
A mezzanotte e mezza il comunicato sul sito del Real che anticipa la conferenza quando in Europa è notte fonda. «Kakà ha superato i test fisici, ha firmato un contratto con il Real per le prossime sei stagioni». Si chiude così dopo 6 anni la lunga parentesi rossonera di uno dei calciatori più forti e decisivi al mondo.
Già negli ultimi giorni Berlusconi e Galliani avevano anticipato la cessione pressochè conclusa dell'asso brasiliano, sacrificato per "esigenze di bilancio". «Il Milan non può perdere 70 milioni di euro ogni anno"», il coro unanime dei massimi dirigenti rossoneri. E così, dopo aver respinto a gennaio l'offensiva del Manchester City, adesso il Milan ha dovuto cedere alle lusinghe di Perez, che con investimenti importanti è pronto a creare una squadra che ripeta le gesta dei suoi precedenti Real.

Il Milan adesso pensa a come placare l'ira dei tifosi, e punta a Dzeko, bomber bosniaco del Wolfsburg campione di Germania. Sembra che le trattative siano avviate, ma la richiesta dei tedeschi di 30 milioni difficilmente verrà esaudita dal club di Via Turati. E sicuramente, non basterà un promettentissimo Dzeko a tappare la falla aperta dall cessione dell'ex pallone d'oro.
Volendo ampliare il discorso, la cessione di Kakà è un segnale preoccupante non solo per il Milan, bensì per tutto il calcio italiano. Quella di Kakà potrebbe essere solo la prima cessione importante di un'estate che si presenta complicata, a dimostrazione di un campionato che non attirà più e di un potere economico che i nostri club oggi non hanno. Siamo all'inizio di uno stravolgimento dei club di primo piano del palcoscenico italiano: i nostri campioni (vedi Ibrahimovic, di cui scriverò a parte) sono affascinati dalle sirene estere, mentre all'estero non riscuotiamo altrettanto appeal sui campioni sparsi per l'Europa. Il rischio forte, è che la forbice che si è aperta tra noi e la coppia Inghilterra-Spagna si allarghi sempre di più.
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