"Il senso del calcio è che vinca il migliore in campo, indipendentemente dalla storia, dal prestigio e dal budget" (Johann Cruijff)
30 aprile 2010
Barcellona, no hay "remuntada"
Dopo due giorni, quindi colpevolmente in ritardo, parliamo dell'impresa dell'Inter al Camp Nou che ha permesso ai nerazzurri di approdare alla finalissima di Madrid dopo 38 anni di assenze ingiustificate e di figuracce messe assieme in serie.
Il Barcellona l'aveva buttata in caciara fin dal giorno seguente alla sconfitta di San Siro, creando un clima assolutamente infernale attorno ad una gara che nonostante l'1-3 avrebbe potuto tranquillamente ribaltare utilizzando semplicemente la sua arma letale: il gioco, e l'enorme potenziale offensivo di cui solo loro dispongono.
E invece l'ambiente blaugrana ha puntato più a lanciare segnali prima dell'incontro che a tradurli realmente sul campo: i proclami di "remuntada", il "venderemo cara la pelle" e la spacconata di Piquè che voleva far "odiare la professione" agli avversari, si sono rivelati alla fine sintomi di una tensione che la squadra campione in carica avvertiva fortemente e che poi è stata forse l'arma a doppio taglio che ne ha causato l'eliminazione.
Già, perchè se da un lato è vero che i nerazzurri sono stati rintanati nella loro metà campo per tutto l'incontro (considerata anche l'inferiorità numerica per l'espulsione di Motta) è pur vero che del Barcellona "illegale" di un anno fa e visto nella Liga nell'ultimo mese e mezzo è rimasto soltanto uno sterile possesso palla reiterato ed una cronica difficoltà a trovare gli spazi per bucare Julio Cesar.
La gara dell'Inter, al di là della beatificazione di Mourinho, è stata tatticamente fin troppo ovvia: una rivisitazione dei 90 minuti del Chelsea di Hiddink un anno fa, con la differenza che lì i Blues ebbero l'occasionissima con Drogba, mentre stavolta i nerazzurri hanno concentrato tutta la loro produzione offensiva su un tiraccio di Chivu da 40 metri, peraltro abbondantemente a lato. Perso Pandev all'ultimo minuto, il portoghese ha buttato dentro proprio il romeno come esterno alto nel 4-2-3-1, che in realtà è diventato ben presto un 4-5-1 con i due finti trequartisti d'attacco ridotti a terzini di vecchio stampo.
La cosa assolutamente incredibile è che questo atteggiamento, che allo spettacolo ha lasciato ben poco, si è rivelato un antidoto quasi ottimale per il tipo di gioco che ilBarça è capace di esprimere soprattutto in casa: spazi ridottissimi, e la fitta rete di passaggi e passaggini tipica dell'undici di Guardiola è andata spesso in tilt contro la doppia linea difensiva eretta dalla squadra nerazzurra. A conti fatti, in 80' l'unico rischio serio è stato corso quando Messi con la sua solita azione da destra verso l'interno ha fatto partire un tiro a giro che Julio Cesar ha mandato in angolo con la punta delle dita: per il resto, palla sempre ai catalani, minuti che scorrono e un'Inter che anche in 10 ha tenuto botta con sacrificio e un'abnegazione tattica quasi commovente.
Barcellona che, come detto, si è fatto del male da solo, e stavolta Guardiola ha di che riflettere su alcune scelte tattiche importanti. Innanzitutto, l'equivocoIbrahimovic, il cui innesto nell'orchestra Barça può dirsi per il momento assolutamente fallito: non è un caso che tolto di mezzo lo svedese, la squadra abbia raddoppiato la quantità di palle gol costruite e la qualità del possesso palla. Non c'è la controprova, ma la sensazione è che con Bojan nel doppio confronto il Barçaavrebbe fatto molto più male.
L'Ibra visto in questa semifinale, sempre fermato da Lucio e Samuel e mai capace di calciare una sola volta in porta, non è altro che un paracarro palesemente in difficoltà in un complesso che gioca a memoria. Non c'è più la squadra che gioca per lui come l'Inter della scorsa stagione, bensì una formazione che nel suo spartito aveva in Eto'o un interprete eccezionale, mentre nello svedese sta trovando una voce fuori dal coro, per giunta stonata.
Il calcio tra l'altro sa essere beffardo: Ibra andò via dall'Inter perchè voleva vincere quella Champions che a Milano non avrebbe mai vinto, e si ritrova eliminato in semifinale proprio dalla stessa Inter, senza peraltro riuscire mai a toccare palla. L'ennesima dimostrazione di un attaccante tecnicamente straordinario, ma capace di fare la voce grossa solo in gare ordinarie, sparendo poi puntualmente quando c'è da fare davvero la differenza. Chissà se tornando indietro, i catalani rifarebbero lo stesso, costosissimo scambio..
E intanto, oltre alla qualificazione, mercoledì i campioni d'Europa in carica hanno perso buona parte dello stile che fin qui li aveva sempre contraddistinti: la sceneggiata di Busquets (il rosso a Motta, per doppio giallo, ci stava comunque anche senza quella prova teatrale), la polizia chiamata dall'Inter per disturbo alla quiete pubblica vicino l'albergo e arrivata solamente alle 3 di notte, gli idranti aperti dagli addetti subito dopo la fine della gara con i nerazzurri ancora festanti in mezzo al campo, gli esattori che chiedono ad Eto'o tasse arretrate, insomma, un ambiente che definire ostile è un eufemismo.
Era solo una partita di calcio, e se fosse stata interpretata come tale senza il clima da corrida che si è andato a creare forse oggi il Barcellona starebbe festeggiando una finale di Champions League. Così non è stato, e per l'Inter è un'impresa di valore assoluto, che consacra definitivamente la squadra di Mourinho ai massimi livelli del calcio europeo.
Si può discutere di tutto, del fischio sul mani di Keita che ha reso vano il gol diBojan, dell'atteggiamento catenacciaro dei nerazzurri fin dal 1', del rigore non dato su Alves dell'andata, ma la sostanza non cambia: l'Inter di novembre è cresciuta, e giocandosela con le più grandi d'Europa oggi è in finale di Champions League, con merito. E la linea di galleggiamento del nostro Paese nel ranking Uefa passa anche dall'esito della finalissima del 22 maggio contro il Bayern Monaco: non sarà soloInter-Bayern, ma sarà l'ultima possibilità per vincere questo personalissimo e ormai cruciale Italia-Germania.
Antonio Capone (twitter - @tonycap83)
27 aprile 2010
Succede anche questo: Kei Kamara, bomber implacabile
Tempo fa pubblicai un video a dir poco incredibile (qui il link, per chi volesse rifarsi gli occhi), in cui un calciatore (non certo Zidane) si macchiava di quello che molti etichettarono come "miss of the century", lo sbaglio del secolo.
Devo dire che quello che posto oggi entra ufficialmente in gara per spodestare il suo predecessore. Siamo nella Major League americana, e il calciatore è tale Kei Kamara, attaccante dei Kansas City Wizards nato in Sierra Leone.
Questo bomber incredibile è riuscito, come vedrete nel video, in un'impresa titanica: lisciare un pallone su cui bastava soffiare, infilandolo poi in rete di mano, con conseguente annullamento da parte dell'arbitro.
Un mito assoluto nell'universo dei pipponi, una nuova stella nel firmamento del calcio mondiale. Buona visione.
Devo dire che quello che posto oggi entra ufficialmente in gara per spodestare il suo predecessore. Siamo nella Major League americana, e il calciatore è tale Kei Kamara, attaccante dei Kansas City Wizards nato in Sierra Leone.
Questo bomber incredibile è riuscito, come vedrete nel video, in un'impresa titanica: lisciare un pallone su cui bastava soffiare, infilandolo poi in rete di mano, con conseguente annullamento da parte dell'arbitro.
Un mito assoluto nell'universo dei pipponi, una nuova stella nel firmamento del calcio mondiale. Buona visione.
25 aprile 2010
Ranking Uefa, siamo alla resa
Il sorpasso dei tedeschi, con conseguente nostra perdita di un posto in Champions League, è ormai cosa (quasi) fatta, e le motivazioni di questa disfatta vanno ricercate quasi esclusivamente nell'indecente Europa League disputata dalle nostre formazioni, visto che nella competizione principale l'Inter sta facendo per ora pari e patta col Bayern, ed anche in caso di eliminazione a Barcellona non apporterebbe gravi danni in termini di ranking.
In quella che è considerata l'Europa di servizio, abbiamo in semifinale una tedesca (Amburgo), due inglesi (Liverpool e Fulham) e una spagnola (Atletico Madrid), non proprio formazioni d'elite visto che sono, rispettivamente, la settima della Bundesliga, settima e dodicesima della Premier, decima della Liga. E le nostre, tutte fuori dagli ottavi contro avversari tranquillamente alla portata, perchè si sa, l'Europa League succhia energie vitali, almeno secondo Ranieri e Zaccheroni.
E così la squadra che in Italia non perde da 24 partite, che ha recuperato 14 punti all'Inter semifinalista di Champions e che guida adesso la serie A, è stata capace di farsi sbattere fuori nei sedicesimi dai modesti greci del Panathinaikos (poi sbattuti fuori senza problemi dai belgi dello Standard) con un umiliante 4-6 complessivo, mentre la Juventus che aveva già un piede ai quarti dopo il 3-1 dell'andata col Fulham (avessi detto il Manchester) ha combinato il disastro epocale subendo il rimontone di una squadra che nella storia non aveva mai raggiunto un traguardo del genere.
Guardando il livello generale della competizione, le due squadre (almeno loro, lasciando perdere il Genoa che almeno si è battuto con Valencia e Lille) avrebbero potuto e dovuto fare molto meglio, ma lì subentra un discorso di mentalità e di approccio ad una competizione che mentre qui viene snobbata, per le altre rappresenta comunque un importante traguardo da raggiungere. Il punto è che quando già i tecnici in primis mostrano riserve riguardo l'importanza del raggiungimento di un obiettivo stagionale, la premessa del fallimento è già bella e pronta.
E così siamo arrivati al momento di pagare il conto di una discesa verticale che ha permesso ai tedeschi di arrivare in prossimità di un sorpasso che non arrivava dal 1990, ultimo anno in cui ci hanno preceduto nel ranking Uefa. In 24 anni, ovvero dal 1986 ad oggi, la Germania è stata davanti all'Italia soltanto in quell'annata.
INGHILTERRA 81.142
SPAGNA 79.043
ITALIA 63.910
GERMANIA 63.707
Salvo miracoli, siamo alla svolta. Il miracolo sarebbe l'eliminazione del Bayern, con qualificazione dell'Inter alla finale di Madrid e la contemporanea eliminazione dell'Amburgo per mano del Fulham, situazione che rinvierebbe (forse) la perdita del club alla stagione 2012-13.
Qualcuno ci crede? Io, francamente, no. Chi semina vento, raccoglie tempesta: triste da ammettere, ma forse è anche giusto così.
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ranking uefa
22 aprile 2010
Inter, la storia si ripete?
Sembra di rivedere un film già visto, tra l'altro proprio un anno fa. Stessa squadra, protagonisti ovviamente diversi, modalità e tempi di svolgimento molto simili.
16 aprile 2009, trentaquattresima giornata di serie A, Inter-Lazio. La marcia di allontanamento di Ibrahimovic dall'Inter iniziò proprio da qui, ricordate?
Un gesto eloquente, se vogliamo anche molto volgare ma che rientra nella proverbiale eleganza del personaggio, e che ha segnato la prima crepa nel rapporto tra lo svedese ed i tifosi nerazzurri. A seguire le frasi sibilline sul suo futuro, i "vediamo" e i "non lo so", tutto dietro la sapiente regia di Mino Raiola, che intanto andava dicendo che Ibra vale quanto Kakà e Cristiano Ronaldo messi insieme. Il tira e molla, l'inizio del raduno con l'Inter, poi sappiamo tutti com'è finita.
20 aprile 2010, Inter-Barcellona, non una gara ma LA GARA dell'annata nerazzurra. Balotelli, fino alla fine in ballottaggio per un posto da titolare, viene fatto sedere in panchina e poi lanciato nel finale al posto di uno stremato Milito: un paio di giochetti, un tiro al volo, le frasi ingiuriose al pubblico che lo riempie di fischi, il lancio della maglia al triplice fischio dell'arbitro. Come a volersi strappare quei colori di dosso con rabbia: insulto peggiore, anche volendo, non avrebbe potuto trovarlo.
La differenza tra il caso di Ibra e il caso Balotelli sta nel fatto che mentre lo svedese tutto sommato si è sempre comportato da grande professionista durante il suo triennio nerazzurro, trascinando la squadra con valanghe di gol e contribuendo in modo fondamentale alla vittoria degli ultimi due scudetti, lo spocchioso bresciano finora ha lasciato il segno più che altro per le sue bizze caratteriali, amplificatesi notevolmente sotto la gestione di Josè Mourinho.
Ormai la rottura è totale, visto che a quanto pare nell'immediato dopopartita lo scontro con Materazzi e le schermaglie con altri compagni di squadra come Milito e Lucio stanno a testimoniare come il calciatore non sia ormai in rotta solo con tecnico, ma ai margini di un gruppo che non sembra avere più intenzione di difenderlo. Come dargli torto? E' inaccettabile che mentre professionisti navigati danno l'anima nella gara della vita, un ventenne qualsiasi entri in campo con sufficienza e si permetta di dar vita a siparietti del genere.
Tra l'altro, il background del "colored" nerazzurro in quanto a castronerie era già bello corposo, e bastava davvero una minuscola goccia per far traboccare un vaso già bello pieno dal tempo della famosa "posa" con la maglia del Milan.
La domanda adesso è: è un caso che la spaccatura quasi insanabile tra Balotelli e l'Inter si sia andata a formare in concomitanza con l'ingaggio da parte del giocatore di Mino Raiola come suo procuratore?
Credo di no. Il primo step dell'allontanamento di Ibra dall'Inter fu proprio la rottura con i tifosi, Balotelli ha fatto esattamente lo stesso aggiungendo anche dell'altro. L'insorgere di questi "mal di pancia" non credo siano degli eventi casuali, bensì le chiavi di precise strategie concordate da calciatore e procuratore.
Se Balotelli non avesse alle spalle un elemento di spessore dell'ambiente, maestro tra l'altro nel pilotare i suoi assistiti dove meglio crede, forse proverebbe a smussare certi suoi comportamenti per rientrare nel progetto, magari da protagonista, ma a quanto pare la strada che ha scelto è un'altra: finire la stagione anche senza giocare, poi la cessione a tutti i costi, anche passando da una causa per mobbing (alla Pandev, per intenderci) se servirà.
Insomma, stavolta le possibilità di ricucire sono pari a quelle del Livorno di restare in serie A, e già le ipotesi di cessione iniziano a susseguirsi: Barcellona (dove Raiola ha già piazzato Ibra e Maxwell l'estate scorsa), Manchester City, Arsenal, Milan. La sensazione, comunque sia, è che da questa storia entrambe le parti stiano perdendo qualcosa, e questa è forse per entrambi la più grande sconfitta.
16 aprile 2009, trentaquattresima giornata di serie A, Inter-Lazio. La marcia di allontanamento di Ibrahimovic dall'Inter iniziò proprio da qui, ricordate?
Un gesto eloquente, se vogliamo anche molto volgare ma che rientra nella proverbiale eleganza del personaggio, e che ha segnato la prima crepa nel rapporto tra lo svedese ed i tifosi nerazzurri. A seguire le frasi sibilline sul suo futuro, i "vediamo" e i "non lo so", tutto dietro la sapiente regia di Mino Raiola, che intanto andava dicendo che Ibra vale quanto Kakà e Cristiano Ronaldo messi insieme. Il tira e molla, l'inizio del raduno con l'Inter, poi sappiamo tutti com'è finita.
20 aprile 2010, Inter-Barcellona, non una gara ma LA GARA dell'annata nerazzurra. Balotelli, fino alla fine in ballottaggio per un posto da titolare, viene fatto sedere in panchina e poi lanciato nel finale al posto di uno stremato Milito: un paio di giochetti, un tiro al volo, le frasi ingiuriose al pubblico che lo riempie di fischi, il lancio della maglia al triplice fischio dell'arbitro. Come a volersi strappare quei colori di dosso con rabbia: insulto peggiore, anche volendo, non avrebbe potuto trovarlo.
La differenza tra il caso di Ibra e il caso Balotelli sta nel fatto che mentre lo svedese tutto sommato si è sempre comportato da grande professionista durante il suo triennio nerazzurro, trascinando la squadra con valanghe di gol e contribuendo in modo fondamentale alla vittoria degli ultimi due scudetti, lo spocchioso bresciano finora ha lasciato il segno più che altro per le sue bizze caratteriali, amplificatesi notevolmente sotto la gestione di Josè Mourinho.
Ormai la rottura è totale, visto che a quanto pare nell'immediato dopopartita lo scontro con Materazzi e le schermaglie con altri compagni di squadra come Milito e Lucio stanno a testimoniare come il calciatore non sia ormai in rotta solo con tecnico, ma ai margini di un gruppo che non sembra avere più intenzione di difenderlo. Come dargli torto? E' inaccettabile che mentre professionisti navigati danno l'anima nella gara della vita, un ventenne qualsiasi entri in campo con sufficienza e si permetta di dar vita a siparietti del genere.
Tra l'altro, il background del "colored" nerazzurro in quanto a castronerie era già bello corposo, e bastava davvero una minuscola goccia per far traboccare un vaso già bello pieno dal tempo della famosa "posa" con la maglia del Milan.
La domanda adesso è: è un caso che la spaccatura quasi insanabile tra Balotelli e l'Inter si sia andata a formare in concomitanza con l'ingaggio da parte del giocatore di Mino Raiola come suo procuratore?
Credo di no. Il primo step dell'allontanamento di Ibra dall'Inter fu proprio la rottura con i tifosi, Balotelli ha fatto esattamente lo stesso aggiungendo anche dell'altro. L'insorgere di questi "mal di pancia" non credo siano degli eventi casuali, bensì le chiavi di precise strategie concordate da calciatore e procuratore.
Se Balotelli non avesse alle spalle un elemento di spessore dell'ambiente, maestro tra l'altro nel pilotare i suoi assistiti dove meglio crede, forse proverebbe a smussare certi suoi comportamenti per rientrare nel progetto, magari da protagonista, ma a quanto pare la strada che ha scelto è un'altra: finire la stagione anche senza giocare, poi la cessione a tutti i costi, anche passando da una causa per mobbing (alla Pandev, per intenderci) se servirà.
Insomma, stavolta le possibilità di ricucire sono pari a quelle del Livorno di restare in serie A, e già le ipotesi di cessione iniziano a susseguirsi: Barcellona (dove Raiola ha già piazzato Ibra e Maxwell l'estate scorsa), Manchester City, Arsenal, Milan. La sensazione, comunque sia, è che da questa storia entrambe le parti stiano perdendo qualcosa, e questa è forse per entrambi la più grande sconfitta.
21 aprile 2010
Inter-Barcellona: un risultato, tante interpretazioni..
Estrapolare concetti, indicazioni, significati da una gara di calcio è da sempre un esercizio molto particolare, a cui raramente (quasi mai a dire il vero) i singoli soggetti offrono una soluzione univoca. Questo perchè ciascuno, influenzato da fattori rilevanti come il tifo, la simpatia o l'antipatia verso questa o quella squadra, e via discorrendo, dà il suo "taglio interpretativo" alla gara, prestando più attenzione a certi aspetti piuttosto che ad altri.
La semifinale di Champions League tra Inter e Barcellona non solo non è sfuggita a questa sorta di legge universale della sfera pallonara, ma ne è diventata un esempio eclatante, spaccando letteralmente critica e blogosfera: si passa dalle esaltazioni senza controllo della prestazioni dei nerazzurri, alla demonizzazione della squadra di Mourinho, accusata di aver derubato i catalani grazie ad un arbitraggio "casalingo".
La sintetizzazione della serata di ieri è tutta qui: l'Inter ha giocato una partita straordinaria, forse la migliore dell'anno, ma ha avuto la fortuna di segnare il 3-1 in sospetto fuorigioco con Milito, e di scamparla bella quando Dani Alves è stato atterrato in area da Sneijder, venendo ammonito per simulazione, quando il penalty non sarebbe stato uno scandalo. Questo è quanto, alla base di una gara condita da qualche errore della terna, ma di cui rimane la realtà inconfutabile di una prestazione sopra le righe della squadra nerazzurra.
Direi che per una volta si potrebbero lasciare perdere i veleni e parlare di calcio, quello vero, prima che il nuovo filone di Calciopoli si riprenda tutta la scena e ci faccia nuovamente dare di stomaco. E allora, se vogliamo concentrarci sul calcio giocato, possiamo fare tante considerazioni.
Partiamo da quell'uomo che risponde al nome di Pep Guardiola, grande artefice del Barcellona Illegale, ma ieri sorpreso dall'aggressività del pressing dei nerazzurri e dalla capacità della squadra di Mourinho di chiudere tutti i varchi, congestionando la manovra generalmente fluida e ricca di soluzioni dei catalani.
Vuoi il caso, vuoi che Guardiola conosce fin troppo bene il suo gruppo, ma la scelta apparentemente cervellotica di togliere subito dopo il 3-1 di Milito un Ibrahimovic sempre braccato dai due centrali nerazzurri e mai pericoloso per inserire un terzino sinistro come Abidal, sortisce l'assedio finale che probabilmente costituisce l'antipasto in vista di quella che sarà la sfida del Camp Nou. Senza Ibra, ritornati al 4-3-3 con Messi finto centravanti e Maxwell spostato in mezzo, i blaugrana non la fanno vedere agli avversari per 25 minuti buoni offrendo però numerosi spunti per il contropiede, arma letale dell'undici di Mourinho.
Un Mourinho che dal canto suo non ha rinunciato al suo ormai consolidato schema tattico: Motta preferito a Stankovic in mezzo al campo a far compagnia a Cambiasso, Sneijder al solito a supporto del trio Pandev-Eto'o-Milito, con buona pace di Balotelli, che poi darà ampia dimostrazione dei motivi per cui è ai margini delle scelte del tecnico nonostante il bisogno di rifiatare di alcuni titolari. Il pressing totale dell'Inter è stata la chiave con cui la squadra è riuscita a soffocare i blaugrana alla fonte, limitando lo spauracchio Messi, concedendo qualcosa solo alle folate offensive dei due terzini Alves e Maxwell (da una delle quali è nato il gol di Pedro).
Al palleggio dei catalani, i nerazzurri (inferiori sul piano del possesso e probabilmente non solo) hanno risposto con autorevolezza, puntando per l'appunto sul mandare in tilt l'impianto blaugrana. Inutile giocarsela sul fioretto, inutile provare a offrire lo stesso prodotto, tanto vale puntare ad offrirne uno pur sempre ottimo, ma di diversa fattura. E per compiere un passo del genere, il progresso è stato soprattutto a livello mentale. Metamorfosi: questa è la parola più adatta per definire il processo che ha portato l'Inter dall'essere la squadra timorosa, ridicolizzata al Camp Nou solo pochi mesi fa, alla squadra vista dagli ottavi in poi. Fortuna o no, episodi arbitrali o no, l'Inter degli ultimi anni sarebbe stata fatta a pezzi già dal Chelsea, e in particolar modo ieri sera. L'approccio costantemente sbagliato alla gara, l'incapacità di giocare a viso aperto contro avversari blasonati, rendeva la formazione nerazzurra facile preda dei Liverpool, Manchester e Valencia di turno.
Passiamo all'analisi degli episodi. Sono del parere che con i se e con i ma non si faccia molta strada, ma è innegabile come in quella che definisco la "competizione dei particolari" i particolari, per l'appunto, spesso facciano la differenza tra un turno passato e una prematura eliminazione. Non dimentichiamoci che il ciclo proprio del Barça è partito da quella notte londinese in cui Ovrebo commise ogni genere di nefandezza a Stamford Bridge, spalancando le porte della finale agli spagnoli.
La terna portoghese non ha certo brillato ieri sera. Sullo 0-0, un fuorigioco inesistente sbandierato a un Milito lanciato a rete, così come un'altro segnalato ad Eto'o, il gol dello stesso Milito viziato da offside e l'errore di valutazione sul contatto Sneijder-Alves. Tutti errori importanti, alcuni probabilmente più di altri, ma ripeto, non si può ridurre quello che è stato Inter-Barcellona "solo" a questo.
La risposta di Guardiola ieri sera a caldo è stata lapidaria: "noi non parliamo di arbitri, non ci interessa", la sostanza del suo intervento, anche se è chiaro che non fosse proprio contento della serata nel suo complesso. Lui però sa cosa ha per le mani, sa cosa significa per chiunque giocare al Camp Nou, e quindi nonostante lo svantaggio consistente è consapevole che la sua squadra può assolutamente ribaltare la situazione tra una settimana.
Pensiero non troppo differente dal mio, oltretutto. Ritengo che il Barcellona sia squadra unica, di un livello a parte, e nel caso in cui i nerazzurri dovessero fallire l'approccio alla gara c'è il rischio elevato che vengano triturati dall'ondata blaugrana. Per uscire dalla Catalogna con la finale in tasca, ci vorrà davvero un'Inter speciale.
Antonio Capone (twitter - @tonycap83)
18 aprile 2010
Lazio sprecona, Roma spietata: è controsorpasso!
Derby alla Roma, scudetto quasi. La vittoria dei giallorossi nel derby di ritorno contro la Lazio sbaraglia la concorrenza non tanto per il vantaggio conservato in classifica, ma per come è maturata, ovvero con quel mix di circostanze fortunate proprie di chi ha il suo destino scritto negli astri di questo bizzarro campionato.
Il primo tempo dei giallorossi sembra riconsegnare le chiavi dello scudetto a Mourinho, che con la testa al Barcellona guardava la gara dall'alto di un provvisorio +2: una Roma in balia di una Lazio determinatissima a prendere due piccioni con una fava, detronizzando gli odiati rivali e tenendo a distanza la minacciosa Atalanta, va sotto con il gol di Rocchi, rischia il tracollo, poi trova la doppietta di Vucinic che vale il controsorpasso, e forse molto di più.
Gli dei del calcio sanno essere spietati, brutali, e talvolta i segnali che lanciano suonano come sentenze di un destino già scritto. La straordinaria serie positiva della Roma, ora arrivata a quota 24 partite, è piena di questi segnali: la vittoria di Firenze, dove già un pareggio sarebbe andato stretto ai viola, quella di Torino contro la Juventus al 94' firmata Riise, lo scontro diretto con l'Inter risolto da Toni nonostante i 3 legni colpiti dai nerazzurri e la gara di oggi, che poteva essere una disfatta, ma che dopo il rigore fallito da Floccari si è trasformata in un tripudio giallorosso.
La chiave del derby è tutta lì: una Lazio di lusso ha in apertura di secondo tempo un probabile match-point, con il calcio di rigore (non proprio cristallino) assegnatole per fallo di Cassetti su Kolarov. Sul dischetto non va il serbo, non va Rocchi, ma va Floccari, che fallisce clamorosamente. Pochi minuti e il calcio di rigore stavolta lo ha la Roma: Vucinic non fallisce, poi raddoppia su punizione, e tanti saluti ai sogni di gloria biancazzurri. I campionati, piaccia o no, si vincono così.
Un particolare su cui vorrei porre l'attenzione è il processo di beatificazione subito da Claudio Ranieri per la "mossa vincente" operata nell'intervallo, valsa da parte della Gazzetta dello sport il titolo di RANIERI SHOW.
La mossa in questione ovviamente è stata quella di togliere niente meno che Totti (capitano) e De Rossi (vice-capitano), in ombra e già ammoniti, per Taddei e Menez, ridisegnando la squadra con un 4-3-1-2. La bontà di questa scelta, che per molti esperti della domenica è stata la chiave della rimonta, a mio parere è e rimane parecchio discutibile, e sarebbe stata sottolineata con la matita rossa e una probabile crocifissione del tecnico di Testaccio se una sciagurata Lazio non avesse sciupato il rigore che avrebbe potuto uccidere la partita (poi girata attorno a quell'episodio).
Molto più facile però salire sul carro del vincitore, riponendo nella fondina le armi con le quali il tecnico romano sarebbe stato fatto a pezzi in caso di una sconfitta che per quanto visto in campo ci sarebbe potuta stare comunque, e incensando l'autore di questi due cambi privi di senso (a fine primo tempo) come uno stratega degno di Napoleone Bonaparte. Sì, è decisamente più semplice e giornalistico così: Ranieri ha vinto, viva Ranieri.
Un'ultima analisi sul parapiglia scoppiato a fine gara tra alcuni calciatori delle due squadre: l'evento scatenante è stato a quanto pare il gesto di Totti verso la curva Nord (vedi foto Gazzetta), che con il pollice verso indica la possibile retrocessione della Lazio in serie B. Per Reja, il Pupone meriterebbe dieci giornate di squalifica, per me uno che in Italia non è stato squalificato per aver mandato platealmente a fanculo (sorry) un arbitro tre volte non verrà certamente toccato dal giudice sportivo dopo una goliardata del genere. Un uomo navigato come Reja dovrebbe ormai saperlo, che in Italia certi giocatori sono ben diversi da tutti gli altri.
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17 aprile 2010
Inter-Juve, derby d'Italia senza fine
In un clima sempre più tossico attorno alla sfera calcistica italiana è uno sforzo parlare di calcio giocato, ma ci provo comunque.
In un venerdì sera generalmente inusuale per gare di questo tipo, è andato in scena quello che è considerato il "derby d'Italia" tra Inter e Juventus, gara che da sempre racchiude al suo interno significati che vanno oltre i 3 punti, oltre i piazzamenti, oltre la logica.
Certo, c'è chi la pensa diversamente riguardo questa gara, come il solito barzellettiere Galliani che tempo fa asserì: "Non sono d'accordo con chi definisce l'incontro di stasera come derby d'Italia in quanto mi risulta che Inter e Juve siano staccatissime in Europa rispetto al Milan. Ed anche in Italia, mi sembra che oggi giocano la prima squadra contro la terza, e non c'è il Milan, che per numero di scudetti è la seconda". Ma si sa, per lui sproloquiare non è mai stato un problema.
Inter-Juve non è mai stata una partita come tutte le altre, ed anche ieri se ne è avuta una parziale dimostrazione. Parziale perchè fino a che le due squadre sono state in parità numerica si è assistito ad una gara equilibrata, non bellissima ma agonisticamente dura e ricca di tensione: l'espulsione di Sissoko ha poi spostato l'inerzia nettamente a favore dei nerazzurri, che in un secondo tempo arrembante hanno portato a casa il 2-0 che li tiene ancora in corsa per il tricolore grazie alla rete capolavoro di Maicon e al raddoppio a tempo scaduto di Eto'o.
Vediamo cosa ha detto questo derby d'Italia, analizzando la situazione delle due squadre.
INTER
Partiamo da una considerazione: l'Inter vista nel primo tempo fino all'espulsione di Sissoko non avrebbe neanche una chance di uscire vittoriosa dall'imminente doppia sfida col Barcellona. Tuttavia, considerando che le quattro sconfitte maturate in campionato dalla squadra di Mourinho sono arrivate tutte alla vigilia di un impegno di Champions, l'aver portato a casa un risultato fondamentale per la corsa allo scudetto è comunque di buon auspicio in vista della sfida dell'anno.
La sensazione comunque è che i nerazzurri siano stanchi, provati da un calendario fitto di impegni a cui finora la contromisura del turn-over è stata applicata con fin troppa moderazione. Alcuni elementi, come Milito (che tira la carretta da inizio stagione) e Pandev (che sta pagando adesso la lunga inattività, dopo un inizio sfolgorante) su tutti, stanno faticando parecchio nelle ultime uscite, ed appare evidente come l'innesto di Balotelli sia fondamentale a questo punto della stagione. L'attaccante appare in forma strepitosa, e i suoi ingressi in campo sono seguiti quasi sempre da un miglioramento del gioco offensivo. Sarà un caso? Non credo. Anche il rilancio di Quaresma potrebbe essere una soluzione per le gare sulla carta meno ostiche (come ad esempio quella con l'Atalanta in programma alla prossima giornata), al fine di preservare energie importanti per il rush finale.
Inter che comunque torna in testa, almeno fino a domani. La sensazione è che se la Lazio riuscirà a fermare la Roma difficilmente la situazione in testa alla classifica cambierà ancora, ma reputo comunque i giallorossi strafavoriti per il derby di domani pomeriggio e non dò eccessivo credito ai biancazzurri contro una squadra che in questo momento sposa un condizione fisica ottimale ad un rapporto con la dea bendata particolarmente positivo.
JUVENTUS
Zaccheroni e Chiellini ieri erano parecchio contrariati per l'operato del direttore di gara, reo di avere comminato a Sissoko una prima ammonizione che non c'era. Il mio parere è che attaccarsi ad una prima ammonizione come giustificazione parziale di una sconfitta è riduttivo, per il semplice fatto che in quella occasione sono stati ammoniti per reciproche scorrettezze sia Motta che Sissoko.
La presa di posizione di Damato è stata quella di ammonire per cercare di calmare degli animi che si erano infuocati fin troppo. La differenza è che mentre Motta è riuscito a finire il primo tempo, ed è poi stato sostituito da Stankovic, il maliano ha continuato a randellare incurante del giallo che già pendeva sulla sua testa, guadagnando gli spogliatoi senza protestare neanche.
La chiave della gara sostanzialmente è tutta lì, perchè per 37 minuti era stata una Juventus all'altezza dell'impegno e per nulla rassegnata ad un ruolo da sparring partner. Certo, tenere per un'ora con un uomo in meno sarebbe stata un'impresa proibitiva per una squadra che ancora fatica a trovare un'identità e che ormai naviga a vista da mesi.
Zaccheroni, ancora una volta, ha dimostrato di non avere le idee chiare e di aver perso la bussola. Prima 3-4-3, poi difesa a 4, adesso di nuovo il rombo con Diego dietro due punte: non c'è mai stata una forma precisa per questa squadra che nella gestione Zac ha fatto finora meno punti rispetto alla già disastrosa gestione Ferrara.
Proprio Diego, il fiore all'occhiello della campagna acquisti bianconera, è ormai diventato il vero fardello della squadra: non prende per mano le redini del gioco, non è mai nel vivo dell'azione, insomma è un giocatore assolutamente normale che finora ha fatto vedere cose positive solo nel primo mese e mezzo. Forse insistere su di lui è costato il posto a Ferrara, e sta pregiudicando la stagione anche di Zaccheroni, che ieri ha visto il miglior Diego della sua gestione. Figuriamoci cosa aveva visto finora, mi chiedo io.
Le ultime trasferte hanno portato 0 punti, dopo le sconfitte con Napoli, Sampdoria e Udinese, e adesso il Napoli è in corsia di sorpasso. Insomma, dopo la disfatta in Europa League è un crollo senza fine per questa Juventus che adesso rischia seriamente di restare fuori da tutto.
E pianificare sul futuro, in queste condizioni e con una dirigenza fatisciente, è praticamente impossibile.
Inter-Juve comunque non finisce qui, ci mancherebbe altro. Nel dopopartita da parte di Gianluca Ferri (Sky) è arrivata l'indiscrezione che comunque è quasi una notizia ufficiale della richiesta imminente da parte della Juventus della revoca dello scudetto assegnato a tavolino all'Inter: attenzione, non della restituzione, ma della revoca, particolare piuttosto curioso.
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13 aprile 2010
Calciopoli, arrivederci al 20 aprile
Giornata di fuoco oggi a Napoli, in quella che potrebbe essere la prima vera puntata del nuovo filone melodrammatico che prende il nome di Calciopoli-bis. In sostanza, la missione dei legali di Luciano Moggi è stata quella di dimostrare che l'andazzo generale fosse uguale per tutti, sulla base di nuove intercettazioni riguardanti personaggi finora esterni alla vicenda.
La difesa dell'ex ad juventino ha puntato il dito su quella che secondo loro è "la madre di tutte le intercettazioni", l'elemento chiave a supporto della tesi che vogliono dimostrare: protagonisti Facchetti e Bergamo, argomento la designazione arbitrale per Inter-Juventus:
Al secondo 38 arriva la frase incriminata: sembra di sentir dire "Metti dentro Collina" da parte dell'ex presidente nerazzurro scomparso. In realtà, sentendola la prima volta ho avuto anch'io la stessa impressione, e cioè che fosse proprio Facchetti a pronunciare quella frase. Riascoltando più volte, ho ricostruito un pò la cosa: effettivamente, se c'è una cosa certa è che a fare il nome di Collina è Bergamo, mentre da parte di Facchetti c'è un "vabbè, metti dentro ... ", col nome dell'arbitro viareggino pronunciato dal designatore e che si va a sovrapporre alla voce del "Cipe", che onestamente non riesco a capire come concluda la sua, di frase.
La chiacchierata prosegue discutendo di Bertini, arbitro il cui operato non era stato gradito dall'ex terzino per delle sviste che ricorda in passato in gare come quella contro il Perugia.
Il mio parere? Da dire che questa telefonata è in linea con quello che è stato definito un "malcostume generale" (tanto per usare un gergo coniato ad hoc per la situazione), a considerarla una sorta di "prova schiacciante", ci passa parecchio. Da quanto mi pare di capire ascoltando, il tono di Facchetti è piuttosto disteso, e quella frase non suona come un imperativo categorico bensì come un consiglio per ottenere la migliore direzione di gara possibile. Insomma, nulla di troppo diverso da quello che si è già sentito, nulla che si possa paragonare a quello di cui ho parlato nel post di ieri.
Detto questo, il processo va avanti, ed il 20 aprile (martedì prossimo, ndr). La difesa di Moggi ha chiesto che vengano inserite agli atti del processo 75 intercettazioni, e la richiesta è stata accolta. La strategia dei legali dell'ex dirigente juventino è quella di dimostrare non il "tutti colpevoli", bensì il "tutti innocenti" che scagionerebbe di conseguenza il loro assistito. Molto differente il pensiero degli inquirenti, che attribuiscono grande importanza alle schede sim straniere acquistate proprio da Moggi e messe a disposizione degli arbitri.
Immaginare adesso dove potrà portare questa marea è impossibile, al di là delle richieste di B per l'Inter, di restituizione di scudetti e compagnia bella. Nessuno si metta in testa nulla in particolare, perchè come dicevo qualche giorno fa potrà succedere tutto e il contrario di tutto.
La difesa dell'ex ad juventino ha puntato il dito su quella che secondo loro è "la madre di tutte le intercettazioni", l'elemento chiave a supporto della tesi che vogliono dimostrare: protagonisti Facchetti e Bergamo, argomento la designazione arbitrale per Inter-Juventus:
Al secondo 38 arriva la frase incriminata: sembra di sentir dire "Metti dentro Collina" da parte dell'ex presidente nerazzurro scomparso. In realtà, sentendola la prima volta ho avuto anch'io la stessa impressione, e cioè che fosse proprio Facchetti a pronunciare quella frase. Riascoltando più volte, ho ricostruito un pò la cosa: effettivamente, se c'è una cosa certa è che a fare il nome di Collina è Bergamo, mentre da parte di Facchetti c'è un "vabbè, metti dentro ... ", col nome dell'arbitro viareggino pronunciato dal designatore e che si va a sovrapporre alla voce del "Cipe", che onestamente non riesco a capire come concluda la sua, di frase.
La chiacchierata prosegue discutendo di Bertini, arbitro il cui operato non era stato gradito dall'ex terzino per delle sviste che ricorda in passato in gare come quella contro il Perugia.
Il mio parere? Da dire che questa telefonata è in linea con quello che è stato definito un "malcostume generale" (tanto per usare un gergo coniato ad hoc per la situazione), a considerarla una sorta di "prova schiacciante", ci passa parecchio. Da quanto mi pare di capire ascoltando, il tono di Facchetti è piuttosto disteso, e quella frase non suona come un imperativo categorico bensì come un consiglio per ottenere la migliore direzione di gara possibile. Insomma, nulla di troppo diverso da quello che si è già sentito, nulla che si possa paragonare a quello di cui ho parlato nel post di ieri.
Detto questo, il processo va avanti, ed il 20 aprile (martedì prossimo, ndr). La difesa di Moggi ha chiesto che vengano inserite agli atti del processo 75 intercettazioni, e la richiesta è stata accolta. La strategia dei legali dell'ex dirigente juventino è quella di dimostrare non il "tutti colpevoli", bensì il "tutti innocenti" che scagionerebbe di conseguenza il loro assistito. Molto differente il pensiero degli inquirenti, che attribuiscono grande importanza alle schede sim straniere acquistate proprio da Moggi e messe a disposizione degli arbitri.
Immaginare adesso dove potrà portare questa marea è impossibile, al di là delle richieste di B per l'Inter, di restituizione di scudetti e compagnia bella. Nessuno si metta in testa nulla in particolare, perchè come dicevo qualche giorno fa potrà succedere tutto e il contrario di tutto.
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12 aprile 2010
Che mondo sarebbe senza Galliani?
"Non parlo di arbitri, anche se ci possono essere stati degli episodi a noi sfavorevoli, ho giurato che non avrei parlato delle direzioni arbitrali. Il mio amico Florentino Perez mi ha detto che in Spagna i presidenti si sono messi d'accordo per non parlare delle decisioni arbitrali. Sarebbe bello se dall'anno prossimo anche i dirigenti italiani facessero lo stesso, tanto parlare di arbitri alla fine non serve a niente. Siamo una societa' diversa dalle altre. Abbiamo tutti gli occhi per vedere ma preferiamo stare zitti."
Il solito, ineguagliabile Galliani. Obiettivo, puntuale, di ampie vedute, e che di Calciopoli non parla perchè ha fatto giuramento a non si sa quale santo. Del resto, di cosa dovrebbe parlare? Non c'è niente di cui parlare, e a giudicare da quanto leggo su alcuni blog che occupano inutilmente spazio nella rete, la dimensione delle nefandezze che stanno trapelando riguardo casa Milan è un qualcosa che riescono a percepire solo pochi eletti.
Andiamo per gradi, partendo dalle dichiarazioni riguardanti Milan-Catania. Il Catania, ormai salvo ma sempre agguerrito, va a San Siro e per un'ora non fa vedere palla alla squadra dell'amore, segna due reti e viene raggiunta da Borriello a 10' dalla fine, ma per Galliani a quanto pare è netta l'impronta di Orsato sulla mancata vittoria del suo Milan, che con la rosa al completo, dichiara, "non è inferiore a nessuno". Stiamo parlando della squadra che tra Inter e Manchester ha preso 13 pere al gran completo? Mi pare di sì, ma non vorrei sbagliarmi.
Ci vuole un gran coraggio, dopo aver avuto vagonate di calci di rigore a favore ed episodi arbitrali favorevoli in serie, a far trasparire il proprio disappunto per una conduzione di gara che forse avrà anche sorvolato su due calci di rigore per i rossoneri, ma che di certo non può essere presa come capro espiatorio di una squadra che dovrebbe accendere un cero a sant'Ambrogio per essere lì dov'è e non 7-8 punti più giù.
E nel frattempo, per un Milan Night che si concentra sulle problematiche della squadra Milan con la giusta ironia e grande competenza, c'è chi invece si diverte a parlare di malafede, facendo passare i rossoneri per le vittime sacrificali di turno. Tristezza, tanta tristezza.
Torniamo a Galliani comunque, che c'è sempre da divertirsi. Come dicevo prima, ha detto che ha fatto giuramento, e di Calciopoli non parla. Parliamone un pò invece, visto che ormai l'ordigno è sul punto di detonare e se le intercettazioni di Moratti e Facchetti sono materiale importante, quelle seguenti fanno gridare allo scandalo.
Tempo di elezioni in Lega, ed ecco una telefonata tra Mazzini e Moggi, nella quale entra di sponda anche Galliani:
Mazzini: "Ho sentito Galliani, voleva sapè della Ternana, la Ternana da oggi è della moglie di Longarini".
Moggi: "Ma quello era già... Non ... Non da oggi! Quello era già da diverso tempo".
Mazzini: "C'è stato ieri il passaggio delle quote dal Notaio. E... E... Fioretti resta ed ora prendono un direttore sportivo. Sono orientati a votare Galliani".
Moggi: "È già una cosa importante, questa, eh? Ad Adriano glielo hai detto?".
Mazzini: "E gli ho detto che gli creeremo un contatto in modo che possa parlare definitivamente con questi qui, che sono orientati a votare loro nonostante che Longarini sia di Ancona ma ha sui coglioni Della Valle".
Moggi: "Invece io ti volevo dire, adesso, parliamo di un'altra cosa importante. Dunque, quando io vado a Roma. Adesso voglio smettere con Carraro di cose che, in pratica, poi vanno a finire immediatamente al Coni. Perché ieri, non so se te l'ho detto, mi prende Petrucci e mi fa: dice, ma mi ha detto Franco che ti ha mandato a fanculo. Ma è proprio un ragazzetto Franco? E' vero! Io mandai a fanculo Nizzola! Non c'è niente di strano! Però queste cose da dì, se le diciamo, no, mettiamo in allarme gli avversari!".
Mazzini: "Certamente!".
Moggi: "Adesso, quello che bisogna fare è andare appresso a queste cose. Io oggi ho parlato con Giampaolo Pozzo, mi sembra di essere a buon punto. Con Cellino mi dice Galliani non ci son problemi perché lo fa votare Berlusconi".
Mazzini: "Infatti. "Infatti io mi meravigliavo che non fosse successo questo!".
Sempre a proposito di elezioni, ecco Ghirelli che si rivolge a Mazzini: "Galliani deve muoversi tramite Berlusconi” per “influenzare AN e compagnia".
Ancora Mazzini a Moggi: "Comunque stamani io ho chiamato Galliani, gli ho detto: senti, stammi bene a sentire, dico, guarda, muovi anche i tuoi padrini politici, perché, che Zamparini è di AN e che voti per Abete è veramente una cosa che non… non esiste al mondo".
Il conflitto di interessi regna sovrano a casa Milan ormai da anni. Presidente del Consiglio come proprietario, che è anche casualmente proprietario di mediaset, dove casualmente ieri sera è stata passata una telefonata di Moggi durante controcampo, che casualmente è caduta quando l'ex dirigente bianconero ha iniziato a toccare tasti pesanti durante la sua lettura di una intercettazione trascritta che riguardava proprio il Milan. E il leggendario ad dall'alopecia facile intanto alberga tranquillo in Lega Calcio ormai da anni.
E vogliamo parlare del simpatico guardalinee Puglisi, rossonero sfegatato, che prima del derby di Champions, chiama l’amicone: "L’importante è che noi riusciamo a fargli il culo a ‘sti interisti". Qualche giorno dopo Meani lo rincuora sul suo futuro: "Secondo te, perché so? Perché io sto spingendo da matti per te, no!". Lo stesso Puglisi che chiede a Meani se farà Milan-Chievo e questi che gli risponde che era stato già scelto per Parma-Sampdoria, ma che farà cambiare designazione, cosa che poi succede realmente. E si cautela pure, ridacchiando: "Tu comunque vedi di star zitto su questo cose che ti dico, eh?". Per finire gli racconta come ha istruito Babini per Milan-Chievo: “Mercoledì da intelligente come vogliono quelli lì, nel dubbio da una parte vai su e dall’altra stai giù. Poi se le cose eclatanti che vedono tutti, nessuno dice niente eh!”.
E poi le confidenze a Contini, altro guardalinee: “Io e te siamo amici, qualcosina in più me la puoi dare oh… ma va bene… il giocatore tu lo richiami invece di ammonirlo, cioè sono queste cose qui, eh…”.
Babini addirittura si spaventa. Dopo aver saputo che Meani aveva scelto i guardalinee di Milan-Chievo, lo chiama per dirgli: “Bisognerebbe rifiutarla quella partita lì, con questa designazione confermano che è tutta una porcheria [...] Ti ho detto che facciamo ridere tutta Italia con questa designazione”.
Indimenticabile la promessa a Rodomonti: "T’ho fatto anche prendere sette e mezzo da Cecere […] Comunque, guarda che mi ha telefonato il mio presidente che ti dà l’indirizzo e ti manda a fare anche a te il trapianto dei capelli in Svizzera".
Insomma, cose così, di poco conto. La lista è lunga (qui c'è altra roba), ma lui di Calciopoli non parla. Ha giurato, e non ne parla, il che è segno di grande coerenza. La stessa coerenza con la quale si presenta in sala stampa se il Milan vince, mentre diventa incorporeo in tutte le altre configurazioni possibili.
E' come la Nutella, il buon Galliani: che mondo sarebbe senza? Alla prossima.
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11 aprile 2010
Set point sfruttato, è sorpasso!
Parlare di serie A non è semplice, dopo la settimana in cui si è ufficialmente aperta la seconda tranche di Calciopoli, con tutto quello che sta venendo fuori e tutto quello che da martedì in poi potrà succedere a scuotere le fondamenta del campionato.
L'evento però è di quelli che non lasciano indifferenti nemmeno un appassionato attualmente molto deluso come il sottoscritto: l'Inter, dopo aver eluso il primo trappolone sorpasso qualche settimana fa grazie al pari del Milan a San Siro con il Napoli, non è uscita indenne dal curvone spalancatosi dopo la sconfitta di Roma, e adesso gli scenari in chiave scudetto vanno ribaltandosi sensibilmente.
L'ennesimo pareggio della banda Mourinho a Firenze ha spalancato la corsia ai giallorossi, che nell'agevole impegno interno con l'Atalanta non hanno fallito quello che a cinque giornate dalla fine considero non un match point, ma di certo un set point importante. Le sorti del tricolore adesso sono tutte in mano alla formazione di Ranieri, che con cinque vittorie sarebbe campione d'Italia senza curarsi dei risultati dei rivali.
Considerando che all'inizio del girone di ritorno il distacco tra le due formazioni era di 11 punti, l'impresa dei capitolini è clamorosa almeno quanto il rallentamento dell'Inter. I nerazzurri nel girone di ritorno hanno totalizzato 22 punti, contro i 35 dei giallorossi: all'andata, i campioni d'Italia in carica ne avevano fatti la bellezza di 45, e anche vincendo adesso le restanti cinque gare potrebbero solo arrivare a 37. Un suicidio sportivo in piena regola.
La domanda, adesso che il sorpasso è cosa fatta, è se adesso la squadra di Ranieri riuscirà a tenere fino a fine stagione, senza farsi prendere dal "mal d'alta quota". Perchè l'ostacolo maggiore, calendario alla mano, è proprio la scarsa dimestichezza della squadra e del suo tecnico a stare davanti, resistendo alle pressioni che questo comporta. I segnali che possa essere l'anno della Lupa, comunque, ci sono tutti: il tacco di Okaka al Siena a tempo scaduto (col ragazzo già pronto a partire per Londra, già ceduto al Fulham), le vittorie rocambolesche di Torino e Firenze (dove invece l'Inter ha raccolto la miseria di un punto), la sfida con la stessa Inter decisa da Toni ma che sarebbe potuta tranquillamente finita in parità, visti i tre legni colpiti dai nerazzurri.
La prossima giornata prevede un doppio confronto di cruciale importanza: il derby di Roma, dove la Lazio proverà a centrare la vittoria che potrebbe valere la salvezza anticipata e lo storico sgambetto agli odiati avversari, e il derby d'Italia, con una Juventus dal dente più che mai avvelenato in cerca di punti Champions, con l'occasione irripetibile di dare la definitiva mazzata ai nerazzurri.
Nerazzurri che hanno la Champions League, elemento che ne ha impreziosito l'annata ma che certamente ha influito non poco nel calo della squadra in campionato, mentre la Roma è concentrata, mentalizzata solo sull'obiettivo scudetto. Il doppio confronto col Barcellona richiederà un notevole dispendio di energie psico-fisiche, e questo è un altro particolare importante da mettere sul piatto della bilancia di questa lotta a due (col Milan non ancora del tutto fuori, ma decisamente staccato).
Insomma, lo slogan più famoso del Mourinho italiano, ovvero gli "zeru tituli" rischia di ritorcersi pericolosamente contro il tecnico lusitano, che adesso si trova nella situazione a lui inusuale di inseguitore in campionato, alle porte della quasi proibitiva sfida con il Super-Barça visto ieri nel clasico. La differenza tra il grande Slam e un pugno di mosche passa attraverso gli esiti degli incontri dei prossimi 10 giorni.
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07 aprile 2010
Calciopoli, la storia infinita
Il rischio di una nuova, calda estate come quella che nel 2006 scosse il mondo del calcio italiano e forse diede il là all'impresa al mondiale tedesco è forte, fortissimo. Calciopoli a quanto pare non vuole proprio saperne di finire, ed anzi, siamo forse alle porte di un secondo tempo incandescente, che promette scintille.
Tuttosport e gli altri due quotidiani sportivi hanno viaggiato nell'ultimo mese su due binari temporali completamente differenti: mentre l'equivalente italiano di "Juve squadra mia" iniziava a buttare giù articoli sugli sviluppi del processo in corso a Napoli, Gazzetta dello Sport e Corriere dello Sport davano alla cosa uno spazio praticamente inesistente, preferendo concentrarsi sul calcio giocato.
Considerando l'opinione che ho da sempre del quotidiano torinese, capace di sbattere in prima pagina l'"impresa" della Juve sul campo di non ricordo quale squadra di B, lasciando solo un angolino per la vittoria del Milan ad Atene sul Liverpool, ho pensato che non fosse poi da stare a sentire più di tanto, visto che in fondo stava dando ai propri sostenitori quello di cui avevano bisogno: speranza.
Il dubbio che oltre al fumo ci fosse anche dell'arrosto mi è iniziato a venire quando anche la rosa ha iniziato a parlare dell'evolversi della situazione e delle intercettazioni riguardanti Moratti e Facchetti. Non coi fuochi d'artificio di Tuttosport ovviamente, ma lì stiamo pur sempre parlando di Tuttosport, non dimentichiamolo.
Il punto su cui ruota il clima di rivolta che serpeggia su siti e blog juventini è questo: Moratti ha sempre asserito di non aver avuto contatti coi designatori, mentre invece a quanto pare chiamava esattamente come tutti gli altri. E a corollario di questo asserto, ci vanno anche le telefonate amorevole che l'ad del Milan dell'amore si scambiava con Bergamo e compagnia bella. Insomma, è il delirio.
Ecco, ad esempio, la telefonata di Galliani a Bergamo dopo Lecce-Milan finita due a due, con tanto di invito ufficiale a prendere parte alla finale di Istanbul (cliccate qui per l'audio completo).
Bergamo: Pronto?
Galliani: Sono Galliani, buongiorno.
Bergamo: Buongiorno, dottore, come va?
Galliani: L'ho cercata molte volte ieri sera ma era occupato, non rispondeva…
Bergamo: Io ieri mattina dottore L’ho cercato, a parte che non mi sono ancora ripreso dall'altra domenica… (8 maggio 2005 Milan-Juventus 0-1, gol di Trezeguet, ndr). E questo purtroppo è stato un trauma che in famiglia ci ha lasciato il segno. Pensavamo tutto... fuor che…
Galliani: Anche noi, anche noi.
Bergamo: Pensavamo tutto fuori che quello, se andava male, male, male potevamo pareggiare ma insomma...
Galliani: E pareggiando avremmo vinto anche a Lecce perché non avremmo mollato psicologicamente, perché se avessimo pareggiato con la Juve rimanevamo in testa alla classifica e a Lecce vincevamo di sicuro, insomma, perché la partita era abbordabile..
Bergamo: Ma può darsi che Ancelotti si sia fidato troppo dei suoi uomini, magari non abbia considerato che Seedorf e Pirlo non stavano bene, Ambrosini era… col senno di poi, eh!
Galliani: Esatto. Adesso da oggi, oggi parte, cominciamo a far riunioni, parte l'operazione Istanbul... E speriamo in bene. Domenica brutto.
Bergamo: Ecco, Lecce. Quando un presidente di una società (Semeraro ndr) si permette di dare una responsabilità ad un arbitro per le intemperanze dei tifosi e le reazioni dei giocatori…
Galliani: Ma poi urla e grida negli spogliatoi, nell'intervallo una vergogna... (nell'intervallo padre e figlio vengono aggrediti con insulti, ndr)
Bergamo: Sì, Trefoloni me ne ha parlato, ma poi la Domenica Sportiva, dove si è detto tutto e di più. Con la Domenica Sportiva che dà spazio ancora a Semeraro per poter dire delle… Io mi sono sentito proprio obbligato ieri mattina a chiamarla per manifestare la solita solidarietà.
Galliani: Non una parola contro questo fallo che io ho definito criminale.
Bergamo: Io ieri non le nascondo che ho chiamato Trefoloni. Abbiamo riscritto il rapporto con i toni giusti, sennò il giudice sportivo non avrebbe avuto il… e io non ho nemmeno voluto nemmeno che ci fosse un supplemento di rapporto, se no qualcuno poteva pensare che hanno fatto un supplemento per punire. Ho chiamato, tanto a Lei posso dirlo, ho chiamato Stefania e le ho detto: “Guardi Stefania, mi usi una cortesia, siccome Trefoloni ha fatto rapporto nello spogliatoio in un momento molto concitato, noi le facciamo avere un altro rapporto, che è vero, scritto di pugno da lui, perché è giusto che prendiate anche una squalifica esemplare”. Stefania mi ha ringraziato.
Ed ecco quella in cui sempre Bergamo vuole sentire il calore di Galliani, perchè si sente solo e sa bene che al Milan di amore ce n'è sempre per tutti (qui per l'audio completo)
Bergamo: Dottore buonasera.
Galliani: Eccomi buonasera.
Bergamo: Volevo farla partecipe di una guerra di cui il solo responsabile sono io, Paolo Bergamo, perché Griselli (un assistente) è di Livorno, se avesse visto salvava capra e cavoli, ma siccome non è andata così... è uno sfogo tra me e Lei...
Galliani: Questi signori han perso la testa, mi creda, perché ci sono comportamenti nei confronti dell'universo, in Lega, in Federazione....
Bergamo: Io glielo voglio dire perché si sappia, tra me e Lei naturalmente....
Galliani: Non si preoccupi, tale rimane....
Bergamo: Io posso sbagliare magari una griglia, penso che un arbitro sia in forma e magari non è in forma, oppure l'arbitro è in forma e sbaglia, però a priori voler sbagliare è tutta un'altra cosa, mi taglierei le mani mi creda... Ecco, questo filo che ho con Lei vorrei tenerlo fino a giugno, Dottore....
Gallliani: No no no, ma poi si vedrà.... adesso vediamo la fine del campionato... con i giusti equilibri....
Bergamo: Mi faccia sentire un po' il suo calore il suo calore in questo momento perché...
Galliani: Assolutamente...
Bergamo: Sono solo, non solo, meno che solo...
Galliani: Ma no no, ci sono io.
Passiamo adesso ai contenuti delle telefonate tra Moratti, Facchetti e Bergamo, nodo cruciale della vicenda e dello scoperchiamento del pentolone. Alcune risalgono al pre e post Inter-Samp (qui l'audio), finita 3-2 col rimontone finale dopo che la Sampdoria di Novellino era andata avanti di due reti.
Facchetti: Pronto Paolo, sono Facchetti.
Bergamo: Buongiorno Giacinto.
Facchetti: Sto andando allo stadio l'ho detto con i miei di avere con Bertini un certo tatto, una certa disponibilità. L'ho detto con i giocatori, con Mancini e gli altri.
Bergamo: Vedrai che sarà una bella partita.
Facchetti: Va bene.
Bergamo: Viene predisposto (Bertini ndr) a fare una bella partita.
Facchetti: Si si, va bene.
Bergamo: È una sfida che vedrai la vinciamo insieme.
Facchetti: Volevo solo dirti che l'ho fatto (riferendosi al fatto che ha parlato alla squadra per non tenere un atteggiamento sbagliato nei confronti di Bertini ndr).
Bergamo: Vedrai che le cose andranno per il verso giusto poi la squadra sta ricominciando ad avere fiducia, a fare i risultati, fa morale…
Bergamo: Presidente Moratti sono Bergamo..
Moratti: Volevo chiamarla io per dirle che poi ho visto anche stò ragazzo (Bertini) che si è comportato benissimo durante la partita che poteva finire in un pestaggio ben grave...
Bergamo: Era diventata la più difficile Inter-Sampdoria, hanno lavorato bene anche gli assistenti...
Moratti: L'ho detto a loro alla fine, guardate proprio bravi, a parte che sono due persone simpatiche, glielo ho detto alla fine, "proprio bravi" perchè due volte è capitato a loro, una volta .. insomma bravi a beccarli gliel'ho detto "come cazzo fate voi a beccarli" e dice "ma guardi ci abbiamo fatto l'occhio"
Bergamo: Vediamo di fare dieci risultati partite utili di fila, eh!
Moratti: Pensavo di chiamarla ieri sera perché poi sono andato dal ragazzo (Bertini); dopo che sono andato dal ragazzo, che si è comportato benissimo....io pensavo poi che era domenica e riceve sempre le telefonate di chi è contento e di chi non è contento...
Quella partita la vidi in diretta, e francamente di influenze arbitrali sul risultato finale non ve ne furono affatto. Semplicemente, fu una delle rimonte più clamorose della storia del nostro campionato, ma non ci fu alcun punto oscuro sulla direzione di Bertini.
Quello che destabilizza la situazione attorno al processo è il fatto stesso che queste telefonate ci sono state, facendo di fatto crollare quel paletto che vedeva l'Inter assolutamente esterna a quello che era un rapporto di qualsiasi tipo con i designatori arbitrali. Ed è su questo paletto fondamentale che si basa la difesa di Moggi, a prescindere da quello che è poi il reale contenuto delle telefonate.
Crolla insomma il presupposto affermato dal pm Narducci durante il rito abbreviato, in cui veniva data la seguente risposta agli imputati che affermavano come tutti parlassero con tutti: "Balle smentite dai fatti. Piaccia o non piaccia agli imputati non ci sono mai telefonate tra Bergamo, o Pairetto, con il signor Moratti, o con il signor Sensi, o con il signor Campedelli. Ci sono solo quelle persone, perchè solo quelle colloquiavano con i poteri del calcio. I cellulari erano intercettati 24 ore su 24: le evidenze dei fatti dicono che non è vero che ogni dirigente telefonava a Bergamo, a Pairetto, a Mazzini, o a Lanese: le persone che hanno stabilito un rapporto con questi si chiamano Moggi, Giraudo, Foti, Lotito, Andrea Della Valle e Diego Della Valle".
Alla luce di quanto sta accadendo, ciascuno può farsi l'opinione che vuole riguardo tutta la vicenda, estremizzare o minimizzare come vedo da più parti, ma il succo rimane quello di cui parlavo all'inizio di questo articolo: siamo probabilmente alle porte di una nuova torrida estate, che potrebbe lasciare nuovi segni indelebili sulla storia di uno dei campionati più importanti del globo.
Quali sono adesso i possibili scenari? Bella domanda, a cui dare una risposta oggi è francamente impossibile. Chi parla di serie B per l'Inter, chi di serie C, chi di reati in prescrizione, chi ignora tranquillamente gli ultimi scossoni come se nulla fosse. La realtà è che ci sono ancora troppi gli aspetti da valutare, situazioni da esaminare, e non è certo lavoro per chi come me ritiene che calcio e tribunali non siano esattamente cose che dovrebbero andare di pari passo.
Il dato certo è che il 13 aprile è una data fondamentale: a Napoli si terrà una nuova, forse decisiva udienza per il processo di Calciopoli, e la Figc aspetterà tale udienza prima di assumere una posizione ufficiale in merito alle recenti intercettazioni. Dopo tale data, sarà lecito attendersi tutto ed il contrario di tutto.
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04 aprile 2010
Ciao, Maurizio Mosca
Non ero uno dei suoi più grandi estimatori, e non mi lancerò adesso in quei classici commenti intrisi di ipocrisia che caratterizzano i saluti finali a chi tristemente se ne va. Maurizio Mosca per me e per tutti è stato comunque quello del pendolino, delle super-bombe di mercato che quasi mai trovavano riscontri nella realtà, delle espressioni colorite e fuori dagli schemi, e dell'"ah, come gioca Del Piero..".
Un personaggio insomma, con cui non ero quasi mai d'accordo neanche in quei pochi momenti in cui si concedeva analisi tecniche più serie o si lanciava in argomentazioni tutte sue che per me risultavano spesso e volentieri dei veri e propri sproloqui. Un mezzo folle, un "cavallo pazzo", che però senza dubbio portava colore in questo mondo spesso troppo pieno di banalità.
Ultimamente stava perdendo colpi, si vedeva che non era più in forma come in passato. Una malattia lo stava divorando, ma davanti metteva sempre il suo lavoro, scrivendo sul suo blog di sportmediaset fino alla sera prima della scomparsa, dicendo la sua sul caso Mourinho-Balotelli (ed anche lì, manco a dirlo, ero in totale disaccordo con lui).
Strano pensare che non ci sia più, strano vedere quel posto vuoto ieri sera a Controcampo, in un ambiente in cui si respirava un clima quasi irreale. Ciao, terribile Maurizio.
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