre che la conferma di un ottimo allenatore. Intanto i segnali sono quelli giusti.

Oltretutto è tornato anche l'amore, quello che un anno fa portò i rossoneri oltre l'ostacolo della mediocrità. Col Palermo in campo si è visto un buon Milan, e tanto, tanto amore. E con quell'amore lì, se trovi anche la quadratura in campo, si va molto, molto lontano..

09 novembre 2010

Cassano via? Una sconfitta per tutti..

Cassano e Garrone, c'eravamo tanto amati..

La beffa e il danno (materiale). Tempi grami per Antonio Cassano, il contemporaneo barese più famoso d’Italia. Il motivo è presto detto: la guerra con Riccardo Garrone, presidente della Sampdoria, comincia ad assumere connotati persino grotteschi. L’ultima della serie? Dopo il celebre litigio in cui Cassano ha mandato al diavolo il suo datore di lavoro, dopo il perdono urbi et orbi richiesto dal calciatore e la sua difesa accorata fatta persino da Gigi D’Alessio, ecco arrivare dalla Erg — sponsor della Samp e società petrolifera di proprietà della famiglia Garrone — una richiesta di risarcimento per danni d’immagine.

La minaccia legale si somma ad un mobbing degenerato in due iniziative quantomeno singolari: la cancellazione del calciatore dal sito ufficiale del club blucerchiato e la rimozione, nel Sampdoria Point di Genova, delle maglie e di altri gadget dove vengono riportati nome e volto di Cassano.


La situazione sembrava andare schiarendosi, con all'orizzonte addirittura il possibile reintegro in rosa dell'attaccante barese, ma a leggere su sembra che stia per succedere l'esatto contrario, con la rottura totale tra le parti, senza possibilità di appello.

Cassano sicuramente l'ha combinata grossa, e non serve aggiungere che la sua reazione spropositata verso Garrone sia da censurare, condannare e punire nei modi che la società ritiene opportuni. In qualunque ambiente lavorativo se mandi a cagare il tuo datore di lavoro dandogli del "vecchio di merda", tempo 40 secondi ti ritrovi licenziato in tronco. Qui si parla di una situazione ancora più paradossale, perchè Cassano non è un normale impiegato, bensì l'uomo simbolo del mondo Samp, e pareva che questo ruolo potesse ormai recitarlo tranquillamente, senza incappare nuovamente in quelle idiozie che gli hanno rallentato pesantemente la carriera.

E invece, in un giorno come tanti, è scoppiato il bubbone. Ancora una volta, si è innescato il raptus di follia, di cui sono più che certo si sia pentito mezzo minuto dopo. Per Garrone, come per Cesare nelle famose idi di marzo, dev'essere stata una pugnalata troppo forte, un colpo al cuore. E così siamo arrivati al capolinea, salvo colpi di scena nei prossimi giorni.

In una situazione del genere, manco a dirlo, non ci sono vincitori, ma solo sconfitti. Ci si può schierare con Cassano o col presidente Garrone, poco importa: la frattura che si è creata lede entrambe le parti, senza distinzioni.

Senza Cassano, la Sampdoria ha segnato un gol a Cesena a tempo scaduto, zero ieri contro il Catania a Marassi. Discorso gol fatti a parte, è chiaro come il genio del barese a questa squadra serva come il pane, e i pur bravi Pozzi e Marilungo non possono colmare una lacuna come quella creatasi dopo l'allontanamento. Per una Sampdoria da Europa, non si può prescindere dal talento di Cassano, che tra l'altro con questa sua bravata si è precluso anche la possibilità di giocare con la Nazionale.

D'altro canto, c'è un discorso morale mica da poco. Cassano è un calciatore fondamentale per questa Sampdoria, ma questo non conferisce nessun beneficio dal punto di vista comportamentale. Anzi, visto il rapporto "speciale" col presidente e il suo ruolo di leader in campo, una sparata del genere non può passare in cavalleria, vista oltretutto la recidività del barese, che un anno fa fu messo fuori da Delneri a gennaio e poi reintegrato dopo diverse gare.

Garrone non sembra intenzionato a calare il capo, e come biasimarlo? Certo è che portare avanti questa lotta e farla magari culminare con la rescissione unilaterale del contratto vorrebbe dire perdere il miglior calciatore della rosa a costo 0, dandolo in pasto ai diversi pescecani che si aggirano famelici aspettando che la cosa accada sul serio. Così come è altrettanto certo che qualora le due parti riuscissero a riavvicinarsi, e al calciatore venisse data un'altra possibilità, la scelta premierebbe senz'altro la Sampdoria.

La sensazione tuttavia è che si vada verso la separazione, che chiuderebbe una storia bellissima nel peggiore dei modi e rovinerebbe il futuro prossimo di entrambe le parti coinvolte nella vicenda. Una sconfitta su tutta la linea, insomma: non credete?

07 novembre 2010

Rafa non è Mou, però..

Mourinho e Benitez, passato e presente di un'Inter che oggi non decolla

Non ho mai condiviso del tutto il processo di beatificazione di Mourinho, seguito alla tripletta completata nella notte di Madrid. Ho sempre pensato che se il portoghese ha avuto grandissimi, evidenti meriti nella gestione del gruppo Inter, riuscendo a tirar fuori il 110% da ogni uomo a sua disposizione, dall'altro credo che un importante ruolo nella cavalcata trionfale lo abbiano recitato sia quelli che in campo prendevano a calci il pallone, sia coloro che hanno plasmato quella squadra in estate operando scelte di un certo tipo sul mercato.

Fatta questa premessa, e vista l'Inter senza nerbo di ieri sera contro il Brescia e dell'ultimo periodo in generale, voglio però sottolineare come Josè Mourinho costituisse per questa squadra un valore aggiunto, che il suo successore non può costituire in alcun modo. Lo spagnolo sta subendo critiche forse eccessive, ma il punto è uno e uno solo: Benitez non è un incompetente, semplicemente Benitez non è Mourinho. Non ne ha il carisma, non ne ha le qualità di personaggio capace di catalizzare su di sè pressioni e critiche, e non ne ha, particolare non da poco, la fortuna. Già, la fortuna, perchè senza quella non si va da nessuna parte.

Primo particolare, lampante: i calciatori nerazzurri continuano a cadere come mosche, e quasi sempre gli infortuni rimediati si rivelano di una certa entità. Un anno fa il peggio che capitò a Mou fu di andare a Genova senza Milito ed Eto'o, e sappiamo tutti com'è finita. Rafa contro il Brescia sapeva già di non poter contare su Cambiasso, Stankovic, Motta (il cui infortunio è un caso ormai), Julio Cesar, Muntari e Mariga, al 50' si è trovato a fare i conti con altri tre uomini chiave fuori: Maicon (coscia), Sneijder (mancamento), Samuel (che forse starà fuori un bel pò).

Adesso, delle due, l'una: fato avverso, o le cause di questa continua emorragia sono da ricercare altrove? Come dicevo qualche giorno fa, credo sia semplicistico dire che "si è sbagliata la preparazione", visto che qui si parla di infortuni ciascuno differente dall'altro e, come nel caso di Cambiasso e Stankovic, di traumi precedenti che si sono ripresentati a distanza di tempo nello stesso identico punto. C'è dell'altro, poco ma sicuro: come una stagione vissuta al limite, con una sessantina di partite all'attivo, ed a seguire un mondiale che ha portato via molti calciatori, con tutto il carico di fatica supplementare che ne deriva. Certo è che in condizioni del genere, lavorare su un undici base diventa difficile.

Discorso tattico. Critiche a pioggia anche stasera per quel centrocampo "fantasioso" con Zanetti-Sneijder centrali e Coutinho-Pandev esterni alti, ma con la moria di centrocampisti a disposizione non credo ci fosse molto altro da fare. Poi bè, tutti bravi ad inneggiare adesso a un Chivu in mezzo al campo dall'inizio, ma queste per me sono solo chiacchiere da bar. La realtà è che nelle ultime gare interne i nerazzurri hanno giocato non benissimo, ma prendendo gol alla prima occasione sporca concessa. Con Mourinho un anno fa ci furono prestazioni letteralmente da inorridire, risolte poi in modo rocambolesco come contro il Siena nei minuti finali con la mossa di Samuel centravanti: le classiche scelte che se le azzecchi sei un maledetto genio, e se invece non danno frutti finisci nell'occhio del ciclone. Anche sotto questo aspetto, per ora Rafa non è in linea con il suo predecessore, e al suo attivo segna zero colpi di genio e tante critiche negative.

Per non parlare del rapporto tecnico-giocatori, che segna l'ennesima, netta differenza tra le due gestioni. Sotto Mourinho, la situazione si era andata delineando in un certo modo: gruppo compatto, zero "rumors", tutti a remare nella stessa direzione. Chi la faceva fuori dal vaso, vedi Balotelli, era fuori dai giochi, emarginato dallo stesso spogliatoio che invece rigava dritto e seguiva alla lettera il suo timoniere. Adesso, con Benitez, sembra che si sia creata la classica situazione in cui "quando il gatto non c'è, i topi ballano": Milito che all'ennesima sostituzione si lascia andare a gesti di stizza chiedendo chiarimenti al tecnico, come se glieli dovesse, Chivu che sclera in campo perchè non lo coprono a sufficienza, parole fuori luogo qua e là, insomma, sembra che sia scoppiata un'isteria collettiva. I calciatori, che riconoscevano l'autorità del portoghese al punto da identificarsi completamente in lui, adesso senza la loro "guida" sembrano piombati in una sorta di anarchia che forse è la cosa più preoccupante dell'attuale situazione nerazzurra.

Il portoghese intanto a Madrid continua a macinare vittorie, dando corpo alle nostalgie dei nerazzurri che lo hanno eretto a mito e zittendo i detrattori che non apprezzavano quel suo Real inizialmente sparagnino, che pian piano sta diventando, o forse è già diventato, una macchina da guerra. Mou ordina, la società esegue, a maggio vince: è questo che è successo ovunque è andato, Inter compresa, mentre a Benitez non si può dire che sia stata data la stessa importanza nonostante un palmares che vanta vittorie importanti.

In estate lo spagnolo ha provato a far sentire le sue ragioni in chiave di mercato, ma è stato praticamente ignorato: un pò per la difficoltà degli obiettivi da raggiungere, un pò perchè la società forse aveva già deciso di non spendere un euro puntando a confermare in blocco il gruppo del portoghese (senza Balotelli, che proprio poca cosa non è). Niente Kuyt, niente Mascherano, nessun rinnovamento se non l'inserimento di giovani ancora acerbi che improvvisamente si sono ritrovati a fare i titolari, con scarsa fortuna (come era prevedibile). Credete che se fosse rimasto Mourinho, avrebbe accettato senza riserve un mercato in entrata del genere? Io ne dubito fortemente.

La mia sensazione, al di là del disfattismo che leggo in giro, è che questa squadra con tutti gli effettivi possa ancora dire la sua in campionato, dove per adesso regna la mediocrità assoluta, e può far bene anche in Champions, anche se non credo bisserà il titolo appena vinto. Forte è però l'idea di un ridimensionamento generale, dopo la grande abbuffata: tutti i cicli finiscono, prima o poi, e a questa Inter dall'età media così alta potrebbe non restare più molto tempo, prima di tornare a veder vincere gli altri. Benitez non è Mourinho (la ripetizione è fortemente voluta) ma se con lui c'è davvero un progetto e non è solo un fantoccio da dare in pasto alla critica - cosa che mi capita di pensare negli ultimi tempi - allora va fatto lavorare nella migliore condizione possibile. E per adesso, questo non è ancora successo.

03 novembre 2010

Inter, adesso il danno è fatto..

Benitez sta ancora pensando a come fermare Bale..
Inter, prendi nota: in futuro, mai mollare la presa su una gara che si sta stravincendo 4-0. Già, perchè c'è poco da dire sul tonfo di questa sera a White Hart Lane, senza tirare in ballo la vergognosa ripresa di San Siro: il 3-1 subito a Londra, sommato allo scempio della gara di andata, può significare addio al primo posto finale, con tutto quello che ne conseguirebbe.

I tre gol di Bale sarebbero passati facilmente in cavalleria, in caso di vittoria o eventualmente di un pari stasera. Vista l'imbarcata presa, invece, quei gol fanno tutta la differenza del mondo: mai come in questa edizione della Champions League, infatti, è assolutamente fondamentale arrivare al primo posto nel girone, per trovare un avversario più malleabile a febbraio e rinviare l'appuntamento con gli squadroni eventualmente ai quarti di finale.

Basta dare un'occhiata alla composizione dei gironi: le prime sono (a due turni dalla fine) Real Madrid, Barcellona, Chelsea, Lione, Manchester UTD, Bayern e Arsenal, le seconde Schalke, Valencia, Copenaghen, Basilea, Spartak Mosca, Shakthar e il Milan (che comunque non sarebbe sorteggiabile nell'accoppiamento coi nerazzurri). Insomma, c'è una bella differenza. E adesso, al primo posto c'è il Tottenham, che con due vittorie avrebbe la matematica certezza di rientrare nell'urna "giusta".

L'Inter invece combina l'ennesimo atto di follia suicida, prima facendosi rifilare tre reti da una squadra ridotta in dieci uomini e sotto di quattro reti, per poi completare l'opera con questa sconfitta meritatissima, figlia di una prestazione super degli Spurs, ma anche dell'incapacità della squadra di Benitez di tirare fuori gli attributi nelle gare più "toste". E' successo a Roma, è successo in parte contro la Juventus,  se ne è avuta una nuova conferma stasera.

Sicuramente la situazione infortuni pesa sul rendimento di questa squadra, ma la mancanza del carattere e di quelle reazioni furibonde che l'anno scorso resero i nerazzurri quasi inaffondabili è lampante. E se i maggiori artefici del triplete, tolto Eto'o, sono uno in panchina (Milito), uno diventato improvvisamente "normale" (Sneijder), ed un'altro (Maicon) è addirittura imbarazzante e questa sera ridicolizzato da Bale, si può ben capire come ai nerazzurri stia facendo difetto proprio l'asse portante. Sorvolando sull'inutilità di Chivu terzino sinistro, e sul fatto che Balotelli era una cosa, Biabiany ben altra.

Probabile che adesso parta il processo a Benitez, routine dopo ogni non-vittoria nerazzurra. Questa sera Rafa ha mostrato una lentezza clamorosa nel leggere una partita in cui un giocatore stava creando gli stessi sconquassi della gara d'andata: Bale ha fatto quello che ha voluto nei 45' finali di San Siro, ha fatto se è possibile anche peggio a casa sua. Possibile che il gallese fosse assolutamente impossibile da arginare?

Detto questo, lo spagnolo a mio parere sta facendo un buon lavoro, considerando gli infortuni in serie (troppo facile dire che è colpa della preparazione, quando non si sa di cosa si parla) e i limiti di una rosa logorata da una stagione interminabile (mondiale compreso). Poi, che lo spagnolo non sia ancora riuscito ad entrare nella mente dei suoi calciatori, è una mia personale convinzione. Non parlo di tattica, parlo proprio di quell'aspetto psicologico che un anno fa costituì la carta vincente di Mourinho: per lui i calciatori avrebbero camminato sui tizzoni ardenti, per lo spagnolo non mi pare che ci sia ancora questa empatia, e forse non ci sarà mai.

Ci vorrà tempo, Mourinho lo ha avuto e non dimentichiamo che anche lui ha commesso i suoi errori prima del fantastico finale di stagione scorso. E facendo più attenzione in quello sciagurato secondo tempo dell'andata, anche la sconfitta di questa sera a Londra avrebbe fatto meno rumore..