03 giugno 2013

Allegri e Strama, destini diversi di due precari della panchina


Ho sempre pensato che nel calcio le dichiarazioni rilasciate in una situazione di oggettiva incertezza lascino il tempo che trovano, e pertanto vadano prese sempre con beneficio d'inventario. In un ambiente nel quale tutto può cambiare molto rapidamente, strappare certezze su un marciapiede o all'uscita di un ristorante è praticamente impossibile, e il fatto che i giornali quotidianamente dicano tutto ed il contrario di tutto conferma che muoversi in questa semioscurità ed estrapolare verità non è per nulla semplice.

A Milano, le telenovelas legate al futuro delle panchine di Inter e Milan hanno rubato la scena per settimane, facendo versare fiumi di inchiostro e riuscendo nell'impresa di spaccare in due tifoserie al cui interno sono nate, in modo piuttosto naturale, le fazioni "esonero" e "riconferma". Devo dire che grazie anche alla potenza di mezzi come Twitter, mi sono reso conto di come a volte anche sotto la stessa bandiera capiti di dover scegliere da che parte stare.



A leggere quanto scrivevano quotidiani e testate online prima della fine del campionato, i destini di Stramaccioni e Allegri (al di là di risultati diametralmente opposti) parevano scritti da tempo: conferma 'con riserva' per il giovane Andrea, grazie al suo primo sponsor Massimo Moratti, esonero inevitabile per Max, fuori dalle grazie di quel Berlusconi che non gli ha mai perdonato lo 0-4 del Camp Nou, ed in generale il gioco tutt'altro che spumeggiante della squadra. Uno scenario che la conferma di ieri sera di Allegri (dopo 15 giorni di tira e molla) e l'esonero di Stramaccioni, prima 'virtuale' e poi effettivo con la nomina di Mazzarriè stato completamente sovvertito.

Il 19 aprile mi ero ampiamente espresso sulla situazione dell'ormai ex-tecnico nerazzurro, e pur senza poter vantare fonti di alcun tipo ho tirato semplicemente quella che per me era la conclusione più ovvia alla luce di quella che è stata la peggior annata dell'era Moratti, e di una situazione complessiva che rendeva quella riconferma da più parti sbandierata come certa, improponibile. I tempi e i modi con i quali si è consumato il divorzio sono stati a mio parere discutibili, ma al netto di una gestione (ancora una volta) pessima dell'operazione, staccare la spina ad un paziente di fatto in coma da gennaio era l'unica via possibile.

L'investitura di Mazzarri, tecnico che finora non ha mai sbagliato una stagione in serie A, rappresenta un'azione in controtendenza col salto nel buio operato al momento della conferma di Stramaccioni al termine della stagione 2011/12. Dopo due anni senza Champions League, il tempo degli esperimenti è terminato: il tecnico di San Vincenzo non potrà comunque riuscire a restituire all'Inter una dimensione consona al suo blasone, se la gestione rimarrà la stessa, approssimativa degli ultimi tre anni. Con gli indonesiani all'orizzonte, qualcosa bolle in pentola comunque, e ne riparleremo.

Quanto successo dall'altra sponda di Milano è invece parecchio curioso. Tra Allegri e la Roma pareva esserci solo il Siena e la recita dell'ultimo atto di una serie A che i rossoneri (senza Ibra, Thiago e i senatori) erano a un passo dal chiudere terzi dopo un inizio di stagione pessimo. La frase "Allegri va alla Roma, domenica l’annuncio dopo la partita di Siena" che Berlusconi avrebbe pronunciato in una cena elettorale (mai da lui smentita) suonava come un esonero ormai deciso, da perfezionare dopo il rompete le righe. La squadra va in Champions grazie ad una rimonta da infarto (con rigorino inesistente annesso) sul campo dei toscani già retrocessi, il post-partita è roba da titoli di coda di un rapporto di lavoro durato 3 anni.

Se consideriamo il background di stilettate inviate al tecnico livornese (qui un video dello sfogo del patron rossonero il giorno di Milan-Barcellona del 28 marzo 2012), il contenuto della lettera letta da Biscardi il 20 maggio (attendibile?), e il pallino-Seedorf del presidente, possiamo dire che la conferma di Allegri è figlia dell'estenuante opera di convincimento di Adriano Galliani, che in due settimane ha capovolto una situazione dall'esito pressochè scontato e restituito il Milan all'allenatore dell'ultimo scudetto.

L'ad rossonero ha portato argomenti come la coesione squadra-tecnico e la media punti dell'ultimo triennio, oltre al fatto che a quanto pare lo spogliatoio non impazzisse per la soluzione-Clarence: la mancanza di profili che stuzzicassero davvero la volontà del presidente, e la dimostrazione di fedeltà di un Allegri che di fatto ha tenuto in standby la Roma mettendo la riconferma al Milan come prima opzione, hanno fatto il resto. La domanda è: al di là delle dichiarazioni ufficiali di facciata, quanto potrà restare in sella il tecnico in caso di un nuovo inizio in salita?

Durante la cena, a quanto pare, "si è trovato un accordo su diritti e doveri della società verso l'allenatore e dell'allenatore verso la società. Inoltre, si è parlato anche del tipo di gioco che il Milan dovrà praticare e sulla rosa della prossima squadra". Siamo sicuri che Max non rimpiangerà presto di non essere andato là dove davvero lo volevano, ed erano disposti ad affidargli un progetto?

C'era chi sapeva tutto comunque, come sempre.
Antonio Capone (twitter - @tonycap83)

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