04 luglio 2013

PSG, i soldi non possono proprio tutto

ancelotti-leonardo-psg

Parigi è una città meravigliosa, forse unica al mondo (se non ci siete mai stati, credetemi sulla parola). Calcisticamente parlando, la squadra della capitale francese vanta un numero di sostenitori che si attesta attorno all'undici per cento dell'intera popolazione transalpina, un dato che è secondo solo a quello dell'Olympique Marsiglia, con il quale esiste una rivalità simile a quella che divide da sempre Barcellona e Real al di là dei Pirenei.

Dopo l'era d'oro vissuta negli anni novanta, con il club che sotto il controllo della famosa emittente televisiva Canal+ riuscì a centrare titoli e piazzamenti importanti (5 semifinali europee tra il 1992 ed il 1997) e godere delle giocate di campioni come George Weah, David Ginola, Raì, Leonardo e Youri Djorkaeff, un PSG indebitato e costretto a un ridimensionamento passando sotto la gestione del consorzio formato da Colony Capital, Butler Capital Partners e Morgan Stanley è via via sprofondato nell'anonimato della Ligue 1, finendo anni luce lontano da una dimensione europea in linea con le aspettative di una piazza esigente e per nulla tenera.

Oggi la situazione è cambiata, completamente. Il PSG oggi è campione di Francia, vanta una disponibilità economica illimitata grazie all'arrivo dei capitali della Qatar Investment Authority, e può permettersi di sostenere in due anni campagne acquisti del genere




Una sorta di dittatura imposta sul mercato, con colpi chiusi grazie a un potere economico capace di far saltare il banco sia su trattative complicatissime (vedi lo 'scippo' di Ibra e Thiago al Milan con la doppia operazione dell'estate scorsa), sia su operazioni che parevano chiuse su basi differenti da altri club (Lucas era praticamente a un passo dall'Inter, il rilancio fuori mercato di Leonardo ha scompigliato le carte). La politica di aggressione al mercato adottata dai parigini ha comunque portato i suoi frutti, con il titolo di campioni di Francia arrivato quest'anno dopo essere sfumato clamorosamente l'anno scorso a favore della rivelazione Montpellier, ed una Champions League giocata in maniera più che dignitosa con  l'eliminazione-beffa ai quarti di finale ad opera del Barcellona dopo due pareggi maturati nel doppio confronto.

Carlo Ancelotti, dopo l'atterraggio tutt'altro che morbido sul pianeta PSG nel gennaio 2012 (con la squadra prima in classifica sotto la guida del bistrattato Kombouarè) è riuscito a centrare l'obiettivo di creare un team competitivo non solo in patria (dove la concorrenza oggettivamente non è il massimo) ma anche in Europa, dove la distanza dai top club si è assottigliata pur rimanendo ancora importante.

Città magnifica, società ricchissima e nuovamente vincente, rosa già piena di campioni: direte voi, dove sta il problema? Semplice: il problema è che da Parigi, a quanto pare, vogliono evadere molti di coloro che 12 mesi fa sposarono fra enormi sorrisi il progetto prospettato da Leonardo. Ancelotti ha già salutato accasandosi al Real Madrid dopo un lungo tira e molla, lasciando il posto a Laurent Blanc, e mentre il pressing del Barcellona per Thiago Silva sta facendo vacillare non poco il difensore brasiliano, i mal di pancia di Ibrahimovic e le schive dichiarazioni di Lavezzi e Verratti attestano che la situazione, nel mondo PSG, non è esattamente delle più tranquille come era invece lecito aspettarsi dopo un'annata di vittorie e una riacquisita credibilità in campo europeo.

In un contesto 'dorato' che non prevede alcun tipo di smobilitazione ma semmai nuovi investimenti milionari per rinforzare la squadra, il peso del blasone di club già vincenti, competitivi ai massimi livelli e impegnati in leghe ben più affascinanti della Ligue 1 è ancora schiacciante anche per chi non si farebbe troppi problemi a staccare un assegno da 63 milioni di euro per portare Cavani sotto la Tour Eiffel. Difficile dire di no ad una chiamata di quel Real che vuole dare l'ennesimo assalto alla Decima, difficile resistere all'idea di diventare il leader difensivo di una squadra che davanti schiererà Messi e Neymar. E i soldi, badate bene, in tutto questo c'entrano poco o nulla: parliamo di stimoli, fascino, e di quell'adrenalina che stadi come Camp Nou e Bernabeu (così come altri templi storici del calcio europeo) stimolano, componenti indispensabili per la carriera di ogni top categoria (calciatore o allenatore che sia).

Se le folli cifre a disposizione del PSG sono ancora argomento sufficiente per mettere fuori gioco quei club italiani che continuano a vantare un certo fascino ma si trovano ad affrontare una mancanza di liquidità importante, non lo sono al cospetto di chi, oltre a disporre di un budget notevole da investire sul mercato (chi ancora crede al FPF forse dovrebbe farsi due domande a questo punto) ha scritto pagine di storia, aperto e chiuso cicli, rimanendo sempre ai massimi vertici del calcio mondiale.

I petroldollari possono comprare quasi tutto, ma non la competitività di una Ligue 1 che sta vedendo l'alba di una nuova realtà chiamata AS Monaco, e una storia con cui ogni club deve sempre prima o poi fare i conti. E chissà se oggi Ancelotti direbbe nuovamente le stesse cose dette dieci mesi fa..



Antonio Capone (twitter - @tonycap83)

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