24 dicembre 2010

Benitez, ora è davvero finita. Largo a Leo?

"Cosa posso farci?", sembra dire Benitez
E divorzio fu. Del resto, non poteva essere altrimenti: di fatto, le dichiarazioni rilasciate da Rafa Benitez subito dopo la vittoria del mondiale per club tanto assomigliavano al folle, estremo gesto di un suicida, stanco e logorato da una vita poco soddisfacente.

Probabilmente lo spagnolo era al corrente che la sua avventura all'Inter fosse ormai al capolinea indipendentemente da quello che poi sarebbe successo ad Abu Dhabi, perchè credo che la persona sia sufficientemente intelligente per comprendere che in una sfida aperta alla società, chi tiene il coltello dalla parte del manico non è (quasi) mai l'allenatore. Specie se l'allenatore non è mai andato realmente a genio al suo datore di lavoro.

Rafa ormai era un uomo solo, scaricato dalla squadra e mai supportato realmente da una società che ha sposato un progetto senza essere realmente convinta del prodotto finale. Nessun giocatore, e sottolineo nessuno, ha mai difeso a spada tratta il tecnico nel momento di maggior difficoltà: ormai lo spogliatoio nerazzurro era una polveriera, che ha autonomamente deciso di "autogestirsi" per portare agevolmente a casa il titolo mondiale lasciando da parte le marette con un tecnico mai amato e forse inadatto a ricoprire il delicato ruolo di successore di Mourinho.

Credo sia sbagliato gettare la croce addosso a Benitez, il cui più grosso errore (in mezzo ad altri, certamente) è stato quello di non aver capito realmente di cosa aveva bisogno questa Inter per poter essere anche sotto la sua gestione una squadra competitiva su tutti i fronti. Non ha colto Rafa che la cosa fondamentale, al di là di difesa alta e lavoro in palestra piuttosto che col pallone, era dare continuità a quel lavoro psicologico grazie al quale il suo predecessore era riuscito a creare una macchina da guerra in cui tutti combattevano nella stessa direzione. E sia chiaro, non parlo delle continue lotte Mou-resto del mondo, quelle sono un'esclusiva del personaggio e non ci si aspettava certo di rivederle sotto la gestione-Benitez, ma di quella sua capacità di infondere al gruppo motivazioni sempre nuove: a questa Inter sono mancati soprattutto il carattere e la grinta necessari per tramutare un pari in una vittoria, una sconfitta in un risultato positivo.

Certo, lo spagnolo non è stato neanche fortunato: infortuni a ripetizione (con colpe attribuite a lui in modo forse ingeneroso) hanno minato la credibilità delle formazioni che andavano in campo da novembre in poi, e non parliamo di 2-3 defezioni, ma di vere e proprie morìe di titolari. Quando poi, per i motivi più disparati, lo spogliatoio si schiera contro di te, il destino del tecnico è compiuto nella totalità dei casi. E questo è quello che è successo anche a Rafa, che per me rimane un ottimo tecnico ma finito al posto sbagliato nel momento sbagliato.

E adesso? Adesso sembra che sia prossimo l'avvento di Leonardo, con cui le trattative sono avanzatissime (a quanto pare) e il cui annuncio è atteso per il 26. Occhio a Zenga però, che non darei fuori dai giochi almeno fino a quando non sarà ufficializzato davvero Leo: l'Uomo Ragno è stato esonerato dall'Al-Nars proprio oggi, e non è escluso che possa inserirsi nella volata alla panchina nerazzurra, forte del suo passato di bandiera del club.

Qualunque sia la scelta, certamente sarà un nome non altisonante e che porterà dietro di sè tantissimi perplessità, tutte giustificate. Certo è che leggere di un Galliani che si sentirebbe "tradito" da un eventuale approdo di Leonardo all'Inter fa quantomeno sorridere, per non dire sbellicarsi dalle risate: detto da uno che i è portato a casa negli anni Vieri, Ronaldo e Ibrahimovic e che è pronto a prendere Balotelli nel prossimo futuro, siamo di fronte al classico esempio del bue che dice cornuto all'asino. Siamo a Natale però, e non voglio infierire su un uomo che ha fatto del cabaret davanti ai microfoni una seconda ragione di vita.

Colgo l'occasione per fare gli auguri di buone feste a tutti i lettori di questo blog, nella speranza che siano un'occasione per ritrovare la pace e la serenità spesso messe in secondo piano dal solito tran tran della vita di tutti i giorni.

21 dicembre 2010

Addio, leggenda..


La foto scelta non è casuale, anzi, forse è una delle meno casuali mai scelte. Enzo Bearzot e l'allora presidente della Repubblica Sandro Pertini sono sull'aereo che li riporterà in Italia dopo la trionfale impresa compiuta nel mondiale spagnolo, e con Zoff e Causio danno vita ad una avvincente partita a scopone sotto la supervisione di quel trofeo vinto in quel modo così straordinario.

Oggi Bearzot ci ha lasciati all'età di 83 anni, e con lui va via un pezzo di storia del nostro calcio. Se mio padre ancora oggi rivedendo le immagini del "mundial" prova emozioni uniche, credo indescrivibili, e come lui tutti quelli a me vicini che hanno la fortuna di vivere quella fantastica cavalcata, il merito è anche e soprattutto di quell'uomo con la pipa che adesso non c'è più.

Fai buon viaggio, "vecio".

19 dicembre 2010

Inter, il quinto titolo arriva. Benitez va?


Che l'Inter riuscisse a laurearsi "pentacampeòn" battendo i modesti congolesi del Mazembe nella finale del Mondiale per club, era pressochè scontato. L'abisso tecnico che divideva le due squadre chiudeva infatti ogni tipo di pronostico, ed il 3-0 finale con cui i nerazzurri si sono arrampicati in cima al mondo rispecchia perfettamente l'andamento di una gara assolutamente a senso unico.

Molto meno prevedibili erano le dichiarazioni rilasciate da Benitez nell'immediato dopo gara, dichiarazioni che rischiano di trasformarsi in una sorta di bomba a orologeria pronta a scoppiare proprio sotto quella panchina che il successo di Abu Dhabi sembrava invece aver reso più salda.

Dice tutto, Rafa, senza peli sulla lingua, pur mantenendo il profilo elegante che lo ha sempre contraddistinto: e adesso qualcosa di importante succederà di sicuro. In un senso, o nell'altro.

"Sono molto felice, voglio dedicare questo titolo a chi ha sempre avuto fiducia in noi, alla mia famiglia in Spagna e in Inghilterra, a Walter Samuel e a chiunque ci ha aiutato ad arrivare qui e a far bene. Ora sarà un periodo più tranquillo, ma per andare avanti serve supporto totale: se c'è possiamo migliorare. Con supporto intendo prima di tutto intervenire sul mercato. Con Moratti ho parlato e lui sa di cosa. E poi io ho sempre fatto il mio lavoro fin dall'inizio, e devo avere il controllo di quello che fanno i giocatori. Se avrò questo supporto, che deve esserci sempre ed essere totale, potremo andare avanti e vincere ancora, altrimenti si parlerà sempre di un colpevole e la squadra non crescerà". 

"Merito rispetto. Mi sono addossato tutte le colpe e tutte le responsabilità, ma il club mi aveva promesso ad agosto tre giocatori. Non è arrivato nessuno. Adesso ci sono tre possibili strade: o la società fa un progetto e compra quattro giocatori subito a gennaio o andiamo avanti così con l'allenatore come unico colpevole oppure il presidente parla con il mio procuratore e troviamo un'altra soluzione". (fonte Gazzetta.it)

Insomma, a questo punto Benitez non vuole far passare più nulla. Non ci sta più a passare ancora per capro espiatorio per il tentennante andamento della squadra, e non sente neanche il supporto totale della società, oltre che di uno spogliatoio che probabilmente si è autogestito nel facile impegno mondiale, ma continua a non digerirlo.

A quanto pare il tecnico aveva un vulcano dentro di sè, ed era pronto a farlo esplodere solo a missione ultimata. L'eruzione mediatica adesso potrà aprire diversi scenari, a seconda di quanto davvero siano sanabili le divergenze tra tecnico e società manifestate proprio nelle dichiarazioni del post-partita. L'abbraccio tra lo spagnolo e il presidente dopo la vittoria del quinto titolo stagionale può voler dire tutto e allo stesso tempo niente. Sarà esonero, come fu dopo i famosi "calci in culo" di Lippi? Saranno dimissioni? Sarà improvvisamente amore, con tanto di investimenti per rinforzare la squadra? Tutte ipotesi possibili, l'ultima forse un pò meno possibile delle altre due.

Certo è che la mia stima per Benitez, dopo stasera, aumenta. Su questo blog il madrileno non ha mai trovato eccessiva ostilità neanche nel periodo più buio della recente storia nerazzurra, sebbene io sia stato il primo a condannarne alcune scelte. Il massacro a cui però è stato sottoposto lo trovo francamente esagerato, e il fatto che sia finalmente uscito dal basso profilo e abbia tirato fuori tutta la sua dignità mettendo i punti in una situazione che chiaramente non gli va più a genio gli fa senz'altro onore. O lo si fa lavorare nelle migliori condizioni possibili, o altrimenti se non c'è unità di intenti tanto vale divididersi adesso: il concetto è trasparente.

E' il momento delle scelte, ancora una volta dopo una vittoria proprio come dopo la finale di Madrid. Io in questo scontro tifo per Rafa: voi invece?

18 dicembre 2010

L'urna spiana la strada, ecco le mie percentuali


Ci è andata bene, anzi diciamo che meglio proprio non sarebbe potuta andare. Un anno fa di questi tempi l'urna di Nyon estraeva tre bussolotti importanti, emettendo quasi delle sentenze che solo l'Inter riuscì a sovvertire: quest'anno è forte la sensazione di pericolo scampato, visto quello che realisticamente sarebbe stato auspicabile prevedere.

Bayern Monaco, Tottenham e Shakthar Donetsk sulla strada di Inter, Milan e Roma. Voglio dare qualche percentuale, conscio del fatto che i valori di qui a febbraio potrebbero cambiare, modificandole di conseguenza.

INTER-BAYERN MONACO: 50% Inter, 50% Bayern

Delle tre, sicuramente è l'Inter quella a cui è andata meno bene: uno Schalke sarebbe stato avversario più gradito ai nerazzurri, ma probabilmente alla vigilia del sorteggio, con i concreti rischi spagnoli e inglesi, Benitez avrebbe firmato ad occhi chiusi per affrontare i bavaresi. I finalisti della scorsa edizione sono rivali storicamente temibili e duri a morire, come si è visto nella passata edizione, ma la squadra vista fin qui è la brutta copia di quella che un anno fa arrivò a Madrid a giocarsi il triplete: in Bundesliga sono a -17 dal ciclone Borussia Dortmund, mentre in Europa il girone è stato liquidato con relativa facilità. Senza Robben, quella di Van Gaal è una squadra decisamente abbordabile: con l'olandese in campo invece è tutta un'altra musica. Viste le difficoltà dell'attuale Inter e il fatto che i nerazzurri dovranno affrontare l'andata in casa, mi sento di dare percentuali eque per questa sfida. La voglia di rivalsa dei tedeschi, affondati da Milito nel maggio scorso, è un altro particolare importante, da non sottovalutare.

MILAN - TOTTENHAM: 65% Milan, 35% Tottenham

Gli eurorivali del Milan sono una buonissima squadra, temibile soprattutto quando gioca in casa, ma credo possa pagare dazio di fronte al blasone e all'esperienza del Milan e dei suoi calciatori nel giocare un certo tipo di partite. Gli inglesi nel doppio confronto con l'Inter nel girone eliminatorio hanno comunque fatto vedere di che pasta sono fatti, consegnando ad Allegri una importante verità: se viene dato spazio a Bale, il gallese e la squadra tutta diventano devastanti, anche perchè davanti Crouch e Pavlyuchenko sono clienti ostici. Credo che questo Milan possa farcela tranquillamente, a patto di riuscire a portarsi avanti col lavoro già nella gara d'andata: arrivare a Londra con un pari, magari con gol, potrebbe essere pericolosissimo.


ROMA-SHAKTAR DONETSK: 80% Roma, 20% Shaktar
Urna di lusso per i giallorossi di Ranieri, che trovano sulla strada che porta ai quarti di finale gli ucraini dello Shakthar, allenati dalla vecchia conoscenza del nostro calcio Mircea Lucescu. Chiaramente la fortuna va anche meritata, e la Roma dovrà saper affrontare con l'atteggiamento giusto una squadra che non avrà nulla da perdere e che comunque nelle sue fila ha calciatori che potenzialmente potrebbero creare dei grattacapi. Il parco offensivo abbonda di brasiliani, come il naturalizzato croato Eduardo (ex Arsenal) e Luiz Adriano, mentre dietro il ritorno a casa di Chygrynskiy (che ha fallito a Barcellona) ha dato solidità al pacchetto arretrato. Temibili inoltre le cavalcate di Srna, il terzino croato pericolosissimo anche su calcio da fermo e probabilmente tra i migliori in circolazione nel suo ruolo. Fatte queste promesse, e considerando che a febbraio gli ucraini saranno fermi da un pezzo per via della sosta invernale che bloccherà il campionato (dove stanno dominando, con 12 punti sulla seconda) direi che comunque la Roma non può e non deve fallire l'appuntamento con la qualificazione.

Insomma, la possibilità per portare avanti tre squadre, l'urna ce l'ha fornita. Sta adesso al nostro contingente europeo riuscire nell'impresa, poi dai quarti in poi sarà quel che sarà.

16 dicembre 2010

Inter ritrovata? Ma per favore..


L'Inter batte 3-0 i coreani del Seongnam, e si torna a parlare di grande Inter. Mi chiedo cosa ci sia di così meritorio nella vittoria dei nerazzurri di ieri, oltretutto al termine di una delle gare più noiose e scontate che la mia memoria in termini di impegni ufficiali ricordi.

Lo dico molto chiaramente, a me l'Inter non è piaciuta neanche ieri. Si è parlato di squadra con ritrovato carattere e gioco, ma io ho visto tutta la partita, e sono stati più gli obbrobri visti in fase di costruzione che le trame davvero degne di nota. Sicuramente il tacco volante di Milito per il gol di Zanetti è stato un gesto pregevole, ma non è che abbia visto altro: gli altri due gol sono stati episodi quasi casuali, e per il resto sonnolenza allo stato puro. Anche perchè i coreani il pallone dentro non lo avrebbero buttato neanche se la gara fosse durata 180 minuti anzichè 90.

Insomma, che i nerazzurri abbiano battuto largamente una formazione che si potrebbe equiparare, forse, ad una squadra di medio-alta classifica della nostra serie B, credo non sia sintomo nè di rinascita, nè di altro. E' semplicemente il naturale andamento delle cose, quando si trovano di fronte una squadra di campioni ed una formazione che definire modesta è già un complimento.

Del resto, non è certo colpa della squadra di Benitez se questo tanto agognato mondiale per club è ormai diventato un torneo di livello infimo, anche se poi ognuno nel suo conseguimento può vederci l'importanza che vuole. Così come non è colpa dell'Inter se le sudamericane, generalmente finaliste anche con la nuova formula allargata, sono pian piano scese di livello, fino ad arrivare alla clamorosa eliminazione dell'Internacional contro i congolesi del Mazembe (evento che sicuramente rafforzerà l'opinione dei vertici FIFA sulla bontà del nuovo torneo).

Di certo, anche se battere il Mazembe non sarebbe chissà quale prova di forza, vincere quello che comunque è un titolo potrebbe infondere nuove convinzioni alla formazione nerazzurra. Detto questo, credo che una vittoria ad Abu Dhabi contro avversari di questo calibro conti solo a livello di palmares, perchè per crescere e tornare a far paura questa squadra ha bisogno di fare ancora molta, molta strada. Specialmente sul mercato, dove su Cassano (praticamente libero) sembra stia per nascere un derby con il Milan: e perdere questo, di derby, farebbe forse più male di quello perso lo scorso 14 novembre..

09 dicembre 2010

Inter e Milan, due diverse "figuracce"

E adesso, beccatevi Messi..
Il termine "figuraccia" è stato quello che ha accompagnato le disfatte dell'ultimo turno di Champions di Inter e Milan, e almeno a livello di semantica sembra quasi che le due gare abbiano un comune denominatore che porti a metterle sullo stesso piano. Invece, io direi proprio che non è così.

Contro l'Ajax, quella che andava in scena era poco più che una passerella da parte dei rossoneri, che di fronte alla doppia certezza di non poter scavalcare il Real al primo posto e di non poter essere scavalcati al secondo dai lancieri, hanno preferito mandare in campo un misto tra seconde linee e titolari intenzionati più a non farsi male e incassare cartellini che altro. Certo, qualche indicazione anche questa gara l'ha data, e principalmente una su tutte: senza Ibrahimovic, i rossoneri perdono parecchio del loro potenziale, non solo perchè è evidentemente il loro miglior giocatore, ma anche per l'assenza attuale di un centravanti di ruolo. Perchè obiettivamente, un attacco con Robinho e Ronaldinho non è assortito per poter funzionare in assenza di un centravanti da innescare, al di là del fatto che il numero 80 ormai sembra tramortito dalla sua (sacrosanta) retrocessione a riserva in quel processo di epurazione dei passeggiatori che Allegri sta portando avanti con evidenti frutti.

Per l'Inter di Benitez la situazione era molto, molto differente. Prima di Brema Moratti aveva tuonato dicendo di non voler più assistere a "figure del cavolo" (cit.), e quindi questo già sarebbe bastato per far scattare un campanello nella mente di tecnico e calciatori. Principalmente però, la questione è un'altra: il primo posto nel girone era tutt'altro che assegnato, e con il Tottenham impegnato in Olanda andava almeno fatto un tentativo per provare a riprendersi la leadership del girone. Tentativo che poi avrebbe trovato conforto nel pari degli inglesi a Enschede, che invece adesso suona ancora più di beffa: nell'urna adesso i nerazzurri rischiano di trovarsi già agli ottavi i "mostri", mentre Schalke e Shaktar sarebbero un premio che forse nemmeno meriterebbero.

Le giustificazioni di Benitez, ormai da provetto arrampicatore sugli specchi, nel dopo gara poi sono ancora più bizzarre: in sostanza, secondo Rafa la partita importante era quella col Twente, questa non contava nulla e adesso conta solo il mondiale per club. E a questo punto, mi chiedo se sia possibile ignorare in modo così netto l'importanza di arrivare primi in un girone oltretutto abbordabilissimo, per godere di un sorteggio più morbido: probabilmente è un'importanza che vedo solo io, ma non credo sia una cosa di così poco conto, senza contare il fatto che giustificare sempre e comunque le sconfitte con alibi fatiscenti rischia di mettere in moto (probabilmente anzi lo ha già fatto) meccanismi malsani. La cultura della vittoria sempre e comunque inculcata da Mourinho, smontata dal "se perdiamo non fa nulla, conta solo il mondiale" di Benitez: è così che un branco di lupi affamati diventa una simpatica sfilata di modelle attente alla dieta e alle gambe.

La domanda adesso è questa: siamo sicuri che tutto questo "preservarsi" ad Abu Dhabi paghi? L'Inter dello scorso anno traeva stimolo e forza da ogni vittoria, e non metteva mai in conto la possibilità di uscire battuta dal campo come possibilità concreta. Poi capitava, certo, ma è un altro discorso. Questa invece si sta assuefando all'esatto opposto: la non vittoria come profilassi in vista del grande appuntamento, nonostante questi brasiliani nel nostro campionato sarebbero una squadra da settimo-ottavo posto. E intanto la distanza dal Milan in campionato prende dimensioni sempre più consistenti, e in coppa il secondo posto getta le basi per una eliminazione.

Per questo dico che se c'è una squadra che in questa due giorni di coppa ha fatto davvero una figuraccia, questa è l'Inter. Per il Milan, parlerei di un fisiologico, prevedibilissimo e tutto sommato plausibile, calo di tensione. E adesso, la matematica non lascia spiragli per l'ottimismo: inserendo nel lotto anche la Roma (seconda anche lei nel suo girone), almeno una finirà contro uno squadrone, col rischio concreto di un febbraio amarissimo per il nostro calcio e per un ranking che ormai è andato già da tempo a farsi strabenedire.

06 dicembre 2010

Serie A: una "minestrina" a tinte rossonere..

Milan in fuga: sarà un monologo rossonero?
Un crollo, o comunque un calo dell'Inter dominatrice degli ultimi campionati sembrava l'assioma fondamentale su cui costruire la teoria di una serie A finalmente più divertente, equilibrata, avvincente. Insomma, il discorso poi tutto sommato filava anche: se la squadra che negli ultimi anni aveva scavato un solco tra sè e le presunte inseguitrici avesse iniziato a balbettare, il fattore incertezza sarebbe stato improvvisamente predominante, rendendo la lotta per il tricolore ancora più spettacolare.

Peccato che quest'anno si stia avendo la prova di come invece tutto questo castello crolli miseramente davanti a quello che questa edizione della serie A sta realmente offrendo, e cioè uno spettacolo desolante che giustifica in tutto e per tutto la quasi-retrocessione (ormai è questione di poco) a quarta potenza europea in quanto a squadre di club.

L'Inter dei cannibali ha lasciato il posto ad una banda di miti agnellini che, vuoi per infortuni, pancia piena e spremiture da triplete prima e mondiale poi, adesso non incute timore proprio a nessuno. Tutti, e dico tutti, oggi contro i nerazzurri sanno che con una partita non necessariamente perfetta, ma poco più che ordinaria possono portare a casa il risultato, e infatti sono già 4 le sconfitte (in 15 giornate) di una squadra che la scorsa stagione ne sommò lo stesso numero in 38 gare. E adesso, a dicembre, il -10 dalla vetta sa quasi di resa per una squadra che solo pochi mesi fa sembrava semplicemente inaffondabile e adesso affonda che è un piacere.

Con i vecchi tiranni ormai prossimi al passaggio di consegne, si sta forse vedendo un campionato migliore? No, direi di no. Ed anche il tanto decantato equilibrio si sta andando a fare friggere ben più di quanto la classifica non dica: il Milan è primo, e può di stravincere questa serie A con distacco proprio perchè, ad inseguirlo, non c'è nessuno di davvero credibile. Tranne, chissà, quella Juve di Delneri che zitta zitta un pensierino al colpo grosso lo starà facendo di sicuro.

In un campionato tremendamente livellato verso il basso, si rischia di assistere ad un nuovo monologo (non più nerazzurro, ma rossonero), con un prodotto complessivo nettamente più basso. Anche perchè i crolli primaverili dei nerazzurri da cui nascevano le rimonte giallorosse hanno reso, al di là del fatto che poi a vincere siano stati sempre gli stessi, la competizione emozionante e piena di suspence fino all'ultima giornata.

Stando alle indicazioni offerte dal campionato oggi, invece, non vedo come questo Milan possa non vincere il titolo a mani basse, con buona pace della bella Lazio di Reja, che dall'alto del suo secondo posto sogna. Non me ne vogliano i tifosi laziali, quella biancoceleste è una realtà importante e potrà durare in alta classifica anche fino alla fine del campionato, ma non credo sia all'altezza di reggere la pressione di una lotta di vertice contro una squadra qualitativamente di un altro livello. E con la Roma che viaggia allo stesso ritmo dell'Inter, ovvero lentissimo rispetto alla capolista, la Juventus dal suo -6 butta un occhio e fa capire che in fondo, ora che la zavorra europea non c'è più, potrebbe provarci lei, a dar fastidio lassù. Difficile, ma la storia recente dei nostri campionati ci ha insegnato che non si deve mai dare nulla per scontato.

Comunque sia, per adesso è una noia mortale, ed uno spettacolo qualitativamente di livello molto, molto basso. Si aspettano tempi migliori, ma non stupiamoci se poi basta varcare i confini di casa per prendere dei sonori schiaffoni: è tutto figlio di un prodotto di basso livello che ha stancato, e che ci porta a guardare il prodotto estero con la bava alla bocca. Poco da dire: o si cambia, o la minestra, piaccia o non piaccia, è questa.

26 novembre 2010

Ranking Uefa, serve un miracolo! Piccola guida alla lettura della classifica..

Come dicevo nell'articolo di ieri, la tripla vittoria delle italiane in Champions ha garantito oltre al passaggio agli ottavi di finale di tutto il nostro battaglione, anche un minimo, quasi irrisorio recupero in termini di ranking Uefa, ovvero la classifica che determinerà il numero delle nostre squadre iscritte alle competizioni europee.

L'Italia, dopo anni di magre figure in Champions (exploit nerazzurro dell'anno scorso a parte) e di accanita repulsione verso l'Europa League, adesso è in una situazione quasi drammatica, ed il momento di saldare il conto sembra arrivato. Salvo miracoli attualmente difficili da mettere in previsione, infatti, il sorpasso della Germania è cosa fatta, con tanti saluti alle nostre 7 squadre e il passaggio a sole 6 partecipanti ai due tornei continentali.

Dunque, direi che è ora di fare chiarezza sui meccanismi che regolano l'attribuzione dei coefficienti Uefa ai vari Paesi, per capire meglio le ragioni per cui l'impresa dell'Italia è disperata e difficilmente le cose cambieranno di qui a maggio.

Per calcolare il punteggio di ogni nazione, si tiene conto innanzitutto dei risultati degli ultimi 5 anni, sommando i "parziali" di ogni annata. Per essere più chiari, il coefficiente Uefa delle nazioni per l'annata 2011/12 sarà la somma dei punteggi delle annate 2006/07, 2007/08, 2008/09, 2009/2010, 2010/2011.

Come si calcola il singolo "parziale" di ogni nazione? Semplice, si tiene conto dei risultati conseguiti dalle squadre nelle due competizioni europee, secondo la seguente tabella:

2 punti per vittoria;
1 punto per pareggio;
1 punto per vittoria nei preliminari;
0,5 punti per pareggio nei preliminari;
4 punti per l'ingresso alla fase a gruppi di Champions;
5 punti da sommare ai 4 precedenti per la qualificazione agli ottavi di Champions;
1 punto per il raggiungimento di quarti, semifinali e finale in una delle due competizioni.

Il totale ottenuto per nazione viene poi diviso per il numero di squadre inizialmente ammesse per ogni singola Federazione, dando così il coefficiente finale di stagione.

Dove sta il problema? È presto detto: per il calcolo del totale di questa annata (in cui già eravamo a forte rischio sorpasso) potevamo contare su ben due annate in cui una nostra rappresentante ha poi vinto la Champions, potendo contare anche sulla stagione 2006/07 in cui il Milan vinse ad Atene la finale contro il Liverpool. Adesso quell'annata verrà sostituita di fatto da questa in corso, e quindi c'è poco da stare allegri e speranzosi.

La situazione attuale del ranking per nazioni è la seguente (tra parentesi il numero di squadre ammesse):

1. Inghilterra – 76.928 (7)
2. Spagna – 72.186 (7)
3. Germania – 62.936 (6)
4. Italia – 56.409 (7)
5. Francia – 49.678 (5)
6. Portogallo – 41.396 (4)
7. Russia – 40.541 (4)
8. Ucraina – 39.216 (4)
9. Olanda – 35.296 (5)
10. Turchia – 34.050 (2)


Il colpo di mannaia alle residue speranze di colmare quel 6.527 lo darà probabilmente l'Europa League, competizione nella quale le nostre squadre tendono a giocare con sufficienza, dandole un peso assolutamente relativo rispetto al campionato, nonostante questo sia pur sempre un trofeo europeo di una certa importanza. Juventus, Sampdoria, Napoli e Palermo sono tutte e quattro in una situazione complicata, e viaggiano sul filo dell'eliminazione, che vorrebbe dire probabilmente addio alle residue, tenui speranze di recuperare il terreno perduto.

Il danno è quasi fatto, non resta che guardare il corso degli eventi e attendere il verdetto. Una volta toccato il fondo, si sa, si può solo risalire.

Italiane avanti, ma quell'urna..


Tre su tre, ed è già qualcosa. Le italiane impegnate in Champions chiudono la pratica qualificazione con un turno di anticipo grazie alle tre vittorie maturate nella due giorni europea, e con il biglietto per gli ottavi di finale in tasca possono guardare avanti, pensando a quello che sarà il futuro prossimo delle rispettive stagioni.

Saranno tre secondi posti, probabilmente. Milan e Roma sono già certi di finire dietro Real Madrid e Bayern, mentre per l'Inter servirà un mezzo miracolo nell'ultima giornata, in cui il Tottenham dovrebbe perdere punti contro il Twente ed i nerazzurri fare meglio degli inglesi. Inerzia del girone completamente spostata da quei 5 folli minuti finali di San Siro e dalla tripletta di Bale.

Qualche tempo fa in questo post dipingevo scenari apocalittici per le eventuali seconde classificate, vista la consistenza degli avversari che si stavano pian piano piazzando in testa ai vari gironi. La situazione adesso è leggermente andata modificandosi, non al punto di rendere preferibile arrivare secondi, ma lasciando se non altro qualche speranza ad almeno una o due delle nostre squadre. 

Nel girone B, ad esempio, lo Schalke (che ha scavalcato il Lione) potrebbe essere un avversario appetibilissimo, così come lo Shakthar che nel gruppo H ha fatto lo scherzetto all'Arsenal ed ora è ad un passo dallo storico risultato di qualificarsi come prima nel girone. Anche lo stesso Tottenham potrebbe essere per Milan e Roma un avversario gradito, anche se il meno gradito dei tre.

Anche perchè per il resto, è roba da spararsi: Barcellona, Real Madrid, Chelsea, Manchester Utd, Bayern Monaco. Tanta roba insomma, forse troppa se tastiamo adesso il polso alle nostre compagini, che non appaiono al livello delle migliori d'Europa per il momento. Anche se è importante sottolineare che i valori di novembre in proiezione primaverile contano pressochè zero.

Certo, i confronti "diretti" fin qui non hanno lasciato intravedere grandi cose. Il Milan è stato spazzato via nel doppio confronto con il Real di Mourinho, la Roma dell'altra sera contro il Bayern è stata inguardabile per 45' nonostante un avversario infarcito di riserve (grande poi la rimonta, ma se dà il netto rigore sullo 0-2..), mentre l'Inter ancora non ha affrontato un vero top club ma porta ancora sul viso i segni dei ceffoni presi da Bale. Tutto questo però, come dicevo, in primavera potrebbe anche non contare più. Nello scorso febbraio, dell'Inter ridicolizzata al Camp Nou dal Barcellona e qualificatasi per il rotto della cuffia non c'era più traccia, e finì in trionfo. Chissà che questo non succeda ancora ad una delle nostre, anche se tendenzialmente sono portato a credere che difficilmente i miracoli si ripetono ogni anno.

Per adesso, c'è di buono che il nostro contingente va avanti compatto, e che in chiave ranking Uefa siamo sempre messi male, ma abbiamo rimontato qualcosa alla Germania (che conduce 62.396 a 56.409). In tempi di vacche magre, tutto fa brodo..

23 novembre 2010

La legge di Ibra..

Ibra vuol dire scudetto: ma l'Europa?
È sempre più il Milan di Ibrahimovic. E più lo diventa, più compie passi fondamentali verso lo scudetto. Contro quella che forse è stata la migliore Fiorentina della stagione, i rossoneri vacillano, trovano il gol con una prodezza dello svedese, e poi devono ringraziare Abbiati se i viola non sono riusciti a trovare quello che sarebbe stato il meritato pari.

Certamente il passaggio dal modulo-fantasia al modulo coi tre mediani ha contribuito in modo fondamentale al ritrovamento della solidità che si era andata perdendo, ma è evidente come il salto di qualità maggiore lo stia facendo fare proprio lo svedese col 47 di piede e la tecnica di un numero 10.

Se ne dicono tante su Ibra. Eccessive, ingenerose, forse esagerate, ma di certo è uno che fa parlare di sè e questo senza dubbio rientra nel personaggio: sbruffone, irriverente, zingaro, forte coi deboli, debole coi forti, insomma chi più ne ha più ne metta. Certo è che Zlatan è uno che divide, e che quasi sempre accompagna il suo approdo ad un nuovo club con frasi importanti, salvo poi scapparsene come un ladro non appena sorgono nuovi stimoli e, chiaramente, nuovi mal di pancia.

Qualunque squadra lo abbia avuto con sè lo ha amato alla follia, forse eccetto il Barcellona che comunque gli riservò un'accoglienza da star. Adesso se si parla ad uno juventino o un'interista di Ibrahimovic probabilmente direbbe dello svedese peste e corna. La verità è che comunque, Ibrahimovic vuol dire scudetto: tra Ajax, Juventus, Inter e Barcellona, chi ha lui al centro dell'attacco vince, e quasi sempre dentro i confini il suo marchio è inconfondibile. Al punto da far pensare che il prezzo da pagare sia costruire una squadra che giochi solo ed esclusivamente attorno a lui.

Persino il Milan dei brasiliani sta cambiando attorno al suo numero 11. E lo sta facendo perchè anche la squadra più fantasiosa d'Italia si sta rendendo conto che in Italia, il modulo "palla a Ibra, e via" paga, eccome se paga. Squadra solida dietro, e davanti la giocata prima o poi arriva. L'Inter lo ha fatto con ottimi risultati, Allegri probabilmente sta "rubando" l'idea utilizzando semplicemente l'intelligenza: alla fine, il tifoso vuole vincere, inutile raccontarsela parlando di bel gioco e possesso palla. E i rossoneri, dopo 6 lunghi anni, adesso sono in fuga solitaria.

Certo, rimane il capitolo Europa. La legge di Ibra finora è valsa solo ed esclusivamente entro i confini del proprio Paese di militanza, ma le prestazioni importanti in Champions dello svedese si contano sulle dita di una mano. E nell'ultima edizione del trofeo dalle grandi orecchie, Zlatan ha toccato il suo punto più basso, facendo scena muta nel doppio confronto da ex contro l'Inter, in cui si capì una volta per tutte che il suo innesto nel Barça orchestrale di Guardiola era definitivamente fallito. Evidenziando, oltretutto, la difficoltà dello svedese di inserirsi nella coralità della manovra blaugrana, dove con i vari Messi, Xavi, Iniesta, lui era solo uno dei tanti e non poteva certo recitare la sua parte preferita, ovvero la primadonna con dietro 10 uomini pronti a servirlo.

Quando il gioco si fa duro, verrebbe da dire, Ibra smette di incantare: questo credo sia vero solo in parte, ma è evidente che nelle corazzate in cui ha militato lo svedese non ha lasciato il segno in campo continentale, facendo solo magre figure al cospetto dell'elitè del calcio europeo. Questo mentre i vari Messi, Ronaldo, Kakà, e il suo sostituto nell'Inter Milito davano vita a magiche notti culminate, in annate diverse, con la conquista della coppa più ambita.

La tendenza può sempre essere invertita, ma ora più che mai dipende solo da lui. A 28 anni, è tempo di essere decisivi non solo nella mediocre serie A attuale, in cui Ibrahimovic costituisce senza dubbio un patrimonio ineguagliabile, ma anche nelle notti europee in cui testa e attributi contano forse quanto tutto il resto. Altrimenti avranno ragione tutti coloro che ancora lo ringraziano per essere emigrato in Catalogna, fornendo a quella squadra che abbracciò Eto'o il lasciapassare per la più bella avventura che la memoria dei giovani interisti ricordi.

18 novembre 2010

Succede anche questo: risate agli Asian Games!

Il video sta facendo il giro del mondo, ed in effetti c'è poco di che meravigliarsene: siamo di fronte a qualcosa di clamoroso. In questa rubrica, che si arricchisce periodicamente di nuove perle, aggiungo la doppia figuraccia di un portiere ed un attaccante agli Asian Games 2010.

La gara è Qatar-Uzbekistan, e quello che succede potete vederlo coi vostri occhi cliccando sul video (per la cronaca, il Qatar è quello in maglia granata)..

16 novembre 2010

Inter-Milan, tutto qua?

 
Domenica, dopo aver visto il derby, ho guardato le immagini della gara nell'ampio post-partita, e mi sono fatto un'idea sul tipo di spettacolo che ho osservato. Ieri mattina poi guardo la rassegna stampa, leggo qualche blog, e allora mi chiedo se in me c'è qualcosa che non va nel leggere le partite. D'accordo, stavolta l'occhio era leggermente diverso, ma francamente leggere a caratteri cubitali sulla Gazzetta dello Sport "MILAN, 6 GRANDE" stona completamente col concetto di grandezza che io ho in mente quando si parla di squadre di calcio.

Il Milan, con una prestazione assolutamente ordinaria, ha battuto la peggiore Inter dell'anno (e di prestazioni incolori ce ne sono state eh), incapace di creare un solo pericolo alla porta di Abbiati nonostante una mezz'ora di superiorità numerica per l'espulsione di Abate. Da un lato una squadra affamata e con voglia di rivalsa dopo lo 0-6 complessivo di un anno fa (con annessa umiliazione di un derby perso giocando tutta la gara in 11 vs 10), dall'altro una formazione sballata, senza nerbo, svuotata.

Come dicevo nel pezzo di qualche giorno fa, per i rossoneri non c'era occasione migliore per tornare a vincere una stracittadina, ed in effetti non mi sbagliavo. Questa Inter sembra sempre più la copia sbiadita di sè stessa: un anno fa, contro un Milan del genere, probabilmente avremmo assistito ad un altro assolo nerazzurro. Già, perchè non me ne vogliano i tifosi rossoneri che passeranno di qui a leggere questo articolo, ma credo che il fatto che il Diavolo (questo Diavolo) sia tornato dominatore del campionato sia sintomatico di come il calcio italiano oggi offra un prodotto decisamente scadente, cosa che tra l'altro spiega in parte le continue scene mute a cui diamo vita ogni volta che la professoressa dalle grandi orecchie ci chiama alla lavagna.

Questo senza nulla togliere alla vittoria rossonera, meritatissima. Allegri, riproponendo il modulo coi tre mediani a copertura della difesa, e Seedorf dietro Ibra e Robinho, ha trovato la soluzione alle continue imbarcate a cui una squadra con Pirlo-Dinho-Seedorf-Ibra-Pato contemporaneamente in campo si sottoponeva nelle gare clou. E, ritrovati su buoni livelli Nesta e Thiago Silva, la squadra adesso può anche concedersi il lusso di vincere le partite 1-0, perchè in fondo gli scudetti si vincono anche (e soprattutto) così. Spezzate le catene del gioco orizzontale, ritrovato quel pressing sconosciuto negli anni passati, il Milan pur presentando carenze strutturali importanti (i terzini - anche se Abate cresce bene - ed una difesa troppo Nesta-dipendente) pian piano sta trovando la sua dimensione, cambiando quel modo di giocare che ormai da dieci anni era sempre lo stesso. Certo, adesso che Pirlo è quasi recuperato è una bella lotta: tornare al regista arretrato, rinunciando a un mastino, o mantenere questo schieramento che ha fruttato 9 punti nelle ultime 3 partite? Probabilmente Allegri risponderà col turn-over, certo è che lo hanno capito anche i sassi come a questa squadra serva principalmente un equilibrio in mezzo al campo, perchè nell'aridità di questa serie A un "palla a Ibra e pedalare" basta e avanza. E l'Inter ne sapeva qualcosa già prima di domenica sera, ma adesso ne sa ancora di più.

Cosa dire dei nerazzurri? Benitez stavolta ha grandissime responsabilità che vanno al di là del già problematico "carattere" di una squadra che ancora si sogna Mourinho la notte. L'undici anti-Milan è stato un qualcosa di semplicemente osceno: pur di non mettere dentro Santon, con cui mi pare chiaro non ci sia feeling, Rafa si è inventato Cordoba terzino destro (della serie "perseverare è diabolico"), e ha tolto dalla naftalina Materazzi piazzandolo su Ibra. Sostanzialmente l'Inter ha giocato con quattro difensori centrali in uno schema a rombo, il che equivale a dire zero spinta sulle fasce e il miglior uomo del Milan marcato da un 37enne ormai inoperoso a certi livelli da tre anni. Lucio sullo svedese e Cordoba su Robinho sarebbero state le naturali soluzioni, viste le caratteristiche dei calciatori in questione, ma a quanto pare quella di Santon terzino destro non è un'opzione percorribile per adesso. Insomma, strafalcioni in serie, che fanno perdere altri punti al tecnico spagnolo, il quale ha dimostrato di essere in pieno stato confusionale quando ha cincischiato facendo scaldare prima Cambiasso per poi far entrare Coutinho.

E la saga degli alibi non depone certo a suo favore, perchè adesso stanno diventando troppi: gli infortuni (col taccuino che segna Obi e la ricaduta di Milito), i rinforzi che mancano e il continuo riferimento alle grandi fatiche dell'anno passato. Sicuramente sono tutte cose che influiscono sul rendimento mediocre di questa Inter, ma la mia impressione è che ci sia dell'altro. Una volta recuperati gli effettivi, vedremo se questo "altro" è davvero un qualcosa di patologico, o è solo una sindrome figlia del momento: non dimentichiamo che il primo derby di Mourinho finì alla stessa maniera, ed anche lì le critiche per il tridente con Mancini e Quaresma si sprecarono.

Un dato è certo: si sono affrontate le due grandi favorite per la vittoria finale, e lo spettacolo che ne è uscito fuori è stato pessimo sia sotto il profilo del gioco, sia sotto il profilo dei valori visti in campo. In Spagna il clasico, in Inghilterra Chelsea-Manchester ci abituano da anni a tutt'altra musica, ed anche se il titolo di campioni d'Europa abita ancora nei confini nostrani, c'è da credere che questa piacevole eccezione, salvo miracoli, non avrà un seguito nel prossimo maggio.

13 novembre 2010

Milan, finalmente Allegri?


Mancano meno di 48 ore al derby di Milano, e il Milan di Allegri ci arriva da capolista solitaria, con la possibilità di dare un colpo forse mortale all'irriconoscibile Inter vista nell'ultimo periodo. Viste le condizioni psico-fisiche in cui versa la squadra di Benitez, difficilmente i rossoneri potrebbero trovare un contesto migliore per tornare a vincere una stracittadina: ma si sa, il derby è il derby, e qualsiasi pronostico lascia decisamente il tempo che trova.

Una cosa però si può senz'altro dire: Allegri forse è riuscito a capire, dopo aver ingoiato bocconi amari come Cesena e Madrid, come far giocare questo Milan ancora troppo ancorato ai vecchi concetti ancelottiani del possesso palla, del Pirlo e Seedorf sempre in campo, degli alberi di Natale. Tutte cose che, dati alla mano, hanno portato in casa rossonera tante vittorie, ma un solo scudetto, quello del primo anno di Kakà in Italia (stagione 2003/04).

Insomma, mentre oltre confine la qualità del complesso rossonero pagava, dentro i confini nostrani questo accadeva in misura decisamente minore. E questo soprattutto perchè in un campionato come quello italiano, contro squadre che si chiudono a riccio e che non sempre (grandi a parte) ti affrontano a viso aperto, opporre un possesso palla reiterato, con un centrocampo poco disposto al sacrificio per caratteristiche dei suoi interpreti, diventava una scelta che in campo poi trasformava le partite con le piccole in interminabili sequenze di tocchi e tocchetti, costando spesso punti pesanti che alla lunga facevano perdere contatto dal vertice della classifica.

Con gli anni che passano, elementi che già in passato non erano certo conosciuti per la loro capacità di interdizione e la facilità di corsa diventano, se schierati tutti assieme, un problema. Ed infatti, l'obbrobrio di Madrid nacque da una differenza spaventosa di velocità delle due squadre: i blancos correvano come furie indemoniate, e al loro cospetto il centrocampo di cartapesta eretto da Allegri (Pirlo-Seedorf-Gattuso, con Ronaldinho più avanzato) è stato sbriciolato senza pietà.

Il tecnico livornese avrà probabilmente colto, nel tempo, questi segnali che provenivano dal campo, ovvero i segnali di un centrocampo agonizzante incapace di sostenere un trequartista assolutamente avulso da compiti di copertura come Ronaldinho, e due punte. Ed ha pian piano cambiato i connotati alla squadra, che nelle ultime due uscite con Bari e Palermo (senza Pirlo) ha riscoperto il significato della parola pressing.

I mastini come il rispolverato Flamini, Ambrosini al rientro, Gattuso e Boateng sono tornati ad essere merce preziosa, mentre pian piano si sta sempre più capendo come Ronaldinho sia assolutamente un lusso per questa squadra. Se la velocità della gara si alza a livelli medio-alti, tanti saluti al numero 80. Ed è così da tre anni.

Con un centrocampo muscolare, senza la geometria e i lanci di un Pirlo in evidente carenza di ossigeno (ma che per il derby dovrebbe esserci) ma con tanta più corsa e copertura, anche l'indecoroso Seedorf degli ultimi tempi può fare la sua figura in posizione di trequartista dietro le due punte. E visti gli infortuni di Pato (tornerà a gennaio) e di Inzaghi (stagione finita), è probabile che con l'avanzamento di Robinho a spalla di Ibra l'olandese finisca davvero per ricoprire questo ruolo per buona parte della stagione.

Non è dato sapere se questa soluzione sia quella definitiva, comunque. Pirlo ha riposato contro il Bari ed è rimasto fuori per un lieve infortunio contro i rosanero, ma è davvero ipotizzabile che rimanga fuori dall'11 base? Difficile.
Non sono completamente d'accordo neanche con quelli che lo vedono come possibile trequartista, sinceramente: andrebbe visto, ma così su due piedi la cosa non mi convince affatto.

Insomma, sembra che i rossoneri stiano trovando il loro equilibrio, che passa per una maggiore solidità a spese di un pò di quella fantasia che, come Galliani stesso ha detto, "costa troppo". Certo, per Allegri chissà quanto sarà difficile spiegare a Berlusconi che "il miglior giocatore di tutti i tempi" (cit.) è in realtà una palla al piede, e che sarebbe meglio se a gennaio lo mandano a fare la foca negli States prendendo un attaccante utile alla causa.

È questa adesso la vera sfida: riuscirà il tecnico a continuare sulla propria strada, anche quando magari le cose andranno meno bene di adesso, senza incappare nella solita follia del suo datore di lavoro? Se ci riuscirà, avremo di fronte un uomo (come fu Leonardo), oltre che la conferma di un ottimo allenatore. Intanto i segnali sono quelli giusti.

Oltretutto è tornato anche l'amore, quello che un anno fa portò i rossoneri oltre l'ostacolo della mediocrità. Col Palermo in campo si è visto un buon Milan, e tanto, tanto amore. E con quell'amore lì, se trovi anche la quadratura in campo, si va molto, molto lontano..

09 novembre 2010

Cassano via? Una sconfitta per tutti..

Cassano e Garrone, c'eravamo tanto amati..

La beffa e il danno (materiale). Tempi grami per Antonio Cassano, il contemporaneo barese più famoso d’Italia. Il motivo è presto detto: la guerra con Riccardo Garrone, presidente della Sampdoria, comincia ad assumere connotati persino grotteschi. L’ultima della serie? Dopo il celebre litigio in cui Cassano ha mandato al diavolo il suo datore di lavoro, dopo il perdono urbi et orbi richiesto dal calciatore e la sua difesa accorata fatta persino da Gigi D’Alessio, ecco arrivare dalla Erg — sponsor della Samp e società petrolifera di proprietà della famiglia Garrone — una richiesta di risarcimento per danni d’immagine.

La minaccia legale si somma ad un mobbing degenerato in due iniziative quantomeno singolari: la cancellazione del calciatore dal sito ufficiale del club blucerchiato e la rimozione, nel Sampdoria Point di Genova, delle maglie e di altri gadget dove vengono riportati nome e volto di Cassano.


La situazione sembrava andare schiarendosi, con all'orizzonte addirittura il possibile reintegro in rosa dell'attaccante barese, ma a leggere su sembra che stia per succedere l'esatto contrario, con la rottura totale tra le parti, senza possibilità di appello.

Cassano sicuramente l'ha combinata grossa, e non serve aggiungere che la sua reazione spropositata verso Garrone sia da censurare, condannare e punire nei modi che la società ritiene opportuni. In qualunque ambiente lavorativo se mandi a cagare il tuo datore di lavoro dandogli del "vecchio di merda", tempo 40 secondi ti ritrovi licenziato in tronco. Qui si parla di una situazione ancora più paradossale, perchè Cassano non è un normale impiegato, bensì l'uomo simbolo del mondo Samp, e pareva che questo ruolo potesse ormai recitarlo tranquillamente, senza incappare nuovamente in quelle idiozie che gli hanno rallentato pesantemente la carriera.

E invece, in un giorno come tanti, è scoppiato il bubbone. Ancora una volta, si è innescato il raptus di follia, di cui sono più che certo si sia pentito mezzo minuto dopo. Per Garrone, come per Cesare nelle famose idi di marzo, dev'essere stata una pugnalata troppo forte, un colpo al cuore. E così siamo arrivati al capolinea, salvo colpi di scena nei prossimi giorni.

In una situazione del genere, manco a dirlo, non ci sono vincitori, ma solo sconfitti. Ci si può schierare con Cassano o col presidente Garrone, poco importa: la frattura che si è creata lede entrambe le parti, senza distinzioni.

Senza Cassano, la Sampdoria ha segnato un gol a Cesena a tempo scaduto, zero ieri contro il Catania a Marassi. Discorso gol fatti a parte, è chiaro come il genio del barese a questa squadra serva come il pane, e i pur bravi Pozzi e Marilungo non possono colmare una lacuna come quella creatasi dopo l'allontanamento. Per una Sampdoria da Europa, non si può prescindere dal talento di Cassano, che tra l'altro con questa sua bravata si è precluso anche la possibilità di giocare con la Nazionale.

D'altro canto, c'è un discorso morale mica da poco. Cassano è un calciatore fondamentale per questa Sampdoria, ma questo non conferisce nessun beneficio dal punto di vista comportamentale. Anzi, visto il rapporto "speciale" col presidente e il suo ruolo di leader in campo, una sparata del genere non può passare in cavalleria, vista oltretutto la recidività del barese, che un anno fa fu messo fuori da Delneri a gennaio e poi reintegrato dopo diverse gare.

Garrone non sembra intenzionato a calare il capo, e come biasimarlo? Certo è che portare avanti questa lotta e farla magari culminare con la rescissione unilaterale del contratto vorrebbe dire perdere il miglior calciatore della rosa a costo 0, dandolo in pasto ai diversi pescecani che si aggirano famelici aspettando che la cosa accada sul serio. Così come è altrettanto certo che qualora le due parti riuscissero a riavvicinarsi, e al calciatore venisse data un'altra possibilità, la scelta premierebbe senz'altro la Sampdoria.

La sensazione tuttavia è che si vada verso la separazione, che chiuderebbe una storia bellissima nel peggiore dei modi e rovinerebbe il futuro prossimo di entrambe le parti coinvolte nella vicenda. Una sconfitta su tutta la linea, insomma: non credete?

07 novembre 2010

Rafa non è Mou, però..

Mourinho e Benitez, passato e presente di un'Inter che oggi non decolla

Non ho mai condiviso del tutto il processo di beatificazione di Mourinho, seguito alla tripletta completata nella notte di Madrid. Ho sempre pensato che se il portoghese ha avuto grandissimi, evidenti meriti nella gestione del gruppo Inter, riuscendo a tirar fuori il 110% da ogni uomo a sua disposizione, dall'altro credo che un importante ruolo nella cavalcata trionfale lo abbiano recitato sia quelli che in campo prendevano a calci il pallone, sia coloro che hanno plasmato quella squadra in estate operando scelte di un certo tipo sul mercato.

Fatta questa premessa, e vista l'Inter senza nerbo di ieri sera contro il Brescia e dell'ultimo periodo in generale, voglio però sottolineare come Josè Mourinho costituisse per questa squadra un valore aggiunto, che il suo successore non può costituire in alcun modo. Lo spagnolo sta subendo critiche forse eccessive, ma il punto è uno e uno solo: Benitez non è un incompetente, semplicemente Benitez non è Mourinho. Non ne ha il carisma, non ne ha le qualità di personaggio capace di catalizzare su di sè pressioni e critiche, e non ne ha, particolare non da poco, la fortuna. Già, la fortuna, perchè senza quella non si va da nessuna parte.

Primo particolare, lampante: i calciatori nerazzurri continuano a cadere come mosche, e quasi sempre gli infortuni rimediati si rivelano di una certa entità. Un anno fa il peggio che capitò a Mou fu di andare a Genova senza Milito ed Eto'o, e sappiamo tutti com'è finita. Rafa contro il Brescia sapeva già di non poter contare su Cambiasso, Stankovic, Motta (il cui infortunio è un caso ormai), Julio Cesar, Muntari e Mariga, al 50' si è trovato a fare i conti con altri tre uomini chiave fuori: Maicon (coscia), Sneijder (mancamento), Samuel (che forse starà fuori un bel pò).

Adesso, delle due, l'una: fato avverso, o le cause di questa continua emorragia sono da ricercare altrove? Come dicevo qualche giorno fa, credo sia semplicistico dire che "si è sbagliata la preparazione", visto che qui si parla di infortuni ciascuno differente dall'altro e, come nel caso di Cambiasso e Stankovic, di traumi precedenti che si sono ripresentati a distanza di tempo nello stesso identico punto. C'è dell'altro, poco ma sicuro: come una stagione vissuta al limite, con una sessantina di partite all'attivo, ed a seguire un mondiale che ha portato via molti calciatori, con tutto il carico di fatica supplementare che ne deriva. Certo è che in condizioni del genere, lavorare su un undici base diventa difficile.

Discorso tattico. Critiche a pioggia anche stasera per quel centrocampo "fantasioso" con Zanetti-Sneijder centrali e Coutinho-Pandev esterni alti, ma con la moria di centrocampisti a disposizione non credo ci fosse molto altro da fare. Poi bè, tutti bravi ad inneggiare adesso a un Chivu in mezzo al campo dall'inizio, ma queste per me sono solo chiacchiere da bar. La realtà è che nelle ultime gare interne i nerazzurri hanno giocato non benissimo, ma prendendo gol alla prima occasione sporca concessa. Con Mourinho un anno fa ci furono prestazioni letteralmente da inorridire, risolte poi in modo rocambolesco come contro il Siena nei minuti finali con la mossa di Samuel centravanti: le classiche scelte che se le azzecchi sei un maledetto genio, e se invece non danno frutti finisci nell'occhio del ciclone. Anche sotto questo aspetto, per ora Rafa non è in linea con il suo predecessore, e al suo attivo segna zero colpi di genio e tante critiche negative.

Per non parlare del rapporto tecnico-giocatori, che segna l'ennesima, netta differenza tra le due gestioni. Sotto Mourinho, la situazione si era andata delineando in un certo modo: gruppo compatto, zero "rumors", tutti a remare nella stessa direzione. Chi la faceva fuori dal vaso, vedi Balotelli, era fuori dai giochi, emarginato dallo stesso spogliatoio che invece rigava dritto e seguiva alla lettera il suo timoniere. Adesso, con Benitez, sembra che si sia creata la classica situazione in cui "quando il gatto non c'è, i topi ballano": Milito che all'ennesima sostituzione si lascia andare a gesti di stizza chiedendo chiarimenti al tecnico, come se glieli dovesse, Chivu che sclera in campo perchè non lo coprono a sufficienza, parole fuori luogo qua e là, insomma, sembra che sia scoppiata un'isteria collettiva. I calciatori, che riconoscevano l'autorità del portoghese al punto da identificarsi completamente in lui, adesso senza la loro "guida" sembrano piombati in una sorta di anarchia che forse è la cosa più preoccupante dell'attuale situazione nerazzurra.

Il portoghese intanto a Madrid continua a macinare vittorie, dando corpo alle nostalgie dei nerazzurri che lo hanno eretto a mito e zittendo i detrattori che non apprezzavano quel suo Real inizialmente sparagnino, che pian piano sta diventando, o forse è già diventato, una macchina da guerra. Mou ordina, la società esegue, a maggio vince: è questo che è successo ovunque è andato, Inter compresa, mentre a Benitez non si può dire che sia stata data la stessa importanza nonostante un palmares che vanta vittorie importanti.

In estate lo spagnolo ha provato a far sentire le sue ragioni in chiave di mercato, ma è stato praticamente ignorato: un pò per la difficoltà degli obiettivi da raggiungere, un pò perchè la società forse aveva già deciso di non spendere un euro puntando a confermare in blocco il gruppo del portoghese (senza Balotelli, che proprio poca cosa non è). Niente Kuyt, niente Mascherano, nessun rinnovamento se non l'inserimento di giovani ancora acerbi che improvvisamente si sono ritrovati a fare i titolari, con scarsa fortuna (come era prevedibile). Credete che se fosse rimasto Mourinho, avrebbe accettato senza riserve un mercato in entrata del genere? Io ne dubito fortemente.

La mia sensazione, al di là del disfattismo che leggo in giro, è che questa squadra con tutti gli effettivi possa ancora dire la sua in campionato, dove per adesso regna la mediocrità assoluta, e può far bene anche in Champions, anche se non credo bisserà il titolo appena vinto. Forte è però l'idea di un ridimensionamento generale, dopo la grande abbuffata: tutti i cicli finiscono, prima o poi, e a questa Inter dall'età media così alta potrebbe non restare più molto tempo, prima di tornare a veder vincere gli altri. Benitez non è Mourinho (la ripetizione è fortemente voluta) ma se con lui c'è davvero un progetto e non è solo un fantoccio da dare in pasto alla critica - cosa che mi capita di pensare negli ultimi tempi - allora va fatto lavorare nella migliore condizione possibile. E per adesso, questo non è ancora successo.

03 novembre 2010

Inter, adesso il danno è fatto..

Benitez sta ancora pensando a come fermare Bale..
Inter, prendi nota: in futuro, mai mollare la presa su una gara che si sta stravincendo 4-0. Già, perchè c'è poco da dire sul tonfo di questa sera a White Hart Lane, senza tirare in ballo la vergognosa ripresa di San Siro: il 3-1 subito a Londra, sommato allo scempio della gara di andata, può significare addio al primo posto finale, con tutto quello che ne conseguirebbe.

I tre gol di Bale sarebbero passati facilmente in cavalleria, in caso di vittoria o eventualmente di un pari stasera. Vista l'imbarcata presa, invece, quei gol fanno tutta la differenza del mondo: mai come in questa edizione della Champions League, infatti, è assolutamente fondamentale arrivare al primo posto nel girone, per trovare un avversario più malleabile a febbraio e rinviare l'appuntamento con gli squadroni eventualmente ai quarti di finale.

Basta dare un'occhiata alla composizione dei gironi: le prime sono (a due turni dalla fine) Real Madrid, Barcellona, Chelsea, Lione, Manchester UTD, Bayern e Arsenal, le seconde Schalke, Valencia, Copenaghen, Basilea, Spartak Mosca, Shakthar e il Milan (che comunque non sarebbe sorteggiabile nell'accoppiamento coi nerazzurri). Insomma, c'è una bella differenza. E adesso, al primo posto c'è il Tottenham, che con due vittorie avrebbe la matematica certezza di rientrare nell'urna "giusta".

L'Inter invece combina l'ennesimo atto di follia suicida, prima facendosi rifilare tre reti da una squadra ridotta in dieci uomini e sotto di quattro reti, per poi completare l'opera con questa sconfitta meritatissima, figlia di una prestazione super degli Spurs, ma anche dell'incapacità della squadra di Benitez di tirare fuori gli attributi nelle gare più "toste". E' successo a Roma, è successo in parte contro la Juventus,  se ne è avuta una nuova conferma stasera.

Sicuramente la situazione infortuni pesa sul rendimento di questa squadra, ma la mancanza del carattere e di quelle reazioni furibonde che l'anno scorso resero i nerazzurri quasi inaffondabili è lampante. E se i maggiori artefici del triplete, tolto Eto'o, sono uno in panchina (Milito), uno diventato improvvisamente "normale" (Sneijder), ed un'altro (Maicon) è addirittura imbarazzante e questa sera ridicolizzato da Bale, si può ben capire come ai nerazzurri stia facendo difetto proprio l'asse portante. Sorvolando sull'inutilità di Chivu terzino sinistro, e sul fatto che Balotelli era una cosa, Biabiany ben altra.

Probabile che adesso parta il processo a Benitez, routine dopo ogni non-vittoria nerazzurra. Questa sera Rafa ha mostrato una lentezza clamorosa nel leggere una partita in cui un giocatore stava creando gli stessi sconquassi della gara d'andata: Bale ha fatto quello che ha voluto nei 45' finali di San Siro, ha fatto se è possibile anche peggio a casa sua. Possibile che il gallese fosse assolutamente impossibile da arginare?

Detto questo, lo spagnolo a mio parere sta facendo un buon lavoro, considerando gli infortuni in serie (troppo facile dire che è colpa della preparazione, quando non si sa di cosa si parla) e i limiti di una rosa logorata da una stagione interminabile (mondiale compreso). Poi, che lo spagnolo non sia ancora riuscito ad entrare nella mente dei suoi calciatori, è una mia personale convinzione. Non parlo di tattica, parlo proprio di quell'aspetto psicologico che un anno fa costituì la carta vincente di Mourinho: per lui i calciatori avrebbero camminato sui tizzoni ardenti, per lo spagnolo non mi pare che ci sia ancora questa empatia, e forse non ci sarà mai.

Ci vorrà tempo, Mourinho lo ha avuto e non dimentichiamo che anche lui ha commesso i suoi errori prima del fantastico finale di stagione scorso. E facendo più attenzione in quello sciagurato secondo tempo dell'andata, anche la sconfitta di questa sera a Londra avrebbe fatto meno rumore..

31 ottobre 2010

Grande Juve, o piccolo Milan?

 
Sinceramente, non credevo che la Juventus avrebbe potuto portare via da San Siro più di un punto, questa sera. E quando è arrivata la notizia del forfait di Chiellini, fattosi male nel riscaldamento prepartita, la convinzione che stesse per cominciare una serata a forti tinte rossonere è cresciuta ulteriormente. Mi sbagliavo, come avete potuto vedere.

Una Juve incerottata, senza Krasic (a proposito, vorrei capire che complotto ci sia dietro la squalifica del serbo: ha fatto una vaccata, tutto qua) e con una formazione praticamente inedita ha invece sfoderato una prestazione tutta corsa e sostanza, mostrando un'organizzazione e una compattezza sufficienti per mandare in tilt il bluff rossonero. Già, perchè ormai le carte sono scoperte, ed è inutile continuare a parlare del potenziale offensivo di Allegri: contro squadre che si difendono bene e impongono un ritmo alto alla gara, il Milan soffre maledettamente, e questa non è una novità di oggi.

Delneri se l'è giocata proprio bene stavolta. Preso atto del fiume di assenze, ha impostato una sorta di 4-1-4-1 con esterni alti Martinez e Quagliarella: visto il sacrificio dei due, il modulo è risultato funzionale al progetto di diventare un 4-3-3 in fase di attacco e ripiegare quando il Milan saliva. Il pressing costante, e il grande lavoro di un Felipe Melo finalmente su livelli altissimi e di Marchisio hanno permesso ai bianconeri di mettere su uno per uno i mattoncini di una vittoria che può significare tantissimo, proprio perchè ottenuta in modo limpido, e in condizioni complicatissime. Sulla carta Del Piero doveva essere un elemento isolato lasciato al proprio destino là davanti: così non è stato, e Pinturicchio ha timbrato il gol del 2-0, scavalcando Boniperti e diventando il bomber principe della storia della Juventus. Insomma, per il tifoso bianconero, una serata magica che fornisce nuova linfa alle speranze mai sopite di chi vorrebbe vedere la propria squadra lottare per il tricolore.

Non sarà contento invece il tifoso rossonero, e ne ha ben donde. Il Milan visto stasera avrebbe potuto anche pareggiare, ma quello che sconcerta è l'assoluta approssimatività della manovra di squadra, che non sembra avere un copione ma andare a tentoni cercando il colpo del singolo là davanti. Considerando che Leonardo è stato spinto all'allontanamento perchè secondo Berlusconi "non faceva giocare bene il Milan", direi che Allegri a confronto sta facendo molto, molto peggio, con un materiale umano decisamente superiore a quello a disposizione del brasiliano.

Anche il Milan contava delle defezioni in difesa, va detto. E considerando cosa sono stati capaci di combinare Sokratis e Antonini dietro, magari avere Thiago Silva sarebbe stato meglio. Fatto questo appunto, non cambia comunque la sostanza: questo Milan va avanti alla meno peggio, senza uno straccio di gioco, e più passa il tempo più sembra che l'unico schema sia "palla a Ibra, e incrociamo le dita" (adottato dall'Inter di un paio d'anni fa, ma con una rosa leggermente differente).

Pato? Un caso: un fantasma a Madrid, un fantasma oggi. Il centrocampo rossonero? Un altro caso. Pirlo ormai ogni stagione arretra di un metro, ed è diventato un onesto gregario con licenza di lanciare sempre e comunque, riducendo al minimo sindacale le giocate da fuoriclasse che possiede nel repertorio. Accanto a lui, Boateng e Gattuso sembrano la scelta di Allegri, ma è poca roba: e paradossalmente, oggi ho visto il Ringhio rossonero addirittura impostare, come se lui e Pirlo si fossero scambiati i ruoli. L'Ambrosini dell'anno scorso manca parecchio a questa squadra, del resto Seedorf oggi appena entrato è riuscito a sbagliare il 110% delle palle giocate, giusto per non mettere in difficoltà il suo allenatore.

E' un Milan che fatica a trovarsi e a trovare motivazioni per più di una gara, mentre dall'altra parte c'era una squadra che pian piano sta trovando la sua quadratura e i suoi equilibri, assieme alla voglia di vincere che sembrava aver smarrito negli ultimi tempi. Risposta semplice, quindi: stasera è stata grande Juve, ma anche un piccolo Milan.

22 ottobre 2010

Un uomo solo..


Che questa Roma non fosse al pari di Inter, Milan e le altre grandi d'Europa, lo dico dall'inizio della stagione e non voglio aggiungere altro che non abbia già detto qualche giorno fa riguardo la squadra giallorossa e il suo reale valore.

Voglio però puntare il dito ancora su Ranieri, e giuro, non ce l'ho con lui. Che la squadra non lo segua più mi sembra quasi evidente, così come è evidente che questo gruppo aveva e avrebbe ancora bisogno di un rinnovamento che il solo innesto di Borriello non basta a qualificarlo come tale.

Lui però continua a commettere errori, conscio probabilmente del fatto che della squadra che arrivò a mezzo millimetro dallo scudetto sono rimaste solo macerie. E le sue dichiarazioni sembrano scrivere dei titoli di coda che forse non sono andati ancora in onda soltanto per la delicata situazione societaria che coinvolge la proprietà giallorossa.

Il Basilea arriva all'Olimpico, saccheggia e se ne torna in Svizzera inchiodando ancora una volta il testaccino alle sue responsabilità: condizione fisica inesistente, gente che passeggia in campo, e aria di maretta in uno spogliatoio che pochi mesi fa era compatto come pochi.

Tinkermann va in sala stampa nel dopo-partita, e cosa fa? Prende le distanze dalla squadra. "Non abbiamo la rabbia dell'anno scorso", "Non riusciamo ad avere motivazioni per più di una partita", e poi la bordata in stile Lippi quando parlò dei famosi calci in culo ai suoi giocatori dopo la sconfitta all'esordio della stagione 2001.

Ranieri non parla di percosse ai suoi giocatori, ma si lascia andare ad una frase che per come la vedo io è da esonero a prescindere da tutto il resto: "Io chiedo spiegazioni ai miei giocatori, ma loro non sanno darmi risposte". Vale la pena parafrasare una dichiarazione del genere? Non credo, è fin troppo ovvio cosa volesse dire il tecnico giallorosso.
E già nel recente passato la schermaglia con Borriello (che diceva di non essere stanco, nonostante il tecnico lo avesse sostituito con quella motivazione) e la dichiarazione sulla "figura che trama nell'ombra" aveva fornito una piccola indicazione su che aria tiri a Trigoria. C'è poco da fare, servono motivazioni nuove e una scossa bella forte, che un Ranieri nel marasma più totale difficilmente potrà dare, specie adesso che pare proprio essere rimasto solo con la sua confusione.

13 ottobre 2010

Ha vinto lui.

Ivan "l'incappucciato" (Foto Gazzetta)
Vergogna. Alla faccia della tessera del tifoso, a quanto pare in uno stadio di calcio è ancora possibile introdurre motorini, tronchesine, petardi e chi più ne ha più ne metta. Poi poco importa se quando andavo io allo stadio con 38 gradi all'ombra, portandomi una legittima bottiglietta d'acqua di plastica per non finire disidratato, mi facessero togliere il tappo perchè potenziale arma atomica.

Arrivano tizi come questo e si rischia di scrivere una delle pagine più nere della storia dello sport. Già nera lo è stata, ma se non altro non siamo qui a parlare di tragedie e stragi in stile Heysel. Consoliamoci con questo, nella tristezza generale di una notte folle e quasi irreale. E da ieri sera un idiota che già la foto è sufficiente a descrivere in maniera esauriente, è una celebrità e probabilmente nella sua miserabile vita la sua impresa sarà una sorta di fiore all'occhiello da custodire con cura.

L'unico che esce vincitore da questa serata è lui, che ha raggiunto il suo scopo. Per il resto, voltiamo pagina che forse è la cosa migliore.

11 ottobre 2010

Kakà, più Milan che Inter: ma serve davvero?

Kakà nella notte perfetta di Manchester: tornerà in Italia?
Fa un gran parlare negli ultimi tempi la notizia di un possibile ritorno in Italia di Kakà, che dopo una finora infelice parentesi nel Real Madrid di Pellegrini prima e di Mourinho poi potrebbe decidere di fare marcia indietro tornando nel Paese che lo ha reso il fuoriclasse da tutti conosciuto e nel quale ha vinto tutto ciò che era possibile vincere a livello di club.

All'inizio si è parlato insistentemente di Inter, adesso sembra invece che se il brasiliano tornerà in Italia lo farà per vestire nuovamente la maglia rossonera: in entrambe le possibilità, ci sono diverse situazioni che dovranno accadere affinchè l'affare possa trasformarsi da operazione di fantacalcio a concreta pista di mercato per gennaio.

Partiamo parlando del Kakà calciatore oggi, depurando per un secondo la sua storia fatta di successi griffati dalle sue prodezze e di un pallone d'oro vinto a mani basse per aver di fatto vinto una Champions League da solo, con una squadra che viveva del suo estro infinito e delle sue accelerazioni inarrestabili. Oggi Ricky è un calciatore reso "normale" dalla pubalgia cronica che lo attanaglia ormai da tempo, non ha brillato nel suo primo anno a Madrid (dopo esservi approdato per una cifra folle, superiore ai 60 milioni di euro) e nel nuovo Real di Mourinho sembra essere un lusso, visti gli arrivi di Ozil, Di Marìa, Pedro Leòn, Canales a completare una batteria offensiva già composta da Ronaldo, Higuain, Benzema. Normale che nella capitale iberica si provi a battere qualche pista per la cessione del brasiliano, e in tal senso gli spifferi che arrivano da Milano non possono più essere considerati solo panzane giornalistiche: qualcosa di reale deve esserci.

L'Inter in tal senso pare una pista ormai tramontata, anche se certamente la voglia di vestire di nerazzurro un'ex rossonero è stata ed è ancora tanta: l'acquisto di Kakà sarebbe la risposta di Moratti a chi ha gli ha inflitto dolorosi colpi al cuore prendendo nell'ordine Pirlo, Seedorf, Vieri, Ronaldo e in ultimo Ibrahimovic. Il punto è: tatticamente, servirebbe Kakà all'Inter? La convivenza con Sneijder sarebbe molto complicata, a mio parere, e i due finirebbero col togliersi spazio a vicenda perchè nel 4-2-3-1 di Benitez uno andrebbe a finire in fascia (presumibilmente il brasiliano), e non so quanto un Kakà esterno destro possa servire a un'Inter che se proprio dovesse pescare dal supermarket del Real, dovrebbe farlo prendendo Benzema. Giovane, tecnico, potenzialmente una forza della natura: col Milito di oggi, meglio tutelarsi.

Capitolo Milan. Si sa che la società rossonera è molto incline ai sentimentalismi, e certamente il fuoriclasse col numero 22 sulle spalle non è stato mai dimenticato: nelle immagini dei tifosi e di Galliani sono ancora impresse le giocate di un calciatore preso a quattro soldi, esploso subito al punto da mettere in ombra gente come Rivaldo e Rui Costa e artefice principale dei recenti successi del Diavolo di Ancelotti.

Il ritorno di Kakà passerebbe per l'eventuale addio di Ronaldinho, che sembra possibile visto che se in serie A camminare per il campo non è possibile, negli States a quanto pare sì, e per farlo pagherebbero anche profumatamente. Intendiamoci, Dinho è un giocatore ancora oggi delizioso, ma solo in gare nel quale il suo fancazzismo non diventa molesto per la sua stessa squadra: insomma, contro squadre che vanno a cento all'ora, l'80 rossonero diventa, mischiato a Seedorf, una mistura letale. E visto il faraonico stipendio che percepisce, direi che per il Milan mandarlo a fare la foca a Los Angeles diventa non solo una possibilità, ma una necessità economico-tattica.

Il problema è: prendere questo Kakà a 35 milioni (da dare subito, o dilazionati in stile operazione Ibrahimovic poco cambia) aggiunge realmente qualcosa a questo Milan? Se il problema pubalgia è cronico, considerando che il brasiliano vive delle sue accelerazioni e dei suoi cambi di passo, il rischio è di prendersi indietro lo stesso pacco rifilato al Madrid, ovvero un campione con seri problemi fisici che ne condizionano pesantemente il rendimento riducendolo ad un calciatore, come detto prima, normale. E a quelle cifre, milione più, milione meno, ti porti a casa a fine anno Pastore, che in prospettiva può essere il Kakà dei giorni nostri e, particolare rilevante, è intatto e affamato al punto giusto. Senza contare che anche a livello di spogliatoio e di ambiente in generale il suo reinserimento sarebbe tutto da valutare, perchè le due parti non è che si siano lasciate benissimo.

Chiaro che se stessimo parlando di un Kakà integro e privo di acciacchi fisici il discorso sarebbe completamente differente. Un calciatore di quel livello servirebbe a tutti, Inter, Milan, Manchester City, United e Chelsea. E, per inciso, mi fa ridere chi addirittura recentemente ha bollato il brasiliano come un sopravvalutato, quando è stato evidente che ultimi due anni a parte abbiamo assistito ad un fuoriclasse come pochi, capace di risolvere da solo una gara: mi chiedo se questi tizi hanno qualche problema con la memoria a lungo termine, ma in ogni caso è un problema solo loro. Kakà è stato un fuoriclasse straordinario, ma prenderlo oggi a cifre importanti è un azzardo bello e buono.

Probabilmente ne sapremo di più nel periodo che seguirà Real-Milan (19 ottobre), anche se alcune fonti personali, che ritengo abbastanza autorevoli, mi hanno confermato che la trattativa per il ritorno del brasiliano al Milan è avanzatissima e che l'affare probabilmente si farà. Staremo a vedere, per il momento non prendo la notizia come oro colato ma mi limito semplicemente a valutare la possibilità per quella che è: certo è che con le elezioni politiche possibili nella prossima primavera, diciamo che il regalino Kakà acquisterebbe nuovi significati che ad oggi viene difficile trovare.

04 ottobre 2010

Borriello, Ranieri ed un'ambiente sull'orlo di una crisi di nervi

Foto adnkronos.it
Stavolta, il buon Marco l'ha sparata davvero grossa. Sarà stata la delusione per la sconfitta e la sostituzione (va di moda, in questa epoca di fenomeni, lamentarsi per l'operato del tecnico), ma lo sproloquio di Borriello a fine gara sembra opera di un cabarettista, più che di un calciatore dotato di raziocinio.

"Ranieri all’inizio parlava di 4˚-5˚ posto? Lui è esperto e dice ciò che vuole,ma penso che la squadra come rosa sia una delle più forti d’Europa, ai livelli di Chelsea, Barcellona, Inter e Bayern". Bè, qualcuno spieghi adesso al centravanti che lui non è Drogba, che questo Totti non è Messi, che Burdisso non è Lucio e che Pizarro non è Xavi. E magari anche che Cassetti non è Dani AlvesMaicon. Insomma, qualcuno gli spieghi che almeno su quello, il suo mister ha ragione quando parla di quarto posto.

Colpa forse dei proclami di inizio stagione, dove i giallorossi dopo il colpo dell'ultima giornata di mercato e dopo essere riusciti a mantenere l'ossatura che pochi mesi fa andò a un millimetro dallo scudetto furono inseriti di diritto tra le favoritissime per lo scudetto. Insomma, secondo giornali e tifosi è bastato inserire un Borriello per colmare il gap con l'Inter e per partire alla pari con le migliori d'Italia e d'Europa.

Per carità, l'ex milanista è un grande attaccante e certamente un valore aggiunto, ma non credo sia superiore a Vucinic e quindi il suo innesto dà sicuramente altre opzioni là davanti, ma non risolve certo le magagne dietro, dove la situazione è drammatica. I giallorossi hanno fatto carte false per riportarsi a casa Burdisso, dopo la discreta stagione scorsa, e tutto quello che si ricorda della stagione del difensore argentino è l'attentato al ginocchio di Conti, aperto come una cozza. Juan è l'unico difensore di livello dei giallorossi, e comunque farebbe la panchina in un top team di quelli citati da Borriello. Così come il mediocre Cassetti e lo stesso Riise, elevato ad autorità della fascia mancina, ma per cui sostanzialmente vale lo stesso discorso fatto per Juan.

E poi c'è la variabile Ranieri. Il tecnico romano in questo inizio di stagione ha sbagliato tutto quello che poteva sbagliare, trovando solo una provvisoria fase di tranquillità dopo le due vittorie con Inter e Cluj: vittorie considerate come "scacciacrisi", ma che chi ha visto le due partite invece si sarà reso conto di come siano arrivate, e cioè al 90' di una gara inguardabile (Inter) e soffrendo maledettamente un avversario mediocre che per tutta la partita ha fatto a pugni coi pali e le traverse.

Sembra che a Ranieri stia succedendo quello che anni fa successe a Cuper con l'Inter. Dopo aver buttato uno scudetto nel water, anzichè trarre slancio per ripartire la squadra subì un'involuzione anche per le scellerate manovre del suo timoniere, finendo poi alla deriva l'anno dopo con l'esonero del tecnico dopo sole 5 giornate. A "Tinkermann" Ranieri (così lo chiamavano in Inghilterra, "il pasticcione") potrebbe bastare molto meno, visto che siamo già nel marasma totale: mugugni dei calciatori più rappresentativi, sostituzioni fantasiose, confusione tattica e la sensazione che la squadra ormai non lo segua più.

Nel naufragio di Napoli, il tecnico di Testaccio ne ha combinate di tutti i colori: cambio di modulo iniziale, con passaggio ad un 3-4-1-2 quasi speculare a quello del Napoli (che in quel modo ci gioca da una vita), inserimento in corsa di un altro centrocampista al posto di Menez (umiliato dall'ennesimo cambio), terminando con la perla della sostituzione di Borriello, lasciando in campo un Totti completamente inutile. Risultato: il Napoli dilaga, Borriello smentisce nel post-partita la motivazione per cui Ranieri diceva di averlo sostituito ("era stanco"), e la fiducia nel tecnico è ormai ai minimi storici.

Fantastica la dichiarazione dello stesso tecnico, che dice: "Non riusciamo a trovarci". Bè, se magari evitasse di combinare danni, forse sarebbe anche più semplice. Perchè questa Roma sicuramente non è al livello di Chelsea e Barcellona, ma neanche da penultimo posto in un campionato che avrebbe dovuto vederla come protagonista.

01 ottobre 2010

Inter, come su una montagna russa..


Dopo Inter-Bari era un'Inter stellare che, sentendo diversi pareri "autorevoli", "giocava già meglio di quella di Mourinho" (Mauro dixit). Lo scivolone di Roma ha azzerato il contatore degli applausi a scena aperta, facendo ripartire quello delle critiche a posteriori, ovvero le critiche che sempre i soliti esperti snocciolano solo dopo che la gara è andata in un certo modo. Adesso, dopo il 4-0 rifilato dai nerazzurri al Werder Brema, riecco la beatificazione del lavoro di Benitez, l'esaltazione del collettivo, l'elevazione della squadra nerazzurra a schiacciasassi indistruttibile.

Bè, direi anche basta adesso, perchè a furia di fare su e giù da una montagna russa poi un pò di voltastomaco viene a tutti (e questo è un discorso ampiamente generalizzabile ad altre squadre). Non era certo il poker rifilato al Bari a consegnare le chiavi dello scudetto a Benitez, così come la sconfitta di Roma pur essendo figlia di una prestazione scialba è pur sempre arrivata per effetto della giocata di un campione a tempo scaduto, al termine di 90' in cui di calcio se ne era visto veramente poco e lo 0-0 sarebbe stato la perfetta istantanea dell'andamento del match.

La vittoria straripante di ieri contro un modesto Werder infarcito di riserve è stata una grande prova di forza, ma non può e non deve rappresentare un test attendibile per giudicare se davvero questa Inter ha imboccato la strada giusta. Le vittorie aiutano, chiaramente, ma ci sono cose su cui sarà importante continuare a lavorare per offrire di nuovo un prodotto vincente.

Innanzitutto, il reparto offensivo. Pare strano parlare di questo dopo un 4-0, ma l'Eto'o show non può far passare in secondo piano il fatto che, tolti il camerunese, Milito e Pandev, le alternative si chiamano Coutinho e Biabiany: giovani interessanti, di prospettiva (specialmente il primo, per cui stravedo), ma ancora acerbi su palcoscenici che via via si faranno più grandi e importanti. E poichè Benitez sembra intenzionato a perseguire sulla strada del 4-2-3-1, appare chiaro come ad oggi il potenziale offensivo di questa Inter del dopo-Balotelli sembra essere inferiore a quello dell'Inter prenditutto della scorsa stagione. Inoltre, Milito ancora fatica a ritrovarsi, mentre Pandev è ancora troppo intermittente e discontinuo. La domanda è: si potrà campare di solo Eto'o? Per adesso pare di sì, alla lunga certamente no.

Altro tallone d'Achille della squadra nerazzurra è il terzino sinistro: il Chivu di oggi è in evidente difficoltà, con Santon ancora in recupero e Zanetti out per infortunio. Il romeno l'ho sempre considerato un centrale, adattabile a sinistra ma pur sempre un centrale: il mercato non offriva tantissimo (eccetto Bale, quasi inarrivabile), e così il problema non è stato risolto, ma solo rattoppato.

In generale, la difesa che un anno fa impressionò per la sua solidità granitica soffre ancora di amnesie che fanno venire i brividi (vedi il quasi 0-1 di Hugo Almeida ieri sera). E gli infortuni piovono: Samuel prima, Lucio adesso, entità tutte da stabilire con alternative che rispondono al nome di Cordoba e Materazzi. Quel Ranocchia, posteggiato a Genova almeno fino a gennaio, avrebbe fatto parecchio comodo a Benitez.

A centrocampo, non si è ancora visto il vero Cambiasso, Motta continua a essere ai box per infortunio, mentre Stankovic sta fornendo ottime prestazioni nonostante lo scetticismo generale. Mariga e Muntari sono le riserve di un reparto che manca di un innesto importante: finora, i due africani hanno offerto prestazioni deludenti, e ad alti livelli sembrano decisamente impresentabili.

E' una squadra competitiva, questa Inter. Tuttavia, presenta delle problematiche già evidenziate dopo la Supercoppa, sulle quali Benitez dovrà lavorare parecchio. Siamo comunque ancora ad ottobre, ed è presto, troppo presto per emettere giudizi sia in positivo che in negativo. Le squadre sono ancora in rodaggio, e l'Inter non fa certo eccezione: a Benitez il compito di tirare fuori il meglio dal materiale umano a disposizione, per cercare di entrare nel cuore dei tifosi come già fecero Mancini prima e Mourinho poi.

Domenica c'è Inter-Juventus: chi farà un altro giro sulla montagna russa?